sabato 10 novembre 2012

La trappola della complessità - 2

(Completiamo qui di seguito il testo di Joseph Tainter sui problemi delle società complesse. La traduzione è sempre di Carpanix, per Oil Crash Italia).

(seconda parte)

<< Un risultato della diminuzione dei profitti dovuta alla complessità viene illustrato dal collasso dell’Impero Romano d’Occidente.
Come società basata sull’energia solare dall’elevata tassazione, l’Impero aveva poche riserve fiscali. Quando si trovarono di fronte alle crisi militari, gli imperatori romani dovettero spesso reagire svalutando la moneta d’argento e cercando di trovare nuovi fondi.
Nel terzo secolo d.C. le continue crisi costrinsero gli imperatori a raddoppiare le dimensioni dell’esercito e ad incrementare tanto le dimensioni quanto la complessità degli apparati di governo.

Per pagare tutto questo, vennero prodotte grandi quantità di moneta priva di valore, i prodotti furono requisiti ai contadini e il livello di tassazione venne reso ancor più oppressivo (fino a due terzi del raccolto netto).
L’inflazione devastò l’economia. I territori e la popolazione furono censiti e tassati in tutto l’impero. Le comunità erano ritenute responsabili nel loro complesso per ogni eventuale evasione fiscale.
Mentre i contadini diventavano sempre più affamati o vendevano i propri figli come schiavi, si costruivano massicce fortificazioni, le dimensioni dell’apparato burocratico raddoppiavano, l’amministrazione provinciale veniva resa più complessa, si pagavano forti sussidi in oro alle tribù germaniche e si fondavano nuove città e corti imperiali.

Con il crescere delle tasse, le terre marginali vennero abbandonate e la popolazione calò. I contadini non erano più in grado di mantenere famiglie numerose.
Per evitare gli obblighi civili oppressivi, i ricchi fuggirono dalle città per fondare proprietà rurali autosufficienti. Alla fine, per sfuggire alla tassazione, i contadini accettarono volontariamente un rapporto feudale con questi proprietari terrieri. Poche famiglie ricche finirono per possedere gran parte della terra nell’Impero d’Occidente, e furono in grado di sfidare il governo imperiale.
L’Impero si ritrovò a doversi mantenere consumando le proprie risorse di capitali: i terreni produttivi e la popolazione contadina

L’Impero Romano fornisce il più documentato esempio della storia di come aumentare la complessità per risolvere i problemi porta a maggiori costi, minori profitti, disaffezione della popolazione produttiva, debolezza economica e collasso. Alla fine, l’Impero Romano non sarebbe più stato in grado di risolvere i problemi derivanti dalla sua stessa esistenza.

Ma il destino dell’Impero Romano non è il destino inevitabile delle società complesse. È utile discutere un caso storico che è finito diversamente. (…)
Nell’Inghilterra tardo medievale e post-medievale, la crescita della popolazione e la deforestazione stimolarono lo sviluppo economico e furono almeno parzialmente responsabili della Rivoluzione Industriale.
Grandi aumenti della popolazione, verso il 1300, il 1600 e sul finire del XVIII secolo, condussero a una intensificazione dell’agricoltura e dell’industria. Man mano che le foreste venivano tagliate per fornire terreno agricolo e combustibili per una popolazione sempre più numerosa, le esigenze di riscaldamento, cottura e fabbricazione dell’Inghilterra non poterono più essere soddisfatte bruciando legna.

Il carbone divenne sempre più importante, sebbene venisse adottato con riluttanza. Rispetto alla legna, il carbone era più costoso da ricavare e da distribuire, e meno diffuso. Richiedeva un nuovo, costoso sistema di distribuzione.
Quando il carbone divenne importante per l’economia, i depositi più accessibili furono esauriti. Si dovettero mandare i minatori sempre più in profondità, fino al punto in cui l’acqua sotterranea divenne un problema.  Alla fine, venne sviluppato e usato il motore a vapore per pompare l’acqua fuori dalle miniere.

Con lo sviluppo dell’economia basata sul carbone, divennero disponibili un sistema di distribuzione e il motore a vapore, due degli elementi tecnici più importanti della Rivoluzione Industriale.
L’industrializzazione, quel grande generatore di benessere economico, proveniva in parte dai passi messi in atto per contrastare le conseguenze dell’impoverimento delle risorse, presumibilmente una causa di povertà e collasso.
Eppure si trattava di un sistema di incremento della complessità che non avrebbe richiesto molto per mostrare ritorni in calo in alcuni settori. (…)

La scienza attuale costituisce il più grande esercizio di soluzione dei problemi mai messo in atto dall’Umanità. La scienza è un aspetto istituzionale della società, e la ricerca è un’attività che ci piace pensare porti a grandi ritorni.
Eppure, come le conoscenze generali vengono determinate presto nella storia di una disciplina, così il lavoro che resta da fare è via via sempre più specializzato.
Questi tipi di problemi tendono a essere sempre più costosi e difficili da risolvere e, in media, la conoscenza avanza solo a piccoli passi. Aumentare gli investimenti nella ricerca comporta ritorni marginali e in calo. (…)

Man mano che le domande più semplici trovano una risposta, la scienza si rivolge inevitabilmente verso aree di ricerca più complesse e verso organizzazioni più grandi e costose (…) Gli scienziati raramente pensano al rapporto tra costi e benefici per quanto riguarda gli investimenti nelle loro ricerche. 
Eppure, se ci occupiamo in un qualche modo della produttività del nostro investimento nella scienza, ad esempio prendendo in considerazione i nuovi brevetti, la produttività di alcuni tipi di ricerca mostra un declino. (…)
Nelle scienze naturali, siamo coinvolti in una corsa agli armamenti tecnologica: ad ogni vittoria sulla natura, la difficoltà di compiere il passo successivo aumenta.
La produttività in declino della medicina è dovuta al fatto che i rimedi meno costosi per le malattie sono stati raggiunti per primi (…), così che trovare quelli che rimangono è più difficile e costoso. (…)

Questa discussione storica fornisce una prospettiva su ciò che significa essere concreti e sostenibili. (…)
In nessun caso risulta evidente, né solo probabile, che una società sia collassata poiché i suoi membri o dirigenti non hanno preso provvedimenti concreti per risolverne i problemi.

L’esperienza dell’Impero Romano è, ancora una volta, istruttiva. La maggior parte dei provvedimenti che il governo Romano prese per reagire alle crisi – quali svalutare la moneta, innalzare le tasse, ampliare l’esercito e coscrivere il lavoro – furono soluzioni pratiche per problemi immediati.
Sarebbe stato impensabile non adottare tali misure. Nell’insieme, però, questi provvedimenti pratici resero l’impero sempre più debole, man mano che le riserve di capitale (i terreni agricoli e i contadini) venivano impoverite per mezzo della tassazione e della coscrizione.
Con l’andar del tempo, l’escogitare soluzioni pratiche portò l’Impero Romano a ritorni sempre minori e, alla fine, negativi, nei confronti della complessità.

L’implicazione è che incentrare un sistema di risoluzione dei problemi, quale l’economia ecologica, su applicazioni pratiche, non ne accresce automaticamente valore per la società, né incrementa la sostenibilità. (…)

La maggior parte di coloro che studiano i problemi contemporanei sarebbero certamente d’accordo sul fatto che risolvere problemi ambientali ed economici richiede tanto conoscenze quanto formazione.
Una parte importante della nostra risposta ai problemi attuali è consistita nell’accrescere il nostro livello di ricerca nelle materie ambientali, compreso il cambiamento globale. Col crescere della nostra conoscenza e con l’emergere di soluzioni pratiche, i governi implementeranno quelle soluzioni e le burocrazie le faranno rispettare. Saranno sviluppate nuove tecnologie.
Ognuno di questi provvedimenti sembrerà costituire una soluzione pratica per un qualche problema specifico.
Eppure, nell’insieme, questi provvedimenti pratici porteranno probabilmente ad un incremento della complessità, a maggiori costi, e a una minore risposta ai tentativi di risoluzione dei problemi. (…)

Anche la regolazione burocratica in sé genera ulteriore complessità e ulteriori costi. Quando vengono imposte delle regole e imposte delle tasse, coloro che vengono regolamentati o tassati vanno in cerca di scappatoie, mentre i legislatori si sforzano di impedirlo.
Si sviluppa così una spirale di scoperta di scappatoie e di eliminazione delle stesse che porta ad una continua crescita della complessità (…)

Non è che la ricerca, la formazione, la regolamentazione e le nuove tecnologie non possano potenzialmente alleviare i nostri problemi. Con investimenti sufficienti, probabilmente ne sono in grado.
La difficoltà consiste nel fatto che questi investimenti sono costosi, e richiedono una parte sempre crescente del prodotto nazionale lordo di ogni Stato. Con ritorni sempre minori derivanti dalle strategie di risoluzione dei problemi, affrontare la questione ambientale in modo convenzionale significa che sempre maggiori risorse dovranno essere destinate alla scienza, all’ingegneria e al governo.
In assenza di una forte crescita economica questo richiederebbe un declino almeno un temporaneo degli standard di vita, poiché alla gente rimarrebbe meno da spendere per il cibo, per la casa, per l’abbigliamento, per le cure mediche, per i trasporti e per i divertimenti.  (…)

Il fatto che i sistemi di risoluzione dei problemi sembrino evolversi verso una maggiore complessità, verso costi più elevati e verso profitti minori ha implicazioni significative per quanto riguarda la sostenibilità.
Nel tempo, i sistemi che si sviluppano in questa direzione o vengono privati di ulteriori finanziamenti, falliscono nel risolvere i problemi e collassano, o finiscono per richiedere grandi sussidi energetici.

Questo è stato il percorso storico in casi quali quello dell’Impero Romano, dei Maya, (…) delle guerre nell’Europa del Medioevo e del Rinascimento, e di alcuni aspetti della risoluzione dei problemi contemporanea (…)
Questi percorsi storici suggeriscono che una delle caratteristiche di una società sostenibile è l’avere un sistema sostenibile di risoluzione dei problemi — uno caratterizzato da profitti crescenti o stabili, o da profitti in calo che possano essere finanziati per mezzo di sussidi energetici affidabili dal punto di vista della reperibilità, del costo e della qualità.

L’industrializzazione illustra questo punto. Essa ha generato da sé i propri problemi di complessità e di costi. Questi comprendono ferrovie e canali per distribuire il carbone e i prodotti finiti, lo sviluppo di un’economia sempre più basata sui soldi e sul salario, e lo sviluppo di nuove tecnologie.
Mentre solitamente si pensa che tali elementi di complessità facilitino la crescita economica, nei fatti ciò risulta possibile solo quando viene loro fornita energia dall’esterno. Alcune delle nuove tecnologie, quale quella del motore a vapore, diedero segno relativamente presto del fatto che l’innovazione nel loro sviluppo portava benefici sempre minori.

Ciò che ha differenziato l’industrializzazione dalla storia precedente della nostra specie è stato il suo basarsi su un’energia abbondante, concentrata e di alta qualità: i combustibili fossili. (…)
Quando i costi dell’energia possono essere sostenuti con facilità e senza particolare impegno, il rapporto costi/benefici degli investimenti sociali può essere sostanzialmente ignorato (…).
I combustibili fossili resero l’industrializzazione (…) un sistema di risoluzione dei problemi sostenibile per diverse generazioni.

L’energia ha sempre costituito e sempre costituirà la base della complessità culturale.  
Se i nostri sforzi per capire e risolvere i problemi del cambiamento (…) comprendono l’aumentare della complessità politica, tecnologica, economica e scientifica, allora la disponibilità di energia pro-capite sarà un fattore limitante. >>

JOSEPH TAINTER

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