Si conclude qui l’articolo di Lorenzo Casaccia sul “Fenotipo esteso” di Richard Dawkins ed i suoi sviluppi. Lumen
(seconda parte)
<< Sempre nel 2003, Eva Jablonka dell’Università di Tel Aviv propone una vasta estensione della teoria di Dawkins, in un saggio dal significativo titolo “The Extended Phenotype Revisited”. In esso, non si contesta il fatto che la selezione si basata sui geni, ma si cerca di erodere l’assunto che sia basata solo sui geni come unità singole.
In particolare, secondo Jablonka, Dawkins ha usato il gene in maniera ambigua, sia come “ciò che è selezionato” che “ciò che beneficia della selezione”. Per prima cosa, Jablonka sostiene che le mutazioni fenotipiche sono per lo più il risultato di mutazioni di un “set” di geni, non di uno solo. (…) Tutte le micro-varianti genetiche [infatti] vengano canalizzate e risolte in fenotipi di “senso compiuto”. Il singolo gene non può quindi essere l’unità del cambiamento.
Jablonka sostiene che negli ultimi venti anni si è ormai accettato che anche altri elementi possono essere trasmessi per generazioni senza essere basati sui geni. Tra questi Jablonka include i “memi”, unità di evoluzione e selezione culturale introdotti dallo stesso Dawkins ( sebbene probabilmente Dawkins non sarebbe d’accordo con l’uso che Jablonka fa del concetto) e altri tratti “epigenetici”.
I tratti “epigenetici” sono quelli che fanno sì che diverse cellule negli organi interni dei mammiferi contengano lo stesso DNA, ma svolgano funzioni diverse. E’ questo il caso, ad esempio, di reni e fegato. Esisterebbe quindi un meccanismo di trasmissione epigenetica che fa trasmettere un certo comportamento di generazione in generazione, indipendentemente dal genotipo.
Sulla scorta di Lewontin, Jablonka, considera la nicchia ecologica che si auto-perpetua (per continua ricostruzione) come un meccanismo trasmissivo. Vale a dire che la nicchia ecologica trasmette informazione di generazione in generazione senza che ciò’ debba corrispondere a un rinnovamento del DNA.
L’autrice riconosce che questa teoria, che sostanzialmente propone una evoluzione del fenotipo che non passa attraverso variazione del genotipo, “odorava di Lamarckismo” negli anni ’80 ed allora era inaccettabile. Ma, osserva, i tempi sono cambiati. Jablonka quindi propone di abbandonare il concetto di “replicatore” di Dawkins e di adottare il concetto di “tratti visibili ereditari” (hereditary visible traits).
L’autrice sostiene che non vi sono problemi nell’effettuare questa sostituzione. Anzi, adottare tale modello più ampio include tutte le “proprietà” più’ efficaci del modello del replicatore.
Ad esempio, il modello dawkinsiano che utilizza il gene come unità ultima della selezione naturale può spiegare i comportamenti “altruistici” che risultavano inspiegabili quando si utilizzava l’individuo come replicatore. Difatti l’altruismo è apparentemente irrazionale siccome sembra “danneggiare” l’individuo; tuttavia, porta beneficio ai geni nel loro complesso, anche se sono in un altro individuo.
Estendere il “fenotipo esteso”, come fa Jablonka, fa sì che l’impianto di questa spiegazione si possa mantenere invariato. Ma ora possiamo includere nella spiegazione anche comportamenti sociali ereditari (ma non genetici), quali ad es.: “comportati in modo altruistico con chi si comporta in modo altruistico con te”.
Dawkins commenta e replica a questi saggi in un articolo del 2004 su Biology And Philosohy. L’obiezione di Dawkins è che in molti degli esempi di cui sopra il fenotipo è “troppo esteso“, sicché, a suo dire, viola una delle basi della filosofia della selezione naturale.
Infatti Dawkins vuole rimanere fedele a Darwin nell’affermare che la pressione selettiva si applica solo a “replicatori”, cioè a entità che siano in grado di copiare se stesse con altissima fedeltà’ da una generazione all’altra. Secondo Dawkins, un ambiente naturale nel suo complesso non è un replicatore e questa è una differenza concettuale negli assunti di importanza fondamentale. (…) Per Dawkins [infatti], solo geni e memi sono i replicatori a noi noti.
Il fenotipo esteso va quindi “esteso con disciplina”. La disciplina di cui parla Dawkins vuole che il fenotipo si possa considerare esteso solo se la sua estensione di manifesta in forme che influenzano la selezione naturale sui geni che hanno provocato il fenotipo esteso stesso. La diga del castoro è un fenotipo esteso, un edificio costruito da un architetto non lo è.
Inoltre, perché’ si possa parlare di selezione devono poter esserci alternative. Ad esempio, per i castori ci sono: esistono dighe migliori e peggiori, che presumiamo vengano da apparati genetici diversi. Su questa diversità si esercita la selezione naturale. (…).
C’è confusione, secondo Dawkins, tra “costruzione della nicchia” e “alterazione della nicchia”. La presenza dell’ossigeno nell’atmosfera è un controesempio. Tale presenza è una conseguenza della chimica vegetale, e gli organismi vi si devono adattare. Ma non è una costruzione intenzionale di una nicchia: l’ossigeno non è il fenotipo esteso di nulla.
Sulla base dell’analisi concettuale di “presenza delle alternative”, Dawkins cerca quindi di smontare l’intera filosofia biologica di Lewontin, Laland e della “niche construction theory”. Quest’ultima è ridotta da Dawkins (…) a un mero fenomeno biologico, senza rilevanza sulla selezione naturale.
Dawkins si sofferma sulla teoria della Jablonka e la invita ad una [maggiore] “disciplina” scientifica. Se si dimostreranno che esistono meccanismi comportamentali ereditari che non dipendono dal DNA e che si replicano fedelmente, allora potranno essere considerati come alternativi ai geni. Ma, finché ciò non viene dimostrato, e Dawkins ritiene che non lo sia, dobbiamo assumere che ci sia un qualche coinvolgimento dei geni.
Il coinvolgimento dei geni deve quindi essere considerato lo ‘status quo’, il punto di partenza (mentre la Jablonka non considerava sostanzialmente alcun ‘status quo’). La disciplina che Dawkins chiede è che qualsiasi altro “replicatore” che non siano i geni deve soddisfare gli stessi due principi:
- Riproduzione con copia esatta o con altissima fedeltà’
- Riproduzione con copia esatta o con altissima fedeltà’
- Possibilità’ di ripetere tale copia attraverso un numero indefinito di generazioni
In linea di principio, quindi, Dawkins si dichiara aperto all’idea di replicatori diversi dai geni, ma, sostiene, ancora non se ne sono visti con tali caratteristiche. Dawkins non ammette che la “persistenza” di caratteristiche ambientali si possa mettere sullo stesso piano del gene/replicatore. (…)
I due punti di vista sono stati parzialmente riconciliati nel mondo accademico in un workshop del 2008 della European Science Foundation. Il valore esplicativo (ma non predittivo) della teoria del fenotipo esteso è stato fermamente riconosciuto, e allo stesso tempo, anche in contraddizione con le affermazioni dello stesso Dawkins, sono stati accettate le argomentazioni dei costruttivisti . (…)
Il dibattito filosofico resta aperto. La teoria del fenotipo esteso rimane uno dei concetti più’ influenti nella biologia e filosofia moderni. Al momento, l’ambiente come sistema è probabilmente compreso solo a livello parziale e una “grand theory”, che unisca in modo soddisfacente la selezione genetica darwiniana degli individui e le varie teorie dell’ambiente, ancora non esiste. >>LORENZO CASACCIA