La decrescita prossima ventura secondo Jacopo Simonetta (seconda e ultima parte). Lumen
<< Ma quanta sarà la decrescita nei decenni a venire ? Le ipotesi variano da una stabilizzazione dell’economia e della popolazione a livelli addirittura superiori all’attuale (la cosiddetta “stagnazione secolare” di cui parla l’FMI), fino - all’opposto - alla completa estinzione del genere umano. Due ipotesi del tutto antitetiche che hanno in comune un punto fondamentale: portare alle estreme conseguenze una serie di fenomeni in corso o previsti a breve.
Nel primo caso si spera che la popolazione si stabilizzi per una graduale riduzione della natalità, mentre la tecnologia potrebbe trovare il modo di garantire una vita decente più o meno a tutti. Nel secondo caso, si suppone invece che il collasso dell’economia globalizzata e/o il riscaldamento del clima generino delle retroazioni capaci di sterminare completamente la più resiliente e adattabile delle specie viventi.
Entrambi gli scenari non tengono conto del fatto che i cambiamenti provocati da una retroazione in un sottosistema cambiano i rapporti di questo con il meta-sistema di cui fa parte. Ciò significa che è probabile che la forza relativa delle diverse retroazioni in azione cambino in rapporto alla dimensione della popolazione, la disponibilità di risorse, la resilienza degli ecosistemi, l’evoluzione del clima e molto altro ancora. Consideriamo quindi alcuni punti solamente.
1 - La capacità di carico fantasma.
Lasciando da parte la più fantasiosa delle due ipotesi (stabilizzazione simile all’attuale), occupiamoci della seconda. Questa si basa, infatti, su di una molto verosimile retroazione positiva fra decrescita economica → minore accesso alla risorse → decrescita della popolazione. In pratica, la decrescita comporta una riduzione della capacità di estrarre a nostro vantaggio bassa entropia dall’ambiente, il che genera ulteriore decrescita.
Questo anello spinge effettivamente verso l’estinzione, ma ne esistono contemporaneamente altri. Ad esempio: maggiore mortalità → minore pressione sulle risorse residue → riduzione dell'inquinamento → parziale recupero della biosfera → minore mortalità. Questo secondo anello tende evidentemente a contrastare il precedente. Personalmente, penso che il primo (destabilizzante) sarà predominante in questo secolo, mentre il secondo (stabilizzante) acquisterà forza man mano che la pressione antropica si ridurrà.
Nessuna previsione, naturalmente. Solo l’osservazione che, probabilmente, il sistema tenderà ad un nuovo equilibrio una volta che la popolazione e l’economia si saranno contratte in misura sufficiente. Ovviamente, al netto di altre forzanti quali, ad esempio, un eventuale evoluzione del clima del tipo “sindrome di Venere” [aumento eccessivo del calore - NdL]. Possibile, ma per ora solo un’ipotesi.
2 - Gradiente energetico.
Un altro aspetto della questione, che si interfaccia strettamente col precedente, è quello dell’energia. Dal momento che la crescita economica e demografica è dipesa interamente o quasi da disponibilità crescenti di energia “pro capite”, appare evidente che al calare di questo parametro dovrà diminuire anche la popolazione. Ma non possiamo sapere di quanto, perché giocano due ordini di fattori contrastanti ed è arduo decidere quale dei due prevarrà. Non è neanche detto che la stessa cosa debba accadere in tutte le zone del mondo.
Il primo ordine di fattori è che le tecnologie e conoscenze attuali potrebbero permettere una produttività superiore a quella registrata in passato, a parità di energia “pro capite”. Il secondo è che il degrado subìto dalle risorse riduce la produttività, sempre a parità di energia utile disponibile.
Di solito, la questione dell’energia del futuro viene discussa a colpi di valutazioni circa quello che si potrebbe estrarre, dati certi parametri che variano secondo gli autori. Cambiando i parametri (ad es. se si considera o meno l’esauribilità di determinati minerali), cambiano notevolmente le stime. Personalmente non sono in grado di verificare tali valutazioni, ma vedo una difficoltà intrinseca al tipo di energie che si voglio sfruttare.
Per fare qualunque cosa, è necessario far fluire energia lungo un gradiente: cioè da dove è più concentrata a dove lo è meno. Le energie fossili di buona qualità e l’idroelettrico posizionato bene hanno una cosa in comune: sono forme di energia che hanno il grado di concentrazione, e dunque un gradiente, ottimale. Basta prenderle e dissiparle per i nostri scopi. Un gradiente minore riduce più che proporzionalmente il rendimento, mentre un gradiente maggiore aumenta il rischio di incidente.
Viceversa, sole e vento, pur essendo quantitativamente molto più abbondanti, sono estremamente diffuse. Occorre quindi prima concentrarle (dissipando altra energia già concentrata in precedenza), per poterla poi trasportare dove serve e dissipare per fare quel che vogliamo. In pratica, un doppio passaggio, che in nessun caso potrà quindi dare gli stessi risultati del passaggio singolo permessoci dalle fonti che abbiamo prevalentemente sfruttato negli ultimi 200 anni.
Ciò non significa che sole, vento eccetera siano inutili. Anzi, proprio il fatto che l’economia industriale subirà un drastico ridimensionamento, forse un collasso, rendono preziosi degli oggetti che potranno mitigare gli effetti della decrescita almeno per alcuni decenni.
3 - La ruralizzazione.
Un altro aspetto della medesima questione è rappresentato dal tipo di insediamento umano del futuro. Man mano che l’economia industriale procederà a perdere pezzi, è probabile che una massa crescente di persone cercheranno salvezza in campagna. Un fenomeno che forse sta cominciando proprio in questi anni.
Un processo possibile, ma la densità mondiale attuale è di una persona ogni circa 2.000 mq di terreno agricolo, che [però] sta diminuendo di giorno in giorno. La media europea è analoga ed anche questa in rapido calo. Un ritorno massiccio all’agricoltura ed un riallineamento a standard di vita analoghi a quelli dei contadini poveri attuali rappresenta quindi uno scenario di decrescita possibile, ma non per tutti.
Anche in questo caso, è facile prevedere almeno alcune retroazioni, di segno opposto. Un primo anello spingerebbe verso un’accelerazione della decrescita: decrescita economica → aumento della popolazione rurale → maggiore pressione sulle aree marginali e le foreste → degrado del territorio → ulteriore decrescita economica. Molti entusiasti dell’orto domestico non condivideranno questo punto, ma l’esperienza di tutte le epoche e di tutte i paesi lo conferma.
Tuttavia, anche in questo caso, sono possibili anche anelli tendenti a stabilizzare il sistema. Per esempio: riduzione degli standard di vita → contese per il controllo delle zone migliori e dell’acqua → riduzione/scomparsa dei servizi sanitari moderni → decrescita demografica → miglioramento degli standard di vita.
Sono molti i fattori che spingerebbero per una rapida decrescita demografica, cosa che a sua volta ridurrebbe la pressione sugli ecosistemi e la competitività territoriale, oltre a mitigare la miseria. In altre parole, più rapido il declino numerico, più alto il livello di relativo equilibrio che si potrebbe raggiungere, al netto di altri fattori qui non considerati (clima, guerre, epidemie, ecc.).
Conclusioni.
(…) Cercando di essere il più razionali possibile, direi che la decrescita è inevitabile ed anzi è già cominciata, ma che difficilmente condurrà il genere umano all’estinzione. A mio avviso, le difficoltà maggiori nell’indagare la decrescita sono due: la scala spaziale e quella temporale.
Per quanto riguarda la prima, abbiamo numerosissimi precedenti storici di decrescita e anche di collasso di popoli e civiltà, ma nessuno a livello globale. In un modo costituito da un mosaico di organizzazioni scarsamente comunicanti, il collasso di una di esse può trovare mitigazione (ad es. tramite emigrazione) o aggravamento (a es. tramite invasione) dai suoi rapporti con i sistemi vicini. Ma comunque non si può verificare il simultaneo collasso dell’intera umanità.
Il fatto che il collasso attuale stia avvenendo in un contesto globalizzato cambia radicalmente i termini della questione, almeno nelle fasi di avvio. Da una parte, infatti, sta consentendo di mitigarne e rallentarne considerevolmente gli effetti. Dall’altra, rischia di portare all’inferno l’intera umanità quasi contemporaneamente.
Una seconda difficoltà inerente la scala spaziale, risiede proprio nel fatto che il principale effetto della prima fase di decrescita sarà la frammentazione del sistema globale in sotto-sistemi di varia misura. Un processo che potrebbe reiterarsi fino alle estreme conseguenze, o meno, a seconda di una miriade di fattori perlopiù locali. Dunque diversi da zona a zona.
Per quanto riguarda la dimensione temporale, il problema è che avremo due curve in calo: quella della capacità di carico e quella della popolazione.
Cioè vivremo una specie di gara di corsa in cui la popolazione tenderà a stabilizzarsi su dei livelli tanto più alti, quanto più precoce e rapido sarà il decremento. Questo perché proprio la decrescita economica e la decrescita demografica sono [elementi] forzanti che tendono a “stabilizzare” il sistema, mentre il degrado della Biosfera e l'alterazione del clima sono le principali forzanti che spingono verso l’annientamento umano. > >
JACOPO SIMONETTA