Un lungo ed interessante articolo della demografa americana Virginia Abernethy – scritto 20 anni fa, ma ancora attualissimo – sullo stretto rapporto che intercorre tra l’ottimismo sociale e la sovrappopolazione (da Effetto Risorse). Lumen
(prima parte)
<< La sovrappopolazione che affligge la maggior parte delle nazioni, rimane primariamente un problema locale. (…) Ed anche il controllo della riproduzione (la soluzione) è primariamente locale.
Molti studiosi, antichi e moderni, hanno sempre saputo che le reali dimensioni della famiglia sono connesse strettamente al numero di figli che la gente desidera. (…) Lant Pritchett asserisce che l’85-90% dei tassi di fecondità reali possono essere spiegati dai desideri dei genitori, non dalla mera disponibilità di contraccettivi: “l’imponente declino della fertilità osservato nel mondo contemporaneo è dovuto quasi interamente all'altrettanto imponente declino del desiderio di fecondità.”
Dati interculturali e storici suggeriscono che la gente ha solitamente limitato le proprie famiglie in maniera coerente con la possibilità di vivere comodamente in comunità stabili. Se lasciate indisturbate, le società tradizionali sopravvivono per lunghi periodi in equilibrio con le risorse locali. Ogni società dura quando si mantiene entro le capacità di carico del suo ambiente.
Ma la percezione dei limiti inerenti all'ambiente locale è facilmente neutralizzata da segnali che promettono prosperità. Georg Borgstrom (…) spiega: “Molte civiltà, incluse quelle dell’India e dell’Indonesia, avevano una chiara idea dei limiti dei loro villaggi o comunità prima che l’intervento straniero corrompesse gli schemi tradizionali. I programmi d’aiuto tecnologico li indussero a credere che l’adozione di certi avanzamenti tecnologici stesse per liberarli da questi vincoli e dalla dipendenza da queste restrizioni”.
L’espansione economica, specialmente se introdotta dall'esterno su larga scala, incoraggia la convinzione che i limiti prima riconosciuti possano essere trascurati, e che ognuno possa progredire verso la prosperità e, come in casi recenti, che si possa contare sull'Occidente come fornitore di assistenza, recupero e valvola di sfogo per la popolazione in eccesso.
La percezione di nuove opportunità, sia dovuta ad avanzamento tecnologico, espansione dei mercati, cambiamenti politici, aiuti esterni, emigrazione verso una terra più ricca o la scomparsa di competitori, incoraggia il numero. Le famiglie riempiono avidamente ogni nicchia apparentemente più grande, e le nascite in sovrappiù, che generano la conseguente crescita della popolazione, spesso vanno oltre le reali opportunità.
Crescere oltre il numero sostenibile è una minaccia onnipresente, poiché gli esseri umani prendono spunto dalle apparenti opportunità immediate, e sono facilmente ingannati dai cambiamenti. Contando sul medio o breve termine, difficilmente si calcola la crescita a lungo termine della popolazione, i limiti all’avanzamento tecnologico futuro e la inesorabile progressione dell’impoverimento delle risorse.
La percezione dell’espansione di opportunità assume varie forme. Negli anni ‘50, la redistribuzione dei terreni in Turchia condusse i contadini precedentemente senza terra ad incrementare significativamente le dimensioni delle loro famiglie. Tra i pastori del Sahel Africano, i pozzi profondi per la captazione dell’acqua, trivellati dai Paesi donatori negli anni ‘50 e ’60, permisero l’allevamento di più grandi mandrie di bovini e greggi di capre, matrimoni più precoci (poiché i prezzi delle spose sono pagati in animali), e più elevata fecondità.
Allo stesso modo, la diffusione della coltivazione della patata in Irlanda, nei primi anni del XVIII secolo, incrementò la produzione agricola e incoraggiò i contadini a suddividere le proprie fattorie in appezzamenti per i figli, i quali, per parte loro, promossero matrimoni precoci ed un incremento esplosivo delle nascite.
Ancor prima, tra il VI e il IX secolo, l’introduzione in Europa della staffa, dei finimenti a collare rigido e della ferratura dei cavalli potenziarono grandemente la produzione agricola delle pianure settentrionali dell’Europa. Una migliore alimentazione aiutò a condurre l’Europa verso la ripresa economica e quindi, tra il 1050 e il 1350 circa, a triplicare la popolazione in Paesi quali l’Inghilterra e la Francia.
L’India offre un altro esempio. La sua popolazione fu quasi stabile dal 400 a.C. a circa il 1600 d.C. Dopo la fine delle invasioni Mongole, e con l’avvento di nuove opportunità commerciali, la popolazione cominciò a crescere.
Quando il commercio Europeo offrì all'India ulteriori opportunità, la crescita della popolazione accelerò ulteriormente. Nel 1947, dopo la liberazione dalla condizione coloniale, decollò letteralmente. L’assistenza dell’URSS, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale potenziarono la percezione di un futuro prospero e il tasso di crescita della popolazione continuò ad accelerare fino al 1980 circa.
Movimenti indipendentisti di successo e golpe populisti sono preminenti tra i cambiamenti che annunciano tempi migliori.
La Cina cominciò il suo interludio euforico con l’espulsione dei Nazionalisti, nel 1949. La filosofia del Comunismo trionfante sosteneva che una grande nazione richiedeva più gente. Il tasso di fecondità e la popolazione aumentarono drammaticamente. La popolazione del territorio principale della Cina, stimata a 559 milioni nel 1949, crebbe fino a 654 milioni nel 1959, laddove nei precedenti 100 anni (…), il tasso medio di crescita era stato appena dello 0,3% all'anno. (…)
Cuba ebbe un’esplosione demografica quando Fidel Castro spodestò Fulgencio Batista, nel 1959. Castro promise esplicitamente una redistribuzione delle ricchezze e (…) la fecondità crebbe. D’az-Briquets e Perez scrivono: “Il fattore principale fu l’incremento delle entrate reali tra i gruppi più svantaggiati, favorito dalle misure di redistribuzione attuate dal governo rivoluzionario. La crescita della fecondità nell'ambito di quasi ogni fascia d’età suggerisce che le coppie videro il futuro come più promettente e sentirono che ora si sarebbero potuti permettere più figli”. (…)
I programmi di sviluppo di grandi trasferimenti di tecnologia e di fondi verso il Terzo Mondo hanno influito perniciosamente sulle dimensioni delle famiglie. Questo tipo d’aiuto è inappropriato, poiché segnala che ricchezza e opportunità possono aumentare senza sforzo e senza limiti.
L’Africa, che negli ultimi decenni ha ricevuto tre volte più aiuti pro-capite di qualsiasi altro continente, ha ora anche i più alti tassi di fecondità. Durante gli anni ‘50 e ’60, la fecondità in Africa crebbe — fino a quasi sette bambini per donna — nello stesso momento in cui veniva ridotta la mortalità infantile, cresceva la disponibilità di cure, si diffondeva l’istruzione e l’ottimismo economico pervadeva sempre più ampi settori della società. Tassi di crescita della popolazione straordinariamente elevati erano nuovi per l’Africa.
Anche l’immigrazione può influire sulla popolazione mondiale complessiva. Studi relativi all'Inghilterra e al Galles del XIX secolo e alle popolazioni Caraibiche moderne, evidenziano che in comunità già nel pieno di una rapida crescita demografica, la fecondità rimane elevata fino a quando esiste la possibilità di emigrare, mentre declina rapidamente nelle comunità prive di questa valvola di sicurezza. (…)
Questo effetto sulla fecondità è coerente con studi indipendenti secondo i quali l’emigrazione accresce le entrate sia tra coloro che emigrano sia tra coloro che rimangono. In sostanza è vero, anche se imbarazzante dirlo, che gli sforzi per alleviare la povertà spesso stimolano la crescita della popolazione, così come il lasciare aperte le porte all'immigrazione.
I sussidi, le ricchezze inattese e la prospettiva di opportunità economiche rimuovono il bisogno di freni. I mantra della democrazia, della redistribuzione e dello sviluppo economico, innalzano le attese e i tassi di fecondità, incoraggiando la crescita della popolazione e quindi rendendo più rapida una spirale ambientale ed economica discendente.
Nonostante tutto, alcuni esperti ed il pubblico che essi informano, credono che i tassi di fecondità siano stati tradizionalmente alti nel mondo intero e si siano ridotti solo nelle nazioni post-industriali o nei Paesi nei quali è disponibile la moderna contraccezione. La possibilità che le maggiori dimensioni delle famiglie fossero il risultato del desiderio di avere più figli continua ad essere negato.
I demografi negli anni ‘30 predirono un rapido declino della popolazione, poiché la bassa fecondità delle nazioni occidentali industrializzate veniva attribuita allo sviluppo e alla modernizzazione, più che al pessimismo endemico dovuto alla Grande Depressione.
Continuando a non cogliere il punto, molti non riuscirono a vedere che gli alti tassi di fecondità che si ebbero dopo la Seconda Guerra Mondiale furono la risposta alla percezione dell’espansione delle possibilità economiche. L’esplosione demografica negli Stati Uniti (1947-1961) e la successiva esplosione demografica nell’Europa Occidentale colsero di sorpresa la maggior parte dei demografi. >>
VIRGINIA ABERNETHY
(continua)