Il dialogo virtuale di oggi ha come interlocutore DMITRI ORLOV, grande esperto nell’analisi dei sistemi economici complessi, dei loro punti deboli e delle loro crisi. Con lui parleremo delle similitudini (e delle differenze) tra il crollo politico del grande Impero Sovietico e la crisi, per ora solo economica, che attraversa l’UE e l’occidente. Si tratta di considerazioni molto acute, ma – dato il notevole pessimismo di Orlov - tutt’altro che consolatorie. LUMEN
LUMEN – Mister Orlov, è possibile tracciare un parallelo tra i crollo storico dell’impero Sovietico ed il declino attuale dell’Europa occidentale?
ORLOV – Direi di sì. Tutto l'arco meridionale dell'UE si trova in un qualche stadio iniziale di collasso, ed il parallelo con l'ex URSS mi sembra, tutto sommato, abbastanza giustificato.
LUMEN – Con delle differenze, immagino.
ORLOV – Certamente. Anche per l’UE si tratta è un collasso finanziario innescato da qualcosa che ha a che fare col petrolio, ma, a differenza dell’Unione Sovietica, con le polarità invertite e ritardato da un periodo di distruzione della ricchezza.
LUMEN – Spiegateci meglio.
ORLOV - Nell'ex URRS, la tassazione non era realmente una fonte di reddito per il governo. L'economia nazionale era basata sulla proprietà del governo di tutto, sulla pianificazione centralizzata e sui bilanci e un sistema di assegnazione ministeriale dei contratti alle imprese possedute dai ministri. L'economia esterna era una questione di esportazione di idrocarburi in cambio di moneta estera, che veniva usata per comprare grano – in prevalenza granaglie per alimentazione animale, senza la quale la popolazione sarebbe diventata povera di proteine e malnutrita.
LUMEN – Quindi un equilibrio economico molto particolare.
ORLOV - Durante il cosiddetto periodo di “stagnazione” degli anni 80, l'economia sovietica è stata svuotata a causa di diverse tendenze. L'eccessiva spesa nella difesa era una di queste. Un'altra era che l'investimento in beni cruciali (macchinari, impianti e attrezzature) ha raggiunto il punto dei ritorni decrescenti, che è molto difficile da caratterizzare ma non così difficile da vedere. Infine, Solzhenitsyn e il movimento dei dissidenti hanno fatto un danno irreparabile al prestigio sovietico, distruggendone il morale.
LUMEN – Quando è arrivato il colpo di grazia ?
ORLOV – E’ arrivato in due parti. Una era l'incapacità di aumentare la produzione di petrolio dato lo stato della tecnologia di estrazione del petrolio sovietico dell'epoca. L'altro è stato il crollo dei prezzi del petrolio, fino a 10 dollari al barile a un certo punto, perché il Mare del Nord e l'Alaska sono entrate entrambe in produzione ed i sauditi pompavano quanto più petrolio potevano, sulla base di un tacito accordo con gli Stati Uniti, per abbassare i prezzi del petrolio e far collassare così i sovietici.
LUMEN – Come per l’appunto si è verificato.
ORLOV – L'URRS si era fortemente indebitata con l'occidente e, alla fine, ha avuto bisogno del credito occidentale per mantenere le luci accese al Cremlino. Una delle scene finali rappresentava Gorbaciov al telefono con Helmut Khol che chiedeva di chiedere agli americani di sbloccare un po' di fondi.
LUMEN – Torniamo al presente.
ORLOV - Possiamo vedere dei paralleli tra quei tempi e quanto sta accadendo ora negli Stati Uniti e nell'Unione Europea, ma con tutte le polarità invertite: qui il petrolio entra e i soldi escono e il colpo di grazia sarà dovuto agli alti costi del petrolio piuttosto che quelli bassi.
LUMEN – Quindi ?
ORLOV – Quindi al posto dei fallimenti nella pianificazione centralizzata, che non è riuscita a distribuire in modo efficace la produzione, abbiamo fallimenti del mercato globalizzato, dove la produzione è efficacemente globalizzata ma il consumo non è efficacemente localizzato fra i ricchi e gli ex ricchi e deve essere alimentato dal credito. E al posto dei ritorni decrescenti dalla distribuzione di beni capitali, abbiamo ritorni decrescenti dalla distribuzione del capitale stesso, dove un'unità di nuovo debito ora produce molto meno di un'unità di crescita economica.
LUMEN – Vi sono conseguenze anche a livello di immagine ?
ORLOV – Sì, ma il danno alla reputazione e al morale è in gran parte dal lato statunitense dell'Atlantico, dove al posto di Solzhenitsyn e del movimento dissidente, abbiamo lo scandalo di Abu Ghraib, Wikileaks di Julian Assange e Edward Snowden.
LUMEN – Anche l’Europa, però, avrà la sua parte.
ORLOV – Certamente. Per la UE, gran parte del danno ha a che fare con la sperimentazione di disparità economica fra il cuore ricco e la periferia sempre più impoverita. La recente mossa dell'Ucraina di andarsene dall'UE e il caos successivo finanziato dall’occidente a Kiev, non è un bello spettacolo. Poi c’è la spesa militare fuori controllo, che è un problema anche statunitense, con i fallimenti epocali in Afghanistan, Libia e Siria, nei quali la UE è complice di primo piano.
LUMEN – E la nostra piccola Italia ?
ORLOV - Confrontare l'ex URRS con l'Italia è difficile a causa della differenza di scala: 1/5 della superficie terrestre, contro una penisola piuttosto piccola; un'economia che è lentamente decaduta nell'isolamento contro una parte integrante dell'UE; un paese dove la scelta è fra bruciare idrocarburi o morire di freddo contro uno in cui la scelta è fra andare in scooter o prendere l'autobus; un paese con un settore agricolo devastato incapace di produrre sufficienti calorie proteiche contro un paese di buongustai dove i negozi di alimentari costituiscono dei buoni soggetti per dei quadri ad olio.
LUMEN – Una immagine molto pittoresca, se posso dirlo.
ORLOV – Però, quando alla fine arriverà il collasso reale, le similitudini saranno sempre di più. Il collasso finanziario arriva sempre prima: ogni sorta di accordo finanziario collassa quando il centro diventa incapace di far galleggiare la periferia e in risposta la periferia comincia a rifiutare la cooperazione economica. Il risultato è un crollo delle catene di fornitura, chiusura della produzione e, subito dopo, chiusura del commercio.
LUMEN – Quello che avvenne in Unione Sovietica.
ORLOV – Sì. Nel caso dell'ex URRS, questo si verificò nel 1989-1991 quando le varie repubbliche e regioni rifiutarono di cooperare con Mosca. Sospetto che questo accadrà anche nella UE, a un certo punto. Ma mentre il cittadino medio sovietico non poteva essere spennato più di tanto, l'Italia, e gran parte della UE, ha ancora un sacco di pecore grasse che il governo può tosare per continuare a fa funzionare le cose.
LUMEN – Quindi possiamo ipotizzare qualche altro anno di declino costante prima che le luci si comincino a spegnere.
ORLOV – In effetti, direi che questa è la distinzione chiave tra i due scenari: l'ex URRS è collassata subito perché era già pelle e ossa, mentre gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno ancora molto grasso sottocutaneo da bruciare. Ma di fatto lo stanno bruciando. E quindi la conclusione è che il collasso arriverà, ma qui ci vorrà un po' di più.
LUMEN – E allora non resta che dire: Carpe Diem !
Non sono né allegro (che motivo ne avrei?), ma nemmeno allarmato o disperato dopo la lettura di questo articolo piuttosto fosco. Dunque la crisi è sicura, secondo questo Orlov (mai sentito), è solo questione di tempo. Esagera, è una Cassandra? Come faccio a saperlo? Mi auguro forse il disastro? Sarei un emerito masochista o coglione. Quindi? Bo', non resta che stare a guardare. Sarà quel che sarà. Carpe diem allora, chi vuol esser lieto sia ... E invece qualcosa si potrebbe ancora tentare, anzi si deve fare. "Prepariamoci" (al peggio), così magari attutiamo i colpi che sembrano sicuri (secondo Orlov).
RispondiEliminaP.S. Ma se Orlov ha ragione, com'è che continuiamo a ballare sulla tolda del Titanic e a sognare la crescita, una nuova crescita?
<< Ma se Orlov ha ragione, com'è che continuiamo a ballare sulla tolda del Titanic e a sognare la crescita, una nuova crescita? ><
RispondiEliminaBella domanda, caro Sergio.
Azzardo tre risposte (che non si escludono a vicenda):
1 - continuiamo a pensare alla crescita perchè è l'unico sistema che conosciamo;
2 - non crediamo alle Cassandre perchè in passato si sono già sbagliate tante volte;
3 - sì, le Cassandre hanno ragione, ma "io speriamo che me la cavo".