L’intervista
 virtuale di questo post ha come vittima il professor Giovanni Sartori, 
uno dei pochi giornalisti italiani di grande fama che hanno compreso la 
terribile gravità
 del problema demografico e, soprattutto, non hanno paura di parlarne, senza remore e senza ambiguità. Con lui parliamo di Europa, di 
globalizzazione economica, di società multi-culturali e di varie altre 
cose. LUMEN
LUMEN – Professor Sartori, come vedete la situazione dell’Europa ?
SARTORI
 – Non bene, sicuramente. Il fatto è che abbiamo creato una Comunità 
Europea indifesa e indifendibile nella sua economia produttiva e nei 
suoi livelli di occupazione.
LUMEN – Beh, ma siamo nell’era della globalizzazione.
SARTORI
 – Appunto. Era ovvio che aprirsi alla globalizzazione in un mondo nel 
quale i salari dei Paesi poveri erano 5, 10, a volte persino 20 volte, 
inferiori ai nostri salari, avrebbe costretto
 le nostre industrie, specie le grandi industrie, a dislocarsi dove il 
lavoro costava meno.
LUMEN – Quindi, secondo voi, la globalizzazione dell’economia produttiva portava inevitabilmente la disoccupazione europea ?
SARTORI
 – Mi pare ovvio. I Paesi più efficienti e meglio governati hanno sinora
 fronteggiato la situazione. Ma in parecchi membri dell’Unione Europea 
la globalizzazione ha gonfiato il debito
 pubblico a livelli non sostenibili e ha gonfiato a dismisura la 
burocrazia dello Stato o comunque a carico dello Stato.
LUMEN – Cosa dovremmo fare adesso per uscire dalla crisi di disoccupazione e far ritornare il lavoro nell’Unione Europea.?
SARTORI
 - Si fa come hanno sempre fatto tutti gli altri Paesi avanzati, ivi 
inclusi gli Stati Uniti e il Regno Unito (che sta in Europa sì e no), e 
cioè proteggendosi quando occorre.
LUMEN – Cioè ?
SARTORI
 – Si torna alla difesa doganale. La mia proposta è semplicemente quella
 di una Unione Europea che sia prima di tutto una unione doganale, che 
si protegge dall’esterno.
LUMEN – Sembra un passo indietro.
SARTORI
 – Può darsi, ma le circostanze lo rendono necessario. Non bisogna 
dimenticare che la industrializzazione dell’Europa continentale fu 
favorita e protetta da una unione doganale (inizialmente
 lo Zollverein tedesco); in sostanza, dalla protezione delle industrie 
senza le quali un Paese non diventa industriale. Anche nel contesto 
dell’Unione Europea, la protezione di ogni singolo Stato dovrebbe essere
 consentita, addirittura con delle barriere interne,
 qualora siano  giustificate dalla difesa del lavoro e delle industrie 
chiave nei Paesi che le hanno perdute.
LUMEN – Dubito che l’Europa, questa Europa, sia disposta a tanto.
SARTORI
 – Lo temo anch’io. Ma l’alternativa è quella di cui stiamo soffrendo: 
tasse crescenti, e oramai suicide, per pagare una disoccupazione 
crescente.  Senza protezioni, il nostro Paese
 continuerà a tassare, semplicemente, per pagare poco e male le 
pensioni, e a sussidiare poco e male i disoccupati. Un pozzo senza fondo
 nel quale stiamo sprofondando sempre più, altro che ripresa !
LUMEN – Poi c’è il problema dei migranti.
SARTIRI
 – Problema molto serio, che stiamo affrontando nel modo sbagliato. 
Abbiamo stabilito che l’immigrazione clandestina non è reato, e abbiamo 
una ministra dell’Integrazione che si batte
 per istituire lo “ius soli”, il diritto di chi riesce ad entrare in 
Italia di diventarne cittadino.
LUMEN – Un problema che rischia di scoppiarci tra le mani.
SARTORI
 – L’ha già fatto, direi. Già nel 2008 un importante politologo 
americano, Walter Laqueur, nel suo libro “Gli ultimi giorni 
dell’Europa”, spiegava che « l’immigrazione incontrollata
 ha popolato l’Europa di persone che non hanno nessun desiderio di 
integrazione, ma che pretendono i servizi sociali, l’assistenza medica 
sovvenzionata e anche i sussidi di disoccupazione che offrono i Paesi 
ospitanti ».
LUMEN – Anche tra gli immigrati, ovviamente, c’è un po’ di tutto.
SARTORI
 – Certamente. Nel caso migliore, questa immigrazione proviene da Paesi 
che sanno gestire piccoli negozi, piccoli traffici nei vari bazar, e 
cioè i mercati caratteristici del Medio
 Oriente, dove si vendono chincaglierie di ogni genere, ma che non hanno
 mai sviluppato una società industriale.
LUMEN – Quindi, in Europa i più bravi possono ricreare il negozio tipico dei bazar.
SARTORI
 - Certamente, ma sono comunque pochi. Alla maggioranza degli immigrati 
il paese ospitante può solo offrire un lavoro sottocosto, che li lascia 
emarginati in squallide periferie di
 miseria, caratterizzate da disoccupazione e da risentimento contro i 
Paesi ospitanti.
LUMEN – Con grossi problemi sociali.
SARTORI
 – Grossissimi. Il risultato complessivo, infatti, non è l’integrazione,
 ma semmai lo sfascio e l’aumento della delinquenza.
LUMEN – Qualche esempio da citare ?
SARTORI
 – L’Inghilterra e la Francia sono oggi i Paesi europei più invasi, per 
così dire, da questi “disintegrati”, sempre più ribelli e violenti. 
L’Inghilterra per via del Commonwealth, la
 Francia per cercare di salvare (assurdamente) la sua colonizzazione. La
 Francia, oggi con un presidente socialista, si limita a fronteggiare le
 sommosse. L’Inghilterra che, in materia, ha le mani più libere, chiede 
ora di controllare e limitare severamente
 l’immigrazione. 
LUMEN - E noi ?
SARTORI - Noi siamo, con lo scombinato governo Letta e la pressione della “sinistra” su Renzi, quelli messi peggio di tutti.
LUMEN – Poveri noi. Qualche dato ?
SARTORI
 – Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il nostro debito pubblico 
supera il 130% del nostro PIL. La disoccupazione dei giovani tra 15 e 24
 anni sorpassa il 40%. La durata media del
 processo civile è di 564 giorni per il primo grado (contro una media 
europea di 240 giorni) e di quasi 8 anni per i 3 gradi di giudizio 
(contro poco più di 2 anni).
LUMEN - E si potrebbe continuare.
SARTORI – Si potrebbe, ma preferisco finirla qui, per carità di patria.
LUMEN – Grazie professore. E speriamo che, prima o poi, qualcuno vi ascolti.