Alberto
Bagnai, è l'economista controcorrente diventato famoso per la sua
battaglia contro la moneta unica dell'Euro, accusata (giustamente) di
strangolare le economia europee più deboli,
tra cui, purtroppo, anche l'Italia.
Ma
nel suo blog (Goofynomics) Bagnai fa spesso anche delle considerazioni
di ordine più generale sull'economia, la politica e la finanza mondiale.
Ne riporto alcune qui sotto, perchè mi sembrano particolarmente interessanti.
LUMEN
<< Da circa un trentennio l’Italia è governata dal “Partito Unico del Vincolo Esterno”: prima sotto forma di SME [il sistema monetario pre-euro], oggi, sotto forma di PUDE (Partito Unico Dell’Euro).
<< Da circa un trentennio l’Italia è governata dal “Partito Unico del Vincolo Esterno”: prima sotto forma di SME [il sistema monetario pre-euro], oggi, sotto forma di PUDE (Partito Unico Dell’Euro).
I personaggi sono sempre quelli, e da trent’anni sono dietro, sotto, sopra, o dentro al governo.
L’informazione,
che è un bene costoso, è stata comprata da chi aveva i soldi per farlo:
gli azionisti di maggioranza di questo partito unico, le grosse lobby
finanziarie che dominano le scelte
di Bruxelles.
Ne è
risultata una plumbea uniformità: nessuna voce di dissenso aveva finora
raggiunto i media, eccezion fatta per alcune strampalate
organizzazioni, o movimenti, o iniziative, meritatamente
prive di credibilità agli occhi degli elettori, e visibilmente
strutturali a un disegno reazionario di “canalizzazione” del dissenso.
>>
<< Cari imprenditori che vi lamentate tanto della burocrazia, cacciatevelo in testa (…): questo tipo di stato lo avete voluto anche voi, o meglio, quelli che vi comandano.
Se abbiamo un indice “Doing business” [facilità di impresa] fra la Bielorussia e il Ghana, ma nonostante questo eravamo nel G8 prima della crisi,
un motivo ci sarà, ed è che evidentemente a un certo modello di business l'esistenza di certe barriere faceva comodo.
Altrimenti, chi comandava le avrebbe rimosse. A che serve il potere se
non a farsi i fatti
propri ? (…)
E perché lo Stato è nemico dei piccoli ? Perché è amico dei grandi, delle lobby che possono "catturare" i politici (…).
Chi
comanda ? Chi è ricco e potente o chi è povero e debole ? (…) E chi
decide come si amministra uno stato ? Quelli che comandano o quelli che
obbediscono ? (…) La risposta è agevole.
Ergo,
se lo Stato è come è, lo sarà molto probabilmente anche perché fa
comodo così a chi ha
i soldi e il potere. Quindi, se chi ha i soldi e il potere si lamenta
del perché lo Stato è come è, la reazione più appropriata sarebbe una
pernacchia. >>
<< Il problema del debito ce lo siamo causato da soli aggredendo il sintomo anziché la causa della crisi, cioè il debito pubblico, anziché quello privato estero (…) Ed ai motivi ideologici (la distruzione dello Stato, nemico numero uno dei liberisti “de noantri”) si aggiungeva un motivo ben più prosaico. (…)
<< Il problema del debito ce lo siamo causato da soli aggredendo il sintomo anziché la causa della crisi, cioè il debito pubblico, anziché quello privato estero (…) Ed ai motivi ideologici (la distruzione dello Stato, nemico numero uno dei liberisti “de noantri”) si aggiungeva un motivo ben più prosaico. (…)
Il
governo aveva una missione ben precisa: tutelare non l'interesse
nazionale, ma quello dei creditori esteri, che ovviamente (e in parte
legittimamente) desiderano essere rimborsati in euro.
>>
<< Ricordo che per l'Italia l'euro è una valuta estera, visto che non ne controlla l'emissione.
Ora,
una valuta estera da dove ce la si procura ? Semplice ! Dall'estero,
cercando di andare in surplus di bilancia dei pagamenti, cioè di
ottenere più pagamenti dall'estero di quanti pagamenti
si facciano all'estero.
E come si ottiene un surplus di bilancia dei pagamenti ? O importando di meno o esportando di più. (…)
Voi
direte: ma all'estero questo fa comodo ? E io vi risponderò: non esiste
il signor “Straniero J. Estero”, che abita all'estero e parla una
lingua straniera. Esistono tanti "esteri".
Ai
produttori esteri la riduzione delle nostre importazioni non fa bene,
perché sono le loro esportazioni, e se diminuiscono i risultati si
vedono. Ma l'estero è fatto anche di creditori.
Non uno, tanti.
Ognuno
dei quali se ne frega sia degli imprenditori manifatturieri del suo
paese, che degli altri creditori del suo paese: semplicemente (e in
parte legittimamente) rivuole i suoi soldi.
E a ognuno di questi creditori il fatto che gli italiani risparmino
(non acquistando beni esteri) per restituire soldi esteri (euro)
all'estero fa ovviamente piacere. >>
<< I pretesi "europeisti" (…) fomentano sentimenti anti-tedeschi, giocando un gioco sporco e pericoloso. (…)
Quegli
stolti che, non conoscendo la letteratura, la musica, la lingua
tedesca, non sapendo nemmeno collocare la Baviera su una cartina
geografica, vengono da noi [anti-euro] a dirci che siamo
anti-tedeschi, mentre per salvare la loro faccia, cioè le loro terga,
sparano a palle incatenate contro la Germania dai quotidiani, evocando
storie che sarebbe meglio dimenticare.
Lo
fanno per un motivo molto semplice. Perché, da sinistra, non riescono a
capire che il problema non è (solo) la Germania, ma (soprattutto) il suo
modello di capitalismo.
La
Germania, come l'Italia, rigurgita di sconfitti, ai quali i politici -
in Italia soprattutto quelli "de sinistra" - stanno insegnano a odiare
l'altro.
(…) Siano vituperati in eterno per l'odio al quale ci condannano ! >>
<< Cari intellettuali "del cavolo", ancora non avete capito che il capitale nasce internazionale e il proletariato non lo diventerà mai.
E
che l'unico possibile presidio di democrazia, e quindi di tutela delle
classi subalterne, oggi è lo Stato nazionale, che è poi l'entità sovrana
che si costituisce sotto il presidio di una
Costituzione, l'unico strumento dal quale possiamo aspettarci un minimo
di tutela dei nostri diritti fondamentali.
Con
il quale voi invece, seguendo la corrente "europeista", volete nettarvi
le terga, in nome di un malinteso "superamento del nazionalismo".
Bene: per me i fascisti siete voi. >>
<< Se il potere d'acquisto dei lavoratori si sviluppa di pari passo alla loro produttività, la “domanda” [cioè la richiesta complessiva di prodotti e servizi] potrà essere finanziata dai redditi dei lavoratori stessi.
Ma
se la produttività cresce più in fretta dei salari reali, allora ci
saranno in giro più prodotti che redditi da lavoro per acquistarli. Il
capitalismo questo ovviamente lo sa, e pone rapidamente
rimedio.
Come ? Semplice ! Col debito. >>
<< [Si può] spiegare in modo estremamente semplice perché i mercati finanziari sono intrinsecamente instabili. Il fatto è che nei mercati dei beni quando il prezzo sale la domanda cala, mentre nei mercati delle attività finanziarie o reali quando il prezzo sale la domanda cresce. […]
Siamo
in mano ad operatori (i "mercati") costretti ad agire in una logica di
brevissimo periodo, che per questo motivo traggono i loro guadagni non
dal merito intrinseco delle loro scelte
di investimento finanziario, cioè, in sostanza, dal fatto di finanziare
il progetto più meritevole e redditizio. I loro guadagni derivano dal
fatto di lasciare il cerino acceso in mano al fesso di turno. […]
Va
da sé che questo comportamento, in sé non irrazionale, determina uno
sgradevole fenomeno: mentre nei mercati reali la dinamica dei prezzi
"pulisce" gli eccessi di domanda, in quelli finanziari
li amplifica. Sì, sarebbero le famose bolle.
Così è se vi pare, e anche se non vi pare. >>
Un amico appena tornato dalla Germania, Dresda, mi dice che tutto sembra opulento: bellissimi negozi, pieni di gente che fa acquisti, la sera molte luci ovunque, auto di lusso, alberghi pieni ecc.
RispondiEliminaDomanda: non è che paghiamo noi?
Non solo noi, ma sicuramente ANCHE noi.
EliminaPerò, secondo Bagnai, il giochino un po' furbesco della Germania sarebbe arrivato al capolinea.
Staremo a vedere.
In questi anni di crisi avrò letto centinaia di articoli di economisti e specialisti vari - e ci ho capito ben poco. Bagnai non fa eccezione: è un torrente in piena, una persona coltissima, ma stringi stringi mi viene voglia di dire: ma che c… significa, cosa vuoi dire, come dobbiamo regolarci?
RispondiEliminaDallo "sproloquio" qui sopra cito questa frase che mi è piaciuta:
«E che l'unico possibile presidio di democrazia, e quindi di tutela delle classi subalterne, oggi è lo Stato nazionale, che è poi l'entità sovrana che si costituisce sotto il presidio di una Costituzione, l'unico strumento dal quale possiamo aspettarci un minimo di tutela dei nostri diritti fondamentali.»
Perché mi è piaciuta? Intanto è un enunciato chiaro alla portata di tutti, e poi va nella mia direzione, perché a me l'UE non piace e spero che schiatti presto. No no, niente paura: non si tratta di tornare ai vecchi nazionalismi "gli un contro gli altri armati". Ma è chiaro che si potrebbe cominciare a mettere un po' d'ordine nel proprio cortile prima di accusare gli altri (attualmente è la Germania la testa di turco). Certo certo, lo so - come ci ripete Napolitano (un vecchio comunista, non dimentichiamolo, anche se oggi ha cambiato cavallo perché ha capito che gli USA sono più forti di quel carrozzone sfasciato dell' ex Unione Sovietica) - lo so che alcuni problemi (l'energia, il petrolio!) trascendono i destini nazionali, possono essere risolti solo insieme. Ci ritroviamo con una disoccupazione giovanile allarmante che nessuno sa come ridurre. Era così difficile prevederla - e prevenirla? Comunque è chiaro che Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Grecia (ma penso anche Romania, Bulgaria, i Balcani, Irlanda, Ucraina ecc.) non sanno che pesci pigliare - e si appellano quindi agli altri, alla comunità internazionale che tiri loro le castagne dal fuoco.
Non capisco l'animosità contro la Germania. Dicono che esporta troppo e questo non è bello, si arricchisce a spese degli altri. Ma va'! Tutti vogliono esportare di più per rimpinguare le casse. Forse la Germania dovrebbe essere presa piuttosto a modello. La Germania gioca sporco, ci frega? Mah, sarà.
Abbiamo da un lato montagne di soldi (la macchina stampasoldi va che è una bellezza, soldi che vengono fuori dal nulla nella speranza che si creino altri soldi), dall'altro lato i beni e i servizi. I beni fondamentali per sopravvivere (petrolio, acqua, terre rare, uranio ecc.) sono limitati e non possono accrescersi. Poi ci sono i beni voluttuari - tra cui anche le auto e i telefonini, gli smartphones ecc. - in crescita vertiginosa ma che restano poi in parte invenduti (è il risultato matematico degli aumenti di produttività, la crisi di ogni capitalismo).
Bisognerebbe ricominciare dalla terra. Perché i beni voluttuari non sfamano e inquinano. Il consiglio di Candido è sempre valido: sì sì, vabbè, interessanti i massimi sistemi, ma intanto ci conviene coltivare il nostro giardino. "Prepariamoci" era il titolo del libro di uno scienziato ambientalista (l'ho pure letto). Al peggio, ovviamente, ma se saremo preparati possiamo farcela. Non aspettiamo dalla Germania o dall'UE la soluzione a tutti i nostri problemi, che sono in buona parte "hausgemacht", fatti in casa.
Concordo, non ce la possiamo prendere contro la Germania. Del resto se paghiamo un dollaro 1500 delle vecchie lire invece di 4500 come sarebbe oggi se avessimo ancora la vecchia lira è grazie all'euro. Certo, forse esporteremmo di più, ma avremmo un'inflazione alle stelle e gli operai e i pensionati alla fame. Con quello che costerebbe il petrolio dovremmo andare tutti in bicicletta come nella Cina di Mao. Però rimane questo dato di fatto: in Germania stanno oggi molto meglio di noi. Ma la colpa è certamente nostra.
EliminaCaro Agobit, questo è un argomento molto importante e delicato, che merita una risposta approfondita. Ti rispondo più sotto.
Elimina<< Bisognerebbe ricominciare dalla terra. Perché i beni voluttuari non sfamano e inquinano >>
RispondiEliminaCaro Sergio, questa mi sembra la sintesi perfetta della situazione ingestibile che si è creata.
Perchè tornare alla terra vuol dire tornare al proprio territorio, alla sua cura ed al suo rispetto, all'equilibrio economico che necessariamente si abbina alla produzione nazionale (e quella agricola è nazionale per definizione).
Aggiungerei che anche le energie rinnovabili sono per loro natura legate al territorio: quello che è internazionale è la gestione delle energie fossili attuali; ma il futuro non è delle energie fossili.
Certo a coltivare la terra si fa fatica, si deve chinare la schiena e sudare, ma se vogliamo mantenere un minimo di speranza per il futuro, questo è legato inestricabilmente alla terra.
"Certo a coltivare la terra si fa fatica, si deve chinare la schiena e sudare."
RispondiEliminaChe belle cose la fatica e il sudore! Poi dormi che è una meraviglia, altro che sonniferi ormai indispensabili per un terzo dell'umanità (confronta coi gatti: si cercano un posticino, si acciambellano e buona notte in un lampo: dei veri geni al confronto del sapiens insonne - perché vive male!).
Il mestiere del contadino era però molto duro una volta, non sempre o forse anche rare volte soddisfacente. Oggi però non sarebbe più così massacrante con gli ausili e le conoscenze che abbiamo e la consapevolezza ecologica (però anche i vecchi contadini se ne intendevano, basti pensare alla rotazione delle colture per non sfruttare eccessivamente i terreni). Possiedo una straordinaria opera di uno studioso svizzero di linguistica, Paul Scheuermeier, «Il lavoro dei contadini», con un ricchissimo corredo fotografico: una meraviglia vedere quanti attrezzi possedevano per i loro bisogni. Un sapere andato ormai perso.
Ma ci sono laureati che tornano ai campi! Che sia questa la nostra vera ricchezza? Ricorderai la favola di La Fontaine: il padre morente confida ai figli che ha nascosto un terreno nei campi. Questi come dannati a cercarlo, rivoltano tutto il terreno ma - mannaggia - il tesoro non si trova. Ma però il raccolto sarà meraviglioso. Allora capiscono ...
@ Lumen
RispondiEliminaE se la favola di La Fontaine non la conosci eccotela. Stavo per trascrivertela in francese, ma consulto Google e naturalmente la trovo subito in italiano (debbo dire che Wikipedia e Google mi piacciono, trovo davvero tutto).
Il contadino e i suoi figli
Lavorate,faticate,
un tesoro
immancabile è il lavoro.
Un ricco Contadino, ridotto al lumicino,
chiamò d'intorno i Figli e a lor così parlò:
- Il vostro poderetto
mai non vendete, o figli, perché di certo io so
che v'è sotto nascosto un gran tesor... Zappatelo,
scavatelo, frugatelo,
e troverete ciò che vi prometto -.
Quando fu morto il padre, per gola del tesoro
corrono i figli e zappano,
scavan di qua di là la terra in ogni lato.
E avvenne proprio quello che disse il padre loro;
ché, il campo lavorato e dissodato,
trasser sì gran raccolto in fin dell'anno,
che quasi dove metterlo non sanno.
Ben fu il padre saggio astrologo
nel mostrare che il lavoro
da sé solo è un gran tesoro.
Poscritto
EliminaHo trovato in nome del traduttore che merita sicuramente di essere menzionato, non lo conoscevo (grazie Wikipedia):
Emilio De Marchi (Milano, 31 luglio 1851 – Milano, 6 febbraio 1901) è stato uno scrittore italiano
La critica ritiene che De Marchi sia riuscito a riportare nella versione italiana lo spirito del favolista francese, mettendone in risalto tanto l’ironia quanto la sua visione amara della vita.
Tuttavia l'originale è meglio. Lette e rilette non so quante volte tutte le favole e i racconti di La Fontaine. Quante verità in queste favole, porte con grazia. Probabilmente una volta le facevano studiare a memoria ai bambini, almeno qualcuna. Ma oggi penso che imparare a memoria sia considerato diseducativo, inutile.
E invece a me piaceva. "Silvia, rimembri il tempo della tua vita mortale quando beltà splendea negli oggi tuoi ridenti e fuggitivi e tu lieta e pensosa il limitar di gioventù salivi? …"
BELLISSIMA! Grazie per averla messa in rete.
EliminaGrazie Sergio, non la conoscevo ed è davvero molto profonda.
RispondiEliminaSempre a proposito di agricoltura, ricordo benissimo che, quando ero ancora un europista convinto (errori di gioventù...), c'era comunque una cosa che non riuscivo ad accettare: le quote di produzione agricola imposte per decreto europeo ai nostri produttori.
Erano quote volutamente modeste, che limitavano in modo innaturale la produzone dei nostri agricoltori a favore di quelli di altri paesi.
C'erano, per esempio, le famose quote latte, la cui eccedenza veniva fisicamente BUTTATA VIA !
Ecco, se l'Europa è questa (ed è anche questa), non è meglio tornare al nostro orticello nazionale ?
@ Agobit
RispondiElimina<< Del resto se paghiamo un dollaro 1500 delle vecchie lire invece di 4500, come sarebbe oggi se avessimo ancora la vecchia lira, è grazie all'euro. Certo, forse esporteremmo di più, ma avremmo un'inflazione alle stelle e gli operai e i pensionati alla fame. Con quello che costerebbe il petrolio dovremmo andare tutti in bicicletta come nella Cina di Mao. >>
Caro Agobit, ti assicuro che l’Euro non ci ha difesi ma impoveriti.
Io non sono un economista, per cui non sono capace di spiegarti le cose in modo chiaro e approfondito, ma tutto il blog di Bagnai è lì a dimostrare che la famosa svalutazione competitiva aiuta l’economia di un paese molto più di quanto lo possa danneggiare quel po’ di inflazione che ne consegue.
Perché è vero che con la svalutazione paghi di più le merci importate, ma ottieni 3 vantaggi notevoli: riduci le spese voluttuarie all’estero, aumenti le esportazioni e rafforzi la produzione interna di beni e servizi (e sono questi che danno ricchezza ad una nazione, non le merci o i capitali importati).
E poi non dimenticare che su molte merci importate, per esempio il petrolio di cui parlavi tu, una gran parte del costo è data dalle imposte, che ovviamente non risentono dei rapporti tra le valute.
Aggiungo inoltre che, sempre secondo Bagnai, l’inflazione farebbe molto più danno ai "rentiers" (che si vedono rimborsare i prestiti in moneta svalutata) che non agli operai e ai pensionati (per i quali è spesso previsto una qualche indicizzazione).
Ed infatti l’Euro è stato voluto principalmente dalla finanza internazionale e dai grandi prestatori del nord, sciaguratamente aiutati dai nostri politici, che hanno fatto i “loro” interessi, invece che i nostri.
Se poi tu mi obbietti che parlare di stimolo alla produzione e quindi alla crescita è negativo dal punto di vista ecologico-demografico, sono d’accordo con te; ma si tratta ovviamente di un altro tipo di discorso.