Anche
questa è una intervista virtuale, nel senso che non è mai avvenuta, ma
riporta fedelmente il pensiero del personaggio citato. La “vittima”
è il noto ambientalista americano Lester Russell Brown, grande esperto dei problemi legati alla sovrappopolazione.
LUMEN.
LUMEN – Professor Brown, perché il continuo incremento demografico è così drammatico per il futuro del nostro pianeta ?
BROWN
– Perché con l’aumento della popolazione globale ciascuno di noi avrà
una parte inferiore di acqua dolce, di riserve minerali, di terra
coltivabile, di
riserve di combustibile fossile, di spazio vitale, di capacità di
assorbimento dei rifiuti, di proteine provenienti dal mare e di zone
ricreative naturali.
LUMEN – Una prospettiva davvero spiacevole.
BROWN
– Ma non solo. Vi è una trasformazione del rapporto tra l’uomo e il
sistema naturale entro cui egli vive, che non è soltanto un fenomeno
ecologico, ma
ha profonde conseguenze economiche, politiche e sociali. La crescita
demografica, infatti, comincia a influire sotto vari aspetti sui nostri
modi di vita, riducendo le scelte aperte all’individuo.
LUMEN – In che modo avviene questo ?
BROWN
- Via via che ci avviciniamo ai limiti delle risorse della Terra,
l’aumento della popolazione comincia a controbilanciare l’effetto dello
sviluppo economico,
il quale, per definizione, tende ad aumentare le scelte di cui
l’individuo può disporre. Tali scelte comprendono le attività che
costituiscono la nostra vita quotidiana, ivi compreso quello che
mangiamo, il sito dove viviamo e i luoghi in cui ci rechiamo.
LUMEN – E queste scelte sarebbero a rischio ?
BROWN
– Sarà inevitabile. L’attuale mancanza di azioni urgenti ed efficaci
sul fronte demografico finirà per creare, nel prosismo futuro, una
necessità ancora
più forte di intervenire nelle attività umane in modo limitativo.
Allorché
i sistemi politici, sociali ed economici cercheranno di far fronte alle
conseguenze della pressione demografica, non vi sarà altra scelta che
quella
di limitare sempre più le libertà individuali.
LUMEN – Non è una bella prospettiva.
BROWN – No. D’altra parte non si tratta di un destino ineluttabile.
LUMEN – In che senso ?
BROWN
– Nel senso che davanti a noi abbiamo comunque una alternativa:
possiamo scegliere tra un mondo con un numero sempre maggiore di esseri
umani, in cui le
comunità saranno obbligate ad adottare misure indesiderabili, e un
mondo meno popolato in cui le comunità saranno in grado di conservare
una maggiore libertà nel determinare i modi di vita e le strutture
sociali.
LUMEN – La seconda opzione mi pare assolutamente preferibile.
BROWN
– Senza dubbio. Anche perché la prima alternativa presuppone delle
scelte che implicheranno conflitti tra governi locali e nazionali, tra
interessi nazionali
e internazionali.
LUMEN – Potete fare qualche esempio ?
BROWN
– Volentieri. E’ bene che la terra dell’Africa orientale che è oggi
adibita a riserve naturalistiche sia conservata, oppure la si deve
gradualmente utilizzare
per la produzione di alimenti, in modo da soddisfare il fabbisogno
delle popolazioni in continua crescita dei paesi in cui sono situate
tali riserve?
LUMEN – E nel mondo occidentale ?
BROWN
- Le risorse d’acqua nelle grandi pianure dell’America settentrionale
possono essere usate o per scopi agricoli, come avviene oggi, o per la
gassificazione
del carbone e per ripristinare le zone in cui sono stati eseguiti
lavori estrattivi. Poiché esse non possono essere sfruttate
illimitatamente in vista di questi due scopi, una scelta è inevitabile.
LUMEN – Inevitabile, ma anche difficile.
BROWN
- Se gli esseri umani nel mondo saranno più numerosi, ciò significherà
che vi saranno meno specie di vita animale nelle aree selvagge. Il
conflitto sarà
essenzialmente fra chi preferisce conservare più specie selvagge
possibili, e chi pensa al mantenimento adeguato di un numero maggiore di
individui umani.
LUMEN - Parlavate prima della compressione delle libertà individuali.
BROWN
- Una delle scelte più difficili che si dovranno compiere a livello
nazionale è la misura in cui si dovrà sacrificare l’individuo a
vantaggio della società.
In quale misura i governi potranno ricorrere a disincentivi economici
come la limitazione del numero dei figli per i quali sono concesse
deduzioni nelle imposte sul reddito, o tessere di razionamento?
LUMEN – Beh, la storia ci insegna che l’interesse della società ha quasi sempre il sopravvento sull’interesse degli individui, giustificando le sanzioni individuali considerate necessarie.
BROWN
– Non lo nego, ma l’attrito che si crea è molto forte. Inoltre la
crescita demografica non è l’unico fattore che fa salire la domanda di
risorse. C’è anche
l’aspirazione dell’umanità a livelli più elevati di consumo, che appare
come una forza universale.
LUMEN – Una specie di manovra a tenaglia.
BROWN
- Non sappiamo quali saranno i rispettivi ruoli di queste due forze in
futuro; sappiamo però che più saranno le risorse occorrenti per
soddisfare i maggiori
bisogni derivanti dalla crescita demografica, meno saranno quelli
disponibili per elevare i livelli di consumo pro capite, la qualità
della vita, gli investimenti su tecnologie a minor impatto ambientale.
LUMEN – Mi pare inevitabile: la matematica non lascia alternative.
BROWN
- Se analizziamo le attuali pressioni ecologiche e sociali e la
scarsità delle risorse, anche il semplice raddoppio della popolazione
mondiale, in assenza
di qualsiasi aumento dei consumi pro capite, diventa una prospettiva
terrificante, alla luce delle tensioni sociali e dei potenziali
conflitti politici che probabilmente lo accompagnerebbero.
Analogamente,
un raddoppio dei livelli mondiali di consumo pro-capite, che
porterebbe il mondo solo a una frazione del livello nordamericano,
imporrebbe un
grave sforzo alle risorse della Terra, anche nell’ipotesi che non vi
sia un ulteriore aumento della popolazione.
LUMEN – Finiamo sempre lì.
BROWN
– E’ inevitabile. In pratica, se la popolazione seguiterà ad
aumentare, tutti i più seri problemi dell’umanità si aggraveranno e le
loro soluzioni risulteranno
più difficili.
LUMEN – Che fare,allora ?
BROWN
– Occorre cercare una relazione più armoniosa con la natura; la società
globale che sta nascendo dovrà formulare una nuova etica nel campo
della procreazione.
LUMEN – Facile a dirsi, ma ci sono dei forti tabù che si oppongono.
BROWN
– Sicuramente. Per gran parte del tempo in cui l’uomo è esistito, è
stato necessario avere un elevato numero di figli per assicurare la
sopravvivenza della
specie, a causa degli alti tassi di mortalità infantile.
LUMEN – Oggi però non è più così.
BROWN
– Per questo è necessario cambiare. Oggi sono proprio i tassi di
natalità che minacciano i sistemi di sostentamento da cui dipende la
vita dell’uomo, per
cui dobbiamo abbandonare la vecchia etica del “crescete e
moltiplicatevi” sostituendola con un’etica volta a stabilizzare la
popolazione.
LUMEN – Cosa dovrebbe prevedere questa etica ?
BROWN
– Come prima cosa, la nuova etica deve considerare socialmente uguali
uomini e donne, e la maternità non deve essere più una funzione assunta
in modo automatico,
ma una scelta che una donna può fare o non fare, secondo la coscienza
personale.
LUMEN – Ben detto. Ma c’è anche il rapporto con la natura e con la ricchezza da essa prodotta.
BROWN
– Esatto. Migliaia di anni di privazioni materiali hanno creato
un’etica che da un’importanza enorme alla produzione e all’acquisto
delle ricchezze, viste
in genere come fini a sé stesse.
LUMEN – Quindi, basta all’accumulazione sfrenata.
BROWN
– Basta, assolutamente. Una tale preoccupazione dovrà ridursi
notevolmente, e lasciare il posto a una maggiore importanza data alla
distribuzione dei beni
e alla partecipazione di tutti. L’importanza del benessere eccessivo
non può più trovare posto in un ecosistema già sottoposto a gravi
tensioni, con gli attuali livelli di attività economica.
LUMEN – Grazie professore, è stato un piacere ascoltarvi su questi argomenti.
BROWN – E per me parlarne. Speriamo solo che la consapevolezza di questi problemi si diffonda sempre di più. Ne abbiamo bisogno.
Un discorsetto semplice e chiaro alla portata di chiunque. Ma com'è allora che non si prendono le necessarie misure senza per forza ricorrere ai metodi cinesi? Ma a pensarci bene gli Italiani hanno adottato il metodo cinese prima dei Cinesi stessi nel dopoguerra - senza alcuna violenza, volevano solo stare un po' meglio.
RispondiEliminaOggi viviamo tutti ancora in un clima di competizione selvaggia per accaparrarci i beni della terra, a cominciare dal petrolio.
Passare dalla competizione alla cooperazione (non solo parziale o settoriale) non è facile, non sarà facile (il clima generale è di diffidenza, si teme di essere fregati - vedi per es. anche il recente rifiuto di Putin di ridurre drasticamente gli armamenti nucleari - come se quelli rimanenti non bastassero a far saltare il mondo in aria centinaia di volte).
Ma cooperare significherebbe distribuire equamente i beni e non fare i furbi, non badare solo al proprio particolare ma al bene comune.
Esaltare però il bene comune, come fa per es. la Chiesa, non può però avvenire che a scapito dell'individuo. Attualmente è in corso, almeno nel mondo occidentale, una guerra contro ogni tipo di discriminazione: l'esaltazione dell'uguaglianza sembrerebbe una buona cosa, ma ho qualche riserva - visto che siamo tutti diversi...
Infine: la fine della concorrenza, della competizione, a favore della cooperazione e dell'uguaglianza, non sarebbe l'avvento del socialismo? Mah! Io ho poca voglia di fare lo stakanovista per gli altri. Qualche piccola differenza ce la vogliamo mantenere o no? Tutti uguali uguali - che orrore! Tutti cloni per il bene comune: non so voi, a me non piace tanto. Viva la differenza (che non significa sfruttare il prossimo).
Caro Sergio, certamente nelle esortazioni di Lester Brown c'è una buona dose di ottimismo e di fiducia forse eccessiva nelle qualità dell'uomo.
RispondiEliminaD'altra parte la storia della cività è, alla fin fine, la storia dal braccio di ferro infinito tra le spinte del singolo alla supremazia (che vengono dal gene egoista) e la necessità di un comportamento sociale cooperativo (dettato dalla cultura).
La storia ci ha mostrato grandi tragedie, ma anche grandi esempi di equilibrio funzionale.
E se vogliamo affrontare con qualche speranza la crisi ecologica che ci attende, non possiamo che fare affidamento sulla nostra capacità di equilibrio.
Caro Lumen, complimenti per la bella intervista virtuale, molto chiara e condivisibile. Trovo molto giusta la denuncia dei pericoli per la libertà individuale che possono venire dalla sovrappopolazione e dai sistemi inevitabilmente repressivi che servirebbero per governarla senza devastare il pianeta. Come presto dirò in un mio post, un eccesso di popolazione richiede governi autoritari, specialmente nel caso si vogliano regolamentare i consumi (come necessario in presenza di 7 miliardi di umani). Già oggi è possibile vedere come si regolano i governi in Cina, in India, in Pakistan o in Iran. A quello che sta succedendo in Egitto non è estraneo un eccesso di natalità con una alterazione del rapporto tra giovani e anziani e alta densità demografica. Sul comportamento sociale cooperativo mi permetto di dissentire: molti comportamenti cooperativi sono determinati geneticamente. Lorenz e successori lo hanno dimostrato sia per gli insetti (come le api e le formiche) che per molte specie animali. Forte differenze individuali presuppongono invece molta cultura e complessità sociale.
RispondiElimina<< A quello che sta succedendo in Egitto non è estraneo un eccesso di natalità con una alterazione del rapporto tra giovani e anziani e alta densità demografica. >>
RispondiEliminaCaro Agobit,
di questo sono convinto anche io: anzi secondo me quella demografica è la causa principale della rivolta sociale; eppure nei commenti dei principali media questo aspetto viene sistematicamente trascurato.
Al riguardo, non posso che richiamarmi alle teorie del prof. Heinsohn, di cui ho già parlato in un paio di occasioni (v. Baby Boom).
Quanto ai complimenti per il post (di cui Ti ringrazio), non posso che ricambiare, visto che il testo base di Brown (ovviamente, con gli opportuni adattamenti) è stato preso proprio dal tuo blog, che, per me, è una vera miniera d'oro.