(Concludiamo l’articolo di Antonio Turiel sul rapporto tra EROEI ed infrastrutture - da Effetto Cassandra).(seconda parte). Lumen
<< In un rapporto di una grande firma britannica [si afferma] che l'economia è solo il linguaggio e che la vera sostanza è l'energia, che l'economia deve essere ridotta alla sua dimensione energetica e che il concetto chiave è quello del Ritorno Energetico (EROEI). (…) [E si parla] di “abisso dell'energia netta”, che avviene quando l'EROEI scende sotto una certa soglia. (…)
Data la non linearità del rapporto fra l'energia netta e l'EROEI, all'inizio le diminuzioni progressive dell'EROEI si traducono in diminuzioni molto piccole dell'energia netta.
Tuttavia, oltre il valore limite di 10
(ovvero: 10 unità di energia ottenute con l’investimento di 1 - ndr),
piccole diminuzioni dell'EROEI conducono a grandi diminuzioni
dell'energia netta. E' il precipizio o abisso dell'energia netta.
Che l'energia netta del petrolio stia diminuendo rapidamente è una cosa sempre più evidente.
Qualche
mese fa il costo marginale di un barile di petrolio superava i 92
dollari, un prezzo prossimo alla soglia del dolore per le economie
industriali. Il prezzo del petrolio, pertanto,
non si mantiene alto per piacere, ma per necessità. (…)
Come dimostrano un paio di dati significativi. Il primo, che nonostante i grandissimi investimenti effettuati, la produzione delle 5 grandi compagnie petrolifere occidentali (…), diminuisce a ritmo costante. (…)
Il
secondo è ancora più allarmante. In questo momento la maggior parte
delle riserve di petrolio non sono in mano alle multinazionali (…), ma
in quelle delle compagnie nazionali del Medio
Oriente e delle compagnie più o meno statali che controllano gli scambi
in Russia, Cina e Brasile.
Data la collusione fra gli interessi degli affari duri e puri e gli Stati che, di fatto o di diritto, ostentano il controllo di queste compagnie, queste compagnie possono imbarcarsi in investimenti che vanno oltre la logica imprenditoriale e a favore di una logica di protezione degli interessi strategici degli stati che le sostengono.
Mentre il mondo viveva i giorni dolci dell'espansione del credito e dell'energia sempre più abbondante non c'erano problemi, ma quando le risorse hanno iniziato a scarseggiare queste compagnie si sono lanciati in investimenti in nuove prospezioni oltre il ragionevole dal punto di vista dell'investitore.
Non
si può essere contemporaneamente compagnia pubblica e privata e gli
investitori stanno cominciando a punire duramente queste compagnie che
investono più di quello che guadagnano e in alto
si spartiscono dividendi per proiettare una falsa immagina di cuccagna e
normalità. (…)
Il grande affare che si supponeva fosse investire nel settore degli idrocarburi in quei paesi è risultato essere un'altra bolla finanziaria, semplicemente perché il petrolio e il gas non sono tanto abbondanti come si diceva.
Esattamente
la stessa cosa succede sol fracking da queste parti. Ma ancora è
difficile accettare che in realtà il settore è cambiato, che stiamo
vivendo il tramonto del petrolio.
E se questa situazione non è di per sé affatto buona, il problema si vede aggravato di nuovo dalla decadenza delle infrastrutture.
Quando
calcoliamo l'EROEI del petrolio attualmente in estrazione, il risultato
è migliore di quello che darebbe se realmente potessimo calcolarla in
relazione a tutto il suo ciclo di vita,
perché una parte dell'infrastruttura imprescindibile per il suo
sfruttamento sta già lì e bisogna solo conservarla – finché si può.
Il problema si pone, per tanto, quando l'infrastruttura è ammortizzata e si deve costruirne una nuova che la sostituisca.
E'
il caso, per esempio, delle raffinerie nel mondo occidentale. E' da più
di 30 anni che non se ne costruiscono e, al contrario, per problemi di
rendimento associati alla difficoltà di raffinare
il diesel, molte stanno chiudendo.
Se
tutti questi costi, che un giorno si dovranno pagare, si tenessero in
conto, l'EROEI risultante sarebbe minore e vedremmo che la società è
condannata ad un collasso improvviso.
Ma tale collasso non avviene mentre le infrastrutture sono operative, [perchè] non è necessario ripetere l'investimento di energia fatto per metterle in funzione. (…)
Il
petrolio in questo momento beneficia del fatto di non dover pagare gli
investimenti precedenti necessari per il suo sfruttamento sotto forma di
infrastruttura (oleodotti, raffinerie, canali
di distribuzione, rete di distributori), il che permette che il suo
rendimento energetico sia molto maggiore che se si contasse la spesa
energetica di tutto questo sfoggio in esso dovuto alla contabilità
energetica.
Tuttavia, un giorno o l'altro arriverà il momento in cui dovremo lasciar perdere tutto questo e le eccedenze che lascerà il petrolio allora probabilmente non saranno sufficienti.
In
quel momento, il dramma dell'EROEI molto basso affiorerà di colpo e la
discesa sarà molto più improvvisa di quanto immaginato.
Il concetto di EROEI è molto utile per poter analizzare la sostenibilità della società, ma si deve tener conto che è un concetto termodinamico e pertanto ha un senso pieno solo quando si calcola in situazioni di equilibrio, pertanto statiche, nelle quali le cose non variano nel tempo o lo fanno molto lentamente. (…)
Tuttavia,
noi stiamo applicando il concetto di EROEI in situazioni non statiche e
così l'informazione che otteniamo da esse è molto erronea. (…)
Complica ancora di più le cose il fatto che l'essere umano ha una visione statica delle cose, anche quando sono dinamiche, e questo ci rende difficile riconoscere i cambiamenti se sono sufficientemente lenti rispetto al tempo interno della psiche umana.
Abbiamo
costruito tutto un complesso modello di società dando per scontato che
il petrolio sarà sempre lì ad alimentarlo, senza tenere conto non solo
che mancava il petrolio abbondante e a
buon mercato, ma che avrebbe dovuto mantenere tutta una infrastruttura
che lo puntellava e i cui costi iniziali erano stati pagati quando ci
avanzava quello che ora ci andrà a mancare.
Questo declino delle infrastrutture, questa incapacità di sostituire ciò che si è potuto finanziare quando l'energia era a buon mercato, potrebbe essere alla fine la causa ultima e profonda del rapido declino della società teorizzato dal Prof. Ugo Bardi, (…)
Bardi
ipotizza che questo declino accelerato sarebbe dovuto ai costi
crescenti del far fronte all'inquinamento, inteso in forma ampia, come
qualsiasi effetto di degrado dell'ambiente o dell'habitat
umano.
Dato che l'habitat di un essere umano ha già una componente “artificiale” (…), la decadenza delle infrastrutture si potrebbe intendere come un effetto di degrado del tipo menzionato.
Pertanto,
potrebbe ben essere il caso che una delle cause più importanti del
declino precipitoso delle civiltà, quando superano l'abisso dell'energia
netta, non sia tanto l'inquinamento in
senso stretto, ma la [in]capacità di assumersi i costi differiti
incorporati nelle infrastrutture, ed il loro inevitabile collasso
trascinerebbe con sè la società intera.
La conclusione (…) è che le nostre infrastrutture, che oggi diamo per scontate nella loro grandiosità ed efficienza, sono condannate a decadere a un ritmo simile a quello della nostra disponibilità energetica netta (…).
Tale
prospettiva introduce una nuova variabile di preoccupazione, che si
aggrava anche di più se teniamo conto che conservare un buon EROEI per
lo sfruttamento delle fonti di energia rimanenti
dipende, per l'appunto, dalla conservazione di quelle stesse
infrastrutture che sono condannate. (…)
In realtà, al posto di cercare di mantenere a tutti i costi queste infrastrutture che inevitabilmente decadranno, ciò che si dovrebbe studiare ed analizzare è ciò che si può ragionevolmente mantenere su base locale.
Altrimenti,
queste infrastrutture grandiose ci trascineranno nella loro caduta col
loro peso gigantesco, facendoci spendere rapidamente le poche risorse
che ci restano. >>