Le uccisioni di donne da parte di partner respinti (chiamate oggi femminicidi) sono aumentate e compaiono ormai nella nostra cronaca nera con tragica frequenza .
Ho deciso pertanto di dedicare un post a questo argomento, con due interessanti considerazioni di Marcello Veneziani (LINK) e di Uriel Fanelli (LINK), tratte dai loro siti personali. A seguire una breve riflessione del sottoscritto.
LUMEN
FEMMINICIDIO E NARCISISMO
<< [Considero una] deformazione della realtà l’uso becero dei cosiddetti femminicidi per armare il femminismo contro i maschi assassini potenziali e incitare alla lotta per l’autorealizzazione.
Dopo ogni femminicidio c’è questa chiamata alle armi per combattere il maschio violento e mobilitarsi in una specie di lotta di genere, succedaneo della lotta di classe. Il presupposto falso e fuorviante di questo esercito della salvezza è che si fronteggi con un esercito di maschi potenziali femminicidi, che sarebbe lì di fronte a loro e vorrebbe opprimere e anche sopprimere la donna insubordinata.
E invece non c’è nessun esercito maschile contro cui combattere; il novantanove per cento dei maschi non usa violenza verso le donne, semmai è intimidito, in fuga o si arrocca sulla difensiva.
I femminicidi sono aberrazioni di singoli che hanno perso la testa; non sono vittime di uno scontro sociale di genere.
Non c’è nessun esercito nemico da battere ma ci sono solo individui solitari che uccidono per incapacità di vivere, dipendenza assoluta dalla loro partner e fragilità distruttiva e autodistruttiva.
Sono uomini-narciso, che vivono specchiandosi nell’altro e quando lo specchio si rompe (porta male) le schegge diventano coltelli per uccidere chi ha infranto la loro immagine proiettata nella vita di lei.
Alla fine siamo tra due deserti di solitudine: quella di chi ritiene di dover alzare i ponti col resto del mondo perché ama troppo se stessa e quella di chi escluso dalla prima si vendica e uccide l’oggetto proibito del suo ego che chiama amore.
Narciso contro Narciso, solitudine contro solitudine mentre le tifoserie inveiscono e incitano alla lotta. Ma il vero nemico è l’egolatria di massa. Viva Io, a morte l’Io altrui. Così muore una società, non solo un individuo. >>
MARCELLO VENEZIANI
FEMMINICIDIO E CONSENSO
<< Una studentessa [è stata] sgozzata da un ossessivo che la perseguitava, dopo averne respinto le attenzioni. Il copione, purtroppo noto, del femminicidio.
E, come prevedibile, irrompono le solite pasionarie a pontificare sulla necessità di “insegnare ai maschi a gestire un rifiuto”, come se la radice del male risiedesse unicamente in quel “no” pronunciato dalla vittima. (…)
A un uomo capace di sgozzarti, del tuo consenso non importa assolutamente nulla. Non l'ha ascoltato ieri, non lo ascolterebbe oggi, non lo considererà mai. Non lo vede nemmeno. (...)
Quante donne vengono uccise dopo anni di sottomissione, dopo aver acconsentito a ogni umiliazione, a ogni violenza, a ogni degradazione?
Donne che non hanno mai opposto un rifiuto, ma che – al culmine di un delirio paranoide (“lei mi tradisce con un alieno”) – vengono ugualmente strangolate, accoltellate, annientate.
Cosa dimostra tutto ciò? Che continuare a cercare la causa scatenante nel rifiuto femminile è un tragico abbaglio. I casi più aberranti di violenza domestica sfociata in omicidio raramente esplodono per un “no”.
Esplodono per un cortocircuito ossessivo nella psiche dell'aggressore – un dettaglio che, guarda caso, nessuna campagna sul “consenso” potrà mai risolvere. (…)
Non provate a negare l'evidenza statistica. Il “no” della vittima è irrilevante nell'equazione mortale.
Quando un ossessionato sceglie la sua preda, il dado è già tratto: quel corpo è solo un conto alla rovescia ambulante. Il consenso o il rifiuto possono forse modulare i tempi (accelerandoli o rallentandoli), ma non altereranno mai l'esito finale: una tomba.
Perché la verità è questa: non è questione di “sì” o “no”. È questione di un cervello malato che ha deciso di uccidere. Continuare a insistere sul feticcio del consenso non solo è inutile – è perfino grottesco. >>
URIEL FANELLI
FEMMINICIDIO E PATRIARCATO
L'aumento preoccupante dei femminicidi per futili motivi viene spesso considerato una conseguenza del vecchio patriarcato, che, secondo questa tesi, pur essendo ormai in declino, non rinuncerebbe ai suoi colpi di coda.
Secondo me, invece, le cose stanno in maniera opposta: il patriarcato, almeno in occidente, è già finito e l'aumento dei femminicidi per futili motivi è una conseguenza della sua fine.
Il motivo, come quasi sempre nel rapporto tra i sessi, è di ordine psicologico.
Nel patriarcato l'uomo si sentiva superiore alla donna, che considerava un 'bene' di sua proprietà: pertanto la poteva maltrattare liberamente, ma non la uccideva (se non per motivi del tutto eccezionali), perchè ne avrebbe subito un danno materiale.
Nel caso del femminicidio moderno, invece, l'uomo si sente inferiore alla donna, sulla quale non ha più nessun controllo sociale; per cui, quando il rapporto va in crisi, non riesce a vedere altro modo per riaffermare se stesso che l'uccisione della donna.
Non so se il problema dei femminicidi moderni sia risolvibile (forse non lo è); ma se si continua ad indicare la causa sbagliata, non si potrà arrivare da nessuna parte.
LUMEN
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