Per fare la guerra ci vogliono i giovani; ma se i giovani sono contrari alla guerra, come si fa ?
Il post di oggi, scritto da Filippo Dellepiane e tratto dal sito di Sollevazione (LINK), cerca di fare il punto proprio su questo argomento: cioè sullo 'spirito guerresco' presente oggi, in occidente, tra i giovani.
E le conclusioni sono, a seconda dei punti di vista, deprimenti oppure incoraggianti.
LUMEN
<< La manifestazione dello scorso 15 marzo a Piazza del Popolo, quella degli europeisti, si è contraddistinta per una mancanza generale dei giovani. (...) È il fallimento probabilmente più grande del sistema politico di questo paese e non solo.
Nel maggio radioso del 1915, le piazze italiane degli interventisti erano soprattutto state riempite da giovani provenienti dalla piccola borghesia, ispirati da un urticante sentimento nazionalistico appositamente pompato dalla propaganda guerrafondaia di allora. Oggi la piazza degli europeisti no pax è l’esatto contrario di allora e rappresenta benissimo perché il nostro sistema sociale, economico e politico è nelle condizioni in cui si trova.
A tacitare qualsiasi dubbio, anzitutto, potrebbe già correrci in aiuto il sondaggio di Pagnoncelli sulla guerra in Ucraina: solo il 36% degli Italiani sostiene l’Ucraina e solo il 28% è a favore del piano di riarmo. (…) Nella primavera-estate del 2022, i sondaggi avevano già rilevato (in tempi non sospetti) la contrarietà di grande parte della popolazione italiana all’invio di rifornimenti militare a Zelensky. Per pura magia, i sondaggi si erano poi fermati e non erano stati più pubblicati o si erano, comunque, molto rarefatti. Misteri della fede.
Ma, dicevo, la questione della mancanza dei giovani ha scosso più di una coscienza “critica”, soprattutto nei settori della sinistra filo-ucraina. Seriamente, mi chiedo io? (…) Ma perché mai un giovane dovrebbe sentirsi parte di un qualcosa? Perché dovrebbe difendere con le unghie e coi denti questo sistema che nulla gli garantisce? Lo può, tutt’al più, sopportare, ma mai supportare entusiasticamente.
Con la caduta del muro, la fine delle grandi narrazioni, solo una se ne è imposta: l’idea del profitto e della realizzazione personale (a scapito degli altri). Il successo del paradigma tatcheriano del TINA (there is no alternative), della liquidità di genere e, nel frattempo, l’atrofizzazione delle capacità critiche di larga parte delle nuove generazioni hanno fatto il resto.
Siamo giunti, così, all’acme dell’individualismo liberale, della totale atomizzazione monistica. È questa la tragedia del neoliberismo: esso dissolve ogni idea di Stato e di comunità, il sacrificio è solo contemplato da un punto di vista economico ed è sempre riconducibile al benessere personale, dell’individuo.
Nessun sacrificio, perciò, per grandi cause (né per quelle rivoluzionarie, né per quelle del regime!), nessuno vuole fare più figli, nessuno è disposto, seguendo ciò che dice [Antonio] Scurati, a fare il guerriero. Vale sempre e soltanto la logica economica; d’altronde non è un caso che la Nato volesse piegare la Russia, anzitutto, con le sanzioni.
Ed ora, dopo un martellamento mediatico durato anni, a suon di “80 anni di pace in Europa grazie all’Ue e la Nato” vorreste tirare su una generazione guerrafondaia e combattiva? Una generazione che è incapace, perché ne è stata privata nei mezzi e nella tempra, di rivendicare i suoi diritti?
Non basterà, statene certi, il refrain occidentlistico da due soldi di Vecchioni, il quale ci invita a pensare alle tante eccellenze europee nel campo del pensiero. Peccato si dimentichi che la tragedia mondiale per ben due volte nello scorso secolo è partita proprio da qui, dall’Europa, e che la cultura araba o cinese, giusto per citarne due, sono altrettanto ricche e antiche. (...)
Pensate ora di poter rispolverare i vecchi temi della patria, del nazionalismo (di marca europea), dopo averli delegittimati per anni, declassandoli a immaginazioni reazionarie, fuori dal tempo?
Dopo aver inneggiato alla libertà dei confini, ad un mondo di fiori e senza la guerra (sempre e solo rigorosamente nel giardino europeo, lontano dagli occhi, lontano dal cuore), ora vorreste convincere una generazione di giovani, cresciuta in un mondo di vecchi e che si percepisce vecchio, a fare la guerra? Dopo averla sospesa, vorreste reintrodurre la leva militare?
Vorreste che, dopo esservi disinteressati totalmente di ciò che i giovani pensano, non curandovi se vi dessero o meno la loro approvazione, vi applaudissero e corressero alle armi per mostrare il loro valore (semicit.)? Piangete sul latte versato, quando siete stati voi stessi a volere tutto questo e a foraggiarlo. Chi è causa del suo mal compianga se stesso, insomma.
C’è un prezzo da pagare ora. I giovani europei ed americani vedono ormai la guerra come qualcosa solo da libri di storia, di medievale. Oltretutto, con gli eserciti professionali, si è imposta anche l’idea che fare la guerra sia un lavoro e non certo un dovere del cittadino. (…)
I tedeschi lo stanno imparando molto bene, per esempio. In un recente articolo del Financial Times si segnala come un quarto dei 18.810 uomini e donne arruolati nel 2023 hanno lasciato le forze armate entro sei mesi.
Si parla, poi, di un libro pubblicato questa settimana, Why I Would Never Fight for My Country, in cui un ventisettenne sostiene che la gente comune non dovrebbe essere mandata in battaglia per conto degli stati nazionali e dei loro governanti, nemmeno per respingere un’invasione. L’occupazione da parte di una potenza straniera potrebbe portare a una vita “di merda”, “ma preferirei essere occupato che morto”.
Sorprende? No, se si guarda al nostro paese si vedrà, per esempio, che solo il 36% dei giovani tra i 18 e i 34 anni è favorevole alla leva obbligatoria e che lo stato maggiore inizia a pensare ad un sistema per integrare dentro l’esercito proprio quei nuovi italiani che provengono dall’incivile, si fa per dire, mondo extra europeo pronti a combattere al posto nostro le guerre. (...)
Di fronte a tutto questo, la domanda da porsi è la seguente. Il piano di riarmo previsto (sotto il punto di vista di carri armati, aerei, navi ecc) è enorme. Si accompagnerà ad esso anche un piano di riarmo “mentale” e della “coscienza” dei cittadini europei? E soprattutto, funzionerà?
L’inattività e la passività dei cittadini (soprattutto giovani), in quel caso, passerebbe dall’essere un vantaggio ad un grandissimo svantaggio. Non avere giovani generazioni battagliere e ideologizzate rischia di essere un elemento decisivo, anche da un punto di vista demografico. (...)
In ogni caso, ora, risalire la china per lorsignori [delle elites] non sarà affatto semplice. >>
FILIPPO DELLEPIANE
"I militari sono esseri satanici come i ricchi ed i potenti " ***
RispondiEliminaNon meno satanici i giovanottoni a chiappe ignude e piume variopinte che sfilano sui carri frociofori, o portatori di checche.
*** aforisma non mio ma che mi ha colpito....
Ma no, non facciamo confusione.
EliminaPremesso che Satana è solo un personaggio mitologico, ci sono delle notevoli differenze:
I soldati sono sempre violenti ed aggressivi.
I ricchi ed i potenti possono esserlo, ma solo a volte.
I gay non lo sono quasi mai.
Hai ragione, nemmeno Mauro può darti torto. Però i soldati sono violenti e aggressivi per necessità, se no li accoppano. Però è anche vero che è il potere a renderli tali. Ricordo che sull'elmetto di un soldato americano in Vietnam c'era scritto: born to kill ...
EliminaLa definizione si applica tipicamente ai soldati di professione, per i quali il carattere è determinamte.
EliminaPer quelli di leva, in effetti, sono più importanti le circostanze.
Che però possono solo peggiorare una persona, mai migliorarla.
In effetti in Europa occidentale e specialmente in Italia nessuno ha più voglia di difendere la patria. Patria? Che cos'è, che roba è? Si parla già da tempo di tempi "post-eroici". In un film di mezzo secolo fa, mi sembra di Nanni Loy se non ricordo male, una donna dice al marito in partenza per il fronte: nun fà l'eroe! Già, meglio un asino vivo che un leone morto. Ma è poi vero che gli italiani non sanno combattere? Credo che nella Grande Guerra ci furono degli eroi. Cento anni dopo però siamo ormai alla frutta, i giovani con lo smartphone al fronte non ci andranno mai, vogliono solo divertirsi. Ma non è tutta colpa loro, sono stati viziati e si sono strafatti. Ma non c'era più nemmeno il nemico ovvero abbiamo lasciato l'incombenza di difenderci ai nostri "liberatori". In Israele è tutta un'altra storia, devono difendersi, si fanno tutti anni di servizio militare, donne comprese (solo i furbacchioni ortodossi non fanno il militare). La dolce vita ha fatto passare anche la voglia di fondare una famiglia e avere figli. E adesso che si fa? Un'inversione di tendenza mi pare difficile, forse è impossibile.
RispondiEliminaCaro Sergio,
Eliminamorire per la patria non ha mai senso, ma in genere la gente non lo sa ed i leder politici se ne approfittano.
Ora però in occidente ci si è accorti che il re è nudo, e non vedo come si possa tornare indietro.
Ed infatti, l'autore del post, nel seguito del suo pezzo, si chiede (giustamente):
<< [Ma poi] di quale patria parlate?
Di quella dei partigiani? Di quella delle annessioni imperialistiche? Di quella mazziniana, repubblicana e socialista? Vorreste farci credere, azzardo, che la nostra patria è a Kiev?
È per caso l’Unione Europea, la stessa che maltratta gli italiani da 25 anni, che ci giudica arretrati e scansafatiche, la nostra patria? >>
"morire per la patria non ha mai senso"
EliminaCaro Lumen, mi sorprendi. Allora gli israeliani che stanno lottando per sopravvivere sono dei poveri fessi? Ubi bene, ibi patria. Lasciamo pure da parte la retorica, gli ideali, la sacralità ecc. ma il "bene" vorrai pur difenderlo, anche coi denti. Al limite sarà la tua sola casa, il tuo appartamento, ma hai il diritto di difenderlo. E così il territorio del gruppo a cui appartieni. Certo è difficile ripetere con gli antichi romani "dulce et decorum est pro patria mori". Non è né dolce né decoroso o dignitoso farsi amazzare per niente, ma per qualcosa di prezioso sì. O non mi vorrai dire anche tu con gli imbecilli di sinistra che "la mia patria è il mondo intero". Un cosmopolitismo di accatto il loro, dall'Italia non si schiodano. Dài, l'Italia non è da buttare, va difesa, innanzi tutto amandola e poi se è il caso magari con le maniere rudi.
Caro Sergio, hai ragione, sono stato impreciso.
EliminaMorire per la patria ha un senso per tutti coloro che credono nell'aldilà e possono quindi sperare nel Paradiso.
Il problema resta invece per noi atei, ma siamo una minoranza.
Al di la' del tono moralisti del pezzo, una soluzione ci sarebbe: Difesa (Esercito) Comune Europea fondata su militari professionisti ben equipaggiati, high-tech e ben pagati. Soluzione non immediata ma possibile SE LO SI VUOLE. Il dubbio e': lo si vuole veramente? E intanto Pechino, Washington e soprattutto Mosca godono... Saluti
RispondiEliminaCaro Claude, sono d'accordo con te.
EliminaL'Europa occidentale si trova a metà del guado e non riesce ad andare nè avanti, nè indietro.
Leggendo le cronache di questi giorni, ho l'impressione che la UE abbia avocato a sè, sulla base dei trattati, le materie più importanti, ma in modo tale da rendere poi impossibile ogni decisione rapida ed efficiente.
Non so quanto questo sia casuale oppure voluto, ma è sconfortante.
Un esercito europeo strutturato come dici tu, sarebbe molto efficiente, tra i primi 3 o 4 al mondo, SENZA costringere gli Stati ad aumentare le loro poste di bilancio.
Eppure, non mi sembra che ci stiamo muovendo in questa direzione.
Che gli dei ci proteggano dalle guerre e dalle terribili conseguenze che le guerre apportano, segnatamente evitino tali prove ai popoli come il nostro, più incline alla polemica che alla belligeranza, sempre, o quasi, schierato dalle parte sbagliata allorquando chiamato o sospinto a guerra guerreggiata.
RispondiEliminaCaro Mauro,
Eliminami associo senz'altro alla tua invocazione.
Credo però, che nella situazione geopolitica attuale, l'Italia possa evitare il peggio, ovvero di subire dei combattimenti o dei bombardamenti sul proprio territorio.
Ovviamente, se lo stato di guerra dovesse allargarsi ulteriormente, l'Italia ne avrebbe sicuramente dei danni, ma forse solo sotto il profilo economico (a cominciare dal prezzo dell'energia).
In ogni caso, incrociamo le dita.
Giusto a proposito del mio (moderato) ottimismo bellico, ecco cosa ne scrive una penna importante come quella di Marcello Veneziani:
Elimina<< L’Italia, grazie a Dio, conta poco o nulla. Non siamo in guerra, non siamo mediatori, non siamo partner di particolare peso e rilievo. Nessuno si aspetta le nostre decisioni, i nostri pronunciamenti, siamo parte di un mondo a sua volta poco rilevante, comunque marginale, che si chiama Unione Europea.
Non abbiamo bombe atomiche né sontuosi apparati militari, non abbiamo strumenti di dissuasione, se non logorroici politicanti e imbonitori, anche se c’è sempre il rischio che vengano coinvolti i nostri militari nella regione, per esempio in Irak, o che venga fatto un ponte di rifornimento delle armi made in Italy o che si usino le basi italiane della Nato per incursioni di guerra.
Ma per una volta, godiamo il nostro statuto di nazione minore e minorenne, periferica, non superpotenza né potenza; un paese piccolo, esile, appeso e pendulo come un corno portafortuna nel laghetto Mediterraneo. >>