giovedì 5 gennaio 2023

L'età dell'oro

La fine dell'era economica dell'abbondanza, secondo l'analisi lucida ed impietosa dell'ambientalista Igor Giussani (dal sito 'Apocalottimismo').
LUMEN

 

 << “Viviamo alla fine di quella che potrebbe sembrare un’era di abbondanza, di flussi di cassa infiniti, per i quali ora dobbiamo affrontare le conseguenze in termini di finanze statali, di un’abbondanza di prodotti e tecnologie che sembravano essere perennemente disponibili e che ora non ci sono più”.

L'intervento di Emanuel Macron del 24 agosto 2022 non ha ottenuto la risonanza che avrebbe meritato. Capita di rado, infatti, che gli attuali politici si comportino alla maniera del presidente francese, affermando cioé pubblicamente cose molto poco popolari, per quanto condite all’interno della melassa retorica per edulcorarle e renderle meno indigeste. (…)

Le repliche alle esternazioni di Macron sono state per lo più sparute e superficiali, forse perché la “fine dell’abbondanza” è qualcosa che neppure si riesce a immaginare. (…) Semmai, avrebbe più senso obiettare a Macron di non aver osato infrangere fino in fondo i tabù parlando apertamente di ‘fine della crescita economica’, una dichiarazione che in questa forma avrebbe forse ottenuto maggiore risonanza e, c’è da scommetterci, avrebbe scatenato reazioni ancora più stizzite.

[Questa] infatti implica conseguenze di grandissima portata, tali da investire prepotentemente tutta la vita sociale. Sintetizzando brevemente:

Sconvolgimenti sociali: come fa notare Luca Ricolfi ne L’enigma della crescita, senza crescita economica non è più garantita alcuna forma di ascensore sociale e l’unica redistribuzione possibile è quella in stile Robin Hood, togliendo ai ricchi per dare ai più poveri, fomentando quindi tensioni inevitabili se non addirittura sentimenti rivoluzionari.

Sconvolgimenti economici: senza crescita, non solo si contraggono i consumi ma diventa alquanto problematico implementare strategie ispirate al deficit spending; si riduce pertanto la possibilità di erogare incentivi, sussidi, ecc, mentre la piaga del debito diventa definitivamente insanabile. Faccio notare che, mentre sono state teorizzate misure ad esempio per affrontare la cosiddetta ‘fine del lavoro’ da automazione totale (come il reddito di base incondizionato), poco o nulla è stato concepito in previsione della fine della crescita.

Sconvolgimenti tecnologici
: la società globale si regge su infrastrutture tecnologiche tanto sofisticate quanto delicate (vedi la rete Internet) che, oltre a un consistente dispendio energetico, richiedono costanti e costose opere di aggiornamento e manutenzione, inevitabilmente sempre più difficili da sostenere.

Sconvolgimenti ecologici: se non altro, si potrebbe auspicare che al declino economico corrisponda un risanamento almeno parziale degli ecosistemi, come avvenuto temporaneamente con i lockdown generalizzati all’inizio della pandemia da coronavirus. E’ assai probabile, però, che la carenza di risorse e materie prime possa indurre a provvedimenti molto pericolosi per l’ambiente, come abbattere indiscriminatamente boschi e foreste bruciando il legname per produrre elettricità e calore, tentando di compensare il minor apporto di fonti fossili.
Di sicuro, sarà alquanto complicato realizzare la transizione ecologica (almeno nelle forme auspicate) e sostenere le opere di tutela del territorio necessarie per far fronte agli sconvolgimenti climatici, tentando di prevenire situazioni catastrofiche come quella recentemente accaduta nelle Marche.

Sconvolgimenti politici: quelli meno considerati anche dai cultori dei limiti dello sviluppo, sui quali invece occorre concentrare l’attenzione. Fino al recente passato, nonostante le contese elettorali condotte in un clima spesso molto bellicoso (talvolta nel vero senso del termine, basti pensare a DC vs PCI durante la guerra fredda), tutte le formazioni politiche erano accomunate dall’intento di promuovere la crescita economica per lo sviluppo nazionale, divergendo solo sulle ricette per centrare l’obiettivo.
Venuto a mancare questo terreno comune a tutto l’elettorato, si perde un importante elemento di coesione per la tenuta della democrazia liberale. Senza un nuovo obiettivo trasversalmente condiviso che legittimi la posizione dell’avversario politico, si fa sempre più concreto il rischio di concepirlo come nemico nazionale o traditore, con tutte le tentazioni autoritarie che ciò può ingenerare.

Partendo da questo quadro a tinte fosche, mi sento di proporre delle modeste linee guida forse di qualche utilità nella drammatica fase storica che stiamo vivendo.

Innanzitutto, rifuggiamo da qualsiasi scappatoia mentale. Mi riferisco al negazionismo tipico anche di tanti ‘alternativi’, secondo cui le preoccupazioni esternate dai membri della super élite sarebbero solo menzogne per ordire chissà quale complotto contro i popoli. Mettere la testa sotto la sabbia oggi è il modo migliore per prenderlo in quel posto domani, per opera di Macron o altri membri delle alte sfere che il problema se lo sono posti e intendono risolverlo alla loro maniera.

In secondo luogo, gli ambientalisti devono comprendere che, nel nuovo contesto storico, dove si ripresentano spettri angoscianti come la guerra nucleare, non si possono riproporre le strategie di persuasione forse efficaci ancora al tramonto dell’era della crescita. (…) Esorto quindi Friday For Future ed i movimenti analoghi ad abbandonare le campagne incentrate quasi solo sul “basta emissioni” in favore di una linea inevitabilmente più politica e ‘concreta’. (...)

Infine, l’ammonimento che ritengo più importante. Uno dei maggiori successi dell’egemonia culturale capitalista è consistito nel creare una sensazione artificiosa di scarsità, malgrado il capitalismo abbia instaurato il periodo di maggior ricchezza materiale (e sperequazione) della storia umana. Come hanno rimarcato grandi intellettuali, viviamo invece in un’era potenzialmente di post scarsità, dove, grazie a tecnologie adeguate e a pratiche sociali opportune, pur non potendo ripetere i fasti del recente passato in termini di punti di PIL, si può garantire un benessere generalizzato largamente superiore a quello goduto dalla civiltà umana per gran parte della sua storia.

Ecco quindi la grande sfida: riconoscere l’imbroglio, evitare di inseguire vanamente il fantasma della crescita (in favore di una abbondanza vera, per quanto ‘frugale’, come direbbe Latouche), sforzarsi per arginare e superare la triplice crisi ecologica, politica e sociale. >>


IGOR GIUSSANI

12 commenti:

  1. A proposito delle reazioni ufficiali alle affermazioni di Macron, l'autore ne cita due abbastanza deprimenti:

    Una di Leopoldo Gasbarro (sul blog di Nicola Porro) << che, senza entrare minimamente nel merito delle argomentazioni a sostegno, l’ha definita “una frase indegna per un capo di stato” consigliando di dare le dimissioni o ispirarsi alla condotta tenuta da Winston Churchill durante il secondo conflitto mondiale, volta a instillare nella popolazione inglese speranza e ottimismo riguardo al futuro successivo alla fine della guerra. >>

    L'altra da parte della CGT (il principale sindacato francese) << che ha eccepito sulla presunta ‘abbondanza’, evidenziando le crescenti sacche di povertà e disagio sociale contrapposte a spudorate manifestazioni di opulenza. Una critica sinceramente abbastanza ingenua e spuntata, dal momento che ‘abbondanza’ fa solo rima con ‘uguaglianza’: per i sedicenti neomarxisti alla Mélenchon, dovrebbe essere lapalissiano che l’unica ‘abbondanza’ possibile nel capitalismo sia quella della famigerata media dei polli di Trilussa. >>

    A conferma che, quando uno non vuol capire, non c'è niente da fare.

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  2. A secondo della grandezza delle cupole, si misura l'importanza di una città, oltre ai palazzi sontuosi ed ai monumenti, eccetera. Dopo l'apparente decadimento dell'urbe, le capitali dell'impero romano furono quelle dove tutt'ora insistono vestigia imponenti, cupole, eccetera, quali Firenze, Genova, Venezia, indi Londra, Washington e via discorrendo. Il centro di comando rimase, rimane, sempre a Roma. L'impero romano non è mai crollato.

    Quel criminale di Costantino dette il colpo di grazia alla tiepida religione politeista ufficiale, per sostituirla con una versione dell'ebraismo piuttosto fantasiosa, ovvero propedeutica a fiumi di lacrime e di sangue, per i sudditi e/o i fedeli, che poi è la stessa cosa.... Le legioni costavano parecchio, le fregnacce,Le menzogne, le paure dell'inferno costano meno. E rendono di più...


    Sembra che qualcosa stia per cambiare, sembra. Forse che la nobiltà nera, i gesuiti, i cazari, gli ebrei non ebrei, stiano per mollare il comando?

    Temo poco o punto cambierà per il popolo, ovvero siamo avviati verso un basso, un cupi medioevo. Quello descritto nei libri di storia non è mai esistito.

    Pareri personali.

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    1. Io credo che la situazione di abbondanza stia finendo per motivi oggettivi, legati all'ambiente e non a qualche decisione presa dall'alto.
      Non lo pensi anche tu ?

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    2. Citazione:

      "gli ebrei non ebrei, stiano per mollare il comando"


      Dove hai trovato questa informazione?

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    3. Ultimamente si vagheggia di una imminente resa dei conti, ovvero la detronizzazione del malvagio e sue derivazioni terrene, fra le quali i banchieri Askenazi eccetera eccetera. Personalmente la reputo ipotesi remota, mentre mai sottovalutare la preponderante componente gattopardesca di ogni sovvolgimento, rivoluzione...

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  3. Può darsi avvenga come tu dici, io non ho convinzioni radicate, sono un agnostico globale. Ritengo comunque caleranno i commensali, a prescindere dallo stato dell'ambiente oppure dall'entita', quantità delle vettovaglie... I prescelti, come dice la scrittura, non credo saranno da invidiare. Sensazione personale...

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  4. Citazione:

    "le preoccupazioni esternate dai membri della super élite sarebbero solo menzogne per ordire chissà quale complotto contro i popoli"



    Perché, non è così?

    Le preoccupazioni dei membri dell'élite potranno anche essere sincere, ma non vengono di certo esternate per cercare gli interessi dei popoli.

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  5. Le elites hanno sicuramente le loro preoccupazioni (anche perché godono informazioni privilegiate) e certo non le raccontano a noi.
    Ma dalle loro decisioni qualcosa si può capire ugualmente.

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  6. COMMENTO di GP VALLA

    L'articolo di Giussani mi pare contraddittorio: vi si sostengono tesi diametralmente opposte e inconciliabili.
    La prima parte, con l'elogio della profezia di Macron mi pare discutibile (forse perché sono un boomer, e ben ricordo gli anni della "età dell'oro", le "Trente Glorieuses").
    In primo luogo l'orizzonte geografico cui sembra fare riferimento Giussani è ristretto, e si limita in pratica ai paesi della UE, ed in particolare a quelli dell'area Euro. Non mi risulta che fra i BRICS le prospettive di un deterioramento delle condizioni di vita della popolazione sia preso in considerazione: al contrario, per essi la età dell'oro sembra cominciare proprio adesso. Ma anche in paesi di più antica industrializzazione, come Giappone e Corea, mi sembrano assenti aspettative catastrofistiche e apocalittiche.
    Giussani tesse il panegirico del penitenziagite di Macron, e non si accorge che non si tratta di una profezia, del preannuncio di una sciagura che si verificherà necessariamente e inevitabilmente: quello di Macron è invece un preciso programma politico, economico e sociale, l'esplicitazione di ciò che le oligarchie finanziarie (di cui il Presidente francese è espressione) programmano - e stanno realizzando - per il futuro dei cittadini europei: insicurezza, sudditanza, povertà, fame, malattia. Guarda caso, proprio le politiche delle agende 2030 del WEF e dell'ONU (quest'ultima ammantata di buonismo ipocrita), del New Green Deal e del Farm to Fork della UE.
    Giussani sembra aderire in toto alla ideologia e alla narrativa ultraliberista: moneta limitata, "la piaga del debito", catastrofismo climatico (non manca l'accusa di negazionismo per chi semplicemente solleva dubbi), nessun ruolo per gli stati nazionali...
    Paradossalmente però nell' ultima parte dell' articolo Giussani sembra ribaltare tutto quanto prima esposto. Così si accorge che la pretesa futura scarsità profetizzata da Macron è in realtà "una sensazione artificiosa" (insomma una menzogna) inventata e diffusa dalle oligarchie per imporre e giustificare il proprio programma regressivo, totalitario e antipopolare.
    La conclusione è ambigua: da una parte si ribadisce la necessità di riconoscere l'imbroglio, dall'altra riemerge il ripudio del "fantasma della crescita".

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    1. Caro Beppe, a me il testo di Giussani è sembrato abbastanza coerente, ma riconosco che molte delle tue critiche appaiono giustificate.
      In ogni caso, continuo a pensare che che la crisi ambientale sia oggettiva e che pertanto sarà inevitabile un calo della disponibilità globale dei beni alimentari e di consumo, che finirà per coinvolgere tutte le nazioni del mondo, anche quelle attualmente in ascesa.
      Quindi mi sento anch'io un po' catastrofista, anche se controvoglia, perchè sarei ben lieto di sbagliarmi.

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  7. Alcune considerazioni che vorrei esprimere sul commento di GP Valla:
    - non ho tessuto alcun panegerico di Macron, semplicemente ho detto che se un membro della super élite come il presidente francese dice cose tanto gravi, allora sarebbe stato meglio approfondire le sue dichiarazioni;
    - trovo veramente sconsolanete che chi parla di crisi ambientale ed energetica venga accusato di essere neoliberista. La mia attività di blogger, nonché la mia vita sin da quando ero un giovane noglobal, testimonia della mia avversione al neoliberismo. Semplicemente, però, non nego i problemi al fine di creare un quadro più idialliaco della realtà. Anche perché i membri dell'élite sono criminali ma non i villain dei fumetti;
    - il mondo di oggi non è più quello degli anni 50, quando la popolazione era meno della metà dell'attuale ed esisteva ancora una biosfera ancora in gran parte intatta e filoni di materie prime non sfruttate a basso costo, quindi non è possibile riattuare l'era del boom economico. I Brics, è vero, hanno vissuto un'era di crescita grazie principalmente a quelle che Jason Moore chiama "natura e umanità a buon mercato" ma, a parte limitatamente per la Cina, l'epopea dei BRICS (che si sta già esaurendo) è un parente lontano dei "trenta gloriosi".
    - "Così si accorge che la pretesa futura scarsità profetizzata da Macron è in realtà "una sensazione artificiosa" (insomma una menzogna) inventata e diffusa dalle oligarchie per imporre e giustificare il proprio programma regressivo, totalitario e antipopolare." Gran parte dell'élite ha capito i problemi che ci troviamo di fronte e sta reagendo conseguentemente per mantenere le posizioni di privilegio, molti 'ribelli' vedo invece che si limitano a negarli accusando di collusioni con il nemico chi li fa notare. La trovo una cosa davvero deprimente e controproducente.

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    1. Ringrazio sentitamente Igor Giussani per il suo intervento, che ci consente di comprendere ancora meglio il suo pensiero.

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