venerdì 19 giugno 2020

L'attimo sfuggente

Tutti noi, credo, ci siamo entusiasmati e commossi guardando “L'Attimo Fuggente”, un film di grande presa intellettuale ed emotiva.
Impossibile dimenticare il professor Keating, interpretato (magistramente) da Robin Wiliams, e tutti i ragazzi della sua classe.
Ma, una volta calata l'emozione, quando ho cercato di dare un mio giudizio “ragionato” sul film, mi sono sempre trovato in imbarazzo, a causa di alcuni presupposti che non mi convincevano.
Per questo, quando mi sono imbattuto sul web nel commento critico del prof. Agostino Roncallo (docente di lettere e saggista, nonchè mio amico di gioventù) sono stato lieto di vedere che non ero solo nelle mie perplessità.
Ho deciso quindi di farne un breve post (nella forma figurativa dell'intervista), con la speranza di trovare altri spunti di discussione.
LUMEN 


LUMEN – Professore, nel vostro libro “La Scuola Perduta” esemplificate il concetto di democrazia nella scuola, come un’attitudine per cui si “debbano amare gli studenti che pensano ed esprimono le proprie idee, anche se esse dovessero risultare critiche nei confronti del docente o dell’istituzione scolastica.” 

RONCALLO – Esattamente. 

LUMEN - Ma è ancora possibile, nella scuola di oggi, dare forma alla democrazia, permettere agli studenti di coltivare un pensiero proprio, libero da condizionamenti, che sia comparabile, e in armonia, con altri pensieri e opinioni?

RONCALLO - Non credo di esagerare dicendo che oggi, nel 2020, le parole “democrazia” e “scuola” hanno perso ogni legame di parentela. Un’immagine di facciata presenta la scuola italiana come un modello di benessere e pari opportunità. Ma è un’immagine falsa. All’interno, il sistema di trasmissione delle conoscenze è ferocemente verticale e probabilmente più idoneo a un regime dispotico piuttosto che a una democrazia. Dare forma alla democrazia all’interno della scuola sarebbe possibile oggi a una condizione: la consapevolezza a livello istituzionale dell’importanza del libero pensiero nei processi di insegnamento/apprendimento.

LUMEN – Sembra che anche gli studenti abbiano messo in conto di dover affrontare un mondo superficiale, gretto, che subdolamente boicotta il libero arbitrio. 

RONCALLO - Sì, gli studenti provano rassegnazione e talvolta rabbia. E l’esame di maturità è il degno corollario di un percorso che umilia lo studente in quanto “persona”. Gli imperativi per i commissari sono due: non avere grane (cioè ricorsi) e andare in vacanza al più presto. Stando così le cose, da un lato diventa troppo impegnativo apprezzare il “pensiero divergente” di chi ha veramente delle capacità e dall’altro si finisce per promuovere anche chi non sa niente. Una mediocritas per nulla aurea. Gli studenti tutto questo l’hanno colto benissimo e il consiglio migliore che si può dar loro in vista dell’esame è quello di non esprimere idee personali o originali ma di limitarsi a quello che la commissione vuole sentirsi dire, confermare e approvare eventuali osservazioni.

LUMEN - Nel capitolo 'Due film indesiderati' voi criticate piuttosto duramente l’impostazione “educativa” espressa nei due film 'L’attimo fuggente' di Peter Weir e 'La classe' di Laurent Cantet. Inutile ricordare come L’attimo fuggente, in particolare, grazie all’interpretazione di Robin Williams, sia penetrato nell’immaginario cinematografico e in certo modo di pensare all’insegnamento e all’istituzione scolastica. Vi domando: cosa c’è che non va nel professor Keating, cosa c’è di sbagliato nel suo modo di relazionarsi con gli studenti? 

RONCALLO - L’operato di Keating è doppiamente sbagliato: sia rispetto alla situazione in cui si trova, sia rispetto al messaggio che arriva fino al presente.

LUMEN – Partiamo dalla situazione. 

RONCALLO - Nel primo aspetto, questo professore si trova a lavorare in un collegio del Vermont nel 1959, riservato a una élite di famiglie aristocratiche e molto ancorato alla tradizione. Il cosiddetto “capitano” conosce i valori di quel collegio visto che lì si è laureato a pieni voti e nonostante questo, con enorme presunzione, entra a gamba tesa per stimolare nei giovani non il “libero pensiero” ma una libera espressione “individuale” che in quel contesto non poteva che portare al fallimento, cioè all’espulsione di Nuanda, al pestaggio di Knox e infine al suicidio di Neil. 

LUMEN – E quanto al messaggio ? 

RONCALLO - Nel secondo aspetto, il messaggio che arriva a noi, nel presente, è decisamente fuorviante. L’esercizio di un pensiero libero e democratico deve nutrirsi di studio rigoroso, di confronto tra idee anche diverse dalle proprie, di ponderatezza nelle decisioni. Tutto il contrario di quanto fa Keating che, all’insegna di un illusorio “carpe diem”, arriva a far strappare le pagine del libro di testo che non condivide.  

LUMEN – in effetti, è una scena molto forte. 

RONCALLO - Sostengo con forza che occorra sempre rispetto per le idee altrui e lascio volentieri ai regimi autoritari il compito di bruciare i libri. I libri sono pieni di idee che un docente può ritenere sbagliate, ma occorre ugualmente suggerire ai ragazzi di affrontare la lettura, di farsi idee proprie, al fine di confrontarle e discuterne assieme. Per capire i crimini del nazismo per esempio, ben venga anche la lettura del Mein kampf.  

LUMEN – Poi c'è il tema del “carpe diem”.

RONCALLO - Quanto al “carpe diem”, ci tengo a dire quanto oggi sia importante invitare i giovani a riflettere prima di agire, comprendere per il le conseguenze di un gesto, far capire perché un sasso non vada tirato giù da un cavalcavia. Penso che il regista Peter Weir, raccontandoci il dramma di Nuanda, Knox e Neil, abbia voluto farci capire tutto questo. 

LUMEN - Rimane un piccolo mistero: perché Keating ha colpito così tanto l’immaginario degli insegnanti?  

RONCALLO - Ho la sensazione che questi ultimi soffrano di un complesso edipico e capiscano quanto ormai i giovani siano ormai lontani da un mondo adulto poco democratico e poco rispettoso, in cui non si riconoscono. Forse i docenti vorrebbero avere lo stesso “appeal” del “capitano” e lo scimmiottano in modo a dir poco patetico. 

LUMEN – Grazie professore.


9 commenti:

  1. A proposito del film, vi riporto una curiosità che ho trovato sul web:

    << Tra le lezioni del protagonista, una di queste si ispira alla celebre locuzione del poeta latino Orazio che invita a «cogliere l'attimo» (in latino Carpe diem, nella versione originale Seize the day, scritto sul quaderno di Todd).
    Peraltro i versi letti da Pitts, "Cogli la rosa quando è il momento / che il tempo lo sai vola / e lo stesso fiore che sboccia oggi / domani appassirà", diversamente da quanto creduto da molti, non sono di Orazio bensì del ben noto poeta inglese Robert Herrick (da To the Virgins, to Make Much of Time). >>

    RispondiElimina
  2. > da un lato diventa troppo impegnativo apprezzare il “pensiero divergente” di chi ha veramente delle capacità
    > e dall’altro si finisce per promuovere anche chi non sa niente. Una mediocritas per nulla aurea.

    E' il paradosso e pure il dilemma della scuola "ugualitaria", problema nel quale il sessantotto (con la esse minuscola) e il suo cretinismo arrogante delle ugualizzazioni di cialtroni e brillanti (v. "sei politico" diventato, ora, nel sinisto linguaggio di plastica del politicamente corretto alla cobas "skuola inklusiva") ha avuto un ruolo fondamentale.
    Al di fiori le teorie tossiche del dottor Spock che hanno portato ad una generazione di smidollati col più alto tasso di suicidi della storia (non per nulla La Repubblica, il non plus ultra della cacca del politicamente corretto, lo definisce un "guru", sì, guru al contrario).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro UNIC, la scuola buonista ed egualitaria è un fallimento sotto il profilo educativo, ma forse adempie ad altri compiti.

      Il paradosso è che una scuola pubblica fortemente selettiva sarebbe una delle cose più di sinistra che si possano concepire, perchè renderebbe possibile il famoso ascensore sociale di cui tanto abbiamo bisogno (per chi lo merita, ovviamente).
      Ed invece è proprio la sinistra politica a lavorare (non so quanto consapevolmente) in senso contrario.

      Elimina
  3. Vedo che il nostro UNIC va giù tagliando con l'accetta valutazioni che andrebbero tuttavia meglio ponderate: il sessantotto ha avuto meriti e demeriti, sicuramente. Tra i meriti: un'idea di "ugualitarismo" nel senso di pari opportunità (eliminazione di classi "differenziali"), diritto allo studio, diritto degli studenti a essere rappresentati negli organi collegiali. In questo senso la svolta è stata democratica. L'ugualitarismo inteso invece come "appiattimento" e non riconoscimento della diversità (il 6 politico) non solo è deprecabile ma forse neppure democratico, visto che impedisce il riconoscimento del merito. La "mediocritas" di cui parlo nel mio libro non credo però sia attribuibile all'onda lunga del post-sessantotto ma abbia ragioni molto più immanenti e attuali. Un presidente di commissione che prima di un esame afferma che occorre promuovere tutti per evitare gli avvocati, non credo abbia molte ragioni ideologiche se non quelle personali di evitare eventuali ricorsi.

    RispondiElimina
  4. << Un presidente di commissione che prima di un esame afferma che occorre promuovere tutti per evitare gli avvocati... >>

    Caro Agostino, credo che in questo aneddoto, al di là dell'amara ironia, sia racchiusa una gran parte del problema educativo, ovvero l'approccio 'formalista' dei genitori nei confronti della scuola.
    Sembra infatti che le famiglie non abbiano capito, o si rifiutino di capire, che l'interesse dei loro ragazzi sta nelle conoscenze che acquiscono e non nel raggiungimento - a qualsiasi costo - del famigerato pezzo di carta.

    Il che fa ritornare di attualità la vecchia (e mai sopita) questione italiana circa il valore legale dei titoli di studio.
    Sulla quale mi piacerebbe tanto sentire il tuo parere.

    RispondiElimina
  5. Caro Massimo, in linea di principio io sono favorevole ad abolire il valore legale del titolo di studio. Conoscendo la situazione di alcune università e sapendo che in molte arrivare alla laurea con lode non comporta grosse difficoltà, non mi pare giusto che un laureato uscito da un corso di studio non selettivo col massimo dei voti, abbia migliori possibilità di lavorare o di partecipare a un concorso di uno studente del politecnico di Milano o Torino, solo per fare un esempio. Con l'abolizione del valore legale del titolo, la scelta di una determinata figura professionale ad un concorso pubblico potrebbe diventare l'Università di provenienza, non già lo specifico valore della laurea. Fin qui, non avrei dubbi. Ho però un timore: con quali criteri stabilire che una università è migliore di un'altra? Occorrono criteri chiari e non facilmente aggirabili, criteri che accertino l'effettiva preparazione degli studenti e l'efficacia dei metodi di insegnamento. Allo stato attuale, la scuola migliore è quella che promuove di più: se un criterio del genere rimanesse, saremmo al punto di partenza.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Agostino, negli USA esiste un sistema universitario misto, con atenei statali (pubblici) ed altri privati.
      I primi non li conosco, ma so per certo che le università private si sono costruite nel tempo una fama di eccellenza tra le famiglie interessate, che funziona benissimo, anche senza i test e le scartoffie.

      Certo, le rette delle università migliori sono piuttosto esose, però il sistema funziona anche per quello (se pago tanto, posso aspettarmi una preparazione e delle opportunità migliori).
      Poi si può discutere sulla concezione elitaria che sta alla base di questo meccanismo, ma, tutto sommato (e visto da lontano), il mix tra pubblico e privato sembra funzionare.

      Elimina
  6. Sì ma se lo studente è davvero bravo e la famiglia non può sopportare le spese di una università privata che immagino costosissima?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti il punto debole è proprio quello.
      Se il ragazzo ha del talento sportivo, può usufruire di una norsa di studio (totale) per giocare nella squadra dell'università (basket, football, ecc.).
      Altrimenti credo che ci siano solo delle borse di studio minimali, offerte da associazioni private.

      Dimenticavo: esiste anche la possibilità di farsi finanziare la retta da una banca, con l'impegno di rimborsare il prestito con i futuri proventi del proprio lavoro (che si presume remunerativo, in caso di università prestigiosa).
      Ma, ovviamente, è un meccanismo rischioso (da entrambe le parti).
      L'America è fatta così, nel bene e nel male.

      Elimina