sabato 20 ottobre 2018

Un fantasma per amico - 2

Si conclude qui l’articolo di Giorgio Vallortigara sull’origine delle facili credenze nel soprannaturale e nelle superstizioni. Lumen


(seconda parte)

<< La dicotomia nella rappresentazione mentale delle ‘entità’, [tra quelle] animate e [quelle] inanimate, ha avuto conseguenze inaspettate nella nostra specie, nella quale la sofisticatezza della vita di relazione ha raggiunto livelli impensabili rispetto ad altre specie pure sociali.

Come sostiene lo psicologo Paul Bloom, la possibilità di trattare gli oggetti fisici come entità separate dagli oggetti mentali ci ha reso dei “dualisti intuitivi”, capaci cioè di concepire corpi privi di menti e menti prive di corpo. I cadaveri, per esempio, sono oggetti che hanno posseduto una mente, che sono stati abitati dallo spirito, e per questo meritano forme di rispetto, sebbene lo spirito ora li abbia lasciati. Spettri, angeli e demoni, invece, posseggono delle menti, ma possono in misura maggiore o minore fare a meno dei corpi. Il dualismo intuitivo costituirebbe, perciò, il fondamento cognitivo della credenza in una vita dopo la morte.

È nella letteratura, probabilmente, osserva Bloom, che meglio si palesa il dualismo che è connaturato alla nostra psicologia. Nessuno crede che sia una storia vera, ma tutti riusciamo a capire benissimo che cosa possa voler dire svegliarsi una mattina con il corpo trasformato in quello di uno scarafaggio, rimanendo nondimeno, in un qualche senso profondo, la stessa persona, Gregor Samsa [si tratta ovviamente de ‘La Metamorfosi’ di Franz Kafka - NdL].

È bizzarro che si trovino plausibili storie come questa. Se la trasformazione è avvenuta, essa deve aver riguardato l’organismo tutto intero, quindi Gregor Samsa ora deve avere il sistema nervoso di uno scarafaggio e pensare come uno scarafaggio (qualsiasi cosa questo possa voler dire!). Si palesa, qui, un altro tratto costitutivo delle nostre menti che fornisce ulteriore supporto alle credenze nel sovrannaturale, l’essenzialismo psicologico. L’essenzialismo è l’idea per cui certe categorie di cose (le donne, i gruppi razziali, le lucertole, i quadri di Matisse) posseggono una loro natura interna, un’essenza per l’appunto, non osservabile direttamente, che definisce la loro identità e spiega le somiglianze tra membri della stessa categoria.

Le proprietà delle essenze tendono [anche] a trasferirsi da un corpo all’altro. Lo psicologo Bruce Hood lo illustra con un semplice esempio: sareste disposti a indossare il maglione di un serial killer ? E perché no ? Davvero pensate che la tendenza all’omicidio seriale possa trasferirsi tramite un maglione, contagiandovi come un bacillo ? Insensato, certo. Eppure, quante storie avete letto e quanti film avete visto centrati sull’idea che dopo un trapianto di cuore qualcosa dell’espiantato, una qualche virtù o un qualche orribile vizio psicologico, si possa trasferire nel trapiantato mediante l’innesto del muscolo cardiaco ?

Se provate a chiedere a un bambino in età prescolare se una lucertola senza zampe sia ancora una lucertola e non invece un serpente, cui di fatto assomiglia maggiormente dopo l’amputazione, vi risponderà che sì, la lucertola è ancora una lucertola, non è diventata un serpente. Ci saremmo potuti aspettare che per i bambini le qualità percettive delle cose, quelle “superficiali” per così dire, siano più importanti di quelle “profonde”, essenziali. Invece i bambini sono essenzialisti da subito.

In ambito scientifico l’essenzialismo viene giustamente guardato con sospetto, perché è stato causa di molte controversie. Per esempio, quelle attorno alla definizione di che cosa sia “vivente”. Nozioni come quella di “razza” non corrispondono ad alcuna sottostante essenza. Lo stesso vale per la nozione di “specie”, perché le specie evolvono e sono definite a livello di popolazione e non come proprietà intrinseca degli individui. Molte discussioni che investono la sfera civica, etica e religiosa sono legate all’essenzialismo (l’aborto, le cellule staminali, gli OGM). Ciò accade presumibilmente a causa del fatto che pensare in termini essenzialistici fa parte del nostro retaggio biologico.

La psicologa Susan Gelman ha raccolto molte importanti osservazioni a favore dell’idea che i bambini in età prescolare siano spontaneamente essenzialisti. Per esempio, i bambini sembrano possedere una sorta di concezione intuitiva di “potenziale innato”, cioè l’idea che certe proprietà siano stabilite alla nascita. Se viene loro raccontata la storia di un coniglio che è stato adottato da una coppia di scimmie e si chiede ai bambini se il coniglio mangerà carote o banane e se avrà le orecchie corte oppure lunghe, questi rispondono tipicamente affermando che il coniglio mangerà carote e avrà le orecchie lunghe. Ciò anche se il coniglio non ha mai mangiato carote da piccolo e non ha mai visto carote in vita sua. Per i bambini, mangiare carote sembra inerente alla natura dei conigli: si tratta di una proprietà che presto o tardi deve necessariamente esprimersi, un potenziale innato appunto.

Numerosi dati raccolti dagli antropologi in culture diverse convergono sull’idea dell’essenzialismo. In tutte le culture studiate, a dispetto delle diversità che queste mostrano nel modo di concepire la nascita e le pratiche di allevamento, i bambini e gli adulti sottoposti a diverse varianti del test dell’adozione mostrano di concepire l’appartenenza a una specie come un tratto determinato da un’essenza, da un potenziale specifico e innato.

È interessante come le persone siano disposte a ritenere che una categoria possegga un’essenza, senza che esse sappiano in che cosa consista tale essenza. Le persone sono convinte che vi debbano essere importanti differenze nella struttura mentale di maschi e femmine o che certe precise entità di natura genetica definiscano l’appartenenza a una razza, ma non saprebbero dire quali esse siano.

In effetti, non è importante che lo sappiano per ciò che riguarda la funzione biologica dell’essenzialismo. Le essenze servono come dei “segnaposto concettuali”, consentono cioè di distinguere i membri di una categoria come simili a causa di una struttura interna, che è comune a tutti loro e che è innata o biologicamente determinata, stabilendo altresì dei confini netti per la categoria, fissi e immutabili.

Da questo punto di vista le essenze sono preziose, perché consentono di esercitare inferenze su base induttiva. L’induzione è quel processo per cui estendiamo la nostra conoscenza a nuove entità a partire dalle proprietà di una categoria, come quando stabiliamo che un certo tipo di fungo nuovo, mai incontrato prima, è velenoso sulla base degli altri funghi velenosi incontrati in precedenza.

Le inferenze che sono condotte dai bambini appaiono essere in accordo con una concezione essenzialista per due aspetti cruciali: primo, i bambini trasferiscono con grande facilità le proprietà interne e le funzioni non visibili da un membro di una categoria a un altro; secondo, i bambini traggono tali inferenze anche quando l’appartenenza alla categoria contrasta con le proprietà percettive superficiali. Se faccio vedere a un bambino un insetto che ha l’aspetto esterno di una foglia, spiegandogli che si tratta di un insetto, egli attribuirà all’insetto, senza alcun addestramento, proprietà da insetto e non da foglia, indipendentemente dal suo aspetto.

Essenzialismo, pensiero teleologico e dualismo intuitivo rappresentano dunque fondamentali adattamenti cognitivi che hanno generato, come sottoprodotti, la nostra inclinazione a credere al sovrannaturale e alle superstizioni in generale. Per quali ragioni biologiche si sarebbero sviluppati questi adattamenti è abbastanza chiaro: gli agenti sono categorie fondamentali per riconoscere potenziali prede, predatori, partner sociali o sessuali. Perciò, se vediamo un ramo spezzato nel bosco tenderemo a interpretarlo come il segno che “qualcuno” è passato di lì, anziché il risultato accidentale di un evento naturale, “qualcosa” come un temporale.

D’altronde, cooperazione e competizione sociale necessitano di raffinate abilità d’interpretazione e anticipazione dei comportamenti altrui: in questo senso, la capacità di rilevare tracce di agentività e d’interpretarle è fondamentale. E il prezzo da pagare per tutto ciò, la nostra credulità, sembra tutto sommato esser valso la pena. >>

GIORGIO VALLORTIGARA

6 commenti:

  1. COMMENTO DI SERGIO

    L’uomo si trova confrontato con fenomeni minacciosi,
    misteriosi, inspiegabili. È per lui una necessità
    vitale trovare risposte, una tendenza innata come
    credere. E le risposte che si è dato e si dà sono
    spesso fantasiose, per non dire demenziali.
    Ma queste risposte o teorie possono tenere per
    secoli o millenni perché pur essendo errate non
    fanno danni, anzi appagano questa sete di
    sapere, conoscere. Fin quando la loro assurdità
    risulterà palese e saranno rigettate a vantaggio
    di altre spiegazioni magari ancora più demenziali.
    La credenza nella presenza reale di Gesù
    nell’ostia consacrata non ha fatto molti danni
    (a parte che questa fede ha bloccato lo
    sviluppo e il progresso dell’umanità, che
    è pur sempre un danno).
    Fra parentesi, nelle scienze si procede
    più o meno allo stesso modo. Una teoria
    tiene fin quando non si presenta una spiegazione
    migliore, apparentemente migliore perché
    ormai è accettato che non esiste una verità
    assoluta e immutabile (eppure io credo
    che il principio di non contraddizione non
    possa essere superato - invece la fisica
    quantistica sembra smontare anche questo
    assoluto).

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    1. << eppure io credo che il principio di non contraddizione non possa essere superato - invece la fisica quantistica sembra smontare anche questo assoluto. >>

      Caro Sergio, forse ti riferisci al famoso paradosso del 'gatto di Schroedinger' che, secondo il noto fisico, era contemporaneamente vivo e morto sino a che un osservatore non andava a verificarlo.
      Però anche la fisica quantistica è ancora alla ricerca di spiegazioni coerenti e complessive, perchè non tutti (giustamente) sono disposti ad abbandonare principi logici fonsamentali come quello, appunto, di non contraddizione od altri simili (per esempio, il vincolo della località o la freccia del tempo).
      Ma io nella scienza ho fiducia ed ho la speranza di poter vedere qualche ulteriore passo avanti nei prossimi anni della mia vita.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Piccola considerazione un po' off topic, ma non troppo.
    La nostra facilità a credere a cose inesistenti o impossibili colpisce anche a livello socio-economico, come nel mito moderno della crescita perenne.
    Quello che segue è un quasi-decalogo che, a mio avviso, spiega abbastanza bene la situazione in cui ci troviamo.

    1 - l'economia capitalistica produce ricchezza e benessere ma per funzionare richiede la crescita continua della produzione.

    2 - la crescita della produzione ha bisogno dell'aumento continuo della popolazione, non solo in senso assoluto, ma anche relativo, (devono semper esserci più giovani che anziani).

    3 - La crescita continua, sia della produzione che della popolazione, è incompatibile con la finitezza del nostro pianeta e con l'equilibrio ambientale.

    4 - nessuno ha il coraggio di perseguire scientemente la decrescita economica perchè farebbe cessare il benessere ed aumentare la povertà.

    5 - nessuno ha il coraggio di perseguire scientemente la decrescita della popolazione, sia per quanto sopra, sia perchè siamo tutti condizionati dal gene replicatore che non ce lo permette

    6 - quando l'economia incomincia ad incepparsi, si cerca ugualmente - con tutti gli espedienti possibili - di continuare con la crescita (di tutto quanto sopra).

    7 - Ad un certo punto, inevitabilmente, ci sarà un tracollo e tutto salterò per aria.

    Ed a quel punto nessun essere soprannaturale potrà venirci ad aiutare.

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  4. Articolo molto interessante e scritto con evidente padronanza dell'argomento, anche se la conclusione può lasciare sconcertati: l'Autore intende forse dire che dobbiamo tenerci supinamente i miti religioso-confessionali e quelli politico-partitici (di destra nazional-populista o di sinistra social-collettivista che siano) e magari anche quelli economici (ad es. quelli legati ad una crescita demografica illimitata), pur sapendo che sono fondati sul nulla, per non perdere le ricadute positive di una loro diffusa adozione??? Sinceramente faticherei molto ad ingoiare tale "rospo"...

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    1. Bella domanda.
      In effetti la conclusione del pezzo è abbastanza fatalista, ma forse Vallortigara, da bravo scienziato, intendeva semplicemente dire che se l’uomo è fatto così per motivi evolutivi, e quindi genetico-biologici, c’è poco da fare: neppure le spinte culturali più sofisticate potranno mai cambiare le nostre tendenze più profonde, che, per altro verso, rappresentano una base imprescindibile di molti meccanismi sociali.
      Pertanto, a parte quello sparuto manipolo di persone che ha avuto la fortuna di diventare consapevole, è meglio evitare di combattere battaglie già perse in partenza.

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