Secondo
i calcoli degli astronomi, ci sono oltre 300 miliardi di stelle nella
nostra sola galassia, e forse 100 miliardi di galassie nell'Universo;
è pertanto ragionevole pensare che là fuori, in un cosmo che ha 14
miliardi di anni, esista o sia esistita una civiltà avanzata almeno
quanto la nostra.
Ma
allora perché non ne abbiamo testimonianza ?
Stephen
Webb, fisico e saggista inglese esperto di cosmologia, ha deciso di
scrivere un libro su questo argomento, che ha intitolato (citando una celebre “battuta” del fisico italiano Enrico Fermi) "Se l'universo brulica di alieni, dove sono tutti quanti ?".
Il
libro, divertente ma rigoroso, raccoglie, presenta ed approfondisce
50 diverse soluzioni al paradosso, fra le tante avanzate nel corso
del tempo da scienziati, filosofi, storici ed anche autori di
fantascienza.
Quella
che segue è la recensione del libro scritta da Giovanni Dall’Orto (dal suo sito).
LUMEN
<<
Il fatto che questo libro su un tema assolutamente astruso sia
arrivato alla terza edizione, mostra come la divulgazione scientifica
un suo pubblico ce l'abbia... se solo riesce a perdere la maledetta
abitudine italiana di credere che ciò che non annoia il lettore non
è vera cultura.
Questo
libro non vi annoierà, e se è per questo non vi chiederà neppure
d'essere adepti dei culti degli Ufo o ‘raeliani’, e nemmeno, onta
suprema, d'essere appassionati di fantascienza (anche se, a dire il
vero, qui esserlo aiuta).
Dietro
la domanda sbarazzina del titolo (che però viene da uno scienziato
del massimo calibro come Enrico Fermi) si cela infatti una
riflessione rigorosissima sull'origine della Vita, e soprattutto sul
cosiddetto Principio Antropico, che è il vero tema (occulto) del
saggio: una di quelle robe che a metterle nel titolo avrebbero
ammazzato le vendite prima ancora di uscire dalla tipografia. Invece,
messa com'è messa, la cosa è perfettamente digeribile per tutti.
L'autore
organizza il suo discorso attorno a 50 possibili risposte. Il numero
tondo denuncia subito il carattere "artificiale" della
costruzione, che serve fondamentalmente a dare ordine a una materia
piuttosto vasta organizzandola in aree tematiche, o se preferite
pillole di dimensioni abbastanza piccole per andare giù senza
strozzare nessuno.
Ogni
pillola sviscera un aspetto scientifico diverso, alcuni dei quali
strettamente connessi al problema posto nel titolo ("Esistono e
stanno comunicando, ma noi non siamo capaci di riconoscere il segnale
come tale"; "Non abbiamo ascoltato abbastanza a lungo")
oppure molto lontani, e più legati al discorso più ampio
dell'origine della Vita (gli extraterrestri non esistono perché: "La
transizione da procarioti e eucarioti non avviene spesso" - "La
tettonica a zolle è un fenomeno raro" - "Le ecosfere
continue sono troppo sottili" - "La Luna è un unicum"...).
E
ovviamente, per ogni risposta è necessario spiegare i concetti
sottesi, e così senza accorgercene ci si trova a discutere del ruolo
della tettonica a zolle o della Luna sull'evoluzione della vita così
come l'ha conosciuta la Terra. Affascinante.
L'autore,
che è palesemente un appassionato di fantascienza (il Senso del
Cosmico ce l'ha!) alleggerisce la narrazione mescolando alle ipotesi
più serie alcune ipotesi spiritose e perfino strampalate (ma
trattate con impeccabile approccio scientifico) che sono di casa in
questo genere letterario: "Gli alieni non esistono perché sono
stati sterminati da berseker", cioè macchinari da guerra
sfuggiti al controllo dei creatori, oppure: "Esistono e... siamo
noi!".
Questa
mescolanza tra serio e faceto riesce a impacchettare una quantità di
nozioni scientifiche di tutto rispetto, che il lettore manda giù
senza accorgersene, come i bimbi a cui si dice "guarda
l'uccellino che vola!" per distrarli e approfittarne per far
loro ingollare le pappine più disgustose che la razza umana sia mai
riuscita a escogitare. E anche qui: "Guarda il berseker che
vola!"... e béccati questa digressione sulla possibilità
teorica della "intelligenza artificiale".
La
conclusione che dà l'autore, dopo la sua cavalcata tra le ipotesi
scientifiche, è che lui personalmente crede che gli alieni non ci
hanno mai contattato perché non esistono. La vita autocosciente
(che, si noti, non è la stessa cosa della "la vita in sé",
che invece potrebbe essere comunissima, ma sotto forma di fanghiglie
rosse abbarbicate alle rocce di millanta pianeti alieni) è un evento
troppo raro, troppo straordinario, soggetto a casi troppo bizzarri
per essere comune.
Tuttavia,
la quantità degli elementi esaminati nel libro garantisce che le
rispose apodittiche non siano possibili. Le probabilità che la
sequenza di eventi necessari alla nascita non solo della vita, ma
anche dell'intelligenza, è talmente improbabile da essere in pratica
nulla. Eppure abbiamo le prove del fatto che almeno una volta questa
impossibilità è diventata realtà. Perché allora non due ? Già,
perché no ?
Questo
libro mi ha provocato spesso le vertigini, perché ragionare sulle
grandezze cosmiche, e sulle scale temporali di miliardi di anni, fa
sempre l'effetto di ricordare che razza di minuscole formiche noi
siamo in questo smisurato Universo.
La
concatenazione dei ragionamenti dell'autore fa anche nascere il
dubbio che la risposta ai "perché" che ci poniamo sia
fuori dalla portata delle nostre menti come lo sarebbe per una
formica capire cosa sia un computer.
Non
è che sia impossibile spiegare cosa sia, è solo che in quel
cervello lì la spiegazione non entrerà mai. Forse la risposta a
"Chi ha creato Dio?" (incidentalmente: Dio è la
spiegazione numero 8) esiste, solo che noi non siamo in grado di
capirla. E a leggere questo volume, il dubbio torna con una frequenza
decisamente fastidiosa. (…)
Il
libro, scritto da un fisico, è accessibile a chiunque ami il
pensiero scientifico persino nel caso che sia, come lo sono io, un
negato totale per la matematica.
È
un ottimo lavoro di divulgazione, che per essere apprezzato richiede
soltanto un lettore che alzando la testa verso le stelle si sia
chiesto almeno una volta non solo cosa siano, ma anche "perché"
siano. Certo, ammetto che resterebbe deluso chi lo leggesse perché
crede negli Ufo e sta cercando la prova della loro esistenza (su cui
il libro non ha nulla da dire, né a favore né contro).
Questo
perché si troverebbe di fronte a un libro che alla fin fine non è
davvero interessato a rispondere alla domanda: "Perché mai gli
Ufo non dovrebbero esistere ?", ma solo a quella, che per me è
infinitamente più intrigante, "Perché mai esistiamo noi ?".
Se la domanda appassiona anche voi, questo libro non vi deluderà. >>
GIOVANNI
DALL’ORTO
L'incredibile numero di Galassie e di Pianeti presenti nell'Universo (visibile) rende in effetti statisticamente probabile la presenza di forme di vita extraterrestri (cfr. la celebre 'equazione di Drake'), ma per una lunga serie di motivi di ordine fisico-chimico (e non solo) appare assai improbabile che tali forme di vita oltrepassino/abbiano oltrepassato il livello microbico (batteri & affini) oppure si basino su elementi chimici differenti dal Carbonio: come giunge ad affermare lo scienziato-saggista britannico, insomma, la presenza di forme di vita complesse & autocoscienti al di fuori della vecchia Terra sembra estremamente difficile.
RispondiEliminaInoltre esiste il problema, letteralmente "astronomico", delle distanze cosmiche che eventuali comunicazioni reciproche dovrebbero affrontare...
Caro Claude, direi che hai sintetizzato la questione nel suoi aspetti più essenziali.
EliminaNe consegue che tutto l'ambaradan (complesso e costoso) messo in piedi per captare eventuali segnali di vita dal cosmo risulta abbastanza inutile (se non fosse che, per una sorta di eterogenesi dei fini, gli strumenti utilizzati per questo scopo ci hanno consentito altre e più utili scoperte).
Vorrei aggiungere che, nelle storie di fantasceza, gli alieni si dividono sostanzialmente in 2 categoria: quelli "cattivi" che ci vogliono distruggere o sottomettere, e quelli "buoni" che vengono ad insegnarci come convivere in pace e serenità.
Ora, dati i principi darwiniani che guidano necessariamente le forme di vita (e che valgono per tutti gli organismi, anche non basati sul carbonio) è meglio che ci dimentichiamo dei secondi, e ci prepariamo a fronteggiare (eventualmente) alieni del primo tipo.
Forse sarebbe preferibile NON farci trovare.
Citazione:
Elimina"è meglio che ci dimentichiamo dei secondi"
Dipende!
Siccome anche presso l'Homo sapiens, che è notoriamente primitivo, ci sono stati tentativi di creare società giuste basate sulla fratellanza, quasi sempre falliti a causa delle persone malvagie, non è detto che su qualche pianeta non ci siano riusciti, a creare società giuste e fraterne.
Poi, che abbiano anche lo spirito missionario, fino al punto di andare in giro per l'universo a catechizzare i popoli meno evoluti, è un altro discorso!
Caro Free, benvenuto nel blog.
EliminaMi permetto due considerazioni al tuo commento:
1 - Le persone malvagie (o meglio quelle in cui l'egoismo aggressivo è preponderante) sono ineliminabili per fluttuazione statistica, per cui ogni società - anche aliena - ne ha un certo numero.
2 - Una civiltà capace (e desiderosa) di affrontare una impresa enorme come la colonizzazione spaziale, non può che essere aggressiva.
Citazione:
Elimina"non può che essere aggressiva"
Secondo i parametri terrestri, sì.
Infatti, le spese militari sono maggiori rispetto a quelle utili socialmente. La violenza istituzionale viene sempre prima.
Mi viene difficile immaginare parametri diversi per eventuali altri pianeti.
EliminaLa vita è aggressiva per sua natura, dovendo sempre fare i conti con dei limiti.