mercoledì 29 novembre 2017

L’elmo di Scipio

L’Italia unita, come noto, nacque da una serie di guerre e di battaglie (le famose guerre d’indipendenza), ma le virtù belliche degli italiani erano e rimanevano molto modeste. Ce ne parla lo storico Giordano Bruno Guerri, in questo breve passo tratto da un suo libro. Lumen


<< Il nuovo Regno d'Italia usciva dalle tre guerre d' indipendenza (nelle quali morirono «appena» 6000 uomini) con una totale mancanza di prestigio militare. I comandanti si erano rivelati divisi e incompetenti, le truppe indisciplinate e poco sensibili ai grandi appelli del patriottismo. Non era una novità.

Gli italiani avevano avuto la loro prima coscrizione obbligatoria sotto Napoleone, e non l'avevano presa bene: le diserzioni, gli imboscamenti, le richieste di esonero per i più svariati motivi erano stati moltissimi, e non si trattava solo di scarso entusiasmo per l'esercito straniero. Fino ad allora solo nel Regno di Napoli e in quello di Piemonte c'era una tradizione marziale e gli italiani non amavano il servizio militare, inteso appunto come servizio allo Stato, entità misteriosa ed estranea.
 
Di questo atteggiamento si videro gli effetti durante il Risorgimento e dopo, nelle tragiche battaglie coloniali di fine secolo e nella guerra di Libia del 1911 : «Ho sempre dovuto falsificare i bollettini degli scontri in Libia», confidò privatamente Giolitti, «per non dimostrare che si vinceva solo quando si era in dieci contro uno». Giolitti disse anche che «per due generazioni nelle famiglie italiane non si sono avviati alla carriera militate che i ragazzi di cui non si sapeva che cosa fare, i discoli e i deficienti».
 
Era in gran parte vero: per la borghesia e la nobiltà l'esercito aveva sostituito la Chiesa come sistemazione sicura e prestigiosa, ma non impegnativa. Gli ufficiali tendevano a considerare la vita militare una elegante sinecura o al più un servizio da svolgere burocraticamente, senza passione, come molti sacerdoti fino a tutto il Settecento.
 
Un altro grave problema era il disprezzo reciproco fra gli alti gradi militari e il mondo politico, che si vantavano di non sapere niente l'uno dell'altro, per «non contaminarsi». La prima guerra mondiale fece risaltare questa tragica divisione, e l'altra ancora più grave tra ufficiali e popolo.
 
Chiamati per la prima volta alla leva di massa e a un grande sforzo collettivo, gli italiani mostrarono tutta la loro debolezza militare: alle deficienze organizzative e alla mancanza di armamenti moderni e di rifornimenti si aggiunse lo scarso entusiasmo dei soldati nel battersi per uno Stato che veniva identificato con «i padroni».
 
Gli episodi di valore individuale e collettivo (poi enfatizzati fino alla nausea nella storia patria) non mancarono mai, però gli italiani hanno confermato in ogni conflitto la loro antica fama di mediocrissimi guerrieri. L'italiano è negato per la guerra, e lo si potrebbe finalmente ammettere, oggi che un lungo periodo di pace e il progresso della ragione permettono di non considerare più le guerre come un esercizio ammirevole e virile.
 
Ma, curiosamente, il valore militare viene ancora considerato patrimonio prezioso dell'onore nazionale. Grava su di noi il giudizio, tante volte ripetuto nei secoli dagli stranieri, che gli italiani «non si battono», e se lo fanno non ne sono capaci. E se avessero ragione loro?
 
Non che gli italiani siano vili o deboli - per carità - o incapaci di sacrifici, tutt'altro. La guerra però richiede organizzazione, disciplina, solidarietà. Richiede anche ferocia, fede in un ideale di Stato, certezza cieca di avere ragione e genuina capacità di odio verso altri popoli: tutte caratteristiche - buone e cattive - che ci mancano.
 
Il fenomeno ha origini antiche, si potrebbe addirittura partire dall'editto con il quale Caracalla, nel 212 e.v., affidava ai barbari la difesa della penisola. E i barbari sottomisero l'Italia.
 
La successiva civiltà comunale, se sviluppò straordinari fenomeni di cultura ed economia, non era la più idonea a creare lo spirito cavalleresco dell'onore e del sacrificio tipico delle società feudali. Per combattere, umile lavoro da barbari, Comuni e Signorie arruolavano mercenari stranieri: tutto sommato, era meglio delegare ad altri la morte in battaglia.
 
Questo atteggiamento, di per sé lodevole, nasceva da una totale mancanza di senso della collettività e la aumentava. Già Machiavelli sosteneva che solo chi sa essere un buon soldato può essere anche un buon cittadino: oggi è più giusto dire che solo un buon cittadino può essere anche un buon soldato; ma il risultato non cambia.
 
Alla mancanza di senso dello Stato si aggiunse il particolare rapporto italiani-Chiesa. Non si può dire che la Chiesa non abbia mai menato le mani (anzi fu una delle sue attività prevalenti fra il IX e il XVI secolo), però anche il papato preferiva ricorrere all'appoggio di eserciti stranieri o di mercenari.

Nel Medioevo ci fu una diatriba interminabile per decidere se la Chiesa, portatrice evangelica di pace, potesse fare o approvare guerre. Si decise che c'erano guerre «giuste» e guerre «ingiuste». Erano guerre giuste quelle approvate dal papa, ingiuste tutte le altre. Per il resto il clero diffondeva gli insegnamenti del Vangelo: uccidere non è bene; meglio porgere l'altra guancia e perdonare.
 
Fu un'educazione alla mitezza costante e idealmente meritoria, ma poco pratica in secoli nei quali la fortuna dei cittadini e degli Stati si otteneva con le armi. Per la Chiesa tutte le guerre risorgimentali furono «ingiuste». Ne derivò la mancata partecipazione al Risorgimento di tanti cattolici, l'incertezza di altri. >>

 GIORDANO BRUNO GUERRI

10 commenti:

  1. Recentemente sull'argomento ho visto questo video in cui discutono vari pezzi da novanta della storiografia compreso guerri, mi sembra interessante, lo riporto nel caso a a qualcuno possa interessare al fine di avere uno stimolo ad approfondire l'argomento:
    https://www.youtube.com/watch?v=lpIIMwT4mCQ

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  3. L'argomento di questo post, mi porta a fare una considerazione più generale, di carattere psico-sociologico, che vi espongo qui di seguito.

    In buona sostanza, gli uomini possono andare alla guerra (nel senso materiale del termine, cioè come soldati) per 3 principali motivi:
    1 - perchè sono obbligati dallo Stato, o comunque dall'autorità, per effetto della coscrizione obbligatoria.
    2 - come volontari, per motivi ideali di vario genere.
    3 - per denaro (o altri vantaggi materiali), in quanto mercenari.
    (- escludo dal computo il semplice piacere di "menare le mani", perchè per fare questo non è necessario andare in guerra).

    Ora, delle tre motivazioni sopra indicate, la più sciocca mi pare l'ultima.
    E, da un punto di vista meramente razionale, mi riesce anche difficile comprenderla, visto il rapporto totalmente sbilanciato tra il rischio (che è quello massimo della vita) ed il guadagno.
    Voi che ne pensate ?

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    1. Quando erano i mercenari a combattere, le guerre consistevano in piccole scaramucce con pochi feriti e ancora meno morti.
      Le guerre di massa, dopo i genocidi dell'antica roma verso chi non si piegava al suo dominio, riprendono con napoleone, la sua leva di popolo e guerra ideologica.
      Nell'intervallo medievale, le guerre erano faccende limitate fra nobili o stipendiati di mestiere.
      Se non ricordo male, sono molto interessanti le 3 conferenze di barbero sulla "creativita' distruttrice", di cui qui la prima e le altre a seguire:
      https://www.youtube.com/watch?v=rRNvHjF8f7s

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    2. Raccomandato anche "l'elogio della guerra" di Massimo Fini (titolo provocatorio come e' tipico del personaggio)

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    3. << Quando erano i mercenari a combattere, le guerre consistevano in piccole scaramucce con pochi feriti e ancora meno morti. >>

      Può darsi, ma non ne sono del tutto convinto.
      I morti sul terreno, anche solo per effetto delle armi bianche, dovevano essere non pochi (relativamente al numero dei contendenti).
      Inoltre, dato il livello modestissimo della medicina dell'epoca, le ferite avevano quasi sempre conseguenze tremende, con lunghe agonie e gravi invalidità.

      E tutto questo, visto che stiamo parlando di mercenari, veniva accettato in cambio di quattro soldi e di una parte dell'eventuale bottino.
      Mah...

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    4. "I morti sul terreno, anche solo per effetto delle armi bianche, dovevano essere non pochi"

      E per cosa, per la paga sindacale? Chi aveva da temere di piu' era chi subiva la licenza di razzia. Ascolta le conferenze di Barbero.

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  4. Insomma il fatto che il cosiddetto medioevo sia stato una parentesi di civilta' fra due barbarie come sostengono alcuni storici ed economisti, non e' forse del tutto provocatorio. Punti di vista...

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    1. Mi piacciono le provocazioni storiche, anche se questa mi sembra un po' troppo... ose'.
      Certamente però il medioevo si merita una certa rivalutazione rispetto all'opinione corrente, che in genere si ferma alla definizione di "secoli bui".

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