mercoledì 23 agosto 2017

Storie di confini - 3

Ma la difesa dei confini, non era una cosa di “destra” ? 
Credo che moltissime persone, di fronte a questa domanda, risponderebbero di sì. 
Eppure, il rispetto e la tutela dei confini nazionali può essere invocata anche da un personaggio dichiaratamente “di sinistra” come Alberto Bagnai.  
Ecco il suo pensiero sull’argomento (tratto dal suo blog). 
LUMEN


<< La cosiddetta "crisi" dei cosiddettissimi "migranti" possiamo anche vederla come un segnale: un segnale importantissimo e utilissimo per capire in che modo il capitale arma i suoi sicari (i media) per uccidere la democrazia. Già parlare di "migranti", come sapete, è una lieve forzatura del linguaggio. Queste persone per l'Italia non sono "migranti", e infatti nelle statistiche ufficiali di "migranti" non si parla, ma di "immigrati".
 
L'uso di un termine tecnicamente scorretto, quando non lessicalmente improprio, dovrebbe suscitare sospetto: sospetto che diventa certezza quando si veda, come non vogliono farci vedere (e quindi non vediamo), che negare l'uso del termine "immigrati" significa negare la legittimità del nostro punto di vista, il punto di vista di un paese in cui la disoccupazione è raddoppiata e la povertà triplicata in pochi anni come risultato di precise scelte politiche, dettate da regole adottate per precisi motivi di distribuzione del reddito.
 
Il nigeriano con il quale ho parlato venendo in ufficio non è un migrante: è un emigrato (dalla Nigeria, per motivi da approfondire) ed è un immigrato (in Italia, con conseguenze da approfondire). Così figura (se figura) nelle statistiche del suo e del mio paese: questo è il dato. Ma il dato è amico della verità, quindi nemico del capitale e della sua simpatica favoletta. Basterebbe questo (…) per far capire come stanno le cose. Ma forse qualche elemento di riflessione in più occorre darlo, tanto per portare elementi di verità nel discorso (…).
 
Intanto, torniamo all'inciso: cioè, se il simpatico nigeriano figura nelle statistiche. Ecco, forse dovremmo ricordarci che se ci sono delle leggi, sia nazionali che internazionali, a disciplinare l'ingresso di esseri umani (come di qualsiasi altra cosa, peraltro) in una data polity, in una data comunità, chi le viola è per definizione un criminale, un delinquente (e chi lo aiuta, come le ONG, concorre al delitto, e chi non se ne distanzia con vigore, come nessuna delle ONG asseritamente "nobili" ha fatto, purtroppo, si merita il sospetto nel quale incorre) (…).
 
Poi, si può discutere delle motivazioni per le quali si è spinti a delinquere, e naturalmente c'è chi è chiamato a valutarle. In un ordinamento democratico, però, questo "qualcuno" è l'ordine giudiziario, che lo fa secondo le norme che la polity in questione si è data. Non dovrebbero farlo i giornali. Ma lo fanno. Quando un giornale si rifiuta di chiamare clandestino chi è clandestino, o quando emette in prima pagina su cinque colonne una sentenza di condanna verso chi magari non ha nemmeno ancora ricevuto un avviso di garanzia, sta facendo esattamente la stessa operazione (anche se in un caso né noi né lui ce ne rendiamo conto): si sta sostituendo alla magistratura.
 
Perché, vedete, è un dato di fatto: un conto sono i rifugiati, e un conto gli immigrati. Se ci sono due parole diverse, un motivo ci sarà. E un conto sono i naufraghi, e un altro conto sono i passeggeri (per quanto pericoloso sia il mezzo che sono stati criminalmente indotti a scegliere). Anche qui, se ci sono due parole, un motivo ci sarà.
 
Riflettiamo sui rifugiati: persone i cui diritti politici o civili (o, in generale, umani) sono gravemente lesi nel paese in cui risiedono. Anche qui, la mia definizione è sbrigativa. Quella corretta esiste, ed è data dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Ora, si potrebbe andare sul tecnico, sul difficile, ma andrò sul semplice, dove non vogliono che andiate perché potreste capire cosa sta succedendo.
 
Il semplice fatto che esistano dei rifugiati, cioè persone delle quali è ufficialmente riconosciuto che devono abbandonare una polity e muoversi in un'altra per potersi realizzare come esseri umani, per potersi esprimere, ci fa capire quanto sia essenziale, in termini di promozione umana e di protezione dei diritti universali dell'uomo, che esistano polity diverse. E in cosa si traduce, concretamente, l'esistenza di diverse polity? Nei confini che le separano.
 
A me fa tenerezza, ma anche un po' paura e molto schifo, che ci sia chi, sdilinquendosi ostentatamente per il debole e l'oppresso (rigorosamente altrui), propugna l'abolizione delle frontiere. Un mondo senza confini è come un corpo senza membrane cellulari: un simpatico lago di citoplasma, che il sole di questi giorni farebbe evaporare nel giro di un quarto d'ora.
 
I rifugiati sono persone che hanno necessità di superare un confine per pensare diversamente, e questo semplice dato strutturale ci fa comprendere che chi è sinceramente amico della diversità e della possibilità di esprimerla deve difendere le frontiere (non mi addentro sul fatto che questo sarebbe anche un obbligo imposto dal Trattato di Schengen - basta leggere il Capo II dell'Accordo di Schengen).
 
Ma per qualche strano motivo, gli amici della "diversità" sessuale, culturale, e via dicendo, sono anche quelli che lottano strenuamente insieme al capitale perché venga abolito il presupposto della diversità politica, che poi è il presupposto fondamentale perché le altre diversità vengano riconosciute e disciplinate. (…) Ma riflettiamo anche sugli immigrati, volete? Immigrare è un diritto? La risposta è un sonoro (ma taciuto dalla nostra stampa serva e vile, e quindi inascoltato dai suoi lettori boccaloni): no !
 
E non è la risposta mia: è la risposta dell'ordinamento (come stiamo capendo ora che Franza e Spagna ci stanno prendendo a pesci in faccia, e noi scopriamo di non potergli dire niente perché loro stanno semplicemente applicando le regole), ma è anche la risposta di filosofi, che si sono interrogati sul concetto di giustizia nel loro lavoro di ricerca, e che quindi si presuppone ne sappiano un tantino di più dei giornalisti, scherani del capitale, squadristi del fascismo dell'opinione, cancro della democrazia.
 
Mi riferisco in particolare a David Miller, che si pone esplicitamente la domanda se esista un diritto umano ad immigrare, e si risponde: no; fra l'altro, sollevando un tema del quale concretamente nessuno parla, ovvero quello di come tutelare i diritti umani di chi invece ha diritto a rifugiarsi altrove: perché i cosiddetti "migranti economici", cioè gli immigrati - clandestini o meno - non solo si appropriano liberamente del capitale sociale di una comunità (…), ma compromettono seriamente il sacro diritto dei rifugiati di trovare asilo politico, rendendone l'esercizio ulteriormente penoso, o magari vedendoselo rifiutare, come sta succedendo ai tibetani, che sono "meno migranti" degli altri.
 
Andrebbe anche detto, ma sono pochi a farlo, che un conto è un paese in crescita, e un conto un paese in recessione (e mantenuto in questo stato per precise scelte politiche !) Riflessione che abbiamo fatto spesso (…) e che travalica la sfera dei diritti umani per coinvolgere quella della prassi politica. Alla fine, se mi permettete di allargare l'obiettivo, il problema dei nostri politici è tutto qui: non aver capito che non solo il moltiplicatore keynesiano, ma l'intera logica politica è diversa in “bad times” e in “good times”. (…)
 
[Perché] un conto è la politica quando il PIL cresce, e un conto quando il PIL cala, e questo perché nel primo caso l'accresciuta disuguaglianza relativa, che tutti i politici hanno voluto per decenni - dai comunisti (…) ai conservatori - ed alla quale tutti hanno attivamente cooperato, nel primo caso non comporta necessariamente una diminuzione dei redditi assoluti, nel secondo [invece] sì, e quindi viene percepita dagli elettori (ed infatti ora tutti i politici ipocriti e cialtroni devono correre ai ripari versando una affrettata lacrimuccia di circostanza) (…).
 
Quando il PIL cresce, la mediazione su come spartirsi la torta può anche andare bene: ma quando il PIL cala, solo strategie politiche radicali sono vincenti: e questo spiega sia i recenti fallimenti di alcune forze che pretendevano di essere antisistema (qui come altrove), sia perché dalle grandi recessioni emergano, come stanno emergendo, regimi totalitari (la UE lo è a modo suo, ma verrà spazzata via da qualcosa di peggio). >>
 
ALBERTO BAGNAI

24 commenti:

  1. Guarda che non e' che le istanze di destra diventano di sinistra se uno di sinistra le fa proprie: significa che quell'uno di sinistra e' diventato di destra, gli piaccia o no.

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    1. Del resto le sue istanze piacciono tanto sia alla nuova lega nazional-socialista, che alla nuova estrema destra, e non e' che questi due ultimi movimenti si sono spostati a sinistra, tutt'altro!

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  2. Guardate un po qua, secondo questi dati il pil PRO CAPITE a parita' di potere di acquisto a dollari costanti del 2005, in italia e' calato di piu' del 10 per cento in pochi anni (oltre a diminuire il pil, con lo scoppio della bolla dei valori immobiliari, da noi pure aiutata dall'incremento di tassazione, e' aumentata la popolazione).

    http://www.google.it/publicdata/explore?ds=d5bncppjof8f9_&met_y=ny_gdp_pcap_cd&idim=country:ITA:FRA:ESP&hl=it&dl=it#!ctype=l&strail=false&bcs=d&nselm=h&met_y=ny_gdp_pcap_pp_kd&scale_y=lin&ind_y=false&rdim=region&idim=country:ITA:FRA:ESP:DEU&idim=region:SSF:MEA&ifdim=region&hl=it&dl=it&ind=false

    D'altra parte la popolazione, dopo un periodo di stabilita' a 57, e' aumentata di ben 4 milioni, arrivando a 61:

    http://www.google.it/publicdata/explore?ds=d5bncppjof8f9_&met_y=sp_pop_totl&idim=country:ITA:FRA&hl=it&dl=it#!ctype=l&strail=false&bcs=d&nselm=h&met_y=sp_pop_totl&scale_y=lin&ind_y=false&rdim=region&idim=country:ITA:FRA:DEU:GBR:ESP&idim=region:SSF:MEA&ifdim=region&hl=it&dl=it&ind=false

    Divertitevi pero' a confrontare nei grafici la situazione europea con quella africana, che cosi' forse, allargando il contesto, si capisce un po' meglio di cosa si sta parlando, medio oriente e africa fanno gia' un miliardo e mezzo, il doppio della popolazione europea che d'altra parte e' stipata in uno spazio molto piu' ristretto. (si possono facilmente aggiungere e togliere linee dai grafici, scegliendo a sinistra).

    A sinistra, su "ambiente", potete visualizzare anche la densita' di popolazione e molti altri dati, bello!

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    1. "D'altra parte la popolazione (...) è aumentata di ben 4 mln, arrivando a 61"

      Già già, con buona pace di chi incredibilmente vede il territorio ital.no ormai immerso nell' "inverno demografico" e predica costantemente:
      1) l'accoglienza illimitata dei migranti afroasiatici;
      2) sovvenzioni pubbliche alla natalità indigena.

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    2. Che l'italia, nella sua popolazione tradizionale, sia avviata verso non l'inverno, ma la glaciazione demografica e' un fatto, dopo decenni a 1 figlio per donna o poco piu'.

      Faccenda oltretutto fortemente aggravata dal punto di vista welfaristico dal fatto che le due generazioni che hanno preceduto queste di oggi cosi' rarefatte, di figli unici, erano invece da vero e proprio boom demografico.
      Significa ritrovarsi ad un certo punto con una montagna di vecchi a gravare su una sparuta pattuglia di giovani. E non e' un problema di economia finanziaria, di tassi di interesse, di accantonamenti, di risparmio, e' un problema REALE: a creare la ricchezza, l'assistenza e il welfare di oggi, e' il lavoro di oggi, non quello di ieri (se non nell'accumulo di capitale intellettuale, in termini di conoscenza, sul come si fanno le cose). Anzi, peggio ancora, i giovani di oggi si trovano con un gravame insostenibile non solo di vecchi, ma anche di manufatti e strutture in sovrappiu' e continua crescita, pubblici e privati, inutili o dannosi di cui sono comunque costretti a curare la costosissima manutenzione resa sempre di piu' obbbligatoria per legge (vedi l'ignobile e vomitevole sfruttamento da parte delle lobby dell'ignorante e giustizialista indignazione popolare sull'inadeguatezza dei fabbricati ad ogni scossa di terremoto).

      L'aumento odierno della popolazione non solo in italia ma anche nel mondo nel suo complesso, e' del tutto o quasi ascrivibile all'aumento enorme dell'aspettativa di vita (africa esclusa che ha ancora una fecondita' molto elevata), aspettativa che e' letteralmente raddoppiata in pochi decenni.

      Ma e' come parlare ai sordi... (e in ogni caso anche se non si fosse sordi non servirebbe a nulla, non si puo' cambiare il passato, quindi tanto vale cullarsi in fantasie consolatorie)

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    3. @ Claudio

      Il territorio italiano è ai limiti della capacità di carico: altro che inverno demografico.
      Ce ne accorgeremo (putroppo) tra non molto.

      L'impero romano buonanima, in fondo, fini praticamente per gli stessi motivi: lo sfruttamente eccessivo delle risorse del territorio (erano altri tempi, certo: la popolazione era inferiore e le rese agricole erano diverse, ma il concetto resta lo stesso).

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    4. TUTTE le citta', in cui nei paesi moderni vive la quasi totalita' della popolazione, sono "costituzionalmente" enormemente sopra la capacita' di carico, fin dal loro apparire sulla scena della storia. Infatti, vivono di rapina sul territorio circostante: rapina sulle risorse e rapina sugli uomini, attraverso la tassazione.

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    5. Ce' un bellissimo esempio da manuale, l'holodomor ucraino, poco conosciuto perche' coinvolgente un sistema fascio-comunista (gli intellettuali sono molto strabici e indulgenti a questo riguardo) nonche' tenuto segreto fino alla caduta dell'URSS.

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    6. << TUTTE le citta' (...) sono "costituzionalmente" enormemente sopra la capacita' di carico (...). Infatti, vivono di rapina sul territorio circostante, >>

      E' vero.
      Ne parlerò (tra le altre cose) nel prossimo post.

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    7. "TUTTE le citta' vivono di rapina ecc."

      Devo aver incontrato l'idea per la prima volta leggendo una citazione di Gino Luzzatto, esimio medievista-economista vissuto nella prima meta' del '900.
      https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Luzzatto

      Vi mando un suo libro che ho trovato a casa ma non ho ancora letto, se avete voglia di cercare se ne parla li' dentro.

      L'argomento andrebbe approfondito, tanto quanto e' evitato dall'intellettualita' ecologica, la quale non per niente e' un prodotto, virtualizzato cioe' distaccato dalla realta' materiale, della citta' (e si nota). Anzi, l'intellettualita' ecologica tende a spostare la responsabilita' del depauperamento esclusivamente fuori di se stessa e la sua citta' (campagne propagandistiche contro "villettopoli", il "consumo di territorio", la necessita' di sviluppare gli edifici in verticale, di concentrare la popolazione nelle citta', l'agricoltura moderna, l'incremento della tassazione verso chi occupa piu' mq (pensate alle imposte sull'immondizia)... In democrazia la maggioranza ha il potere di vessare legalmente la minoranza, a suo piacimento, specialmente in campo fiscale.

      Gli articoli di agobit, quando parla di urbanistica, sono un classico di questo pensiero furbetto e fazioso.

      L'holodomor e' stato un picco di tale atteggiamento, con la requisizione totale dei raccolti ai contadini ucraini da parte della popolazione russo-sovietica urbanizzata e militarizzata, profittando dei pretesti tipici in questi casi:
      https://it.wikipedia.org/wiki/Holodomor
      (non so se qui venga affrontato correttamente l'argomento, ma per uno spunto va bene)

      En passant, il solito Luigi Mariani, uno dei maggiori _veri_ esperti di agrometeorologia in italia, mette in guardia contro l'incremento dell'effetto isola di calore a terra prodotto dalla sempre maggiore verticalita' degli edifici.
      http://www.climatemonitor.it/?p=45586

      Quello di costruire in verticale per "risparmiare spazio" (come se poi lo spazio risparmiato nel lungo termine non venisse occupato da qualcun altro) e' un altro esempio di bias culturale cittadino che diventa, grazie alla propaganda martellante, luogo comune, oggi denominato appropriatamente "leggenda metropolitana".

      Vi mando anche un libretto leggero che ho appena letto, con dei racconti di Ballard in tema di sovrappopolazione.

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    8. Gira, gira, siamo sempre lì,
      E' la sovrappopolazione la causa prima di tutti i problemi.
      Costruire in verticale, in orizzontale o in diagonale non cambia nulla.

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    9. Lo e', anche perche', senza sovrappopolazione, noi, il problema, non esisteremmo: l'evoluzione, anche nostra, e' avvenuta per sovrappiu' di prole poi decimata e selezionata per adattamento. Il sovrappiu', cosi' come la sua decimazione, e' essenziale, altrimenti si ha la deriva genetica.
      Il modo peggiore per contenere un'avversita' in agricoltura e' lottare contro di essa (infatti le stupide e inflazionate leggi del nostro Stato, immancabilmente, prevedono la "lotta obbligatoria"): lottando, la avversita' la selezioni e la rinforzi sempre di piu', se lasci invece che si sviluppi a dismisura, da un lato la indebolisci, dall'altro fornisci terreno di coltura alle sue avversita' biologiche che ci penseranno loro, "a gratis". Contemporaneamente, l'avversita' selezionera' un clade resistente di nostro interesse.
      Il bruco americano e' scomparso cosi', non certo grazie alla "lotta obbligatoria".


      Perche' dico cosi'? Prima, pedalando col mio unico mezzo di trasporto, ascoltavo un podcast Farenheit di radio3 sul turismo invadente in cui il conduttore, incredibile, ad un certo punto ha detto al suo interlocutore, uno che promuoveva il suo libretto: Chernobil radioattiva e "inabitabile", scomparso l'uomo, e' diventata un'isola felice di biodiversita' animale e di profluvio vegetale... Ma allora il problema e' l'uomo, che dove arriva fa piazza pulita, che sia ecologista o meno, turista o altro.

      Insomma siamo peggio delle radiazioni nucleari, e forse solo per questo le temiamo tanto, perche' sono rimaste l'unica eventuale limitazione al nostro dominio totale del pianeta. Un motivo in piu' per sostenere il nucleare, insomma, come l'ambientalista pentito Patrick Moore. :)

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    10. In sintesi: l'ecosistema se la cava benissimo anche senza di noi; siamo noi che non ce la caviamo altrettanto bene senza un ecosistema funzionante.

      Dal che si deduce, rovesciando un'impostazione ambientale molto diffusa, che il problema non è l'antropocentrismo in quanto tale, ma la sua appplicazione ottusa ed a-prospettica (ovvero: segare il ramo su cui siamo seduti).

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    11. Diciamo che il cosiddetto ecosistema o anche detto ambiente sembra preferire un ambiente disastrato nel modo peggiore dalla precedente presenza dell'uomo ma senza l'uomo, che non un ambiente perfetto, il proverbiale giardino dell'eden cosi' come lo intende l'uomo, ma con l'uomo dentro e compreso nel prezzo ;)
      Un bel colpo ad ogni forma di ecologismo progettuale e attivo, con l'uomo inteso marxisticamente a giardiniere del mondo, come avevamo citato tempo fa non mi ricordo chi, il filosofo della societa' liquida, Bauman.

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  3. Un articolo interessante, nel sito dove scrive luigi mariani, serio e autorevole agrometeorologo:

    http://www.climatemonitor.it/?p=45561

    Interessante il punto in cui dice, ricordando qual e' la funzione primaria della CO2 nel ciclo del carbonio:

    In tale contesto non è infine da trascurare l’ipotesi, avanzata da Moore e già discussa in un post su CM (http://www.climatemonitor.it/?p=41638 , molto interessante, leggetelo vi stupira'!), secondo cui CO2 possa aver sfiorato durante le ere glaciali del quaternario il punto di non ritorno e cioè il livello critico al di sotto del quale la fotosintesi si arresta e di conseguenza le catene alimentari non più nutrite dagli autotrofi “muoiono di fame”.

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  4. << non e' che le istanze di destra diventano di sinistra se uno di sinistra le fa proprie: significa che quell'uno di sinistra e' diventato di destra >>

    O forse, molto più semplicemente, una divisione troppo netta tra "ideali di destra" e "ideali sinistra" non esiste.
    E in ciascuno di noi (io per primo) possono convivere entrambi, in misura soggettivamente variabile.

    E poi: si fa presto a dire pensiero di destra e pensiero di sinistra.
    Forse siamo di fronte a quei termini inevitabilmente ambigui, per i quali si può già cominciare a discutere (o magari a litigare) sin dalla definizione.

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    1. Non scherziamo, almeno il nazionalismo diciamolo che e' politicamente di destra, mentre l'internazionalismo, che e' il suo contrario, e' di sinistra. Il fascismo era un movimento socialista E nazionalista, altrimenti non sarebbe stato fascismo, sarebbe stato socialismo.

      Infatti, quando leggevo attentamente il blog di bagnai, fra me e me, me la ridevo di gusto, nel vedere lo slittamento verso la destra nazionalista se non fascista di gente dell'area di estrema sinistra, del resto con la tipica tecnica stalinista della riscrittura della storia secondo la propria convenienza politica del momento (bagnai scriveva sul manifesto, e almeno allora non ha mai fatto mistero di proclamarsi marxista, cosa che credo continui a fare).

      Il problema di quei personaggi, come ti ebbi gia' a dire, e che non conoscendo per niente la storia del fascismo, anche grazie alla cancellazione e demonizzazione storica di quell'esperienza che loro stessi hanno effettuato, possono permettersi il lusso di ridiventare _sostanzialmente_ fascisti, perlomeno in alcune istanze, senza nemmeno rendersene conto e dandosi sempre ragione anche quando si riducono a fare le stesse cose che fino al giorno prima recriminavano agli avversari.

      Piuttosto, il problema e' che c'e' un sacco di gente che ha problemi serissimi nel semplicemente dichiarare di aver cambiato idea, e quindi schieramento. Piuttosto che ammettere di essere diventati di destra, tradimento!, dicono che e' la destra che e' diventata di sinistra (il che mi ricorda il titolo di quel tutto sommato ridicolo libello di alesina/giavazzi, "il liberismo e' di sinistra", che ho qui dietro - senza doppi sensi :). Giavazzi ha fatto diventare di sinistra il liberismo, il gruppo di goofynomics quantomeno alcuni aspetti del fascismo. E senza minimamente accorgersi, o meglio facendone finta a scopo strategico, che i nuovi compagni di viaggio che si ritrovano sono i loro nemici storici e ideologici di sempre, e sono non di destra ma di estrema destra, in modo riconoscibilissimo e fiero.

      Del resto le regioni che dopo la guerra erano le piu' rosse, erano anche quelle che prima erano le piu' fasciste. E la gente che ci abitava dentro era la stessa, le teste erano le stesse.

      C'e' uno splendido romanzo di Pennacchi, dell'anomalmente onesto "fasciocomunista" Pennacchi,"Canale Mussolini", che descrive come sia nato il fascismo dai fallimenti e velleitarismi della sinistra dell'epoca. Mussolini peraltro, originariamente non solo era di sinistra, ma era pure della sinistra piu' estrema e massimalista, quella dura e pura, che con la scissione di livorno avrebbe dato origine al partito comunista, non era un socialista moderato e riformista. Al socialismo ha aggiunto il nazionalismo, e opla' ecco l'invenzione del fascismo. Proprio come oggi i nostri eroi antieuro originati dalla sinistra extraparlamentare e noglobal.

      Per i liberali anglosassoni, fascismo nazismo e comunismo pari erano, e si distinguevano solo per i particolari. Ma i nostri fascisti, comunisti e nazisti, non sono liberali anglosassoni, e non la vedono cosi'...

      La storia si ripete sempre uguale, e sempre con le stesse ipocrisie. Che noia.

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    2. A dire la verita', meditando sulla questione per l'occasione, ho l'impressione che, da sempre, l'uomo di sinistra senta il richiamo della foresta e preferisca, anche se non lo ammettera' mai, ad eccezione di matti/onesti come Pennacchi, il fascismo nazionalista al liberismo individualista e personalista.

      Quindi credo che anche voi, bando alle ipocrisie e ai cerchiobottismi, dovreste decidervi un po' sul da che parte stare, pane al pane e vino al vino.

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  5. Caro Diaz,
    tutti i movimenti politici, gratta gratta, sono nazionalisti, e lo sono per necessità.
    Perchè il benessere delle persone comuni è più direttamente e strettamente connesso col benessere della nazione in cui vivono.

    Il marxismo era internazionalista nella fase nascente, ideologica, ma non appena ha preso il potere da qualche parte, è subito diventato nazionalista, lascinado l'internazionalismo solo come grimaldello per portare scompiglio in casa altrui.

    Il capitalismo finanziario, invece, è internazionalista per una reale, intrinseca convenienza: perchè le leggi statali per loro sono dei vincoli.
    Non per nulla, le imprese più grandi sono tutte multinazionali, perchè così possono ricercare la loro convenienza (esconomica o fiscale) dove meglio la trovano.

    Quindi, se vogliamo parlare di "destra" e "sinistra" con riferimento al nazionalismo, rischiamo di avere più esempi negativi che conferme.

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    1. Tassativamente no, il socialismo nazionalista ha un nome chiaro, si chiama fascismo e nazismo. Quindi nel momento in cui virava verso il nazionalismo, non era piu' socialismo (e mi pare che qualche sospetto ci potesse essere gia' allora, anche per altre caratteristiche).

      Non vedo il problema di chiamare le cose col loro nome, se non nel fatto che a molti che ancora oggi si credono di sinistra da' estremo fastidio doversi annoverare fra gli odiati fascisti, pur senza aver minima idea di cosa fosse il fascismo, da cui il cerchiobottismo che ne deriva (molti dovrebbero farsi un esamino di coscienza).

      D'altra parte il liberismo, liberalismo, libertarismo duri e puri non riconoscono l'intrinsecita' della sovranita' territoriale degli stati, di norma sono per la assolutamente libera circolazione non solo dei capitali ma di tutto, merci e persone, e riconoscono eccome la proprieta' privata degli individui. Il liberismo non e' fascista (essendo il fascismo un miscuglio di socialismo e nazionalismo), e' all'estremo opposto. Il che non vuol dire che non abbia a sua volta dei difetti e dei contrappassi.

      Ma non confondiamo le acque co' sto "veltronismo"...

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  6. Le considerazioni di Ha Joon Chang (uno studioso anglo-sassone, che peraltro non conosco) sul tema di questo post:

    << I vari Paesi hanno il diritto di decidere quanti immigranti possano accettare e in quali settori del mercato del lavoro.

    Tutte le società hanno limitate capacità di assorbire l'immigrazione, che spesso proviene da retroterra culturali molto differenti, e sarebbe sbagliato che un Paese vada oltre questi limiti.

    Un afflusso troppo rapido di immigrati condurrebbe non soltanto ad un'accresciuta competizione tra lavoratori per la conquista di un'occupazione limitata, ma porrebbe sotto stress anche le infrastrutture fisiche e sociali, come quelle relative agli alloggi, all'assistenza sanitaria, e creerebbe tensioni con la popolazione residente.

    Altrettanto importante, se non agevolmente quantificabile, è la questione dell'identità nazionale.

    Costituisce un mito - un mito necessario ma nondimeno un mito - che le nazioni abbiano delle identità nazionali immutabili che non possono, e non dovrebbero essere, cambiate. Comunque, se si fanno affluire troppi immigrati contemporaneamente, la società che li riceve avrà problemi nel creare una nuova identità nazionale, senza la quale sarà difficilissimo mantenere la coesione sociale.

    E ciò significa che la velocità e l'ampiezza dell'immigrazione hanno bisogno di essere controllate". >>

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    1. Quante parole inutili e secondo me ideologiche per dire che un'invasione e' dannosa se non distruttiva al tessuto sociale in cui si innesta (dovrebbe essere un'ovvieta', no?): lo e' perfino quando ad invadere sono ricchi e danarosi turisti: anche il turismo stravolge e distrugge il tessuto sociale dei luoghi dove arriva.

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    2. Lasciando da parte concetti metafisici come 'identità nazionale', "la velocità e l'ampiezza dell'immigrazione hanno bisogno di essere controllate" innanzitutto per una questione banalmente aritmetica e legata allo spazio fisico: per usare una metafora semplice ma (penso) efficace, un ascensore costruito per ospitare 5 persone NON può accoglierne tranquillamente 10 o 15 (indipendentemente dal fatto che tali persone siano "disperati" o "ricchi e danarosi turisti")...

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    3. Mi sembra una metafora eccellente.

      E quando l'ascensore diventa sovraccarico, che succede ?
      Succede che ci schiantiamo tutti, colpevoli e innocenti.
      Ma guai a lanciare l'allarme !

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