lunedì 31 luglio 2017

Dawkins e il castoro – 2

Si conclude qui l’articolo di Lorenzo Casaccia sul “Fenotipo esteso” di Richard Dawkins ed i suoi sviluppi. Lumen

(seconda parte)
 
<< Sempre nel 2003, Eva Jablonka dell’Università di Tel Aviv propone una vasta estensione della teoria di Dawkins, in un saggio dal significativo titolo “The Extended Phenotype Revisited”. In esso, non si contesta il fatto che la selezione si basata sui geni, ma si cerca di erodere l’assunto che sia basata solo sui geni come unità singole.
 
In particolare, secondo Jablonka, Dawkins ha usato il gene in maniera ambigua, sia come “ciò che è selezionato” che “ciò che beneficia della selezione”. Per prima cosa, Jablonka sostiene che le mutazioni fenotipiche sono per lo più il risultato di mutazioni di un “set” di geni, non di uno solo. (…) Tutte le micro-varianti genetiche [infatti] vengano canalizzate e risolte in fenotipi di “senso compiuto”. Il singolo gene non può quindi essere l’unità del cambiamento.
 
Jablonka sostiene che negli ultimi venti anni si è ormai accettato che anche altri elementi possono essere trasmessi per generazioni senza essere basati sui geni. Tra questi Jablonka include i “memi”, unità di evoluzione e selezione culturale introdotti dallo stesso Dawkins  ( sebbene probabilmente Dawkins non sarebbe d’accordo con l’uso che Jablonka fa del concetto) e altri tratti “epigenetici”.
 
I tratti “epigenetici” sono quelli che fanno sì che diverse cellule negli organi interni dei mammiferi contengano lo stesso DNA, ma svolgano funzioni diverse. E’ questo il caso, ad esempio, di reni e fegato. Esisterebbe quindi un meccanismo di trasmissione epigenetica che fa trasmettere un certo comportamento di generazione in generazione, indipendentemente dal genotipo.
 
Sulla scorta di Lewontin, Jablonka, considera la nicchia ecologica che si auto-perpetua (per continua ricostruzione) come un meccanismo trasmissivo. Vale a dire che la nicchia ecologica trasmette informazione di generazione in generazione senza che ciò’ debba corrispondere a un rinnovamento del DNA.
 
L’autrice riconosce che questa teoria, che sostanzialmente propone una evoluzione del fenotipo che non passa attraverso variazione del genotipo, “odorava di Lamarckismo” negli anni ’80 ed allora era inaccettabile. Ma, osserva, i tempi sono cambiati. Jablonka quindi propone di abbandonare il concetto di “replicatore” di Dawkins e di adottare il concetto di “tratti visibili ereditari” (hereditary visible traits).
 
L’autrice sostiene che non vi sono problemi nell’effettuare questa sostituzione. Anzi, adottare tale modello più ampio include tutte le “proprietà” più’ efficaci del modello del replicatore.
 
Ad esempio, il modello dawkinsiano che utilizza il gene come unità ultima della selezione naturale può spiegare i comportamenti “altruistici” che risultavano inspiegabili quando si utilizzava l’individuo come replicatore. Difatti l’altruismo è apparentemente irrazionale siccome sembra “danneggiare” l’individuo; tuttavia, porta beneficio ai geni nel loro complesso, anche se sono in un altro individuo.
 
Estendere il “fenotipo esteso”, come fa Jablonka, fa sì che l’impianto di questa spiegazione si possa mantenere invariato. Ma ora possiamo includere nella spiegazione anche comportamenti sociali ereditari (ma non genetici), quali ad es.: “comportati in modo altruistico con chi si comporta in modo altruistico con te”.
 
Dawkins commenta e replica a questi saggi in un articolo del 2004 su Biology And Philosohy. L’obiezione di Dawkins è che in molti degli esempi di cui sopra il fenotipo è “troppo esteso“, sicché, a suo dire, viola una delle basi della filosofia della selezione naturale.
 
Infatti Dawkins vuole rimanere fedele a Darwin nell’affermare che la pressione selettiva si applica solo a “replicatori”, cioè a entità che siano in grado di copiare se stesse con altissima fedeltà’ da una generazione all’altra. Secondo Dawkins, un ambiente naturale nel suo complesso non è un replicatore e questa è una differenza concettuale negli assunti di importanza fondamentale. (…) Per Dawkins [infatti], solo geni e memi sono i replicatori a noi noti.
 
Il fenotipo esteso va quindi “esteso con disciplina”. La disciplina di cui parla Dawkins vuole che il fenotipo si possa considerare esteso solo se la sua estensione di manifesta in forme che influenzano la selezione naturale sui geni che hanno provocato il fenotipo esteso stesso. La diga del castoro è un fenotipo esteso, un edificio costruito da un architetto non lo è.
 
Inoltre, perché’ si possa parlare di selezione devono poter esserci alternative. Ad esempio, per i castori ci sono: esistono dighe migliori e peggiori, che presumiamo vengano da apparati genetici diversi. Su questa diversità si esercita la selezione naturale. (…).
 
C’è confusione, secondo Dawkins, tra “costruzione della nicchia” e “alterazione della nicchia”. La presenza dell’ossigeno nell’atmosfera è un controesempio. Tale presenza è una conseguenza della chimica vegetale, e gli organismi vi si devono adattare. Ma non è una costruzione intenzionale di una nicchia: l’ossigeno non è il fenotipo esteso di nulla.
 
Sulla base dell’analisi concettuale di “presenza delle alternative”, Dawkins cerca quindi di smontare l’intera filosofia biologica di Lewontin, Laland e della “niche construction theory”. Quest’ultima è ridotta da Dawkins (…) a un mero fenomeno biologico, senza rilevanza sulla selezione naturale.
 
Dawkins si sofferma sulla teoria della Jablonka e la invita ad una [maggiore] “disciplina” scientifica. Se si dimostreranno che esistono meccanismi comportamentali ereditari che non dipendono dal DNA e che si replicano fedelmente, allora potranno essere considerati come alternativi ai geni. Ma, finché ciò non viene dimostrato, e Dawkins ritiene che non lo sia, dobbiamo assumere che ci sia un qualche coinvolgimento dei geni.
 
Il coinvolgimento dei geni deve quindi essere considerato lo ‘status quo’, il punto di partenza (mentre la Jablonka non considerava sostanzialmente alcun ‘status quo’). La disciplina che Dawkins chiede è che qualsiasi altro “replicatore” che non siano i geni deve soddisfare gli stessi due principi:
- Riproduzione con copia esatta o con altissima fedeltà’
- Possibilità’ di ripetere tale copia attraverso un numero indefinito di generazioni
 
In linea di principio, quindi, Dawkins si dichiara aperto all’idea di replicatori diversi dai geni, ma, sostiene, ancora non se ne sono visti con tali caratteristiche. Dawkins non ammette che la “persistenza” di caratteristiche ambientali si possa mettere sullo stesso piano del gene/replicatore. (…)
 
I due punti di vista sono stati parzialmente riconciliati nel mondo accademico in un workshop del 2008 della European Science Foundation. Il valore esplicativo (ma non predittivo) della teoria del fenotipo esteso è stato fermamente riconosciuto, e allo stesso tempo, anche in contraddizione con le affermazioni dello stesso Dawkins, sono stati accettate le argomentazioni dei costruttivisti . (…)
 
Il dibattito filosofico resta aperto. La teoria del fenotipo esteso rimane uno dei concetti più’ influenti nella biologia e filosofia moderni. Al momento, l’ambiente come sistema è probabilmente compreso solo a livello parziale e una “grand theory”, che unisca in modo soddisfacente la selezione genetica darwiniana degli individui e le varie teorie dell’ambiente, ancora non esiste. >>
 
LORENZO CASACCIA


16 commenti:

  1. Diceva Schopenhauer: "Lo spirito? Lo spirito? Io non lo conosco questo giovanotto!"
    Similmente avrei voglia di dire: "Il gene? Il gene egoista? Io non lo conosco questo signore e da quel che sento mi è profondamente antipatico e non ho nessuna voglia di conoscerlo. Anzi dubito della sua esistenza."

    Il gene (egoista o meno) è il tuo pallino o cavallo di battaglia. Perciò non ho avuto tanta voglia di leggere la prima parte, e mi è venuto in soccorso Diaz che dice: "troppo complicato".
    Ma visto che hai aggiunto una puntata mi son detto: facciamo uno sforzo, vediamo un po'. No, proprio non ce l'ho fatta ad arrivare alla fine della prima puntata e la seconda me la risparmio. Trovo persino strano che tu ti rompa il cervello su questioni così sottili che il 99% della gente non capisce (almeno così credo). Io mi reputo "normale", non molto intelligente (come la maggior parte della gente) anche se a volte mi capita di dire delle cose non stupide (che fra parentesi ho orecchiato qua e là). Dicono che il IQ normale è pari al 100% e le persone particolarmente dotate arrivano a 130. Be', io temo che al 100 non ci arrivo. Pazienza, me ne faccio una ragione. Però lo stesso rifiuto di farmelo mettere in culo da cosiddetti intelligentoni che ovviamente fanno in primis i loro (sporchi) interessi.

    Trovo nel tuo testo questa frase:

    "Il dibattito filosofico resta aperto. La teoria del fenotipo esteso rimane uno dei concetti più’ influenti nella biologia e filosofia moderni.".

    Ma come? Ti so allergico alla metafisica e alla filosofia in genere e adesso accenni o alludi alla filosofia? Boh.

    (continua)

    RispondiElimina
  2. Sto leggendo due libretti che mi piacciono immensamente. L'autore è un certo Dudo Erny che non conoscevo. Il primo s'intitola: "I Verdi chiacchieroni - Evoluzione, sovrappopolazione, protezione ambientale", il secondo "La scomparsa degli Europei" (purtroppo sono in tedesco). Ma pensa! C'è ancora qualcuno che osa affrontare l'argomento della sovrappopolazione e metterci in guardia dagli Africani che ci stanno colonizzando. Ormai è scontato che la civiltà europea è al tramonto visto che gli europei non si riproducono: l'Europa diventerà un'appendice dell'Africa e sarà pure islamizzata (com'è nelle intenzioni del Santo Padre - che pensa di salvare la baracca alleandosi all'islam ma lo prenderà in culo - de gustibus ...).
    Erny dice che il problema è il "miliardo". La gente non ha la più pallida idea di cosa sia e significhi un miliardo (in genere, ma qui soprattuto riferito a persone). Nemmeno sa che cosa sia la crescita esponenziale (la scacchiera ha sessantaquattro caselle: se io metto un chicco di grano nella prima e poi il doppio nella terza e così via di quanti chicchi avrò bisogno? All'inizio sembra facile e cosa da poco ma a partire da una certa casella le cifre diventano astronomiche).
    Perché ti cito questo autore? Perché trovo in questo testo qualcosa che dovrebbe farti piacere.
    (continua)

    RispondiElimina
  3. Nel libro "I Verdi chiacchieroni" di Dudo Erny ho letto queste frasi che - mi sono detto - farebbero piacere a Lumen.

    Dapprima Erny ricorda i tre imperativi categorici di tutti gli esseri viventi: vivere, riprodursi, espandersi. Nessun essere vivente può sottrarsi a questi obblighi. Perciò prosegue l'esplosione demografica, soprattutto in Africa (e nessuno interviene per frenarla o bloccarla). Nel primo mondo invece (Europa, America, Giappone, Australia) si osserva un trend contrario: i popoli di questi paesi rischiano - alla lunga - l'estinzione (ma alla lunga può significare anche solo poche generazioni). Dunque i "primati" (chiamiamoli così gli abitanti del primo mondo) riescono a sottrarsi all'imperativo categorico. Come mai? E come fanno? Argomenti per un bel dibattito che rimandiamo ad altra occasione.
    Ma veniamo al punto che farà battere il cuore di Lumen. C'è un capitoletto nel libro di Erny con questo titolo:

    "I padroni in caso dell'uomo sono i geni."

    Bello, eh? Prosegue:

    "Spinto dalla volontà e sotto l'influsso dell'ambiente l'uomo cerca la sua strada. Alcuni non la trovano e vagano alla cieca, altri si perdono e cadono nell'abisso, solo pochi raggiungono la vetta ma devono poi ridiscendere nella valle di lacrime. Possiamo fare quel che vogliamo, ma non possiamo sottrarci ai nostri geni. Indipendentemente dalla famiglia e dalla cultura in cui siamo nati, i geni sono sempre in noi. Possiamo emigrare o viaggiare nello spazio: i geni vengono con noi, non c'è verso di sbarazzarsene.
    [...]
    In alcuni paesi è stata abolita la pena di morte. Coloro che sono contro la pena di morte si reputano di animo nobile. In realtà la ragione di questo comportamento risiede probabilmente nei geni. I geni vogliono sopravvivere ad ogni costo. Non gliene importa nulla se sono nel corpo di un criminale, l'importante è non morire."

    Domanda ingenua del sottoscritto:
    Ma allora sti geni del cavolo esistono davvero? E come me li devo immaginare? Non sono atomi, sono molecole? Un gene è una sola molecola o un bastoncino di molecole? E contiene davvero queste precise informazioni: vivere, riprodursi, espandersi?

    P.S. Lessi una volta in un libro del simpaticissimo fisico Toraldo di Francia: "l'elettrone non si può dividere nemmeno col pensiero". Qualcuno può confermarmi quest'affermazione? Sembrerebbe che l'elettrone sia la più piccola particella subatomica, ma ho dei dubbi.

    RispondiElimina
  4. << Ma allora sti geni del cavolo esistono davvero? E come me li devo immaginare? Non sono atomi, sono molecole? Un gene è una sola molecola o un bastoncino di molecole? E contiene davvero queste precise informazioni: vivere, riprodursi, espandersi? >>

    Eccome se esistono.
    E sono per noi l'alfa e l'omega: la causa prima della nostra esistenza ed il fine ultimo del nostro agire.
    Ed il fatto di esserne consapevoli (come cerchiamo di fare noi) non basta ancora a garantirci di esserne indipendenti (ma forse un pochino sì, almeno speriamo).

    RispondiElimina
  5. Da un punto di vista tecnico (ma non vorrei dire scemenze) i geni sono unità di informazione contenute nel DNA, il quale a sua volta è una macro-molecola (composta da atomi di diversi elementi).
    Il DNA con le sue informazioni è contenuta (salvo trascurabili eccezioni) in OGNUNA delle cellule che compongono gli esseri viventi.

    RispondiElimina
    Risposte

    1. Le unita' di informazione sono le triplette di nucleotidi AT-GC di cui e' formata la catena del DNA (quello umano _mi pare_ che contenga una quantita' di informazione, depurata dalla ridondanza, equivalente a un CD-ROM di quelli da 600 mega di una volta, relativamente poca quindi), ogni tripletta codifica per uno dei 20 aminoacidi, della combinazione sequenziale dei quali sono fatte tutte le proteine, cioe' le molecole che sono gli ingranaggi e la struttura della "macchina biologica". Le triplette possibili sono 64 cioe' 4 alla terza, dato che in ogni posto della tripletta ci sono 4 possibili nucleotidi, ma se non ricordo male alcune triplette codificano per lo stesso aminoacido. Ogni gene e' una stupida sequenza di triplette che codifica per una proteina (che sono in tutto circa 20.000).

      La maggior parte dell'informazione contenuta nel DNA e' comune a TUTTE le specie viventi.

      Quando mangiamo, il processo digestivo rompe e assorbe le proteine negli amminoacidi componenti le proteine animali o vegetali ingerite (sono sempre gli stessi 20) che poi possono venire ricombinati a seconda delle necessita' dell'organismo (da cui se ne deduce facilmente l'idiozia della maggior parte delle ossessioni sul "cibo sano e naturale" e delle diete).

      Ecco, il "gene egoista" e' questa roba qua, la codificazione nel dna della sequenza di 20 possibili amminoacidi che costituisce una proteina.

      Il principio di base e' meravigliosamente semplice, e dato l'argomento trattato dal blog, almeno su questo, che si studia al secondo anno di liceo perlomeno dagli anni '60 e '70 (prima non si sapeva nulla o quasi sul DNA), potevate anche informarvi. Wikipedia... (che pero' in questo caso tende a fare le cose piu' difficili di quanto serve, ma insomma in rete trovate tutto quello che volete).

      https://it.wikipedia.org/wiki/Codice_genetico

      Elimina
    2. Ecco un'immagine presa a caso dove c'e' la corrispondenza fra le triplette di basi di DNA (che adesso vedo chiamano codoni) e i relativi aminoacidi (20 in tutto) che compongono le proteine del corpo umano (se non erro troppo, 20.000 circa, come i geni).

      http://www.morgani.it/didattica/5A1/biotecnologia/esercizi/eserciziDNA2_file/image006.jpg

      In realta' si tratta dell'RNA, ma l'rna e' solo la copia specchiata del DNA che viene usata per trasferire l'informazione dal DNA del nucleo alla periferica "fabbrica delle proteine", il ribosoma, quella che legge il nastro dell'informazione RNA e accoda i corrispondenti 20 amminoacidi a formare le proteine.

      https://it.wikipedia.org/wiki/Sintesi_proteica

      Ditemi voi dove si possa trovare qualcosa di assimilabile all'egoismo, con tutta la buona volonta' che ci si possa mettere, in tutto cio'.

      Elimina
    3. << Ditemi voi dove si possa trovare qualcosa di assimilabile all'egoismo, con tutta la buona volonta' che ci si possa mettere, in tutto cio'. >>

      Molto semplice: nella spietatezza della selezione naturale.
      Ovvero nel fatto inevitabile che, in presenza di risorse limitate (quali sono quelle naturali), il successo della mia replicazione può determinare il fallimento della tua.

      P.S. - Le mie cognizioni di chimica sono sicuramente modestissime, ma i principi dell'evoluzionismo li conosco lo stesso.

      Elimina
    4. Evidentemente in casi come questo il concetto in esame (qui 'egoismo') va il più possibile depurato da ogni "sovrastruttura" etico-religiosa: come dice E.Boncinelli, dove c'è biologia non c'è ideologia...

      Elimina
    5. Ovviamente.
      Lo stesso Dawkins, pur lietissimo del successo di vendite ottenuto grazie anche al titolo provocatorio, non mancava mai di ribadire che quello dei geni è un "egoismo" virtuale, meramente oggettivo e non soggettivo.

      Elimina
    6. "P.S. - Le mie cognizioni di chimica sono sicuramente modestissime, ma i principi dell'evoluzionismo li conosco lo stesso"

      Credo comunque che non sarebbe cosi' dannoso sapere almeno un minimo di cosa si sta parlando, quando si parla di geni.

      Elimina
    7. << sapere almeno un minimo di cosa si sta parlando, quando si parla di geni. >>

      Pienamente d'accordo.
      In effetti ha appena finito di rileggere - con grande piacere - "Il caso e la necessità" di J. Monod, che è pieno, nella prima parte, di chimica quasi pura (con le macro-molecole stereoscopiche, i legami non covalenti e tutto il resto).

      Che dire ?
      Sono convinto di avere capito i concetti fondamentali, ma, proprio per le mie carenze di base, non riesco a riportarli con precisione per iscritto.
      Confido nella vostra indulgenza...

      Elimina
  6. @ Sergio

    << Ma come? Ti so allergico alla metafisica e alla filosofia in genere e adesso accenni o alludi alla filosofia? Boh. >>

    Confermo senza esitazioni la mia allergia per i termini 'metafisica' e 'filosofia', per i motivi di cui abbiamo già parlato altre volte.

    Purtroppo esiste la "filosofia della scienza" e il termine "filosofia" è usato abitualmente da molti scienziati.
    Io continuo a pensare che, in questi casi, venga usato a sproposito, ma forse sono io che sono troppo "scientista".

    Per fortuna, della metafisica non si trovano quasi più tracce. Una prece. ;-)

    RispondiElimina
  7. L'interessante dottrina del 'fenotipo esteso' mi ricorda (ovv.te "mutatis mutandis") le tesi di quei pensatori che sostenevano/sostengono essere gli artefatti tecnologici (in gen.le) nient'altro che l'estensione "naturale" della dotazione biologica di Homo Sapiens e di (pochi) altri animali dal cervello sufficientemente evoluto: estensione che può avere significative ricadute "a feedback" non solo a livello storico-sociale ma anche su quello fisico-naturale (cfr. la teoria popperiana dei Tre mondi o quella della c.d. 'mente estesa' elaborata da alcuni neuroscienziati contemporanei)...

    RispondiElimina
  8. In effetti, quando si parla del mondo di oggi, si distingue nettamente tra gli oggetti naturali e gli oggetti artificiali (quelli fatti da noi).
    La distinzione è indubbiamente utile sul piano pratico, ma, se si segue la teoria del fenotipo esteso (che personalmente condivido), anche questi ultimi fanno parte - indirettamente - della nostra biosfera.
    Insomma, rimane tutto figlio, anche se molto alla lontana, del piccolo gene replicatore.

    RispondiElimina