venerdì 17 luglio 2015

Veterani si nasce

Leo Longanesi, Leopoldo all’anagrafe, è stato un famoso giornalista, editore e aforista italiano del ‘900.
Nato in Romagna e trasferitosi poi a Milano, ebbe una vasta produzione pubblicistica, in cui il gusto per la tradizione si fondeva con un atteggiamento intellettuale anticonformista. Il successo ottenuto dalle sue (molte) iniziative editoriali gli consentì di conquistare un ruolo di “opinion maker” politico-culturale, che lo accompagnò per tutta la sua carriera. 
Quelli che seguono sono alcuni dei suoi migliori e più graffianti aforismi. Buon divertimento. LUMEN



Non comprate quadri moderni: fateveli in casa.

I nostri deputati leggono poco, si sente dal loro silenzio.

Il popolo italiano è sempre in buona fede.

Il paradosso è il lusso delle persone di spirito, la verità è il luogo comune dei mediocri.

L'amore è l'attesa di una gioia che quando arriva annoia.


L'arte di trascorrere il tempo è l'arte di non inseguirlo.

Alla manutenzione, l'Italia preferisce l'inaugurazione.

Buoni a nulla, ma capaci di tutto.

C'è una sola grande moda: la giovinezza.

Chi rompe, non paga e siede al governo.


Eppure, è sempre vero anche il contrario.

I buoni sentimenti promuovono sempre ottimi affari.

I difetti degli altri assomigliano troppo ai nostri.

I problemi sociali non si risolvono mai: invecchiano, passano di moda e si dimenticano.

I ricordi si interpretano come i sogni.


Il moderno invecchia; il vecchio ritorna di moda.

In Italia, tutti sono estremisti per prudenza.

L'arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati.

L'intellettuale è un signore che fa rilegare i libri che non ha letto.

L'italiano non lavora, fatica.


La virtù affascina, ma c'è sempre in noi la speranza di corromperla.

Non è la libertà che manca; mancano gli uomini liberi.

Non si ha idea delle idee della gente senza idee.

Quando suona il campanello della loro coscienza, fingono di non essere in casa.

Un vero giornalista: spiega benissimo quello che non sa.


Un'idea che non trova posto a sedere è capace di fare la rivoluzione.

Una società fondata sul lavoro non sogna che il riposo.

Quando potremo raccontare la verità non ce la ricorderemo più.

Non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza.

È meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità.


Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica.

Il napoletano non chiede l'elemosina, ve la suggerisce.

La carne in scatola americana la mangio, ma le ideologie che l'accompagnano le lascio sul piatto.

La noia segue l'ordine e precede le bufere.

La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia.


Le apparenze hanno per me uno straordinario valore e giudico tutto dall'abito: ho il coraggio di essere superficiale.

Non bisogna appoggiarsi troppo ai princìpi, perché poi si piegano.

Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano queste idee.

Se le religioni fossero molto chiare perderebbero, coll'andar del tempo, i credenti.

Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia.


Sono un conservatore in un Paese in cui non c'è niente da conservare.

Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola.

Un'idea imprecisa ha sempre un avvenire.

Vissero infelici perché costava meno.

Veterani si nasce.


LEO LONGANESI

10 commenti:

  1. Non so. Tanto non mi sono divertito, solo tre o quattro aforismi mi hanno fatto sorridere (sorridere, non schiattare). Poi quando ne leggi una trentina di seguito non puoi nemmeno prenderli troppo sul serio: un po' troppa saggezza, un'esagerazione. Non che Longanesi volesse essere preso sul serio, ci mancherebbe: le sue sono battute più o meno vere fatte appunto per ridere, scherzare (anche se a volte possono essere feroci o con un granello di verità).
    Fra parentesi conosco Longanesi solo di nome, so che era il nume tutelare di tanti personaggi tra cui Montanelli. Forse un geniaccio, un viveur, credo che la vita se la sia goduta.
    Antologizzo un po' la scelta di sopra.
    - Buoni a nulla, ma capaci di tutto.
    - Il napoletano non chiede l'elemosina, ve la suggerisce. (Vagamente razzista, e come fa poi a suggerirla? Forse: "Signò, vi servisse una guida?")
    - La noia segue l'ordine e precede le bufere. Forse. Mi ha fatto venire in mente Luigi XVI che il giorno prima della presa della Bastiglia scrisse nel suo diario: "Rien." Invece ...

    Insomma. Spero che Longanesi fosse più acuto di quel che mostra in questi aforismi. Che sono in genere indigesti se troppi. Anche l'esprimersi per aforismi e paradossi stanca: un bel gioco dura poco.

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  2. Beh, gli aforismi vanno presi a piccole dosi, si sa.
    Forse in questi casi dovrei fare dei post più brevi. Ci penserò.

    In ogni caso, molti dei pensieri di Longanesi che ho pubblicato mi sono piaciuti davvero molto: li ho trovati ancora molto attuali e rivelatori di un certo modo di essere e di pensare della società italiana (uno per tutti "Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola").

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  3. Non so se il seguente sia un aforisma o un distillato di esperienza vissuta. L'ho letto alcuni giorni fa e mi ha sorpreso la firma: Giovanni Papini. Ma potrebbe essere anche Longanesi.
    Inutile dire che non condivido...

    *«La moglie fa risparmiare per qualche tempo la spesa delle puttane ma tutte le puttane del mondo non risparmiano il pericolo di prendere moglie» (Giovanni Papini).

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  4. Mamma mia, che terribile aforisma.
    Evidentemente Papini apparteneva a quella (purtroppo folta) schiera di uomini che dal matrimonio hanno avuto più dolori che gioie.

    Sull'argomento ho letto parecchio e mi sono fatto la convinzione che per avere un matrimonio fortunato (non diciamo felice, diciamo sereno), sia necessaria tanta fortuna ed un pizzico di intelligenza.
    Intelligenza che serve a capire bene la persona con la quale intendi dividere la tua vita e poi a coltivare il rapporto in modo positivo.
    Scegliere una compagna solo in base all'attrazione sessuale e poi gestire i rapporti seguendo il mito del "maschio alfa" non è mai molto produttivo.

    Io, nel mio piccolo, sono stato fortunato, ma forse mi ha aiutato anche il fatto di essermi sposato tardi, cosa che mi ha consentito di scegliere una compagna adatta a me e di essere più maturo, e quindi più pronto a gestire il rapporto in modo adeguato.
    Ma, come ho detto prima (e come succede troppo spesso nelle cose importanti della vita), ci vuole tanta fortuna.

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    1. Credo invece che Papini abbia avuto fortuna col suo matrimonio. L'aforisma qui sopra lo attribuisco al Papini iconoclasta e futurista, sferzante e in vena di spaventare i piccoloborghesi.
      Da giovane ebbe come amante anche Sibilla Aleramo. Poi ahimè si fece apostolo di Gesù. Quanto Papini mi sono fatto da ragazzo, Storia di Cristo, Lettere agli uomini di Celestino VI (mai esistito, sono ovviamente le lettere di Papini agli uomini), Sant'Agostino, Il diavolo, Gog e Magog, Un uomo finito (e giunto ormai alla soglia della conversione). Oggi lo trovo illeggibile, insopportabile.
      Ma ci sono dei versi per la moglie molto belli (non ce li ho sotto mano).

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  5. << L'aforisma qui sopra lo attribuisco al Papini iconoclasta e futurista, sferzante e in vena di spaventare i piccoloborghesi.(,,,) Poi ahimè si fece apostolo di Gesù. >>

    Caro Sergio, queste conversioni "adulte" sono, in effetti, accadute a parecchi personaggi e, onestamente, non sono mai riuscito a darmene una spiegazione convincente.
    Sarebbe molto più logico il persorso inverso, visto che con l'età si dovrebbe imparare a ragionare meglio o comunque più a fondo.

    Ma forse molte conversioni sono figlie di specifici eventi traumatici, oppure in parte frutto di opportunismo oppure semplicemente (anche se ovviamente non è il caso di Papini) di propaganda clericale postuma.
    Mah...

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  6. Dalla disperazione ("Un uomo finito") Papini si è salvato col salto nel buio, ovvero la fede. Ed è stato poi più realista del re, il classico convertito assolutamente insopportabile. Difatti il Papini che resiste meglio è il primo, il futurista. Ho provato a riaprire la sua Storia di Cristo, ma ho dovuto subito richiudere il libro. C'è da dire però che erano gli Anni Venti che vide tanti bei nomi delle lettere francesi convertirsi (Jacques Rivière, Charles du Bos ecc.). Come dire, erano davvero altri tempi, la fede o la conversione "ci stavano" (ma ovviamente menti più robuste, come Croce e Ortega y Gasset, non "cedettero"). Pensa che ancora negli Anni Sessanta si trovava in libreria "tutto Papini", studi su Dante e Michelangelo di oltre mille pagine! Eppure, nonostante tutto, qualcosa di Papini salverei, soprattutto il primo, per quanto già all'epoca insopportabile (per lui Croce era un cretino).
    Però vedi che al giorno d'oggi le conversioni - almeno di personaggi di un certo rilievo - non ne avvengono più: proprio perché i tempi sono cambiati radicalmente ovvero perché - parole di un cristiano, Sergio Quinzio - "Dio è stato sconfitto". Naturalmente Quinzio rimase lo stesso cristiano, ma a modo suo. Ormai la Chiesa non osa più parlare di fede, per restare a galla si butta sull'ecologia e la giustizia (che non è poi un male, anzi).
    Però con un Eugen Drewermann mi piacerebbe discutere. Ha scritto una trilogia dal titolo "Credere in libertà". Il fatto è che il cristianesimo è durato due millenni proprio perché diventò "religione di Stato" e fu imposta a tutti con la massima violenza (fisica e psicologica, l'inferno ecc.).
    Drewermann ha ora lasciato la Chiesa, ma resta credente (non so in che cosa). Però è persona comprensiva, anche perché è anche psicoterapeuta, e in quanto tale non può imporre una sua visione: come terapeuta deve innanzi tutto ascoltare, cercare di capire e poi al massimo proporre con rispetto e cautela qualche suggerimento.

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  7. << Il fatto è che il cristianesimo è durato due millenni proprio perché diventò "religione di Stato" e fu imposta a tutti con la massima violenza (fisica e psicologica, l'inferno ecc.). >>

    Appunto.
    Adesso sono costretti a fare i buonisti, praticamente per disperazione, ma non lo sono stati mai.
    Spero che la parabola del cristianesimo sia un fatto storicamente inevitabile e che quindi possa essere anche quella dell'islam, magari solo un po' più veloce.

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    1. Sì, penso e spero anch'io che gli islamici possano saltare secoli di oscurantismo, grazie soprattutto al benessere e alla diffusione delle conoscenze. Il terrorismo attuale potrebbe essere anche l'ultimo colpo di coda di una religione alle corde. Non che mi faccia troppo facili illusioni: i colpi di coda potrebbero susseguirsi ancora per un pezzo, ma la religione, i dogmi, non tengono più.
      Tieni presente - non so se tu sei stato cattolico praticante - che tu con le sole tue forze non puoi credere, hai bisogno della grazia (che Dio naturalmente concede a tutti). È proprio geniale: il potere ti dice che credere non è facile, anzi impossiible senza la grazia (che solo il potere può concederti). Dunque tu credi non per (solo) merito tuo, ma perché Dio o il potere ti aiutano a credere. Dunque sei una nullità, però se rifiuti la grazia e non credi sei colpevole.
      Col che il potere religioso dichiara apertamente che i dogmi sono assurdi, è impossibile crederci senza l'aiuto divino. Ma l'aiuto devi accettarlo, se no guai a te (di là, ma anche di qua). Il potere dice (a volte in modo mellifluo, talatra imperioso): credi ed è tutto a posto (avrai anche un posto, farai pure carriera). Se non credi invece saranno rogne.

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  8. << Tieni presente - non so se tu sei stato cattolico praticante - che tu con le sole tue forze non puoi credere, hai bisogno della grazia >>

    Caro Sergio, sono cresciuto in una famiglia di cattolici praticanti (non bigotti però), per cui sino all'età della ragione sono stato praticante anche io: catechismo, preghiere, messa alla domenica con particolare attenzione all'omelia, sacramenti e tutto l'armamentario.

    Paradossalmente sono state proprio le omelie dei vari preti che ascoltavo che mi hanno portato all'ateismo.
    Siccome li ascoltavo con attenzione, mi sono accorto ad un certo punto che dicevano cose IN CONTRADDIZIONE tra di loro (anche da parte dello tesso prete).
    Da cui derivava la logica conseguenza che se alcune cose erano errate (essendo in contraddizione) potevano anche esserlo tutte.

    Sulla "grazia" però ho ricordi alquanto sfuocati.
    Ma forse tu, con i tuoi trascorsi gesuiti, avevi una formazione teologica molto più completa della mia.

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