sabato 28 marzo 2015

Comprendere il collasso - 2

Concludiamo il breve estratto dal libro “Nella spirale dell'energia”, di Ramón Fernández Durán e Luis González Reye. Lumen

(seconda parte)
 
<< Così, resta solo il collasso caotico, la decrescita ingiusta.
 
Come è avvenuto in altri momenti storici di fallimento di diverse organizzazioni sociali, ci saranno forti crisi economiche e tagli nei mercati; ribellioni e cadute di regimi; riduzione della stratificazione sociale e semplificazione degli stili di vita; de-urbanizzazione; aumento delle migrazioni e diminuzione della popolazione. Anche se, all'interno di questo grande quadro ci sono molti grigi, che saranno i risultato delle articolazioni sociali che si mettono in marcia. (…)
 
L'essere umano è condizionato da macro sistemi (come il clima) e da micro sistemi (come l'impollinazione delle api). Ma si verifica anche la relazione opposta, poiché le catastrofi ambientali hanno una ripercussione economica che, a sua volta, è globale e si espande in tutto il corpo sociale, nelle istituzioni e nei valori. (…)
 
Noi crediamo che sarà un collasso di una dimensione mai vista prima nelle società umane, poiché comporta elementi assolutamente nuovi:
 
1) Le società industriali sono le prime nella storia umana che non dipendono da fonti energetiche e materie prime rinnovabili, il che rende enormemente difficile la transizione e il recupero, poiché implicherà un cambiamento aggiunto della matrice energetica e materiale.
 
2) Il grado di complessità sociale (specializzazione, interrelazione) è molto maggiore e, di conseguenza, il percorso di semplificazione lo sarà a sua volta.
 
3) La centralizzazione dei nodi del sistema (concentrazione di potere) e il grado di eccesso sono qualitativamente inediti.
 
4) Il recupero degli eco-sistemi sarà molto lento e complesso. Inoltre, probabilmente i nuovi equilibri che si raggiungono saranno diversi da quelli del passato.
 
5) Non solo non c'è un “fuori” nel sistema-mondo, ma non c'è un “fuori” nella Terra. Non ci saranno zone di rifugio. Così, anche (…) gli esempi di collassi passati possono illustrare solo alcuni aspetti di ciò che sta cominciando a succedere.
 
I diversi “sistemi” (…) - città, Stati, soggettività, tecnologia, economia - non collasseranno tutti insieme, ma saranno gli elementi più vulnerabili che lo faranno per primi e, a partire da quelli, si estenderà il processo mediante molteplici anelli di retroazione positiva che produrranno delle irreversibilità che renderanno impossibile tornare indietro nel cambiamento di civiltà. La velocità di caduta di ognuno dei sistemi sarà diversa, poiché le velocità dei loro cicli a loro volta lo sono. In questo modo, mentre il fallimento del sistema finanziario sarà rapido, il cambiamento delle soggettività sociali sarà più lento e l'emersione di nuovi equilibri eco-sistemici e climatici molto di più.
 
Anche se non ci sarà una sequenza chiara, ma un groviglio di processi interconnessi in parallelo, andiamo ad abbozzare una certa concatenazione di eventi: (…)
 
1) Fine dell'energia abbondante, concentrata ed economica come esponente del degrado della biosfera, che peggiorerà nel corso del XXI secolo.
 
2) Collasso monetario-finanziario. Crisi delle banche, dei mercati speculativi e del credito. Anche delle monete globali.
 
3) De-globalizzazione e decrescita. L'energia cara e lo strangolamento del credito affogheranno il commercio, specialmente quello internazionale. L'economia si rilocalizzerà e comincerà a produrre un cambiamento del metabolismo sociale.
 
4) Riduzione demografica a causa della crisi alimentare e sanitaria e delle guerre. Questa sarà una delle tappe lente che comincerà con l'aggravamento della crisi economica, delle condizioni ambientali e dall'assistenza, ma che si andrà approfondendo a seconda di come trascorrano le nuove fasi.
 
5) Nuovo ordine geopolitico. Guerre per le risorse e regionalizzazione.
 
6) Fallimento degli Stati fossili. Il sistema politico non sarà in grado di continuare a funzionare e perderà la propria legittimità. Lo Stato si riconfigurerà e, in alcuni territori, scomparirà.
 
7) Declino urbano. Senza ordine economico globalizzato, né stati forti, né energia abbondante, le grandi “urbe” saranno abbandonate progressivamente e si trasformeranno in miniere.
 
8) Incapacità di sostenere l'alta tecnologia. Perdita massiccia di informazioni e di conoscenze. Questa tappa sarà lenta e si svilupperà dopo il crollo dell'economia globale.
 
9) Cambiamento dei valori dominanti. Fine del mito del progresso e nascita di nuovi riferimenti nei quali la sostenibilità, e una svolta verso una concezione più collettiva dell'esistenza, saranno elementi centrali, il che implicherà necessariamente una maggiore liberazione umana.
 
10) Da tutto questo emergeranno nuove lotte ed articolazioni sociali che si muoveranno fra neo-fascismo e attenzione per la vita comunitaria. Le prime saranno maggioritarie fino al fallimento dello stato fossile. Le seconde potranno aprirsi la strada a partire da questa tappa. In qualsiasi caso, i nuovi ordini sociali non si coaguleranno finché il congiunto sociale non cambierà “dei”.
 
Anche se molti dei processi sono già cominciati (fine dell'energia abbondante e a buon mercato, crollo finanziario, crisi del commercio globale, nuovo ordine geopolitico, delegittimazione degli stati), crediamo che, intorno al 2030, si produrrà un punto di inflessione nel collasso della civiltà industriale, come conseguenza dell'impossibilità di evitare una brusca caduta del flusso energetico. (…)
 
Intorno a questa data, se non prima, si produrrà il picco dei tre combustibili fossili e dell'uranio. Inoltre, se si considera l'EROEI, nel 2030 l'energia proveniente dal petrolio potrebbe essere un 15% di quella del picco. A partire da allora, sarà materialmente impossibile che funzioni un sistema economico globale, (…) [in quanto] non esiste un sostituto energetico possibile al petrolio e men che meno all'insieme dei combustibili fossili, il che include i combustibili di scisto o da altre sorgenti simili.
 
Se questo non bastasse, per il 2030 si potrebbe aver superato la soglia che porta il cambiamento climatico verso un altro stato di equilibrio del sistema Terra notevolmente più caldo, anche se, nell'ipotesi che la crisi economica sia molto profonda e rapida, questo potrebbe non accadere.
 
Fino a quel momento si cercherà di mantenere le stesse politiche di crescita, adattate e condizionate dalle circostanze, questo sì. Continueranno gli scenari “business as usual” e il “capitalismo verde”. In realtà, sarà solo una cosa: un “business as usual” con qualche tinta di transizione post-fossili, ma non post-capitalista.
 
Le diminuzioni reali della disponibilità di combustibili fossili saranno più pronunciate di quelle che ci si attende per cause geologiche. Inoltre, la loro disponibilità sui mercati internazionali sarà minore dell'estrazione, perché progressivamente ci saranno più paesi che smettono di esportare. Per questo, avanzerà la de-globalizzazione.
 
Gli Stati che possono farlo, entreranno in una guerra interna ed esterna per sostenere la propria struttura, cercando di controllare la popolazione e le risorse fondamentali. Il mantenimento di queste politiche suicide comporterà che il declino energetico finisca con un collasso più brusco a partire da questo punto di inflessione che, come dicevamo, può trovarsi intorno al 2030.
 
Tuttavia, nei mondi contadino e indigeno meno alterati, dove già in parte ci si trova in un metabolismo non fossile, il collasso sarà molto meno brusco e gli impatti meno duri. Ci saranno anche regioni che sentiranno un alleggerimento della pressione che subiscono a livello statale ed economico. Anche se la lotta per le loro risorse naturali continuerà ad essere forte.
 
Più avanti di questo punto di inflessione, il carbone sarà caro e verrà esportato sempre di meno, anche se più del gas, che sarà chiaramente in declino. Il commercio internazionale di petrolio quasi scomparirà. In questo contesto, il capitalismo ed i sui possibili derivati potranno ormai mantenersi solo precariamente e in base alla violenza. Sarà a partire da allora che si materializzano gli scenari più duri, si rendono inabitabili le città e crolla Internet.
 
Si produrrà un collasso progressivo della civiltà industriale globale. Detto collasso sarà un Lungo Declino verso società post-fossili che probabilmente durano secoli, con piccoli recuperi momentanei e periodi lunghi e profondi di depressione e crisi che produrranno delle irreversibilità. >>
 
R. FERNANDEZ DURAN e L. GONZALES REYES

31 commenti:

  1. Morboso...
    Mi chiedo se gli autori di qeusto articolo si eccitassero sessualmente scrivendolo.

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  2. Gli autori non lo so.
    Io sicuramente no.
    Le previsioni mi sembrano ragionevoli, anche se ovviamente ben poco consolatorie. Spero solo che il declino sia lungo e lento. Altro non mi aspetto.

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  3. Mentre leggevo questa serie interminabile di sciagure prossime venture mi rallegravo già pensando al commento di Diaz che però stavolta è molto stringato, peccato.

    Peraltro non saprei cosa dire. Alcune delle disgrazie elencate probabilmente si verificheranno, altre no. Ma dopo la lettura di questa geremiade non mi sento tranquillo ...
    "Lasciate ogni speranza, o voi terrestri." Però non è giusto, protesto. Ma anche questo non serve a niente. "Un mondo senza certezze e senza giustizia" (sottotitolo di "Io non volevo nascere" di Pietro Melis).

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  4. << Un mondo senza certezze e senza giustizia >>

    Ha ragione Melis.
    Siamo noi occidentali di oggi che, per nostra fortuna, siamo abituati a vivere in un mondo ragionevolmente tranquillo e confortevole.
    Ma siamo dei privilegiati, nello spazio e nel tempo.
    Non dobbiamo dimenticarcene mai.

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    1. "Ma siamo dei privilegiati, nello spazio e nel tempo.*

      E invece io non mi sento affatto un privilegiato. E penso che non si sentano tali la stragrande maggioranza dei nostri connazionali. Sì, lo sappiamo che ci sono tanti denutriti o affamati e anche l'acqua potabile non basta per tutti. Sono sfortunati. Non mi sento però responsabile del loro stato e colpevole come va dicendo il papa ("Questa economia uccide", ha detto). Ci dica lui che economia ha in testa, credo predichi il pauperismo che nessuno vuole (a parte quelli che non hanno proprio niente).
      Ma poi sentirsi privilegiati nemmeno va bene perché si gode di qualcosa che altri non hanno e ciò inevitabilmente suscita dapprima invidia e poi rivoluzioni.
      Ma davvero questo relativo benessere che gode il mondo occidentale da qualche tempo è un'eccezione dovuta all'energia fossile e sarà presto spazzata via? Certo il petrolio ha contato e conta ancora e vista la domanda non potrà bastare per tutti.
      Che l'energia nucleare sia una necessità inderogabile come dicono Zichichi, M. Hack, agobit, Pulvirenti e il Vaticano? Siamo appena usciti dalla miseria e già dobbiamo rientrarci?

      Ma perché poi non dobbiamo mai dimenticarci che siamo dei privilegiati? Se mi ritengo privilegiato devo sentirmi almeno un po' in colpa e questo non mi piace. O dobbiamo ringraziare Iddio di averci privilegiato? Siamo sempre e comunque colpevoli?
      "Dev'esserci - lo sento - in terra o in cielo un posto / dove non soffriremo e tutto sarà giusto." (Guccini, "Cirano").
      Mi sa che sto posto non c'è.

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    2. I futurologi e catastrofisti oggi si riferiscono sempre all'energia e alla fisica, come se fossero le ultime cose che la scienza e la cultura possano produrre e sviscerare, anche quando sono economisti del tutto incompetenti in materia, e anzi di norma incompetenti in tutto, come quel tale dell'"economia all'idrogeno", o le vispe terese della retorica del fotovoltaico.

      Ma in realta' nell'ultimo cinquantennio e' partita una possibile rivoluzione epocale consistente nella conoscenza e manipolazione del DNA, faccende che hanno subito una forte accelerazione negli ultimissimi anni.

      A cosa porteranno e' assolutamente e totalmente impossibile prevederlo, dato che eventuali scoperte e loro prodotti sono di la' da venire, e potrebbero arrivare domani come non mai. E' possibile sia una fine del mondo anticipata, cosi' come una sua posticipazione a data da precisarsi molto avanti nel tempo, in entrambi i casi con scarsa o nulla correlazione al problema energetico fossile.

      In tale ottica, questi personaggi che fanno queste previsioni come sopra, secondo loro con probabilita' 1, sono piuttosto patetici.

      Ritorniamo sempre alla critica di Popper allo storicismo marxista ("la miseria dello storicismo", se non erro) : e' impossibile prevedere il futuro quando a cambiare sono le stesse condizioni, o leggi, del cambiamento.

      Tutta questa gente invece pretende di prevedere tutto fino al futuro piu' lontano basandosi sulle sue misere informazioni ed esperienze del presente... io sono d'accordo con la necessita' e anzi il divertimento di scoprire leggi e fare previsioni, ma pretendere di aver in tasca le chiavi del futuro per bloccarlo secondo l'ignoranza attuale, e' veramente e' la cosa piu' antiscientifica che abbia mai sentito. E pure antiintellettuale, il piacere della scoperta e' nel fatto che il futuro e' aperto, non claustrofobico e predeterminato. E lo dico io che sono pessimista fino al midollo... ma basta guardare a un secolo addietro, la impredicibilita' del progresso e' tutta roba che sta nella tradizione orale, direttamente tramandata, anche delle sole ultime tre o quattro generazioni.

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    3. "Ma siamo dei privilegiati, nello spazio e nel tempo."

      "E invece io non mi sento affatto un privilegiato."

      Questa faccenda del privilegio e' evidentemente legata alla presunzione di vivere nel migliore dei mondi possibili (che e' anche di Popper peraltro...)
      In realta' quando si leggono i reportage di etnologi o semplici esploratori o anche semplici turisti un po' attenti e non invasori che abbiano visitato societa' diverse dalla nostra quanto e' possibile esserlo data la comune natura umana, si scopre che tutte le altre societa' e culture, per quanto diverse e materialmente piu' povere, non sono quasi mai meno felici della nostra. Ma allora cosa ci stiamo a preoccupare della eventuale fine del nostro mondo, con questo clima spengleriano da "tramonto dell'occidente", che peraltro era altrettanto diffuso a cavallo del '900 un po' prima che scoppiasse la catastrofe della guerra mondiale, mentre cio' che si profilava davvero era il secolo piu' materialmente ricco e affluente della storia dell'umanita', su presupposti materiali che allora erano del tutto imprevedibili e inconcepibili?

      Non e' che e' il clima crepuscolare stesso che crea i presupposti per le catastrofi mettendo gli uomini in uno stato d'animo del tutto irrealistico rispetto alla reale situazione "oggettiva", rendendoli cosi' anticipatamente lamentosi e poi aggressivi per superare situazioni di penuria che in realta' non sono per niente dietro l'angolo?

      Perche' occhio che la lamentosita' dell'intellettuale fa presto a trasformarsi nell'aggressivita' dell'uomo d'azione.

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    4. O peggio nel diluvio legislativo e normatorio dell'uomo politico e del burocrate suo compagno di banco, che come l'esperto di economia all'idrogeneno di cui sopra, essendo incompetenti in tutto, si bevono qualsiasi fandonia, specialmente se gli torna comoda.

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    5. L'ho visto tempo fa, puo' essere interessante, e' un miscuglio, cosi' come e' la vita, di scientismo positivista e fallibilismo, mi e' venuto in mente circa la critica espressa sopra al cimiterialismo acritico, ed e' un esempio di come gli stessi ingredienti possano produrre risultati opposti a seconda di come vengono combinati.
      Popper:
      https://www.youtube.com/watch?v=uSNq0LVQPKQ

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  5. @ Sergio

    Il concetto di privilegio, in effetti, ha in sè qualcosa di negativo, come se fosse sempre il frutto di una sopraffazione ai danni di qualcun altro.
    Io invece lo uso in senso oggettivo, senza sfumature colpevoliste.

    Non so se quanto dico sia condizionato dalla mia esperienza personale (cosa possibilissima e forse anche inevitabile) ma sono convinto che la generazione occidentale nata dopo la seconda guerra mondiale sia una delle più privilegiate della storia intera.
    I nostri figli non lo so, i nostri genitori sicuramente no, ma noi sono convinto di sì.

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    1. Sì, penso che tu abbia ragione, eppure penso che la maggioranza degli Italiani sia scontenta o non troppo contenta (perché "i soldi non bastano mai"). Mentre il grado di soddisfazione o persino di felicità a Kerala in India, paese sicuramente non ricco, sembra sia superiore al nostro.

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  6. @ Diaz

    Molto interessante il tuo concetto che la felicità percepita sia distribuita più largamente di quanto pensiamo e che tutti i popoli di tutti i tempi hanno avuto la loro fetta.

    Secondo alcuni neuro-scienziati potrebbe dipendere semplicemente dalla capacità di equilibrio dei nostri circuiti neurali che, al di sopra di una certa soglia di infelicità, staccano metaforicamente la spina.

    Comunque, guardandosi intorno nello spazio (un qualunque telegiornale) o nel tempo (un qualunque romanzo storico) si avverte un carico diffuso di sofferenze che, onestamente, non vedo oggi intorno a me.

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    1. Hai di nuovo ragione: forse non siamo proprio felici e soddisfatti, ma la massacrante fatica del vivere è risparmiata alla maggior parte degli italiani. Diceva Alessandro nel blog di agobit che lui la vita dei campi l'ha vissuta ed era una vita dura. Oggi i contadini sono supermotorizzati, con mezzi da 200'000 euro!

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    2. "con mezzi da 200'000 euro"

      Si' pero' ogni tanto se ne impicca uno perche' non riesce a pagare il mutuo e sente il fiato sul collo del disonore (sociale), cosa che in altre societa' meno affluenti (anche in quanto meno arriviste) e' inconcepibile.

      "...la felicità percepita sia distribuita più largamente..."

      Mah, per la mia esperienza di vita ho constatato che a fare la felicita' non e' mai la situazione oggettiva del momento, bensi' il trend, cioe' il fatto che sia in miglioramente o peggioramento, anche leggero: ho visto malati terminali essere felici di un leggero e temporaneo miglioramento, e gente ai vertici della scala sociale e della fortuna essere infelice per il semplice fatto che da li' non avrebbe potuto che peggiorare, o al massimo restare stabile.

      E' per questo che il catastrofismo e' assolutamente deleterio e probabilmente sara' esso stesso la causa della catastrofe. Crea disperazione, nel senso etimologico del termine. E come dice il Popper citato sopra nel link, chi lo propala a fine di mettersi in mostra e' un ...

      E' un fatto che le economie dei nostri paesi, a prescindere da come le si misuri, decrescono in pil E felicita' quando va al governo gente con atteggiamento sado-maso che promette lacrime e sangue, mentre fanno il contrario quando la semplice aspettativa e' opposta. Non mi pare strano.

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    3. "Crea disperazione"

      E la disperazione ha effetti devastanti sulle persone che per un motivo o l'altro, esogeno o endogeno, sono piu' fragili, mentre coloro che le disperano godono della loro ancora migliorata posizione, in senso relativo (che e' quello che conta - i fenomeni in natura seguono tutti leggi esponenziali - le leggi esponenziali sono quelle il cui tasso di crescita o decrescita e' relativo: alla situazione immediatamente precedente).

      Il cristianesimo sta ancora in piedi dopo 2000 anni perche' fondamentalmente da' speranza, e' una filosofia di salvazione, perdono e misericordia: e tutto cio' che contorna questo fatto e' accessorio o incidentale.

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    4. "Il cristianesimo sta ancora in piedi dopo 2000 anni ..."

      Non direi, nelle cosiddette verità di fede (riassunte nel Credo più qualche dogma più recente) non crede più nessuno a cominciare dai teologi stessi. Probabilmente resiste nelle persone semplici che dei sofismi teologici non sanno niente. Resiste ancora come apparato e in parte come fattore di coesione sociale, non per niente i grandi non tralasciano una visitina in Vaticano.
      Quello che dici sullo stato di benessere e felicità, dipendente dalle aspettative, lo trovo giusto. Certo il cristianesimo promette il massimo immaginabile (la vita eterna, non noccioline), ma l'interesse si va spostando sempre di più sull'aldiquà, sulle cose reali. A Lourdes ci sono stati una sessantina di "miracoli autentici" in quasi duecento anni! Quei miracoli, come pure le varie apparizioni mariane più o meno fasulle (come quella di Medjugorie) non sono dogma di fede, ma se la Chiesa le accredita nessun buon cattolico vorrà metterle in dubbio.

      Da dove nasce il catastrofismo secondo te? Siamo catastrofisti anche noi, agobit e compagnia bella?

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  7. Sapere o non sapere ? Essere consapevoli dei problemi che ci aspettano o vivere beatamente nell'ignoranza ?
    Credo che la risposta non sia univoca e che non si possa generalizzare.

    Io preferisco di gran lunga "sapere", perchè dall'ignoranza, secondo me, non può mai venire fuori qualcosa di buono.
    Molti altri invece preferiscono "non sapere".
    Quindi probabilmente è una questione di propensione personale.

    Chi appartiene alla seconda categoria ignora le Cassandre della crisi ecologica e preferisce magari la consolazione della religione.
    Quelli come noi, invece no.

    Quindi, anche se non c'è molto da fare - e in questo posso dare ragione a Diaz - sono ancora convinto che sia meglio sapere per tempo.
    Anche solo per essere preparati e non subire gli eventi all'improvviso.

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  8. "Non direi, nelle cosiddette verità di fede (riassunte nel Credo più qualche dogma più recente) non crede più nessuno a cominciare dai teologi stessi."

    Chissenefrega delle "verita' di fede"... Secondo me, come detto sopra, il cuore del cristianesimo e' "speranza, e' una filosofia di salvazione, perdono e misericordia", e "il resto e' accessorio".
    Il cuore e' "la vita eterna", piu' speranza e salvazione di cosi'... si parla nientemeno che di abolizione della morte.

    Da dove nasca il castrofismo contemporaneo e' una bella domanda... forse un po' da quanto detto qualche commento sopra riguardo alla relativa infelicita' di chi avendo gia' raggiunto il massimo non puo' aspettarsi di piu', e quindi dal fatto che avendo noi raggiunto il climax del benessere materiale, sentiamo in qualche modo istintivo che esso potra' solo diminuire o restare costante, e percio' siamo irrequieti e quantomeno non contenti. Non vediamo nulla di entusiasmante nel futuro, abbiamo una posizione di "messa in guardia" e difensiva, retroattiva.

    Tu e Lumen, per quanto vi accanite a sembrarlo ;), non mi sembrate a dire il vero catastrofisti, e oltretutto (!) mi sembrate pacifici e sereni, oltreche' di larghe vedute e MOLTO aperti al dialogo, in modo vero e non di maniera. Gli altri bo', un po' matti, nel senso di troppo presi dalla mania del momento, mi sembrano. Ho l'impressione che su di loro la profezia del Popper linkato sopra, un po' sia vera. (Popper teniamo presente che, come molti dei liberali classici che abbiamo (poco) conosciuto da vivi, sviluppo' le sue idee nel periodo delle dittature fasciocomuniste fra le due guerre, e cio' che dice va interpretato tenendo presente che lui ha visto cose che noi umani... e sapeva che, essendo possibili, potevano tornare).

    Come avrete intuito, io sono molto sensibile e attento alle ideologie, e sono sempre in guardia riguardo al fatto che esse possono essere utilizzate dai retori del momento semplicemente per esprimere un dominio. Il loro dominio. Per, restando in tema con l'oggetto principale del blog, diffondere il proprio gene, o meme, egoista, in un modo o nell'altro. ;)

    Ci sono idee che sono "trappole per topi intellettuali", come disse raymond aron rispetto al comunismo, ma la faccenda vale per molte ideologie se non tutte, nei tempi attuali una di queste "idee trappola" e' il postmodernismo, un'altra l'ecologismo, e forse si possono riconoscere sopratutto dal fatto che i loro latori sono in preda a furore religioso, con loro e' inutile qualsiasi argomentare (Aron e' autore che purtroppo conosco solo per sentito dire e per poche righe lette, a dire il vero, ai miei tempi al liceo perfino il gesuita dell'ora di religione ci spiegava Marx, anche se solo per confutarlo, nelle sue intenzioni... solo che alla seconda fase non siamo mai arrivati, e' scappato via prima...) ;)

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    1. Ah, leggetevi questo capolavoro mentre vado a tagliare legna:
      http://mag.wired.it/rivista/storie/la-fine-della-morte.html

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    2. Letto, ma don Verzé non è arrivato a cento anni. E ha lasciato un mare di debiti. Facile fare i grandi coi soldi degli altri. Però di lui mi è piaciuta l'affermazione che "niente può fermare la scienza, nemmeno la Chiesa". Che per un uomo di chiesa è davvero il colmo, roba da rogo in altri tempi.

      Certo che dare speranza è una bella cosa, aiuta a vivere. Ma perché fondare questa speranza su ridicole storie, dogmi, assiomi ormai indifendibili? Secondo me Bergoglio ha capito che la Chiesa e la fede sono al capolinea, lo stesso fa ancora tutte le cavolate richieste dal copione (girare intorno all'altare col turibolo affumicando i concelebranti, appellarsi alla Madonna ecc.). Diceva un giovane beatificato o canonizzato non molto tempo fa, adesso non mi viene il nome: "Una vita senza fede che vita è?" In un certo senso aveva pure ragione, ma lui pensava alla fede cristiana. Ah, Giorgio Frassati.

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    3. << Ma perché fondare questa speranza su ridicole storie, dogmi, assiomi ormai indifendibili? >>

      Saro Sergio, se qualcuno (come fa la Chiesa) afferma di possedere la verità eterna ed immodificabile, come fa poi a cambiarla quando i tempi lo richiedono ?
      E' questo, in fondo, il loro vero ed insuperabile punto debole.
      Ma di papa Francesco torneremo a parlare.

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    4. "Ma perché fondare questa speranza su ridicole storie, dogmi, assiomi ormai indifendibili?"

      Perche' hanno funzionato per 2000 anni? Secondo la scienza, se una cosa funziona, vuol dire che fino a nuove ipotesi va bene. ;)

      E poi tutto sommato che certi ambiti di riflessione siano lontani dalla realta' materiale o anche spirituale del momento, tutto sommato non e' detto che sia negativo, avete presente lo zen no? Cerca di astrarre l'essere da qualsiasi forma di "io penso" raziocinante o anche solo verbalizzante, astraendo dal ogni forma di metafora tanto faticosamente acquisita nel corso del nostro sviluppo, per quel po' che ho cercato di capire "personalizzando" cio' di peraltro incomprensibile e insensato che ho letto in proposito.

      Ho trovato molto illuminante la citazione che avete fatto di Ehrman, sono andato a leggermi qualcosa sullo gnosticismo del suo libro sui cristianesimi primitivi, incuriosito anche da questo che avevo letto in precedenza:
      http://unpopperuno.com/2015/02/21/laudace-colpo-dei-soliti-gnostici/
      e devo dire che intuisco similitudini con la situazione archetipica attuale.

      Ma voi riuscite a andare oltre la prima pagina del verze' linkato? Io no, con nessuno dei browser che ho sottomano sul mio sistema datato, ma l'articolo e' molto piu' lungo della prima parte che si legge sul link, e molto piu' interessante. Verze' era una specie di eretico come dice sopra Sergio, in cio' che afferma in quell'intervista non c'e' nulla che presti il fianco alla critica sulla chiesa che di solito fanno i "fideisti nella scienza".

      Se avete ancora voglia di altre stranezze, c'e' questo:
      https://www.youtube.com/watch?v=PmQUb9NlFss

      Tanto per dire che ci sono ambiti dell'esistenza che possono sfuggirci in certi momenti, ed essere avvolgenti in altri.

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    5. << Ma perché fondare questa speranza su ridicole storie, dogmi, assiomi ormai indifendibili? >>

      "Caro Sergio, se qualcuno (come fa la Chiesa) afferma di possedere la verità eterna ed immodificabile, come fa poi a cambiarla quando i tempi lo richiedono ?
      E' questo, in fondo, il loro vero ed insuperabile punto debole."

      Contestualizziamo: i dogmi sono risoluzioni di stratificazioni di contrasti asperrimi che infiammavano gli animi e armavano i cannoni di chi contava, magari come pretesti di contrasti etnici, sociali ed economici piu' profondi: l'ipostatizzazione ad un certo punto serviva forse solo a dire adesso basta con le lotte e' cosi', e passiamo ad altro. Oltre che, naturalmente, a definire le fazioni e le squadre.

      In fin dei conti non c'e' molta differenza coi "processi del lunedi'" calcistici, gratta gratta la sostanza di base dell'uomo e' quella, e quella e' che lo muove.

      Il calcio, e lo sport in genere, e' una guerra ritualizzata. Anche la politica lo e'.

      Tutto sommato poi lo scontro fra i dogmatici e i non dogmatici non fa eccezione, dato che questi ultimi a volte sono solo dogmatici in modo diverso.

      Cio' mi ricorda la frase secondo cui molti antifascisti, dopo l'ultima guerra, non avevano assolutamente capito che l'antifascismo non avrebbe dovuto essere un fascismo di segno diverso. Ma, appunto, la natura dell'uomo e' questa.

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    6. Ho trovato il link all'articolo completo dell'intervista di Verze':
      http://www.lastampa.it/2011/12/21/blogs/oltretevere/la-verita-di-don-verze-HqfvlMQYiRUej1ZZKa04bK/pagina.html
      Nell'articolo originale c'erano delle foto molto significative, ad esempio si vedeva che nella cappella dell'ospedale scende dal soffitto una enorme doppia elica di dna, e sulla sua proiezione sul pavimento c'e' un'enorme ammonite fossile ben visibile nel marmo polito.

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    7. Ho conosciuto dei ciellini per cui ho fatto anche la conoscenza di Don Giussani. Che dice ogni tanto delle cose giustissimi (per es. che bisogna partire dai nostri bisogni attuali - non da Adamo ed Eva per esempio). Ma poi la sua fede, il suo carisma, il suo ascendente, il suo potere poggiabs su Adamo ed Eva. Sembra che adesso la Chiesa si rinnovi (non nel senso di Giorgio Gaber, sembra che voglia cambiare proprio pelle).
      Si diceva: Roma locuta, causa finita. È chiaro, una volta bisogna chiudere il discorso e dedicarsi a cose più impellenti e gravi. Ma chi o la fazione che ha chiuso il discorso pretende di avere l'ultima parola, anche se finge per un certo periodo di aprire democraticamente la discussione (come Mao coi "Cento fiori", seguiti da regolamenti di conti).
      Sì, non c'è dubbio, è sempre una questione di potere: chi comanda, chi avrà alla fine l'ultima parola? Ario o Atanasio? Freud o Jung? PCI o Rifondazione? Hegel o Schopenhauer? Cattolici o Riformati? Ragionare "sine ira et studio" è praticamente impossibile. La scienza però si avvicina all'ideale dell'oggettività. Perché un'oggettività o una verità esiste (non è vero che ci sono anche cento o mille verità - cento o mille punti di vista sì, che insieme fanno appunto la verità - che è attingibile (se qualcuno dice che questa è la mia fede non mi adombro).
      "Se qualcuno mi dimostra che ho torto sono il primo a rallegrarmene. (Popper) Purtroppo le passioni c'impediscono di avere questo atteggiamento sereno. La politica non è scienza, è il campo delle passioni sulle quali la scienza non può sempre influire. Il filosofo Ortega y Gasset detestava la politica (l'arte del compromesso, non della ricerca della verità). Lo stesso si cimentò in politica, come Platone, e come lui ne fu deluso.

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    8. << "Se qualcuno mi dimostra che ho torto sono il primo a rallegrarmene. (Popper) >>

      Si parva licet, direi che questo potrebbe essere il nostro motto.

      Ed è in questo atteggiamento, in fondo, che risiede la vera superiorità del pensiero scientifico.

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    9. "La scienza però si avvicina all'ideale dell'oggettività."

      Solo la scienza sperimentale, e solo perche' arbitro ultimo e' l'esperimento, con la crudezza del suo "vincolo esterno".
      La stessa cosa si puo' dire della guerra nei riguardi delle dispute di altro genere, peraltro, e comprendendo pure le guerre senza quartiere fra scienziati, che dalle passioni umane, troppo umane, non sono certo immuni, anzi...

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  9. << Tu (Sergio) e Lumen, per quanto vi accanite a sembrarlo ;), non mi sembrate a dire il vero catastrofisti, e oltretutto (!) mi sembrate pacifici e sereni >>

    Siamo probabilmente dei "catastrofisti sereni" (esiste la categoria ? boh ?).

    << oltreche' di larghe vedute e MOLTO aperti al dialogo, in modo vero e non di maniera. >>

    Grazie.
    In fondo è proprio questo lo spirito del mio nick e del blog.
    Parafrasando Dante. "verità vo' cercando".

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  10. OT

    È morto un poeta che non conosco, premio Nobel nel 2011, lo svedese Tranströmer. Trovo l'articolo che gli dedica il Giornale interessante, di più: bello. Diceva il filosofo Gadamer: "Ci salverà la parola di un poeta", variante dell'affermazione di Dostoevskij (o a lui attribuita): "La bellezza ci salverà." Frasi che possono apparire ingenue o retoriche. Però quando la incontriamo, la bellezza, la poesia, ci sentiamo meglio, è vero: diventiamo belli e poetici anche noi - e torniamo a vivere, a sperare (in qualcosa, non si sa bene che cosa).

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    1. Qui si trova l'articolo su Trasntrömer, "Le parole del silenzio":

      http://www.ilgiornale.it/news/cultura/metafora-era-sua-lingua-universale-1110448.html

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  11. Trovo questi versi di Tranströmer (che traduco dal tedesco, lo svedese non sono riuscito a impararlo malgrado Ingmar Bergman):

    Nel fior degli anni capita
    che la morte ci faccia visita
    e ci prenda le misure.
    Ci scordiamo della visita
    e la vita continua.
    Ma nel silenzio
    si cuce l'abito.

    P.S. L'abito è naturalmente il lenzuolo funebre.

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