sabato 21 marzo 2015

Comprendere il collasso - 1


Il testo di questo lungo post (diviso in 2 parti) è tratto dal libro “Nella spirale dell'energia”, dei due ambientalisti spagnoli Ramón Fernández Durán e Luis González Reyes; la traduzione è di  Massimiliano Rupalti per il blog Effetto Risorse.
La prima parte evidenzia innanzitutto le difficoltà umane di comprendere un collasso mentre viene vissuto ed elenca poi i 4 possibili tipi di uscita.
Nella seconda parte si parlerà invece dell’esito più probabile che ci attende, cioè quello del collasso caotico (il peggiore purtroppo).

Un testo ben poco consolatorio, ma interessante. LUMEN



<< Il cervello umano ha dei limiti nel comprendere i “sistemi”, le cose lontane e lente. (…) E questo problema è ancora più sentito nella società dell'immagine e dell'intrattenimento, nella quale i problemi vengono negati o distorti e si modella un pensiero semplice. La mancanza di comprensione completa della complessità è uno di principali impedimenti alla previsione del collasso, poiché suppone che i limiti sono difficili da percepire. Si può essere in transito verso una situazione senza ritorno senza notarlo e, quando si supera il punto di biforcazione, i cambiamenti sono già rapidi e inarrestabili.

La difficoltà umana coi processi lenti parte dal fatto che il sistema nervoso, di fronte ad un pericolo repentino, incita alla difesa (se vede la possibilità di far fronte al pericolo) o a scappare (se non la vede), ma non ha una buona preparazione di fronte ad una minaccia che si sviluppa lentamente.

Il collasso di una civiltà impiega molti decenni, anche vari secoli, e la riduzione è abbastanza graduale per la percezione umana, anche se in termini storici è rapida. All'inizio, i segni del collasso sono difficili da percepire per la maggior parte della società; poi si tende a pensare che un qualsiasi periodo di stabilità significhi che il collasso si è fermato; alla fine, quando si accumula il degrado sociale, è questo lo stato che si percepisce come “naturale”.

Una prova storica dell'incapacità delle società umane - comprese le meno complesse che dovevano analizzare meno dati o forse nessuno per prevedere ed evitare il collasso - è che pochissime, o forse nessuna, sono state consapevoli del fatto che entravano in una crisi di civiltà. I grandi cambiamenti dei sistemi socioeconomici sono considerati come tali retrospettivamente. Nel caso dell'Impero Romano, la popolazione non è sembrata essere consapevole di tutto il processo di decadenza. Delle sconfitte militari sì, ma non della situazione di fondo.

Ma, anche nei casi in cui si è verificata una risposta, questa ha sofferto di una visione a lungo termine, specialmente nelle società al di fuori dello stato stazionario. Queste hanno adottato “soluzioni” per i problemi del presente spostando i problemi nel futuro. E' successo così con la Rivoluzione Industriale. Il finale di questo comportamento è che i problemi sono di grandezza tale che l'unica soluzione è il collasso del sistema.

Oltre alle sue limitate capacità intellettuali, l'essere umano non si muove solo con la ragione, nemmeno in prevalenza. Prima ci sono le emozioni. Siccome le emozioni primeggiano, le risposte “rapide”, in molti casi una ricompensa immediata o un pericolo imminente, si muovono di più delle altre “spostate nel tempo”. Inoltre, l'essere umano ha un rifiuto innato per ciò che causa disagio, il che porta persino al blocco della percezione di ciò che sta succedendo, e la transizione verso una società meno complessa che usi meno energia, molta meno energia, non è una situazione desiderabile a priori.

A questo si aggiungerà la pigrizia e l'apatia quando non si trova il senso dell'azione. Sommati alla ragione e all'emozione (che non sono separabili), sono cruciali i sistemi di valori; e quello predominante manca di una visione che vada oltre all'io. (…)

Alla fine, il collasso può arrivare ad essere desiderato da ampi strati sociali, poiché presupporrebbe di lasciare il pesante e crescente carico materiale, energetico ed economico di sostenere la complessità. In contrapposizione, le élite avranno invece una perdita netta e, per evitarla, proietteranno l'immagine del collasso come disastro per tutto il mondo.

Di fronte alla Crisi Globale, appaiono quattro opzioni teoriche, (…) [tipiche] dei sistemi complessi:
1) che tutto rientri dopo una crisi;
2) un salto in avanti;
3) un collasso ordinato;
4) un collasso caotico.

Ora le analizzeremo per il capitalismo globale e per la società industriale.

La prima opzione è che non ci sia un cambiamento sistemico e che la Crisi Globale non vada oltre una normale crisi. Potrà accadere qualcosa come quello che si è visto nella Cina imperiale, nella quale le risorse disponibili avevano un tasso di recupero rapido, principalmente per la sostenibilità dell'agricoltura, perché la base del lavoro era umana ed animale e perché le infrastrutture potevano servire da cave di nuove risorse. Questo permetteva che, dopo i periodi di crisi, arrivassero nuovi momenti di espansione.

In realtà, le crisi cinesi non provenivano da un esaurimento delle risorse, ma da un leggero uso eccessivo che poteva tornare con una certa facilità a tassi sostenibili. Nessuna delle condizioni che hanno permesso alla Cina di evitare il collasso esistono oggigiorno, specialmente perché il livello di uso eccessivo delle risorse è più accentuato e il degrado ambientale molto profondo.

La seconda opzione sarebbe realizzare un salto in avanti. Per esempio, all'inizio della Rivoluzione Industriale, l'Inghilterra era di fronte ad un problema di limite delle risorse (legno). Tuttavia, non ha subito un collasso, ma ha realizzato una progressione impressionante: ha sostituito il legno con il carbone, cosa che le ha permesso inoltre di espandere l'estrazione di risorse a molti altri territori.

Fare questo oggi implicherebbe cambiamenti di organizzazione a livello sociale e, soprattutto, un maggiore consumo e più intensivo. Ma questo è impossibile, specialmente sul piano materiale ed energetico, ma anche dal punto di vista economico.

Pertanto [terza opzione], l'unico modo di evitare il collasso caotico del capitalismo globale è ridurre la complessità in modo ordinato. Sarebbe qualcosa di simile ad una giusta decrescita, ma crediamo che questo non si verificherà (…).

Non ci sono esempi storici di qualcosa di simile in società dominatrici, quelle che si potrebbero avvicinare di più - come la forte diminuzione negli stati Uniti e nel Regno Unito del consumo energetico delle loro popolazioni durante la Seconda Guerra Mondiale in modo pianificato e in grande misura volontario - non le ha rese più resilienti, poiché supponevano un aumento degli eccessi: i risparmi domestici sono stati destinati, in modo più ampio, alla guerra. Le società dominatrici in modo ricorrente sono state incapaci di affrontare le cause ultime delle crisi sistemiche.

L'opzione delle élite è quella del “business as usual”, con una tonalità verde, o di inclusività, nel migliore dei casi. Questa intenzione di mantenere le proprie politiche della fase di crescita (potenziamento su grande scale, urbanizzazione, velocità, specializzazione, competizione), al posto di altre e più adeguate a questa congiuntura (riduzione, ruralizzazione, efficienza, cooperazione), produrrà un deterioramento ancora maggiore delle condizioni sociali, istituzionali ed ambientali. (…)

[A ciò di aggiunge] la debolezza dei movimenti sociali rispetto al potere delle élite. Una debolezza che è anche maggiore se ci concentriamo sulle sue limitazioni come capacità e desiderio di affrontare una diminuzione del consumo materiale ed energetico. Non è prevedibile che questa carenza si risolva a breve termine, fra le altre ragioni perché probabilmente le interrelazioni di tutto il sistema non si mostreranno al grande pubblico e si continuerà a presentare ogni problema in modo isolato e con una soluzione parziale.

A questo, si somma la penalizzazione della cooperazione nelle società capitalistiche, rispetto alla gratificazione della competitività. Il fatto è che le classi media ed una parte sostanziosa della popolazione più sfruttata hanno aderito (o “le hanno aderite”) al mito del progresso. Questa debolezza della mobilitazione sociale ha come rovescio la sensazione di invulnerabilità nelle élite e, in parallelo, la percezione accresciuta di mancanza di potere da parte delle classi popolari, rendendo più difficile l'articolazione antagonista.

Probabilmente, la ragione più strutturale è che la giusta decrescita implicherebbe uno smontaggio ed un abbandono di gran parte dell'infrastruttura costruita (del capitale fisico), dei mezzi di riproduzione del capitale (finanziari e produttivi, soprattutto quelli globalizzati) e della cultura del progresso e della crescita. In fondo, vorrebbe dire l'abbandono della pulsione [tipica] della società capitalista a non concepire ed ipotizzare i limiti ambientali ed umani.

Così, [quarta opzione], resta solo il collasso caotico, la decrescita ingiusta. >>

R. FERNANDEZ  DURAN  e  L. GONZALES REYES

(continua)

42 commenti:

  1. Mah, per me questo discorso è troppo complicato. Mi sembra anche di capire che finirà male comunque: le elite non vogliano rinunciare ai loro privilegi, la massa è idiota ed eterodiretta. La gente comune, tra cui mi ci metto, non vede più in là del proprio naso ed è saggiamente - altro non può concepire e fare - per il carpe diem. Nel lungo periodo saremo comunque tutti morti. Nemmeno troppo lungo. Dunque chi vuol esser lieto sia. Non è che poi i paperoni siano più felici e soddisfatti dei poveri cristi. Io con Berlusconi non vorrei fare il cambio.

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  2. << Io con Berlusconi non vorrei fare il cambio.>>

    Ed io nemmeno, caro Sergio.
    Ma molta altra gente sì.
    Che appartengano alla famosa massa eterodiretta ?

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  3. "In contrapposizione, le élite avranno invece una perdita netta e, per evitarla, proietteranno l'immagine del collasso come disastro per tutto il mondo."

    Questa ee' la definizione della categoria cui appartengono gli autori stessi dell'articolo, e tutto il resto del movimento catastrofista.
    Il resto dell'umanita' secondo me finira' per attendere il collasso con trepidazione pur di liberarsi di questa gente.

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  4. Se davvero così sarà, il resto dell'umanità farà molto male a nutrire questa attesa, perché questo è il caso in cui il cane muore insieme a tutte le pulci. Non è che il collasso potrà essere selettivo solo verso l'alto, semmai il contrario. I più poveri, numerosi e spelacchiati salteranno per primi, in gran numero, mentre le elite, pur con tutte le perdite immaginabili, avranno comunque un margine.
    Nel passo immediatamente precedente, gli autori immaginano che la massa potrà sperare nel collasso per l'insostenibilità della complessità; questo mi sembra più plausibile, ma non più corretto. Cioé, l'uomo qualsiasi potrà anche avere la percezione che la società globale sia diventata troppo complessa e che solo la catastrofe potrà risolvere problemi altrimenti insormontabili; ma come augurarsela a ragion veduta? Senza questa complessità, la contrazione economica e demografica sarebbe enorme, un vero collasso, per l'appunto. Io mi sentirei già spacciato.

    Sergio, non può essere saggio il carpe diem della gente comune, proprio perché, come tu dici, non è effetto di lungimiranza, e quella dei pochi eletti avrebbe costi solo per loro, e niente vantaggi in senso generale. E allora sì, carpe diem.
    Solo il tuo carpe diem può essere saggio, non quello della gente comune, di cui imho non dovresti ritenerti parte. Vedi com è finita l'iniziativa di Ecopop.

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    1. "I più poveri, numerosi e spelacchiati salteranno per primi, in gran numero"

      Non e' detto, pensa alla rivoluzione francese: con le teste prima dei burocrati (anche li' la rivolta parti' a causa della tassazione insostenibile) e poi dei nobili ci giocavano a palla.
      Le elite lo sanno benissimo, tanto che cercano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte per tirare avanti: prima regola, tenere impegnato il popolo con attivita' e pensieri che non siano troppo devastanti per l'assetto sociale. La retorica dell'ambientalismo degli ultimi tre decenni e' servita soprattutto a questo, visto che di pratico non ha prodotto nulla di veramente utile, ne' alcun cambiamento se non nell'ulteriore complicazione e creazione di nuove categorie economiche di "contribuenti".

      "la massa potrà sperare nel collasso per l'insostenibilità della complessità"

      Il collasso di che? La quasi totalita' delle cose che facciamo e produciamo e' del tutto inutile sia al nostro sostentamento che alla nostra felicita': le facciamo solo perche' non sappiamo stare fermi, perche' questa e' la nostra natura e la natura del mondo. Per ogni tipo di pattern di cose che facciamo, si crea una struttura, un ecosistema sociale e di contorno che le rende possibili. In caso di cambio di pattern, semplicemente cambia ecosistema di equilibrio. Chiamarlo "collasso" e' esagerato, serve solo ad allarmare per attirare l'attenzione.

      Un'automobile che fa 10 km consuma energeticamente quanto un uomo in una settimana: poiche' la quasi totalita' delle automobili si muove del tutto inutilmente, ci sono enormi margini di sicurezza di recupero degli sprechi. Ma il problema e' che senza automobili resterebbero senza lavoro i meccanici, i revisionatori, i costruttori di strade e parcheggi avrebbero molto meno da fare, gli permercati chiuderebbero, i luoghi di vacanza lontani chiuderebbero, tutte le attivita' che si basano sugli spostamenti facili quanto inutili soffrirebbero: l'economia "collasserebbe", e dovrebbe trovare una nuova organizzazione di equilibrio, ma questo scusate, con la sostenibilita' cosa c'entra?

      Se e' per questo, la prima cosa da considerare e' che l'Italia collasserebbe semplicemente eliminando la burocrazia inutile, che poi e' il motivo per cui invece di diminuire aumenta sempre di piu', anche grazie agli ecologisti: la maggioranza della popolazione diverrebbe inutile e si troverebbe senza reddito e senza potere, avremmo sommovimenti sociali spaventosi. La burocrazia inutile, che rende la nostra vita un inferno, e' la cosa piu' indispensabile se si vuole evitare il collasso dell'Italia.

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    2. Caro Diaz,

      sei fortissimo nella pars destruens ma vorrei finalmente sentire qualcosa di positivo, insomma passa alla pars construens e dicci che cavolo possiamo ancora fare. Mi sembra di capire che non c'è niente da fare, che come la giriamo siamo condannati, anche per innegabili colpe nostre. Chissà, forse è destino. Parola grossa, concetto centrale della filosofia di Severino (vedi "Destino della necessità" - due palle così, ma mi ha affascinato a lungo questa sua idea dell'eternità degli enti, che niente muore per sempre, ma ritorna - Dio non esiste,
      ma noi sì, e siamo immortali!). Mah!
      È dunque destino che tutto debba andare a rotoli? Ma se è destino siamo innocenti, accussì adda essere e basta, nun ne parlamm' cchiù, simm' futtut'.


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    3. L'iniziativa di Ecopop è finita com'è finita per una serie di circostanze avverse (errori d'impostazione, la concorrenza sleale del PDC oltre che di tutto "l'arco costituzionale"), ma anche per la radicalità dell'iniziativa che ha un po' spaventato. Siamo comunque arrivati a un 26% di voti. Pensa che l'iniziativa dei Verdi Liberali (secessionisti dei Verdi ufficiali e rossi) per una svolta radicale nella politica energetica (abolizione dell'IVA e tassazione delle fonti energetiche non rinnovabili, tra cui ovviamente gasolio e benzina) è stata spazzata via dal 90% degli elettori. Le cose troppo radicali e insicure non sono gradite. L'IVA è uno dei cespiti più importanti per lo Stato, l'abolizione pura e semplice e la sua incerta sostituzione con altre fonti non poteva piacere. Il popolo è bue, ma spesso saggio, va coi piedi di piombo.

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    4. "Mi sembra di capire che non c'è niente da fare, che come la giriamo siamo condannati, anche per innegabili colpe nostre."

      Sergio, il punto e' prendere la vita come viene, e di farlo proprio perche' alla fine e' comunque vero cio' che dici qui sopra! Nonostante il mio pessimismo atavico, mi riesce impossibile candividere il catastrofismo millenaristico dei vari picchisti: il mondo fara' schifo o sara' bello comunque, a seconda di come ci si adattera' per viverci. La popolazione cosi' come e' aumentata con l'aumentare delle risorse, si adattera' diminuendo se diminuiranno. E col tempo cambiera' lo stile di vita come e' sempre cambiato, anche se non cambieranno le risorse disponibili. Cosa c'e' di strano e allarmante!
      Di certo, e sperabile, c'e' che il mondo cambiera' cosi' come ha sempre fatto, e ci mancherebbe se non fosse cosi', altrimenti si' che sarebbe deprimente e disperante. Ecco, e quest'ultima cosa che desiderano i catastrofisti: un mondo predeterminato e quindi sicuro e immutabile per l'eternita': questo si' e' il vero incubo, perche' un mondo cosi' dovrebbe essere per forza strutturato in modo totalitario, e cio' mi pare di capire e' proprio cio' che temete che succeda con l'ulteriore aumento della popolazione: in realta' puo' succedere benissimo lo stesso, in fin dei conti, come ga' detto, ogni epoca ha avuto il massimo di popolazione compatibile con le risorse, la popolazione si adatta alle risorse, sempre, quindi il pretesto per lo stato totalitario c'e' sempre, ed e' proprio nell'esaurimento delle risorse!

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    6. "svolta radicale nella politica energetica (abolizione dell'IVA e tassazione delle fonti energetiche non rinnovabili, tra cui ovviamente gasolio e benzina) è stata spazzata via dal 90% degli elettori."

      Cioe' spostare il gettito IVA completamente sulla tassazione della risorse energetiche non rinnovabili?
      Vien da ridere pensando al fatto che in Italia e' gia' stato implementato il massimo di tassazione ben oltre la curva di laffer sia da una parte (iva) che dall'altra (carburanti).
      Del resto un'idea del genere (quella dei verdi svizzeri intendo) e' autolesionista e del tutto inutile e controproducente se applicata in un solo paese: il paese che la applica probabilmente ne soffre, oltretutto facendo diminuire i prezzi dei combustibili negli altri paesi che possono cosi' aumentare i consumi e la "crescita", mandandolo in crisi perche' poco competitivo... Idea stupida in un solo paese. E vedete d'altra parte che tali idee per funzionare dovrebbero essere IMPOSTE da un governo molto piu' potente di quelli che ci sono ora. Sempre la' cadiamo: che vogliono un governo molto piu' potente, in cui sono loro che comandano (e non si pongono il problema che quando c'e' un governo molto potente non si sa mai in che mani cada: difficilmente in quelle che l'hanno pensato all'inizio in buona fede).

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    7. "Ecco, e quest'ultima cosa che desiderano i catastrofisti: un mondo predeterminato e quindi sicuro e immutabile per l'eternita': questo si' e' il vero incubo, perche' un mondo cosi' dovrebbe essere per forza strutturato in modo totalitario."

      Il sogno totalitario è stato quello di Platone, di Campanella e del comunismo e nazismo: il controllo assoluto e totale che impedisce logicamente ogni cambiamento. Un mondo da incubo, come osservi giustamente. La Città del Sole di Campanella è organizzatissima, ci sono cento giochi per spassarsi e altri se ne possono inventare, ma appunto: è tutto sotto controllo. Uno ha solo un desiderio: evadere dalla Città del Sole (è carino e patetico che Gorbaciov citasse la Città del Sole come ideale verso cui andare).
      Ma io penso che i catastrofisti e picchiati che ti stanno tanto sulle palle non siano così totalitari: vorrebbero prevenire danni enormi e irreversibili (naturalmente secondo loro), non proprio realizzare la Città del Sole che è poi il comunismo perfetto che come sappiamo non solo non funziona, ma non è nemmeno desiderabile, anzi è mostruoso, Dio ce ne liberi. E tuttavia qualche controllo, alcune regole ci vogliono, non sono un male. Dicono che "gouverner, c'est prévoir". Dunque prevenire almeno il peggio, senza pretese di controllo assoluto. Però il forte incremento demografico deve per forza indurre a un maggiore controllo sociale perché ognuno di noi è potenzialmente un delinquente, un terrorista, una bomba atomica, e il desiderio di sicurezza è forte, fortissimo. Per questo stiamo accettando supinamente di essere spiati ad ogni passo. La mia lettura attuale e appunto: Yvonne Hofstetter, "Sie wissen alles". Cioè "Sanno tutto" di noi, anche ciò che sto battendo in questo momento. Paranaoia? E chi lo sa!

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    8. "Però il forte incremento demografico deve per forza indurre a un maggiore controllo sociale"

      Nelle nostre societa' il controllo demografico e' stato ottenuto rendendo costosissimo (in tutti i sensi non solo economici) l'allevamento di un figlio, e dando modo alle donne di passare il tempo in qualche altro modo altrettanto stressante o di piu' che sfornare pargoli.
      L'italia e' a 1.4 figli per donna, senza bisogno di alcuna limitazione, anzi nonostante il fatto che siamo la sede della chiesa cattolica!
      http://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_d%27Italia
      Cio' si e' ottenuto rendendo lo stress esistenziale piu' o meno uguale a quello che si avrebbe con un "collasso".

      ""Sanno tutto" di noi, anche ciò che sto battendo in questo momento. Paranaoia?"

      Grazie all'informatica non solo tutti sapranno tutto di tutti, ma il nostro passato tornera' sempre a farci visita, e nessuna nostra singola frase sara' dimenticata. Mettere lucchetti e' probabilmente inutile, e anzi serve solo a far cadere nel tranello della illusoria privacy piu' gente. Cosi' come e' gia' per ogni nostra transazione economica, cosa peraltro ritenuta sacrosanta dagli stessi di cui sopra che anche per questo "mi stanno sulle palle" dato che si scandalizzano per la mancanza di privacy ma solo quando fa comodo a loro. Ma questo e' un successo della mania di controllo che ha ogni uomo, e che finalmente la nuova tecnologia rende possibile. Allo stesso modo, anche gli ecologisti e picchisti saranno accontentati. E se il futuro evolvera' in modo da ridicolizzare le nostre previsioni e quindi le nostre contromisure (come e' piu' o meno sempre successo nel passato), pazienza, nulla di nuovo anche su questo fronte.

      Che noia l'allarmismo!

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  5. L'esempio della rivoluzione francese non è calzante, stai confondendo una storia di tensioni sociali a lungo covate e alla fine esplose - copione visto e stravisto - con l'irreversibile declino del livello globale di sussistenza, evento ancora inedito nella storia umana. Sono proprio due cose diverse, sopravvivenza di una classe dirigente e sopravvivenza di una specie (meglio, di un ciclo di vista sul pianeta). Miliardi di persone non avranno né da mangiare né da bere; così non puoi costruire nessun nuovo ordine, e di sicuro non puoi fare nessuna rivoluzione. Non si possono far saltare teste in modo organizzato, su base sociale, quando non c è più cibo e acqua e l'ordine pubblico è polverizzato. Dio per tutti e ognuno per sé, allora avere un po' di grasso da parte diventa decisivo per resistere almeno un po'. E poi, una elite è mediamente superiore anche come previdenza, non solo come affluenza (essere più stupidi della massa è anche difficile, del resto).

    Il collasso di che, è scritto all'inizio del terzo capoverso, della civiltà. Sono completamente in disaccordo quando dici che quasi tutte le nostre attività sono inutili al nostro sostentamento; danno luogo ad un'economia, e questa, finora, sostiene. C è una bella differenza fra il dire "non sappiamo stare fermi" (conosco così tanta gente, ti assicuro, che è capacissima di stare ferma, specie quando dovrebbe lavorare) e il dire "senza automobili [...] l'economia collasserebbe", senz'altro esatto. Ma questo c entra con la sostenibilità, eccome se c entra. Perché se l'economia collassa, la maggioranza della popolazione diventa insostenibile. Accadranno entrambe le cose. Hai voglia a dire che collasso è una parola grossa, e che "semplicemente" cambia l'ecosistema di equilibrio; un crollo della capacità di carico globale non è un semplice cambiamento. Se Stephen Hawking (Hawking! Mica Gianni Riotta) ti dice che c è un 50% di possibilità di non arrivare neanche all XXII sec., la sostenibilità c entra. Abbiamo una massa sterminata di inutili esseri umani, insostenibili in qualsiasi futuribile ecosistema.

    Alla fine dici che avremmo sommovimenti sociali spaventosi, certo, io ti dico che li avremo in ogni caso. Burocrazia inutile, popolazione inutile, senz'altro, ma è la seconda che rende la nostra vita un'inferno. Del resto, come si ricava anche dalla tua stessa opinione, la seconda causa la prima. Senza tanta popolazione di troppo, avremmo avuto anche meno burocrazia.

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    1. L'interconnessione universale è ormai una necessità per gestire 7 miliardi e passa di esseri umani. Se fossimo ancora 3 miliardi come appena 40 anni fa potremmo andare avanti con le 'cartuscelle'. L'informatica è stata la risposta all'incremento demografico eccessivo. Essa potrebbe però ridurre la burocrazia, lo sta facendo. È di questi giorni la notizia dalle mie parti di una rivoluzione nel servizio postale: il postino non sarà più necessario, tutta la posta sarà smaltita per email, i pacchi dovremo andare a prenderli al deposito. Caro vecchio postino, non servi più. Ma come faranno le casalinghe? Be' anche la casalinga è un "Auslaufmodell" come dicono qui di un lavoro, di un partito, di una costituzione che hanno fatto il loro tempo. Forse anche la democrazia è un Auslaufmodell. Forse anche l'h. sapiens sapiens.

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    2. "Essa potrebbe però ridurre la burocrazia, lo sta facendo."

      Ma questa dove la vedi? L'informatica sta aumentando a dismisura la burocrazia e il controllo burocratico, MAI l'uomo e' stato tanto controllato e misurato al centesimo: perche' senza l'informatica non era possibile farlo: sarebbero state richieste molte piu' risorse...

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    3. "L'esempio della rivoluzione francese non è calzante, stai confondendo una storia di tensioni sociali a lungo covate e alla fine esplose"

      Tensioni sociali ce ne sono sempre, e a volte esplodono a volte no. La societa' umana e' imprevedibile, ci sono troppe variabili che agiscono in modo non solo dialettico, ma ricorsivo. Inoltre, uno dei pretesti piu' frequenti per cui gli uomini si ammazzano e' la pretesa di avere ragione, e la politica e la religione si prestano ottimamente allo scopo.

      "Sono completamente in disaccordo quando dici che quasi tutte le nostre attività sono inutili al nostro sostentamento; danno luogo ad un'economia, e questa, finora, sostiene"

      Sostiene in che senso? Sostiene nel senso che attraverso gli scambi di mercato ognuno si adatta a fornire ad altri qualcosa per avere in cambio qualcos'altro che gli serve o semplicemente gli piace e gli altri sono disposti a dargli in cambio, e fra le altre cose ma oramai in minimissima parte, serve a procurarsi del cibo, cosa che peraltro da sola non e' per niente sufficiente a rendere felice un uomo gia' ben nutrito. I beni scambiati sono in quantita' sempre maggiore immateriali, perche' lo spazio in cui si muove l'uomo e' non solo materiale ma spirituale (nel senso che sta nel mondo delle idee, dei "valori", cioe' dell'attribuzione di valore: a tutto attribuiamo un valore in una, nostra e sociale, scala di valori). L'economia di mercato scambia anche queste cose, tutto cio' che ha un "valore". Scommetto che nessuno dei presenti si guadagna da vivere facendo qualcosa che produca cose materialmente necessarie alla esistenza, e probabilmente nemmeno in modo molto indiretto utili a cio'.

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    4. Se non ne senso che "fanno girare l'economia". :)

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    5. L'esempio della rivoluzione francese non è calzante, stai confondendo una storia di tensioni sociali a lungo covate e alla fine esplose"

      Sei stato tu a fare un confronto fra un evento del passato e uno che ci attende nel futuro, ho provato a dirti perché secondo me il confronto non è pertinente, hanno una natura diversa.
      Vedo che ora ti ritiri con nonchalance, e lasci in sospeso un discorso che io avevo completato, va bene.

      Di nuovo, la società può essere (relativamente) imprevedibile, la distruzione dell'ecosistema e il conseguente collasso della civiltà, no.

      Sul senso del sostenere: sì, esattamente quell'adattamento. Che poi questo non renda felice l'uomo è un falso problema. Basta ridurre il proprio ego, oppure trarre le conseguenze della propria infelicità. La maggioranza degli esseri umani non dovrebbe neanche esistere, chiedere la felicità all'economia è chiedere troppo.

      "Scommetto che nessuno dei presenti si guadagna da vivere facendo qualcosa che produca cose materialmente necessarie alla esistenza, e probabilmente nemmeno in modo molto indiretto utili a cio'".

      Coltivo grano; lascio decidere te se si tratta di cosa necessaria all'esistenza e se la tua scommessa è vinta oppure no.

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    6. << Coltivo grano; >>

      Complimenti, Francesco.
      Evidentemente sei un Homo Faber, che sa lavorare e costruire con le proprie mani.
      Mio padre era di quella categoria, mentre io sono un figlio degenere, che fuori dai suoi libri potrebbe morire di fame.
      Quindi, per il momento vivo bene e sono un privilegiato; domani chissa ?

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  6. Cari amici, entro nella discussione con un certo ritardo per motivi "tecnici".

    Riconosco la validità di moltissimi dei concetti da voi esposti, ma quello che mi sembra più importante è sottolineare è che l'umanità sta per affrontare non la crisi di UNA civiltà (o di un sistema sociale), come tante altre volte, ma LA CRISI del proprio rapporto planetario con l'intero ecosistema.
    Questo, a mio avviso, rende difficile fare dei paralleli con il passato, soprattutto per quanto riguara il rapporto tra le elites e la gente comune.

    E' difficilissimo dire se la crisi che ci aspetta avrà un impatto maggiore sulle elites che sulla gente comune, anche perchè i due termini potrebbero non essere del tutto univoci.
    Così, per esempio, se consideriamo "elites" chi detiene il potere economico e politico, sicuramente noi 4 gatti non lo siamo (siamo gente comune).
    Ma se invece consideriamo la capacità di comprendere la situazione attuale e di prevedere gli sviluppi futuri (cosa che può fornire una sorta di vantaggio competitivo), ebbene noi siamo "elites".

    Quel che è certo (almeno secondo me) è che questa volta sarà diverso, molto diverso, da tutte le altre precedenti.

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    1. "l'umanità sta per affrontare non la crisi di UNA civiltà (o di un sistema sociale), come tante altre volte, ma LA CRISI del proprio rapporto planetario con l'intero ecosistema.
      Questo, a mio avviso, rende difficile fare dei paralleli con il passato, soprattutto per quanto riguara il rapporto tra le elites e la gente comune".

      E' quello che ho provato a dire a Winston quando gli dicevo che il collasso venturo è un fatto ancora inedito, ma mi sembra che da questo orecchio non ci voglia sentire. Vede l'aspetto sociale, non quello ecologico.

      "E' difficilissimo dire se la crisi che ci aspetta avrà un impatto maggiore sulle elites che sulla gente comune, anche perchè i due termini potrebbero non essere del tutto univoci.
      Così, per esempio, se consideriamo "elites" chi detiene il potere economico e politico, sicuramente noi 4 gatti non lo siamo (siamo gente comune).
      Ma se invece consideriamo la capacità di comprendere la situazione attuale e di prevedere gli sviluppi futuri (cosa che può fornire una sorta di vantaggio competitivo), ebbene noi siamo "elites"."

      Elite intellettuale e non sociale, anche su questo non posso che essere d'accordo (dicevo a Sergio di non ridurre il suo punto di vista a quello comune, non per piaggeria, ma perché in effetti non lo è).

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    2. Coltivi grano? Ma è un hobby o un lavoro serio di cui può beneficiare la collettività? Certo dev'essere un bel lavoro, magari anche impegnativo, il che è un bene. E come ci sei arrivato a questa scelta, a cosa hai rinunciato, com'è cambiata la tua vita? Un po' t'invidio, ma certo adesso non posso imitarti. Resterò ahimè quello che sono sempre stato, uno "Schreibtischtäter".

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  7. "LA CRISI"

    Ma guardate che le pestilenze del medioevo, quelle che costituivano il limite ecologico di allora, e serviovano a mantenere la popolazione del mondo ferma a mezzo miliardo, eliminavano meta' della popolazione in un batter d'occhio in una orribile fermentazione purulenta, oppure la guerra (religiosa) dei trent'anni ridusse la popolazione della germania, secondo le stime piu' pessimistiche, da 24 a 4 milioni di abitanti...
    Il fatto e' che le crisi (e ve lo dico anche per esperienza personale) fanno molta piu' paura nell'immaginazione e nell'aspettativa che nella realta', quando avvengono le si affronta e basta.
    Il fatto che il prossimo collasso sia inedito non vuol dire niente, i collassi sono sempre inediti se non altro nel senso che lo stato stazionario che mettono in crisi e' sempre diverso da quelli precedenti, dato che il mondo cambia! Sempre e comunque! Ogni nostro tentativo di fermare la storia e' inutile e puerile. Noi stessi come specie siamo in continuo divenire e ogni generazione e' in media un po' diversa dalla precedente, anche dal punto di vista biologico, figuriamoci da quello culturale.

    "Coltivo grano; lascio decidere te se si tratta di cosa necessaria all'esistenza e se la tua scommessa è vinta oppure no."

    Io l'ho fatto in passato (non di grano ma di altre derrate alimentari), e tu sei un'eccezione nella nostra societa' e lo sai bene... ma lo sei proprio perche' grazie al progresso tecnologico e all'aumento di complessita' la produttivita' dei coltivatori di grano e' eccezionale, uno basta per nutrire un'intera citta'. Gli altri devono trovarsi qualcos'altro da fare che abbia mercato e da scambiare in cambio di qualcos'altro, e lo fanno.

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    1. Una pestilenza non si può definire un limite ecologico. Il limite è dato dal potenziale di assimilazione/rigenerazione del complesso delle risorse biotiche e abiotiche che compongono un ecosistema.
      Il fatto che nel Medio Evo (o anche in seguito) scoppiassero epidemie non ci autorizza a concludere che l'ambiente fosse troppo spremuto, cosa che invece accade oggi (questa è la novità dei nostri tempi che non vuoi considerare). Certamente una popolazione in crescita (come ad es. nel 1347) si rendeva più vulnerabile, ma né la peste nera, né altre pestilenze appaiono come feedback. Il Medio Evo ha consegnato ai tempi moderni un ambiente non compremesso, a differenza di ciò che stiamo facendo oggi.

      Mi sorprende che tu, dopo aver riferito quel crollo demografico in Germania, e dopo aver parlato di orribile fermentazione purulenta, te ne esca dicendo che si tratta di cose peggiori ad essere immaginate che vissute. Stando a queste cifre, stiamo parlando di una perdita della popolazione tedesca superiore all'80%! Pensa a una cosa simile oggi, su scala globale, e affrontala, come dici tu. Magari saresti comunque fra i sopravvissuti, ma non credo che alla fine riusciresti a dire con tanta leggerezza che si tratta di affrontare momenti simili. Stai mescolando la catastrofe prossima ventura con eventi di epoche diverse e finanche con fatti personali, se capisco quanto dici in parentesi.
      Sono tutte cose diverse, di natura diversa, non puoi dare dei catastrofisti elitari a Durán e Reyes sulla base di riferimenti ad avvenimenti personali o della storia medievale o moderna; come me, vivi in un epoca di esplosione demografica, e il crollo della biocapacità globale non c è ancora stato, non puoi fare paragoni.

      Non capisco neanche come tu possa prima cercare confronti su confronti, e poi dire invece che ogni caso fa specie a sé, e che tutti i collassi sono inediti. Scegli una posizione, io così non riesco a seguirti.

      Infine, fermare la storia, converrai che è generica come espressione. Se parlassimo del Sole sul punto di vaporizzare il mondo, come sarà alla fine del tempo di questo pianeta, sarei d'accordo con te. Ma parliamo invece di overshoot da sovrappopolazione, e tutto questo volo di cicogne non è come una legge della fisica.
      E' che estinguersi per non sapersi controllare nella propria prolificità è un modo troppo stupido di morire.

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  8. << Il fatto che il prossimo collasso sia inedito non vuol dire niente, i collassi sono sempre inediti se non altro nel senso che lo stato stazionario che mettono in crisi e' sempre diverso da quelli precedenti, dato che il mondo cambia! >>

    Sì e no, caro Diaz.
    Quello che sta per avvenire non si lmiterà a falcidiare gli esseri viventi, come la peste che tu citavi (cosa che all'ecosistema non fa nè caldo nè freddo), ma interverrà direttamente sull'ecosistema stesso; e questa è indubbiamente un'altra cosa.
    Se volessi fare un paragone coerente con il passato, non andrei a cercare la caduta dell'Impero Romano o di quello Inca o la rivoluzione francese, ma la desertificazione dell'Isola di Pasqua (ne ho già parlato in questo blog).
    L'isola di Pasqua è diventata letteralmente inabitabile.
    Non è che, oggi, sia l'intero pianeta a correre lo stesso rischio ? Forse sì, forse no.
    Certo è che i cambiamenti ambientali saranno notevoli.

    << Ogni nostro tentativo di fermare la storia e' inutile e puerile. >>

    Su questo invece sono - purtroppo - d'accordo con te.
    Certe tendenze si possono al massimo vedere e divulgare (inutilmente) intorno a sè, ma non fermare.

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    1. Temo che il paragone con l'Isola di Pasqua non regga, forse bisogna aggiornarsi: proprio alcuni giorni fa leggevo (non so se su Wikipedia) di una nuova teoria sull'evoluzione di quell'isola. Oltretutto è poi un'isoletta, non credo possa fungere da termine di paragone per l'evoluzione dell'intero pianeta.
      E se la Terra passasse da collasso a collasso, insomma se questi collassi fossero cose perfettamente naturali?
      Ma non ho ancora capito dove voglia andare a parare Diaz. Dice "che noia i catastrofisti". Noi facciamo parte di questa schiera? Direi di sì. Ma mi sembra che le nostre preoccupazioni siano fondate (il clima cambia o non cambia per colpa nostra? Chi dice di sì, chi di no - ormai non ci capisco più niente, al momento attuale propendo per il sì).
      Secondo Diaz, se ho capito, è inutile preoccuparsi e rovinarsi il fegato: sarà quel che sarà.

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    2. Ho letto anch'io questa teoria, mi sembra che la questione rimanga aperta.
      Sinceramente se avessi provato a indicare un qualche evento passato comparabile a quanto sta avvenendo, avrei fatto esattamente come Lumen. E se ci pensi bene, è invece perfetto come paragone. Rapa Nui stava a quegli indigeni come la Terra a noi, limitata e inevadibile.

      A proposito delle terre, non c è stata né una rinuncia né scelta, si è trattato di un'eredità. E non è per niente un bel lavoro, però ogni anno rifornisco i mulini della zona, e questo almeno ha una sua utilità.

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    3. "Secondo Diaz, se ho capito, è inutile preoccuparsi e rovinarsi il fegato: sarà quel che sarà."

      Esatto.
      Il che non vuol dire che nel mio piccolo non cerchi di fare cio' che puo' essere giusto, se non fosse che non so bene in cosa dovrebbe consistere.
      La mia tendenza e' a rendere minima la mia cosiddetta impronta ecologica, e lo faccio eccome se lo faccio, ma ripeto non sono per niente certo che sia la cosa giusta da fare, in fin dei conti le societa' e gli uomini tendono a sprecare per un motivo molto semplice e cautelativo: se si ha tutto misurato col contagocce, basta una piccola perturbazione per trovarsi sotto la sussistenza, e sparire.

      Se ognuno di noi consumasse il minimo esistenziale, niente macchine, niente animali domestici, solo dieta vegana, sulla terra forse ci potrebbero davvero stare 50 miliardi di uomini e non so se, ammesso che sia possibile, mi piacerebbe.

      Ma tutti questi dottoroni che pontificano sul futuro della vita, dell'universo, e di tutto quanto, deridendo e offendento chiunque metta in dubbio la loro suprema autorita', mi stanno proprio sulle palle.

      Fate una carrellata dei vari esperti in rete e vedrete che non ce n'e' uno o quasi che non corrisponda alla descrizione.

      Di questi "cattivi maestri", gente che sembrava e soprattutto credeva di essere Dio, ed erano solo dei poveri coglioni, ne ho gia' visti un'infinita' nella mia esistenza.

      Come gia' detto fino alla nausea, questo schizzare di escatologie da tutte le parti ha molto in comune col millenarismo da cui nacque il cristianesimo, il che non a caso succedeva alla fine di un grande impero e dello stile di vita che vi corrispondeva: sospetto che la vera causa del collasso fosse, e sara', questa, il millenarismo, lo schizzare di escatologie demenziali, ben prima dell'esaurimento delle risorse e del global warming e di tutto il resto.

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    4. "Ho letto anch'io questa teoria, mi sembra che la questione rimanga aperta. "

      Quale sarebbe questa teoria? Ho letto tutti i libri di Diamond fra cui Collasso in cui faceva le solite ipotesi su Rapa Nui, ho sentito che sono emerse altre teorie ma non sono aggiornato in proposito.

      Circa quel libro (bello e interessante) cio' che mi e' rimasto col passare del tempo e' che le societa' che vivevano in zone marginali, isolate e in equilibrio precario dopo un po' hanno dovuto andarsene per (indovina...) esaurimento delle risorse!

      Interessante il caso dell'islanda, mi pare che circa meta' del suolo fertile, probabilmente formatosi in passate fasi eruttive tipiche dell'isola, se ne sia andato dilavato in fondo all'oceano a causa del taglio degli alberi e dello sfruttamento troppo intensivo a pascolo, introdotto dai vichinghi, del terreno fertile. Essendo l'islanda molto lontana dalle foreste equatoriali in cui la natura e' rigogliosa al massimo, e' bastato quel poco per rovinare il suolo, per cui ora bisognera' aspettare la prossima fase eruttiva con relativo deposito di ceneri fertili e il prossimo periodo caldo, molto piu' caldo dell'attuale, affinche' la foresta si ricostituisca.

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    5. "... affinche' la foresta si ricostituisca."

      A quelle latitudini? Già in Irlanda di alberi ce ne sono pochi, solo erba e acquitrini (sembra, non ci sono stato, ma ho dei conoscenti lassù).
      Ma forse se la temperatura aumenta abbastanza non è escluso. Ma se crescono alberi in Islanda temo che dalle nostre parti ci saranno temperature tropicali. Tutto scorre, questa Terra è sempre in subbuglio. Ciò non toglie che possiamo fare qualcosa per non aggravare (dal nostro punto di vista) la situazione. Perciò lodo il tuo comportamento. La mia impronta ecologica è comunque quella di un elefante pur non andando in aereo, non spostandomi che per pura necessità e non facendo vacanze da trent'anni, cambiando vestiario ad ogni morte di papa. Unico lusso i libri. Eppure ho un'impronta da due o tre pianeti, strano. Il fatto è che noi occidentali non sappiamo quanto bene stiamo, almeno a beni di consumo. Ci sembra tutto naturale e dovuto, il minimo indispensabile, anche un trapianto di fegato da 200'000 euro.

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    6. "Rapa Nui stava a quegli indigeni come la Terra a noi, limitata e inevadibile."

      Non credo sia possibile il paragone, Rapa Nui e' 160 kmq, su un'estensione territoriale cosi' piccola non si sarebbe sviluppata nemmeno la forma vitale microbica piu' elementare, perlomeno non in soli 5 miliardi di anni (che e' l'eta piu' o meno della terra). Quindi il problema dell'esistenza in equilibrio ecologico della specie umana sul suo territorio non si sarebbe proprio mai posto :)
      Il fattore di scala conta!
      Peraltro leggo su wikipedia che gli uomini sono arrivati su Rapa Nui solo attorno al 1000 dc, dopo un po' si sono moltiplicati a dismisura anche al fine di tentare di sopraffarsi fra tribu' avverse (come i ratti cui leggo si attribuisce forse il completo disastro ecologico, ma uomini o ratti poco cambia - i roditori peraltro sapete che sono filogeneticamente i piu' vicini ai primati, e dove arrivano sulle isole in effetti sconvolgono completamente l'equilibrio preesistente, ad esempio facendo sparire gli uccelli a cui mangiano le uova) e infine si sono ridimensionati di numero fino a raggiungere forse un nuovo equilibrio (2500 esemplari, un numero comunque piuttosto alto per un rettangolo di soli 12x12 km sebbene circondato da infinite risorse di pesca). Ma Rapa Nui nonostante tutto non e' mai stata abbandonata dall'uomo, e il crollo massimo si e' avuto dopo l'arrivo degli europei...
      In ogni caso una specie per sopravvivere ha bisogno di avere un numero minimo di esemplari dato che lo scrigno del patrimonio genetico e' disperso e conservato nell'intera popolazione, e non credo proprio che un animale complesso come l'uomo potrebbe sopravvivere come specie a lungo termine su un infimo territorio di 150 kmq (un rettangolo di 12x12).

      "però ogni anno rifornisco i mulini della zona, e questo almeno ha una sua utilità"

      L'utilita' di rendere possibile l'aumento della popolazione umana sulla terra :)
      Oggettivamente e' (anche) cosi'. La popolazione, per definizione, si adatta necessariamente alle risorse disponibili al momento, in tutti e due i sensi, sia in aumento che in diminuzione.
      Infatti prima della ultima guerra era ben difficile che dessero premi per NON coltivare la terra come si fa adesso, allo scopo di tenere artificialmente alto il prezzo delle derrate!


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    7. A proposito di "fattore di scala" e della sua importanza, e della inadeguatezza di certi paragoni senza tener conto di tutto quanto c'e' di differente, che e' molto di piu' di quanto sembra: la popolazione di Rapa Nui, su un'isola cosi' "isolata", aveva un grosso problema: era troppo piccola perche' si potessero sviluppare nuove malattie in grado di contenerne il numero prima dell'eccessivo sfruttamento delle risorse.
      Quasi tutte le malattie di cui soffriamo adesso non esistevano prima del raggruppamento degli uomini in citta' affollate, cominciato dopo la fine dell'ultima glaciazione e l'inizio del riscaldamento globale di cui oggi in molti, perlopiu' per moda, si lamentano.

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    8. << La popolazione, per definizione, si adatta necessariamente alle risorse disponibili al momento, in tutti e due i sensi, sia in aumento che in diminuzione. >>

      Certo.
      Ma c'è l'adattamente in diminuzione "gestito" e quello "subìto".
      Non sono proprio la stessa cosa.
      Possibile che il secondo debba sempre prevalere sul primo ?

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    9. Magari!

      Quello "subìto" da fatti oggettivi e diretti e' molto piu' accettabile di quello subito come una imposizione che puo' essere basata su teorie sbagliate, da parte di altri uomini per quanto appartenenti ad una specie di superiore intelligenza :). Tanto che anche quando accadono fatti avversi oggettivi e naturali, se si ha voglia di menare le mani, fortissima e' la tendenza, automatica direi, anche nel nostro quotidiano, a incolpare l'untore di turno, il capro espiatorio di passaggio.

      Le cose non possono mai accadere per caso, deve esserci sempre un regista occulto del male, e quindi uno del bene che vi si oppone. (notate che questa paranoia, ritrovabile in ogni momento anche del nostro dibattito politico, rende inevitabile una religione di tipo qualsiasi di quelle - occidentali - che conosciamo, tanto che mi chiedo in che senso vada la causalità ammesso che ci sia, se la religione perlomeno quella "ingenua" del popolo sia la causa o l'effetto di questo modo di pensare).

      Prevengo: inutile dire che l'imposizione sara' intelligentimente gestita proprio per evitare una piu' dura imposizione futura, questo e' quello che hanno sempre detto tutti gli incapaci di comprendere che le loro sono solo ipotesi che valgono tanto quelle degli altri, e che possono essere facilmente scambiate per trucchi/ipocrisie per imporre la propria volonta' sugli altri... (esclusi i professoroni che mi stanno sulle palle ovviamente: loro non sono animali come tutti gli altri e le loro opinioni valgono immensamente di piu').

      Oggi come oggi poi le nostre vite sono enormemente piu' vincolate dal primo tipo di adattamento, quello gestito (i milioni di norme e balzelli che ci ottenebrano l'esistenza) che dal secondo, e prima o poi, a meno che non intervenga la fine del mondo, ci sara' una rivolta verso questo tipo di "imposizione gestita".

      Tutte le epoche hanno prodotto dopo un po' una forte reazione in senso opposto alla isteria del momento.

      Anche la denatalita' in italia rientra forse, in parte, in questo caso.

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    10. Leggo adesso un articolo che mi toglie le parole di bocca: "Tutto a causa di un’illusione che nessuno è capace di sradicare, a partire da Cesare Beccaria. Gli italiani sono convinti che le leggi creino la realtà."
      http://pardonuovo.myblog.it/2015/03/25/la-giustizia-piazza/

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    11. Ho letto il link.
      << La giustizia non dovrebbe infierire sui singoli, cosa che non conduce da nessuna parte in materia di politica criminale. Dovrebbe piuttosto attuare, in questo campo come nel campo della corruzione, procedimenti più rapidi, in modo che ci sia un legame fra la colpa e l’espiazione. >>

      Sul secondo punto sono d'accordo, sul primo no.
      Ma quello del diritto penale è un discorso molto complesso (che ho già toccato in altri post) e qui finiremmo off topic.

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    12. "sul primo no"

      Cioe' la giustizia dovrebbe "infierire"?
      Guarda che Pardo non e' uno che usa le parole a caso.

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    13. "" "... affinche' la foresta si ricostituisca."
      A quelle latitudini? Già in Irlanda di alberi ce ne sono pochi, solo erba e acquitrini (sembra, non ci sono stato, ma ho dei conoscenti lassù). ""

      Suppongo che il pianeta sia pieno di posti "residuali" in cui l'equilibrio presente non e' stabile, in quanto vestigia di un tempo in cui le condizioni climatiche erano differenti (piu' calde). In tali posti "residuali" l'equilibrio riesce a permanere finche' una piccola perturbazione non lo spazza via.
      Le terre marginali di solito sono in tale situazione.

      Una situazione simile si trova sull'altipiano di Asiago, nella zona dell'Ortigara, dove si combatte' la prima guerra mondiale in modo molto accanito. E' una zona montuosa ma abbastanza pianeggiante, la cui quota massima e' di poco piu' di 2000 metri, situata in una zona prealpina quindi piuttosto temperata: eppure il terreno e' completamente spoglio e dilavato, e' una pietraia morta e sterile. Ci scommetto che li' prima della guerra c'era quantomeno uno strato erboso e di mughi, che tratteneva e riformava continuamente lo strato di humus fertile sopra le rocce: con la guerra le bombe hanno letteralmente arato e rivoltato in profondita' ogni cmq di superficie, lo strato fertile e' stato sepolto o dilavato via dalle piogge, e adesso chissa' quanti millenni saranno necessari prima che la vegetazione ricolonizzi tutto.

      En passant, lo sapete non che un eventuale riscaldamento globale avra' un bilancio positivo in termine di terre coltivabili su scala globale, in quanto cio' che si guadagnera' in asia nelle immense aree siberiane superera' le perdite che si avranno altrove?

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    14. << lo sapete che un eventuale riscaldamento globale avra' un bilancio positivo in termine di terre coltivabili su scala globale, in quanto cio' che si guadagnera' in asia nelle immense aree siberiane superera' le perdite che si avranno altrove? >>

      No, non lo sapevo.
      Resto però molto scettico che il saldo netto sarà positivo.

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  9. Cari amici, mi pare che sul fatto che... non ci sia nulla da fare per evitare il collasso siamo tutti abbastanza d'accordo.

    Restano invece dei disaccordi (inevitabili, visto che siamo persone abituate a pensare con la nostra testa) circa il comportamento più opportuno da tenere DURANTE la discesa agli inferi.

    Ammiro la scelta di Diaz di ridurre al minimo la propria impronta ecologica, vista la coerenza tra pensiero e comportamento, ma (come aveva già evidenziato lui stesso in un altro commento) resta sempre la fregatura del paradosso di Jevons.

    Io, personalmente, mi sento più in sintonia con Sergio, visto che certi coraggi e certe coerenze non le ho.
    Però sono convinto che anche Sergio, pur avendo un'impronta ecologica "occidentale" e quindi non irrisoria, resti ampiamente entro i limiti del buon senso personale, apprezzando quello che la civiltà gli offre, ma senza esagerare e senza eccessi inutili.

    In questo, come detto, mi sento allineato a lui e forse, tutto sommato, questa potrebbe anche essere la scelta complessivamente migliore ("adelante Pedro, ma con judicio").

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    1. Scusa la pedanteria, ma trovo il tuo spagnolo riprovevole: Don Ferrante disse "Adelante Pedro, con juicio." Non disse ma, caso mai avrebbe detto mas.

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    2. Caro Sergio, il mio spagnolo è sicuramente riprovevole e ti ringrazio per la correzione.
      Comunque, più o meno, ci siamo capiti....

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