sabato 22 novembre 2014

Una finestra sul passato

L’intervista virtuale di questa settimana ha come interlocutore il bravissimo bio-geografo americano Jared Diamond, autore di libri fondamentali sulle nascita e la caduta delle civiltà umane come "Armi, acciaio e malattie" e "Collasso: come le società scelgono di fallire o di avere successo", Una finestra sul passato che deve servirci da guida anche per il futuro. LUMEN

  
LUMEN – Mister Diamond, Si dice che i collassi delle società, in genere, siano connessi ai danni ambientali.
DIAMOND – Sì, ma non solo. In realtà, non c'è nessun caso di collasso interamente dovuto all'ambiente. L'isola di Pasqua è forse il caso più vicino, ma bisogna ancora domandarsi perché gli abitanti dell'isola di Pasqua facevano queste cose folli, come abbattere tutti gli alberi sino all’ultimo.  Quindi c'è comunque un elemento umano. Poi ci può essere il cambiamento generale del clima, ed altre questioni.

LUMEN - Per esempio ?
DIAMOND - C’è la questione dei nemici che cercano di entrare in una società nel momento in cui quella società si è indebolita per qualche ragione. Ci sono anche episodi di amici o partner di mercato che possono indebolirsi e collassare essi stessi, così che, anche se stai amministrando bene le tue risorse, potresti essere travolto dai problemi del tuo vicino. E poi c'è l'intero elemento umano di come le persone rispondono o non riescono a rispondere a questi problemi. Quindi, per farla breve, la cornice è sempre più complicata di quanto sembra.

LUMEN – Quello dell'isola di Pasqua resta sicuramente il caso più affascinante. Perché?
DIAMOND - Perché la metafora è ovvia. L'isola di Pasqua è il più isolato e inabitabile pezzo di terra nel mondo. È un'isola del Pacifico a più di 2300 miglia dalla costa del Cile e a 1300 miglia dalla più vicina isola polinesiana. Quindi quando l'isola di Pasqua si è trovata in grossi problemi, non c'era alcun posto dove potessero rifugiarsi, e non c'era nessuno a cui potessero rivolgersi per chiedere aiuto. La gente vede la metafora: l'isola di Pasqua isolata nell'oceano Pacifico è come il pianeta Terra isolato nello spazio. Se avremo dei problemi, non potremmo rifugiarci in un altro pianeta, e di certo non ci sono extraterrestri verdi là fuori ai quali possiamo chiedere aiuto.

LUMEN – Un altro caso interessante è quello degli insediamenti degli “Uomini del Nord” in Groenlandia, insediamenti che durarono per circa 450 anni, ma che alla fine scomparvero, mentre la vicina società Inuit, fu capace di sopravvivere.
DIAMOND - Gli uomini del Nord scomparvero anche perché rifiutarono di abbandonare alcuni dei  loro "valori profondi", e finirono per morire di fame anche se le acque attorno a loro erano piene di pesce.

LUMEN - Com’è possibile ? Come si può spiegare una decisione come questa ?
DIAMOND - E’ una cosa affascinante e spaventosa: pensare a persone che muoiono di fame in mezzo ad abbondante cibo, solo perché  riguardo al esso hanno dei tabù. Ma gli uomini del Nord indicano anche che il collasso, perfino in un ambiente difficile come la Groenlandia, non è inevitabile perché un altro popolo, gli Inuit, o Eschimesi, sopravvivevano mentre gli uomini del Nord morivano, e si rifiutavano di imparare dagli Inuit. La tragedia dovuta al fatto che i valori che erano stati per loro giusti e vantaggiosi per secoli, e che avevano consentito loro di sopravvivere in isolamento ad una settimana di navigazione pericolosa dall'Europa, che avevano cementato la coesione del gruppo e l’orgoglio nella loro identità europea, ecco questi stessi valori furono proprio quelli che alla fine si rivelarono fatali.

LUMEN - Una lezione che può valere anche oggi.
DIAMOND - Certamente. Prendiamo gli Stati Uniti: gli stessi valori che hanno funzionato bene per noi americani per secoli, e in particolare il nostro isolazionismo, il nostro senso di protezione dal resto del mondo, la nostra persuasione di essere fortunati perché viviamo in una terra di abbondanti risorse, oggi non sono più veri. Ed è terribile dover riaggiornare i valori profondi che sono diventati obsoleti.

LUMEN - Quindi il processo decisionale degli uomini del Nord non era più suicida del nostro di oggi ?
DIAMOND – Beh, sembra folle, a noi, che gli uomini del Nord non mangiassero pesce perfino mentre stavano morendo di fame. Ma poi ti chiedi, supponiamo che gli Stati Uniti non riescano a risolvere tutti i noti problemi che ci circondano adesso: problemi di energia, di petrolio, di acqua, di erosione del suolo. Che cosa pensi che dirà la gente (se ci saranno persone fra ottant'anni) quando guarderà indietro agli Stati Uniti che consumano il doppio del petrolio a testa rispetto alla Germania? La Germania ha uno standard di vita alto, come il nostro, ma ce la fanno con metà del petrolio che consumiamo noi. Non è assurdo che buttiamo via tutto questo petrolio?

LUMEN  – Sembra assurdo, sì.
DIAMOND - O non è assurdo che noi a Los Angeles, in un'area virtualmente deserta e quindi con problemi di acqua, abbiamo corsi di golf, giardini innaffiati, e sprechiamo la nostra acqua come se non fossimo dipendenti dal fiume Arizona o dal fiume Colorado, per i quali stiamo litigando con l'Arizona, o per la neve della Sierra, per la quale stiamo litigando con la California del nord? Quindi ci sono cose che noi americani stiamo facendo e che prendiamo per garantite adesso, ma che, credo, fra ottant'anni sembreranno folli.

LUMEN - Come conseguenza, si è creata una notevole tensione fra i paesi del primo mondo e i paesi del terzo mondo che aspirano agli standard di vita del primo mondo.
DIAMOND - Certamente, il pianeta non può sostenere la Cina e le altre nazioni del ”terzo mondo” e il “primo mondo” attuale se operano tutti ai livelli del “primo mondo". E d’altra parte è comprensibile che le persone che vivono nel terzo mondo cerchino di rialzare lo standard della loro vita, mentre, dal  lato opposto, sembra improbabile che quelle che vivono nel primo mondo siano disponibili ad abbassare il loro standard di vita.

LUMEN - Ma c'è una soluzione per questo conflitto?
DIAMOND - Probabilmente le cose peggioreranno di molto, prima ancora di migliorare. Parliamo con i numeri: il consumo di petrolio negli Stati Uniti è di circa 10 volte quello della Cina per ogni abitante. La Cina vuole raggiungere gli standard del primo mondo. Quindi supponiamo che la Cina arrivi allo stesso consumo di petrolio pro capite degli Stati Uniti: questo aumenterebbe il consumo di petrolio mondiale del 106%.

LUMEN – Un aumento spaventoso..
DIAMOND - Siamo già preoccupati del fatto che in pochi decenni finirà il petrolio abbastanza economico e abbastanza pulito, quindi se la Cina raggiunge i nostri standard lo finiremo in 15 anni invece che in 30. Quanto al fatto se il primo mondo può continuare con standard di vita del primo mondo, di primo acchito sembra che no, per definizione, dovremo rinunciare a qualche cosa. Però poi viene fuori che ci sono aree nelle quali possiamo preservare i nostri standard semplicemente imparando a gestire in modo efficiente le risorse.

LUMEN - Il che mi sembra una scelta intelligente a prescindere.
DIAMOND - Per esempio potremmo estrarre e consumare lo stesso ammontare di legna e di carta nel mondo che consumiamo oggi con foreste ben amministrate e con solo una frazione delle attuali estensioni delle foreste. Ma al presente noi ricaviamo il legno da molte foreste, molte delle quali non sono gestite in modo sostenibile, e la maggior parte delle quali sono gestite male. Il punto è che potremmo continuare ad operare con lo stesso consumo di libri di carta se solo riuscissimo ad amministrare meglio le nostre foreste.

LUMEN – Altri esempi ?
DIAMOND - La stessa cosa vale per il pesce. Potremmo avere tanto pesce, o anche più pesce di oggi, dagli oceani se riuscissimo ad amministrare in modo sostenibile le nostre riserve. Ma al momento la maggior parte delle riserve di pesca nel mondo sono gestite male, in modo non sostenibile. E così una dopo l'altra sono andate distrutte, come i Grandi Banchi di merluzzo o di sardine in California.

LUMEN - Per fortuna vi sono anche le storie di successo, come l'Islanda e la riforestazione di Giappone e Germania. Vi sono dei tratti in comune, che ci possano essere di esempio  ?
DIAMOND - Sì, c'è un insieme di tratti che accomunano queste storie di successo. Le storie di successo tendono ad essere quelle di paesi che hanno problemi più semplici da risolvere rispetto agli altri. Aiuta trovarsi in un ambiente robusto come quello del Giappone della Germania, che sono ambienti piovosi con un suolo stabile. Ma d'altra parte, l'Islanda ha un ambiente molto fragile, ha avuto momenti difficili, però è una storia di successo visto che ora è la settima nazione più ricca del mondo. In generale, si può dire che aiuta avere problemi più semplici.

LUMEN - Altri fattori ?
DIAMOND - Altri fattori sono quelli sociali: quello che la gente fa. Aiuta ridurre al minimo l'isolamento delle élite, di coloro che sono al potere, rispetto al resto della società. Se i leader politici riescono a trincerarsi rispetto al resto della società - per esempio qui nella California del sud se vivi in una comunità protetta da cancelli, bevi acqua in bottiglia, hai la tua polizia privata, mandi i figli alle scuole private, hai una pensione privata e hai un'assicurazione medica privata, e quindi certamente non hai un interesse personale in Medicare, Social Security, scuole pubbliche, forze di polizia e acqua pubblica - ecco, questo è un segno negativo, a livello sociale.

LUMEN – Un concetto molto interessante...
DIAMOND – Poi ci sono i conflitti di interesse, che sono un altro grosso problema quando una piccola frazione della società riesce ad arricchirsi facendo cose che rappresentano un danno per il resto la società. E’ la sindrome di Enron, o quello che le compagnie minerarie hanno fatto, arricchendosi semplicemente col gettare i rifiuti in un fiume. Farlo è più economico per loro, ma costa miliardi di dollari per tutti gli altri. Questo dunque è uno dei modi per raggiungere il successo: minimizzare i conflitti di interesse e diminuire l'isolamento delle élite.

LUMEN - Ma alla fin fine, voi oggi siete più ottimista o pessimista sul modo in cui siamo orientati ?
DIAMOND - Rimango cautamente ottimista e direi che il mondo attuale non è senza speranza. Abbiamo gravi problemi, ma se ce ne occupiamo, abbiamo la possibilità di risolverli. Ecco perché è importante che se ne parti.

20 commenti:

  1. "Rimango cautamente ottimista e direi che il mondo attuale non è senza speranza."

    Caro Lumen,

    questo mi sembra essere anche il tuo parere. Che tutto sommato è anche un parere ragionevole. C'è anche chi sostiene, come l'ex verde Lomborg, che mai le cose siano andate così bene come oggi e tendano addirittura a un ulteriore miglioramento. Nel dibattito in televisione sulla nostra iniziativa, il conduttore ha posto una domanda interessante: "Ma non vorrà dire che all'inizio del Novecento, quando eravamo appena 1,9 miliardi, la gente stesse meglio?" Una domanda o un'obiezione intelligente perché effettivamente "noi" abbiamo oggi - grazie ai progressi di ogni genere - una vita per lo meno più comoda, ma oggettivamente anche migliore dei 1,9 miliardi di inizio Novecento. "Noi" però, il primo mondo, cioè circa 1 miliardo di terrestri (Canada, USA, Australia, Giappone e Europa). Però non pochi - Cina, India, Brasile - stanno facendo progressi da gigante e ci tallonano (i Cinesi si sono comprati anche le grandi marche di vini francesi, anche il "mio" Château Margaux - che era al dir la verità di Agnelli...). Ci sono stati dei progressi oggettivi di cui non possiamo lamentarci, anzi (sanità, comunicazioni, informazione ecc.). Ma c'è ovviamente anche un ma. È possibile estendere i benefici della modernità a tutti i presenti e futuri Terrestri?
    Per Sartori già 6 miliardi di Terrestri sono troppi alla lunga (e nemmeno troppo alla lunga). Nessuno può dirlo con precisione. Pulvirenti dice che "se si trova la fonte energetica" se po' fare (yes, we can). Ma fare che? Far circolare 5 miliardi di automobili?
    È tutto maledettamente complicato. Non vogliamo fare i disfattisti, possiamo essere anche moderatamente ottimisti, ma ... ho qualche dubbio che ce la faremo.
    Raggiunta una complessità non più gestibile - tamponi una falla se ne apre un'altra, anzi se ne aprono cento - si ridurrà, dovrà ridursi la complessità. Forse riusciremo davvero a gestire la transizione, oppure interverrà la natura che non fa sconti e non è nemmeno molto misericordiosa. "Passan genti e linguaggi. Ella (la natura) nol vede. E l'uomo d'eternità s'arroga il vanto."

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    1. Caro Sergio, se devo essere sincero, io sono un po' meno ottimista di Diamond (mi riconosco perfettamente nei versi del Leopardi); il quale Diamond, a sua volta, potebbe essere ottimista più per scelta mediatica che non per intima convinzione.

      Certamente quello che è a rischio non è il futuro della specie umana, e neppure la nostra civiltà, intesa in senso lato; ma l'abbondanza del nostro attuale tenore di vita e la ragionevole pace sociale che stiamo vivendo, quelli sì, che sono a rischio, eccome.

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    2. Se la pace sociale e' a rischio perche' lo e' l'attuale stolida abbondanza, direi che siamo nella identica situazione dei vichinghi morti di fame in mezzo al pesce. Nessuna pieta'.

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    3. Caro Diaz, quando la pace sociale è a rischio, ci vanno di mezzo tutti, anche (o forse soprattutto) gli innocenti.
      Lo Stato, in fondo, nasce principalmente con questa funzione e quando fallisce si torna allo stato di natura, in cui le uniche regole sono il "tutti contro tutti" e il "vinca il più forte".
      E' una cosa che mi auguro di non dover mei vedere nella mia vita.

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    4. Lo Stato storicamente nasce con l'abbandono dell'economia di sussistenza (caccia e raccolta), l'inizio di pastorizia e agricoltura, la produzione di surplus da amministrare e distribuire, e la conseguente strutturazione della societa' in classi. Quindi di innocente non c'e' nessuno, oppure lo siamo tutti. L'ammontare di violenza media, come mi pare riconosca obliquamente sergio, e' sempre lo stesso, solo che, come sempre, e' difficile riconoscere come tale la propria.
      Leggete l'ultimo articolo di simonetta e i relativi commenti su "cassandra", e' interessante.

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    5. << L'ammontare di violenza media, come mi pare riconosca obliquamente sergio, e' sempre lo stesso, solo che, come sempre, e' difficile riconoscere come tale la propria. >>

      Immagino che tu ti riferisca non solo alla violenza fisica, ma anche a quella, come dire, sociale, cioè alla sopraffazione legale (o pseudo-legale) di certe classi e categorie.
      Però io - come semplice cittadino - mi accontenterei di tenere sotto controllo la prima: sarebbe già un enorme risultato per la convivenza civile.

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    6. La violenza sociale nella forma "legale" e' sempre in ultima analisi fisica: se non ti uniformi arrivano i carabinieri, come minimo accompagnando l'ufficiale giudiziario. E' relativamente rara, per il momento, solo perche' la forza di cui dispone e' soverchiante al punto tale da non ammettere alcun tipo confronto, se non di tipo suicida.

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  2. "La Germania ha uno standard di vita alto, come il nostro, ma ce la fanno con metà del petrolio che consumiamo noi."
    "Gli uomini del Nord scomparvero anche perché rifiutarono di abbandonare alcuni dei loro "valori profondi", e finirono per morire di fame anche se le acque attorno a loro erano piene di pesce."

    Nelle due frasi sopra secondo me c'e' la soluzione dell'enigma:
    - "standard di vita alto": cosa vuol dire? rispetto a cosa?
    - "rifiutarono di abbandonare alcuni dei loro valori profondi": erano quelli, a definire cosa fosse uno standard di vita alto, morirono perche' preferivano cosi' piuttosto che vivere secondo uno standar di vita evidentemente per loro peggiore della morte.

    Riassumendo, trovo senza senso, circolare, tautologico, autoreferenziale quanto esposto nell'articolo. Da un lato si definisce il presunto "tenore di vita alto", dall'altro partendo da quella arbitraria definizione ci si chiede come abbassarlo al fine di mantenerlo.

    Non si fa prima a cambiare la definizione di "standard di vita alto"? E se non si puo', non e' che e' perche' e' tabu' definire alto uno stile di vita "altro" da quello corrente? Ma allora il vero problema non e' che e' nel tabu' e non nello stile di vita? E nel fatto che la societa' "vincente" viene imitata come un modello in tutti i modi dalle altre che non fanno altro che volerne acquisire quelli che sono solo dei "tic"?

    Detta in altro modo: il 90 per cento delle fatiche che facciamo servono a fornirci gli strumenti che ci permettano di fare tali fatiche (tenere occupata e impensierita la gente e' fondamentale per evitare rivolte, nevrosi e guerre civili). Solo cio' che resta (forse) e' vita - con tutti i suoi quesiti. Ma allora a quel 90 per cento possiamo rinunciare senza alcun nocumento. Potete sperimentare personalmente, e' vero. Ma allora il vero e unico problema e' nei tabu' sociali che definiscono l'"alto tenore di vita": dunque, di che stiamo a parlare e preoccuparci?

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    1. Caro Diaz, certamente gli occidentali di oggi si comportano spesso come i criceti nella ruota, lavorando e faticando come matti solo per avere il privilegio di comprare cose inutili.

      Per quanto riguarda invece la strana storia degli "uomini del Nord" ho provato ad approfondire un poco, e pare che gran parte del collasso fosse legato ad un semplice (quanto incredibile) tabù.

      Da Wikipedia: << Probabilmente la scomparsa dei Vichinghi groenlandesi non fu causata da un singolo fattore.
      Tra questi, merita un approfondimento il mancato consumo di pesce, certificato dalla mancanza di resti di pesce tra i loro rifiuti: islandesi, Inuit e i moderni groenlandesi consumano molto pesce, ma qualcosa causò il rigetto di questo tipo di alimento da parte dei coloni.
      Secondo un'ipotesi di Jared Diamond, una delle prime autorità della colonia (forse Erik il Rosso stesso) avrebbe subito un'intossicazione alimentare da pesce e, poiché i groenlandesi non erano pronti per prendersi dei rischi in un ambiente tanto ostile, il tabù sarebbe stato trasmesso alle generazioni successive.
      Ebbe un ruolo decisivo per l'estinzione dell'insediamento nordico in Groenlandia anche il rifiuto da parte dei Vichinghi di apprendere dagli Inuit le loro tecniche all'avanguardia di caccia e di pesca, che avrebbero potuto essere molto utili alla sopravvivenza. >>

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    2. Be' se fosse cosi' la mia ipotesi sarebbe confermata ben oltre le mie intenzioni, e saremmo i perfetti eredi intellettuali di quei vichinghi.

      Pero' mi pare un po' demenziale come ipotesi, i vichinghi, navigatori provetti, non avevano mai assaggiato il pesce prima? Oppure se ne nutrivano ma poi hanno smesso del tutto fino a morire di fame perche' il loro capo ne fece indigestione una volta? Se fosse cosi', sono morti semplicemente perche' erano cretini, inutile porsi altre domande ed elucubrare chissa' che teorie.
      La domanda da porsi e' come fecero a sopravvivere fino a quel momento, non perche' sono morti.
      I libri di Diamond li ho letti quasi tutti, forse l'ultimo e' il piu' interessante, "il mondo fino a ieri", ve lo consiglio, perche' parla di culture, e raffronta le primigenie di caccia e raccolta, con la nostra, che come dice Popper rappresenta il migliore dei mondi possibili... (da ornitologo gia' negli anni '60 Diamond visse con residuali cacciatori-raccoglitori della nuova guinea, testimonianza quindi di assoluto interesse per capire loro e noi, che dentro siamo uguali, piu' delle elucubrazioni teoriche e discutibili sui vari collassi - gia' il termine mi infastidisce, mi sa di teorie del complotto di quei paranoici che abbondano, e purtroppo non si possono ignorare, in rete, perche' sono pure rumorosi e insopportabilmente dediti al proselitismo - e poche cose danno fastidio come un cretino che vuole convincere tutti al suo credo). Se siete in ristrettezze assolute come sono io (mi va TUTTO in tasse, anzi di piu', sono uno che vive da primitivo, quasi senza reddito, ma cio' non e' ammesso dalle nostre leggi se si e' in possesso di un po' di terra e bene immobile iper-tassabile, il che mi fa incazzare oltremodo a leggere di ecologia! ma lo vedete che le cose che ci avvelenano e che uccidono la nostra civilta' arrivano per prima cosa nella cassetta delle lettere... altro che collasso ecologico, magari questi nostri ignobili eredi dei vichinghi cretini descritti sopra collassassero subito). Lo trovate su emule...

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    3. "Se siete in ristrettezze assolute come sono io (mi va TUTTO in tasse)."

      Sarò indiscreto, ma non potresti esplicitare ciò che affermi qui sopra? Che significa concretamente "ristrettezze assolute"? Immagino che avrai rinunciato all'automobile, hai una casa di modeste dimensioni (io dispongo di 91 m2 lordi, balcone compreso, per la sola mia persona), non corri dietro i gadget (ma per scelta) e magari ti nutri anche saggiamente (niente aragoste e spigole e altre cose prelibate). Però almeno il computer ce l'hai, anche il cellulare (io no). Insomma, sei un francescano tutto sommato contento?!

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    4. Francescano si', contento no.
      Ristrettezze assolute nel senso che pago in tasse esattamente il doppio di cio' che incasso, e per mangiare (unico sfizio) spendo un decimo, grazie al Lidl. Alla lettera.
      Cio' puo' accadere ovviamente dando fondo ai risparmi.
      Gli unici machinari che ho sono frigorifero e lavatrice (ci si accorge quanto sono davvero utili solo quando mancano), e il computer (ci lavorerei). Il cellulare e' come se non lo avessi.

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  3. La tassazione, in Italia, è caotica, contraddittoria ed inefficiente anche per lo Stato.

    A parte le imposte indirette (che si possono ridurre consumando meno), e le imposte sul reddito (che si pagano solo se il reddito c'è, e quindi lasciano comunque un saldo positivo), ci sono le imposte sugli immobili in cui davvero puoi trovarti a dover pagare delle imposte senza un reddito a monte.
    L'unica scelta (disperata) è quella di vendere l'immobile, e qualcuno in effetti lo ha fatto, ma si rischia di cadere semplicemente dalla padella, delle tasse, alla brace dell'affitto.

    Forse - e non lo dico per bassa demagogia - quella sugli immobili sarebbe una imposizione da ripensare.
    D'altra parte a livello ecologico, la tassazione del cemento è un concetto che non mi dispiace.
    E' proprio vero che una società complessa come la nostra è difficilissima (quasi impossibile) da gestire in modo equilibrato.

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    1. La speculazione immobiliare non ci sarebbe mai stata se non ci fosse il praticamente totale divieto di costruire, il che ha fatto lievitare a valori esorbitanti i prezzi e dato in pasto il settore alla speculazione, non solo degli immobiliaristi ma soprattutto dei professionisti e ora degli pseudoecologisti, che fanno un business degli adeguamenti obbligatori a quelli che secondo LORO devono essere gli standard di comfort, cioe' altissimi.
      Inoltre, la tradizionale debolezza della valuta in italia e l'impossibilita' di accumulare risparmio in nessun altro modo, ha reso il "mattone" la valuta pregiata di elezione.
      In ogni modo, vedi che la causa ultima di tutto cio' che non va e' cio' che ora dovrebbe risolvere i problemi.

      A proposito di complessita'... ma qui non ce n'e' neppure tanta, basta un'occhiata di sguincio.

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    2. << La speculazione immobiliare non ci sarebbe mai stata se non ci fosse il praticamente totale divieto di costruire >>

      Mah, non so.
      La mia impressione è che in Italia, a livello di cemento e di mattoni non ci facciamo mancare molto.
      Ed alla base - secondo me - c'è sempre l'incremento eccessivo della popolazione per unità di territorio.
      Ma posso sbagliare.

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    3. Senz'altro, ma con l'aggiunta delle complicazioni sopra, conseguenza peraltro diretta di cio' che citi, dato che c'e' ben piu' di cio' che servirebbe per abitare, e che nessuno si sognerebbe di costruire se quello fosse lo scopo.
      L'ammasso e' incompatibile con la liberta', salvo quella intesa in senso crociano, interiore, a proposito della quale mi sovvengono i pensieri di Prezzolini allo scoppio della prima guerra mondiale: inutile, inattuale.

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    4. In rete trovate "esperti di troppo" di Illich, che vi raccomando caldamente.

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  4. << L'ammasso e' incompatibile con la liberta' >>

    Sono d'accordissimo.
    E da qui a concludere, come facciamo spesso noi denatalisti, che gran parte dei nostri attuali problemi deriva dall'eccesso di popolazione, non ci corre poi molto.

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  5. "Sì, c'è un insieme di tratti che accomunano queste storie di successo. Le storie di successo tendono ad essere quelle di paesi che hanno problemi più semplici da risolvere rispetto agli altri. "

    Ritengo che avere una popolazione ridotta rispetto ad un dato territorio sia la migliore "semplificazione" possibile. Tu riferisci dell'Islanda, ma si potrebbe parlare della Svezia o della Finlandia (almeno prima dei massicci fenomeni immigratori degli ultimi anni). Queste nazioni hanno una qualità di vita superiore, problemi energetici inferiori, un ambiente ancora in parte incontaminato, grazie al fatyto che hanno (avevano) popolazioni di tre, quattro o comunque pochi milioni di abitanti in un vasto territorio naturale. I servizi assistenziali e di sanità erano, proprio per questo al top del mondo. Anche l'educazione dei popoli di alcuni paesi nordici al rispetto della natura si deve a questo rapporto ottimale. Educare 60 milioni di abitanti in un paese come l'Italia è molto più difficile. Figurarsi con l'India o la Cina. Solo una dittatura feroce potrebbe farlo. Per gli Stati Uniti, il paese della libertà, è culturalmente difficile cambiare lo stile di vita. Una popolazione in forte crescita come è attualmente quella degli Stati Uniti, non aiuta...

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  6. Caro Agobit, le tue considerazioni demografiche sono (come sempre) ineccepibili, e pare incredibile che un "collegamento logico" semplice ed ovvio come questo, risulti invece così difficile da essere accettato a livello globale.
    FEW IS BETTER !

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