sabato 15 febbraio 2014

Guardare lontano

Ha fatto molto scalpore il Referendum, tenutosi domenica in Svizzera, sul controllo legale dei flussi migratori ed ancora di più il suo esito favorevole.
I commenti europei sono stati, in genere, molto critici versa questa decisione, considerata miope e oscurantista, mentre secondo me si è trattato di uno di quei (rari) casi in cui una democrazia è stata capace di guardare lontano e prendere una decisione intelligente per il suo futuro.
Ce ne parla SERGIO PASTORE (italiano di nascita, ma svizzero d’adozione), che è  socio di Ecopop, una associazione ambientalista che si batte da anni contro la sovrappopolazione e che ha lanciato a sua volta un'iniziativa ancora più radicale di quella appena svoltasi.
LUMEN

 
<< La votazione del 9 febbraio c.m. ha suscitato grandi controversie, sia in Svizzera che in seno all’UE. Innanzi tutto una precisazione: con l’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa” (denominazione non proprio felice) lanciata dall’UDC (Unione democratica di centro) non si è voluto affatto chiudere le porte agli immigrati. La Svizzera ha sempre avuto bisogno di immigrati e gli immigrati hanno enormemente contribuito al benessere e alla ricchezza del paese, cosa che nessuno contesta o ignora. 
La Svizzera continuerà dunque ad accogliere ancora immigrati, anche dopo la votazione di domenica, ma con una sostanziale differenza: essa si riappropria il diritto di regolare l’immigrazione, diritto perso con gli accordi bilaterali con l’UE. Infatti in questi accordi, firmati e accettati dalla Svizzera, è sancita la libera circolazione, una delle quattro libertà fondamentali dell’UE (libertà di circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi). 

Queste libertà sono sacrosante e non negoziabili per l’UE. Pur non essendo membro dell’UE la Svizzera ha fatto suoi questi principi firmando gli "accordi bilaterali I", un pacchetto dei sei accordi tra cui la libera circolazione. L’UE rinfaccia ora alla Svizzera la violazione di tali accordi con la modifica costituzionale sancita dal voto del 9 febbraio e minaccia di annullare anche gli altri cinque accordi. Una clausola degli accordi prevede infatti il decadimento di tutto il pacchetto qualora uno solo di questi accordi sia violato (la cosiddetta clausola-ghigliottina). 
Rimettendo in discussione la libera circolazione la Svizzera ha per l’UE violato un accordo e ciò non può che avere come conseguenza l’annullamento degli altri accordi del pacchetto (la Svizzera ha firmato con l’UE un secondo pacchetto di accordi, gli "accordi bilaterali II", che resterebbero comunque in vigore).

Dopo questa premessa in cui ho sommariamente ricapitolato la situazione venuta a crearsi vorrei ora spiegare come mai la Svizzera abbia cambiato parere sulla libera circolazione che pure aveva più volte approvato, estendendola anche ai nuovi membri dell’UE.

Fino ad ora vigevano ancora alcune restrizioni per la libera circolazione, restrizioni che a partire da quest’anno scompariranno o dovevano scomparire. In base al principio di libera circolazione ogni cittadino dell’UE può stabilirsi e lavorare dove vuole (vedremo che questo principio è astratto e per finire incongruo, non realizzabile). 
Non esistono dunque più frontiere all’interno dell’UE, non c’è più bisogno del passaporto o di un permesso di soggiorno e di residenza in uno degli Stati europei. Ciò significa però – e questo non sembra chiaro a tutti - che questi Stati non sono più tali, non sono Stati autonomi e sovrani: uno Stato è tale solo se ha un territorio e leggi e istituzioni proprie. In effetti le leggi le fa ormai Bruxelles e gli ex Stati sovrani non possono che adeguarsi e recepirle. 

Agli ex Stati sovrani resteranno alcune competenze per le questioni locali (per es. la raccolta differenziata dei rifiuti, i piani regolatori, la costruzione di una strada, l’organizzazione delle sagre paesane ecc.). Questa perdita di sovranità degli Stati a vantaggio dell’intera comunità europea è un bene o un male? L’adozione dell’euro è stato un bene o una disgrazia? 
Per alcuni chiaramente una disgrazia tanto che ne prevedono la fine – e il crollo del sogno europeo. Altri dicono che solo l’effettiva integrazione politica dei paesi europei – con una vera costituzione, una difesa comune, una politica economica – l’Europa potrà competere con le potenze emergenti, avere voce in capitolo nel contesto mondiale: frammentata come in passato è destinata al tramonto, i singoli Stati europei saranno dei fantasmi. Una visione apocalittica che personalmente non condivido.

Ricordiamoci anzitutto che l’UE voleva diventare la prima potenza economica mondiale, sorpassando addirittura anche gli Stati Uniti. Ciò sarebbe stato possibile grazie al maggior numero di abitanti (500 milioni) e alle sue competenze in campo scientifico, alle sue capacità produttive. 
Queste mire di egemonia economica appaiono oggi risibili, non solo per la crisi attuale in cui versa l’Unione e che è tutt’altro che risolta (non si vede proprio la luce alla fine del tunnel), ma anche perché la globalizzazione voluta e spinta ha portato all’emergere di quella che sarà verosimilmente – se non è già – la prima vera potenza economica del pianeta, la Cina (senza dimenticare altri paesi emergenti, come l’India o il Brasile e altri Stati). 

La Cina è senza concorrenti per la massa di manodopera a buon mercato e anche sottopagata (la maggior parte dei Cinesi ha naturalmente ancora uno standard di vita modestissimo rispetto agli europei). Quanto al know how ormai anche questi paesi sono o saranno presto alla nostra altezza e potranno inondarci di merce di qualità e a prezzi stracciati. Il sogno di egemonia economica europea sembra dunque già tramontato. 
Si pensi poi che l’UE voleva – non è uno scherzo! – “eliminare la disoccupazione” nell’Unione entro il 2010! È invece alle prese con una disoccupazione giovanile in varie parti del continente che sarà ben difficile, per non dire impossibile riassorbire. Si direbbe che abbia fatto male i conti – cosa di cui ovviamente non possiamo e non vogliamo gioire: è una pura constatazione.

Per divenire quella superpotenza economica l’UE doveva però diventare davvero un’Unione effettiva che significa appunto politica economica unica, moneta e difesa comune, libera circolazione. Ma poiché la compiuta integrazione politica di così tanti Stati con lingua, cultura, stato di sviluppo diversi appariva ardua si è pensato di poter accelerare l’integrazione cominciando con la moneta unica e accettando il principio della libera circolazione (di persone, capitali, merci e servizi). 
Si è cominciato cioè a costruire la casa dal tetto (con l’euro e le libertà fondamentali) sperando che ciò potesse accelerare il processo d’integrazione e unificazione politica. A quattordici anni dall’introduzione dell’euro e della libera circolazione le cose però vanno tutt’altro che bene e si sta diffondendo in Europa un forte malcontento verso l’unificazione forzata del continente. 

La libera circolazione, cioè la libertà di risiedere e lavorare dove si vuole, deve portare prima o poi allo svuotamento del concetto di sovranità nazionale. Se non esistono più frontiere e se posso vivere dove mi pare evidentemente l’appartenenza a uno stato nazionale non ha più molta importanza: essere francese o tedesco o lettone diverrà una qualità assolutamente secondaria, o come dicono i filosofi: un “accidente”, come il colore dei capelli, qualcosa cioè che non definisce l’uomo. 
Essendo filologo penso subito alla lingua. La lingua – e tutto ciò che è legato ad essa – un “accidente”, qualcosa di non essenziale? Che eresia! 
Max Frisch disse una volta: “Die Heimat ist der Mensch.” (La patria è l’uomo). Un’interessante e profonda affermazione. In quanto filologo io preferisco invece quest’altra definizione di patria: “La patria dell’uomo è la lingua.” 
La lingua è ancora più importante della geografia. Dove si parla la mia lingua, dove posso esprimermi con naturalezza, chiarezza, competenza, poesia, ironia – lì sono di casa, lì mi sento bene. Come fu felice Ingmar Bergman di risentire la sua lingua, lo svedese, dopo gli anni di esilio in Germania!

Ora in questa benedetta UE di lingue se ne parlano almeno una trentina: come potremmo davvero sentirci bene e a nostro agio senza intenderci bene? Non potrà esserci una vera UE senza una lingua comune – che sarà o sarebbe verosimilmente l’inglese. 
Dapprima lingua franca o prima lingua straniera da apprendere a scuola l’inglese diverrà o diverrebbe col tempo la prima lingua, forse persino alla fine la sola lingua. Già oggi il tedesco non ha più status di lingua scientifica e si sa che se non si può pubblicare testi scientifici nella propria lingua questa è percepita come quantité négligeable anche da chi la parla. 
Già molti anni fa in un’inchiesta il 37% degli italiani intervistati manifestava la propria indifferenza alla scomparsa dell’italiano! Sorprendente – e deprimente (per me).

La Svizzera è un piccolo paese di 43'000 chilometri quadrati (di cui solo 15 sono edificabili). La popolazione è attualmente di poco più di 8 milioni (dopo il secondo conflitto mondiale ne aveva 5). Un notevole incremento dovuto soprattutto alla forte immigrazione che la Svizzera (almeno la classe imprenditrice e politica) ha promosso. 
Il primo e più consistente gruppo di immigrati furono gli Italiani (e io fra questi!). Poi vennero i portoghesi, i turchi, gli jugoslavi. Oggi si assiste persino a una mininvasione di tedeschi acculturati (medici, ingegneri) che trovano in Svizzera migliori condizioni di vita che nel loro paese (i salari in Svizzera sono di circa un quarto o persino un terzo superiori ai salari tedeschi).

Insomma, la Svizzera è ormai un paese cosmopolita, multiculturale, multireligioso, plurilingue. Il plurilinguismo è stato sempre una delle peculiarità del paese: quattro lingue e culture diverse (francese, tedesco, italiano e romancio o ladino). Devo però dire che gli Svizzeri romandi e gli Svizzeri tedeschi si ignorano: gli uni sanno male il tedesco e gli altri male il francese (c’è però più simpatia per gli Svizzeri francesi da parte degli Svizzeri tedeschi che viceversa). 
Oggi però la Svizzera è ormai una Babele. Un socialista di Basilea osservava divertito che nella sua città si parlano 160 lingue, una dimostrazione di multiculturalismo e società aperta. Divertito? Io sarei preoccupato e depresso (vista la mia definizione di patria: vedi sopra).

L’immigrazione ha contribuito a fare della Svizzera uno dei paesi più ricchi del mondo, ma ciò ha avuto anche dei riflessi negativi. Innanzi tutto la convivenza tra autoctoni e immigrati non è stata, non è non sarà sempre facile. 
C’è la questione della lingua (scusate se batto sempre su questo tasto, sarà la deformazione professionale), ma pensiamo anche ai costumi, alle abitudini, all’impressione degli autoctoni di essere invasi, di non essere più a casa propria. Inevitabilmente ci sono state frizioni, tensioni, sgarbi, ma direi che tutto ciò è normale e naturale. Negli anni Sessanta erano gli Italiani le teste di turco per gli Svizzeri.

Oggi gli Italiani sono molto ben visti o comunque non danno più nell’occhio (ah quei poveri Italiani che arrivavano con le loro valige di cartone legate con lo spago …). Comunque oggi la Svizzera ha uno dei tassi di stranieri più elevati del continente, il 23% della popolazione (solo il Lussemburgo ne ha di più, ma è un caso molto speciale). Su otto milioni di abitanti 1,9 milioni di stranieri non sono pochi. 
Un certo malcontento degli autoctoni si può capire. La cosiddetta xenofobia e persino il razzismo sono fenomeni naturali, anche se spiacevoli (i Neri americani non vogliono essere scambiati con gli Africani di oggi, i fenomeni di violento razzismo in Africa sono noti). 

Ovviamente non si vogliono giustificare atti d’inciviltà e di aperta ostilità o persino aggressione verso gli allogeni. Tuttavia la diffidenza verso lo straniero o uno sconosciuto è iscritta nei nostri geni: può essere superata solo col tempo e l’esperienza. 
Se non fossimo naturalmente diffidenti correremmo gravissimi pericoli: la diffidenza verso uno sconosciuto è naturalissima, anche se ha diritto a esser trattato civilmente, con garbo. Oggi invece il buonismo imperante vuole farci credere che lo straniero, il diverso, l’invasore sono sempre e comunque una ricchezza. 
Ho usato questa brutta parola – invasore – perché i cosiddetti clandestini o migranti sono in effetti invasori. Non dubito che sarò ora trattato da xenofobo, razzista, fascista (magari anche da antisemita: tutto fa brodo, un insulto in più anche se stupido accresce il disgusto per certe persone). “Calunniate, calunniate: qualcosa resterà”. Oggi si calunnia dando del fascista o razzista a chi non la pensa uguale.

Torniamo alla Svizzera. Dopo aver a più riprese – per ben tre volte – benedetto la libera circolazione ecco ora un voltafaccia. Come si spiega? Semplice: con l’immigrazione ormai incontrollata e i cui numeri superano ogni immaginazione.
Per fare accettare la libera circolazione e la sua estensione ai nuovi paesi che si aggregavano all’UE il governo disse che non ci sarebbe stata un’invasione dall’est o dal resto dell’Europa: contava su un incremento netto della popolazione di circa 8'000 persone all’anno. 
La realtà è ben diversa: da alcuni anni il saldo migratorio è di ben 80.000 persone all’anno, con punte anche di 100.000 (in realtà immigrano molte più persone, ma poiché – è una costante consolidata – 60.000–70.000 persone lasciano ogni anno definitivamente la Svizzera, Svizzeri e stranieri, il saldo è di “solo” 80.000 persone).

È chiaro che a questo ritmo il paese sarà invaso da milioni di stranieri nei prossimi decenni. Nel paese vi è inoltre una frenetica attività nel settore edilizio: si costruiscono qualcosa come 40'000 alloggi all’anno, e non per gli Svizzeri che ne hanno già sicuramente uno, ma appunto per i cittadini dell’UE che vorranno stabilirsi da noi – per lavorare o anche per vivere alle nostre spalle (molti degli immigrati non lavorano e le prestazioni sociali svizzere sono eccellenti).

Il partito socialista e i cosiddetti Verdi (in realtà rossi come i primi) ci dicono che “la Svizzera è un paese d’immigrazione”. Questo nella costituzione non è scritto. 
Ma ormai sappiamo che ai socialisti e ai Verdi la Svizzera non interessa molto: l’internazionalismo è la malattia infantile dei socialisti (non l’ha detto Lenin, lo dico io). Si sono dimenticati del loro elettorato classico, la classe lavoratrice. Che non per niente comincia a votare per altri partiti. 
Socialisti è Verdi sognano il socialismo (in attesa del suo avvento si abbuffano alla mensa statale scroccando salari di cui gli “operai” possono solo sognare). I Verdi poi che erano nati e si erano distinti per salvare l’ambiente ormai si sono assimilati ai rossi, tanto che non si capisce perché i loro partiti non si fondano. 
Visto che per loro l’immigrazione è benvenuta – più siamo meglio è, più siamo più produciamo e più possiamo consumare – ci consigliano, per attenuare l’impatto di una popolazione crescente, di sfruttare meglio le aree edificabili, nelle città e altrove: meno consumo di territorio e più grattacieli o almeno qualche piano in più. 

Certo, così potremmo stipare nelle conigliere altri milioni di persone. Però c’è un fatto: queste persone hanno bisogno di tante cose, vorranno sgranchirsi le gambe, andare in giro, e preferibilmente in macchina, dovranno fare la spesa, svagarsi, insomma “consumare”.
Una volta la sinistra condannava (sì, perbacco, condannava) la cosiddetta “società dei consumi”. Oggi è in prima fila per reclamare più consumi, aumenti salariali (per consumare di più!). I più intelligenti di loro ci spiegano persino che più la gente consuma, più si può investire, quindi creare nuovi posti di lavoro, aumentare i redditi, coi quali si potrà consumare ancora di più ecc. ecc. Scusate, questi non sono Verdi, sono suonati …

Resisi conto dell’assurdità della crescita infinita gli Svizzeri – o almeno una metà di loro (più precisamente: dei votanti) - hanno cambiato opinione rispetto alla libera circolazione. 
Hanno capito che il paese sarà stravolto, distrutto o muterà radicalmente. E hanno così votato non per alzare muri intorno al paese, per isolarsi, come dice l’élite del paese, ma per salvare quel che resta di questo bel paese, per essere ancora se stessi. 
Nessuno vuole e può isolarsi: l’interdipendenza economica degli Stati è un dato di fatto. L’emigrazione e l’immigrazione sono fenomeni che si sono sempre verificati nella storia dell’uomo. Ma “est modus in rebus”: quel che è troppo è troppo.

Ringrazio comunque il popolo svizzero per il coraggio avuto nel votare contro tutti – in Svizzera (praticamente tutta la classe dirigente) e nell’UE. >>

SERGIO PASTORE

6 commenti:

  1. Vorrei protesta contro la pubblicazione di questo ignobile articolo il cui autore è chiaramente un razzsta, un fascista e un misogino. Cosa c'entra la misoginia? C'entra, c'entra. E se non c'entra non importa: calunniate, calunniate, qualcosa resterà ...

    P.S. Nel cappello il curatore del sito è incorso in un errore di non poco conto: l'iniziativa su cui si è votato il 9 febbraio scorso era stata lanciata dall'UDC, l'Unione democratica di centro, l'unico partito che lotta a viso aperto contro l'adesione all'UE. All'estero è considerato un partito xenofobo e di estrema destra: chi difende la sovranità del proprio paese è oggi estremista e fascista!
    L'iniziativa di Ecopop - "Contro la sovrappopolazione e per la salvaguardia delle basi naturali della vita" - è molto più restrittiva di quella dell'UDC che è pure ambigua (dice no alla libera circolazione, ma prevede quote annuali d'immigrati per l'economia: paradossalmente queste quote potrebbero risultare più elevate dei flussi attuali!). L'iniziativa di Ecopop invece esige un incremento demografico dello 0,2% ogni tre anni. Si voterà a fine anno o l'anno prossimo.

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  2. Accidenti, Sergio, pongo subito rimedio al mio errore ! (sorry).

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  3. Purtroppo queste iniziative sono possibili in un piccolo stato senza frontiere marine e ufficialmente fuori dall'Ue. In Europa si verrebbe subito sanzionati e deferiti alla Corte europea per razzismo e apologia di nazifascismo. Migliaia di trombe e tromboni dei media politically correct sarebbero pronti ad accusare i malcapitati delle peggiori infamie e i responsabili verrebbero subito isolati e additati al pubblico ludibrio. Gli esiti di questa poltitica democratica e "de sinistra" sono evidenti a tutti: la cementificazione e l'islamizzazione dell'europa. L'Ue ha tuttavia minacciato la Svizzera, dopo l'esito del recente referendum di bloccare gli spostamenti di capitali. Quale occasione migliore per cominciare una vera decrescita felice?

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  4. Parole sante, caro Agobit.
    Chissà che un giorno non si dirà che questo piccolo referendum svizzero è stato la Stalingrado della crescita a tutti costi.
    D'altra parte la decrescita è scritta nelle cose: sta a noi renderla più o meno infelice.

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  5. articolo molto interessante credo che la Svizzera abbia fatto bene e che anche qui dovreMmo fare la stessa scelta , non sia mai che ci sia qualche posto di lavoro in più per gli italiani e meno gente e meno degrado e meno cementificazione in giro.

    alcune persone quando lo dico mi dicono che sono razzista per cui capisco molto bene (Ah razzista "perchè sei del nord italia", razzista io no?)

    Comunque...bella frase che mi ha colpito:
    I più intelligenti di loro ci spiegano persino che più la gente consuma, più si può investire, quindi creare nuovi posti di lavoro, aumentare i redditi, coi quali si potrà consumare ancora di più ecc. ecc. Scusate, questi non sono Verdi, sono suonati …

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  6. Cara Laura, se c'è un argomento in cui la parola razzista è usata veramente a sproposito è proprio questo. Cosa c'entra la razza con la ricerca di un rapporto ottimale tra popolazione e territorio ? Mistero.
    La cosa più triste è che mentre alcuni usano questo "insulto" per semplice ignoranza, ve ne sono altri che lo usano con malizia, solo per screditare le nostre battaglie.
    Un giorno i fatti ci daranno ragione, ma potrebbe essere una ben magra consolazione.

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