sabato 1 febbraio 2014

Ecce Homo !

Per secoli l’uomo si è baloccato con l’idea, abbastanza infantile, di essere non solo il centro, ma anche il fine ultimo dell’universo, che la divinità avrebbe creato apposta per lui.
Poi, per fortuna, è arrivato Darwin a riportarci “sulla terra” (è proprio il caso di dirlo), spazzando  via tutto il resto. Oggi nessuno, che non sia obnubilato dalle fantasie religiose, può ancora pensare che la nostra specie abbia un ruolo speciale nell’universo. Oppure no ?
L’astro-fisico francese Francois Roddier è riuscito, incredibilmente, ad intravedere una sorta di  “fine ultimo” dell’evoluzione ed ha scritto un libro (“Termodinamica dell’evoluzione”) per dimostrarlo. Ma le sue conclusioni – come ci spiega Matthieu Auzanneau in questo articolo (da Effetto Cassandra) - non sono per nulla consolanti.
LUMEN


<< Mettete dei cubetti di ghiaccio e dell'acqua calda in un Termos, otterrete dell'acqua che rimarrà tiepida; chiudete una mosca in un piccolo contenitore ermetico e lei morirà molto rapidamente: un sistema chiuso, privato di qualsiasi apporto esterno, tende inevitabilmente all'immobilità. Esso vede crollare le sue strutture organizzate. I fisici lo chiamano “l'equilibrio termodinamico”.

L'evoluzione di un sistema aperto, alimentato da un apporto esterno di energia, è più sorprendente, ma non per questo meno familiare.
Quando un sistema riceve un flusso continuo di energia, questo flusso permette la comparsa di “strutture dissipative di energia” (…). Il mondo è pieno di tali strutture.

Le stelle sono delle strutture dissipative d'energia, che trasformano l'energia gravitazionale attraverso delle reazioni nucleari e la dissipano sotto forma di irraggiamento.
Un ciclone è un'altra forma di struttura dissipativa, si dispiega grazie alla differenza di calore fra l'equatore e i poli.
Gli esseri viventi sono in tutta evidenza delle strutture dissipative di energia, così come le società umane, a maggior ragione.

Tutte queste forme molto diverse si strutturano grazie ad una stessa affascinante proprietà: le strutture dissipative si mantengono  producendo dell'energia interamente gratuita convertibile in lavoro meccanico. Per fare questo, esse utilizzano al massimo il flusso di energia nel quale appaiono.
”Le strutture dissipative si auto organizzano in modo tale da massimizzare il flusso di energia che le attraversa”, scrive François Roddier. Di colpo, esse ”massimizzano la velocità alla quale l'energia si dissipa” attraverso di loro.
Ed è là che cominciano i problemi.

Le strutture dissipative obbediscono tutte alle leggi fisiche che regolano il comportamento dell'energia: le leggi della termodinamica. L'energia si conserva (prima legge della termodinamica), ma finisce sempre per dissiparsi sotto forma di calore (seconda legge).
Questa dissipazione è irreversibile. L'energia – elettrica, chimica, ecc. - una volta trasformata in calore, non è più gratuita: essa è più o meno “persa”, nel senso che il calore non può essere interamente riconvertito in lavoro meccanico.
In termodinamica, la misura della dissipazione dell'energia sotto forma di calore, altrimenti detta la misura della disorganizzazione dei sistemi, del disordine irrimediabilmente crescente del mondo, si chiama entropia.

Le strutture dissipative massimizzano la velocità alla quale dissipano l'energia, si può dire che esse massimizzino il tasso di produzione dell'entropia: esiste una legge di produzione massima di entropia (…).
Questa legge, empirica, non è stata perfettamente dimostrata dai matematici.
“Essa tuttavia si conforma all'esperienza”, insiste Roddier (…) “Essa ha il merito di collegare la biologia alle leggi della fisica. Essa si applica anche alle scienze umane. Le società umane si auto organizzano per massimizzare il loro tasso di dissipazione di energia”.

Secondo Roddier, la comparsa nel corso della storia dell'universo di forme di strutture dissipative che massimizzano intorno a sé l'entropia in modo sempre più efficacie, costituisce il senso stesso dell'evoluzione, “dal Big Bang alle scienze sociali”.  (…)
François Roddier, osa presentare la produzione massima di entropia delle strutture dissipative come l'autentica ”terza legge della termodinamica”. (…)

Auto organizzandosi, una struttura dissipativa – stella, organismo vivente, ecc. - riesce a diminuire la sua entropia interna, in cambio di un aumento del flusso di entropia che la attraversa. Essa “esporta la propria entropia”, scrive Roddier.
Tutti dicono che la natura aborrisce il vuoto. Sembrerebbe anche che ogni volta che può, la natura fa comparire queste strutture che lottano contro l'aumento inesorabile dei propri livelli di entropia massimizzando l'entropia dei loro ambienti.

L'astrofisico americano Eric Chaisson ha mostrato nel 2001 che nel corso della storia dell'universo sono apparse delle strutture capaci di dissipare l'energia in modo sempre più efficace, rapportando la loro produzione di energia gratuita alla loro massa.
”E' impressionante constatare che un essere umano dissipa per unità di massa diecimila volte più energia del Sole”, nota Roddier, che afferma: “La terza legge della termodinamica implica che l'Universo si auto organizzi in modo tale da massimizzare il suo tasso di produzione di entropia. Esso crea delle strutture dissipative capaci di produrre dell'energia gratuita e di dissipare questa energia in modo sempre più efficacie”. (…)
Dai lavori di alcuni fisici americani, sembra che un aumento dell'entropia possa essere considerato come una perdita d'informazione.
L'entropia che esportano le strutture dissipative [per conseguenza] “equivale a una importazione di informazione” sul loro ambiente, riassume Roddier (...).
Più una struttura dissipativa sarà in grado d'acquisire dell'informazione sul suo ambiente, più essa massimizzerà la sua produzione di entropia.

Con la comparsa della vita, l'efficacia della dissipazione di energia ha accelerato, afferma Roddier, all'inizio grazie alla trasmissione dell'informazione genetica, poi grazie all'emergere dell'intelligenza, infine grazie all'evoluzione culturale, la quale tende  mettere in comune le intelligenze in modo incessantemente più vasto e più intenso, fino alla comparsa dell'Internet di oggi. (…)
Più una struttura dissipa efficacemente l'energia, più rapidamente essa altera il suo ambiente, più rapidamente questa deve acquisire dell'informazione su quell'ambiente e più evolve di conseguenza al fine di restarvi adattata!

L'umanità sarebbe impegnata in una corsa fra l'accrescimento dell'entropia che essa stessa genera e l'accrescimento dell'informazione che è in grado di aggregare in quanto massimizza la propria produzione di entropia.
Là si ritrova precisamente l'idea di “spirale energia-complessità” che propone l'antropologo americano Joseph Tainter (…)
Questa evoluzione tende necessariamente, secondo Roddier, all'emergere di un “cervello globale che ha cominciato a costituirsi col secolo dei Lumi e dovrebbe portare ad una “simbiosi di tutti gli esseri umani”.

In attesa di realizzare questo antico sogno (…), “il cervello globale dell'umanità attraverserà ineluttabilmente un periodo da incubo”, profetizza a sua volta Roddier: “Le società umane (…) si auto organizzano formando un “cervello globale” capace di memorizzare sempre più informazioni. Queste informazioni permettono loro di dissipare sempre più energia. E' ciò che chiamiamo progresso scientifico e tecnico”.

”Nutrita fin qui dalle energie fossili, una specie di latte materno fornito dalla Terra che l'ha generato, l'umanità si è potuta sviluppare. (…)
Divenuta adulta, essa dovrà apprendere a nutrirsi da sola. L'umanità si renderà allora conto che solo l'energia solare può assicurare la sua sopravvivenza a lungo termine. (…) Tutte le altre forme di energia  - specialmente nucleare – sono escluse, perché, aumentando irreversibilmente la loro entropia, esse portano necessariamente l'umanità alla sua condanna”.

Non sorprende che François Roddier unisca gli “obbiettori della crescita”.
Egli offre alla loro battaglia etica contro l'avidità una giustificazione fisica e biologica, vale a dire ecologica: “La selezione naturale ha favorito la cultura liberale, perché è la specie culturale più adattabile ai cambiamenti. Favorendo la competizione e le disuguaglianze, essa facilita l'adattamento della società ad un progresso tecnico sempre più rapido”.

“Non possiamo né ridurre le disuguaglianze sociali, né proteggere il nostro ambiente senza rallentare la nostra crescita economica. Ma siamo tutti in competizione per massimizzare la dissipazione d'energia”.  
“Il PIL (Prodotto Interno Lordo) di una società è una misura del suo tasso di produzione di entropia. Massimizzando il suo profitto, il produttore massimizza il suo tasso di produzione di entropia”.

“La produzione di energia gratuita è massima quando tutte le operazioni effettuate sono reversibili. E tutti i fisici dicono che una trasformazione è particolarmente più vicina alla reversibilità [se viene] effettuata lentamente.
Quindi dobbiamo rallentare la velocità dei cicli, cioè aumentare la durata di vita di tutti i prodotti che fabbrichiamo”.  >>

MATTHIEU AUZANNEAU

20 commenti:

  1. Mi dispiace me è troppo difficile, mi arrendo, rinuncio a capire.

    RispondiElimina
  2. Ma no, Sergio, non è poi così complicato.

    Il cuore del discorso - secondo me - sta in questa frase:
    << Secondo Roddier, la comparsa nel corso della storia dell'universo di forme di strutture dissipative che massimizzano intorno a sé l'entropia in modo sempre più efficacie (e l'ultima è l'uomo - ndL), costituisce il senso stesso dell'evoluzione, >>

    Quindi, parafrasando Marcello Marchesi, si può ridurre il tutto a una semplice, anche se amara, battuta:
    Siamo nati per distruggere, e ci riusciamo benissimo !

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Accidenti, ma proprio il "cuore del discorso" che riporti è un rebus! Chiediti quanti possano capirlo! È anche che quando comincio a non capire mi scoccio e mi passa la voglia.

      Io mi sono imbattuto nel concetto di entropia una quarantina d'anni fa leggendo il libro di Gerogescu-Roegen, "Demain la décroissance" (sono dunque un decrescentitsta della prima ora!).
      L'entropia è un concetto strano: bassa entropia o.k., più aumenta peggio vanno le cose. Mi sembra di capire che qualsiasi sistema (galassia, stella, essere vivente, cellula, ma anche forse una cultura) siano destinate alla morte (disordine) per aumento dell'entropia (in un sistema chiuso senza flusso di energia dall'esterno). Forse o probabilmente anche l'intero nostro universo è un sistema chiuso e quindi destinato a esaurirsi per entropia (diluizione e scomparsa di qualsiasi informazione, disordine totale). A meno che non giungano forse energia e informazioni dal pluriverso.
      Devo dire però che sono cose per me difficili da afferrare e che perciò mi lasciano perplesso, insoddisfatto. Non so poi se "servano" a me e ai miei contemporanei (che formano la stragrande maggioranza). È che non ho una mentalità scientifica. Mi sembra di possedere una logica e una coerenza, ma per le questioni spicciole dell'umana esistenza, non per i massimi sistemi (che pur esistono, lo so, e influenzano le questioni spicciole in qualche modo). Nel blog di Pardi gli ho posto una domanda forse scema: a che serve il CERN? Penso che serva, cioè ho una certa fiducia nelle autorità che hanno deciso di finanziarlo, a qualcosa deve servire, ma io sono estraneo a quel mondo della ricerca, non sono forse intelligente abbastanza per queste cose (ma sono in numerosa compagnia).
      Spero di non deluderti troppo. Su altre cose ci intendiamo.

      Elimina
  3. Caro Sergio, vedo dal tuo ultimo commento che in realtà, pur non essendo un patito della scienza estrema (tipo CERN e dintorni) il concetto fondamentale di entropia lo conosci piuttosto bene e tanto basta.

    D'altra parte chi segue questo blog non può non avere dimestichezza con questo concetto importantissimo, perchè lo cito molto spesso e lo infilo un po' dappertutto.
    E d'altra parte come si potrebbe evitarlo ?
    Anche se poco conosciuto è un concetto fondamentale che guida tutto l'universo e quindi anche la nostra vita.

    Quindi mettiti il cuore in pace: di entropia ritornerò ancora a parlare parecchio nel mio blog (sperando, magari, di essere ogni volta un po' più chiaro).

    RispondiElimina
  4. Molto interessante ma non capisco la conclusione. Le strutture dissipative tendono ad aumentare l'informazione interna al prezzo di una maggior dissipazione di energia che aumenta l'entropia dell'ambiente in cui si situano. Aumentare l'informazione dovrebbe essere il vantaggio selettivo. La conclusione pero' di Roddier e' che bisogna seguire una strategia di decrescita, quindi una minor utilizzazione dell'energia che condurrebbe teoricamente a minor produzione di informazione del sistema. Diminuirebbe si l'entropia ambientale ma il sistema tenderebbe ad isolarsi con minor informazione. Sarebbe anche meno "liberale" cioe' meno capace di competere secondo la pressione selettiva, come ammette l'autore. Mi sembra che la conclusione sia incastrata li per ragioni piu' "politiche" che logiche...

    RispondiElimina
  5. Caro Agobit, comprendo le tue perplessita, ma forse la conclusione di Roddier è solo la conseguenza inevitabile del modo in cui ragiona uno scienziato.
    La scienza può solo dirti che c'è un certo rapporto tra A e B, oppure che se desideri ottenere X devi fare Y.
    Non potrà mai dirti se è giusto, etico, desiderabile, ottenere Y.
    Questo dobbiamo trovarlo da soli e, forse, i veri "limiti" della scienza (a cui spesso vengono delegate risposte che non le competono) non proprio questi.

    RispondiElimina
  6. "La scienza non potrà mai dirti se è giusto, etico, desiderabile, ottenere Y."

    E perché no visto che gli stessi scienziati, in quanto uomini, sanno che cosa è giusto, etico, desiderabile (ovviamente dal loro punto di vista soggettivo che è influenzato dall'etica, dall'estetica, dalle visioni di una certa epoca)?

    Se io faccio ricerca in vista di ottenere un certo risultato non faccio ricerca pura. La ricerca pura è sganciata dall'etica, dall'economia, dalla tecnologia ecc. (nella misura del possibile ovviamente). Ci sono imprese che pagano dipendenti per non fare quasi niente, solo pensare, e solo quando ne hanno voglia: godono perciò di libertà assoluta. L'impresa investe non sul breve periodo, ma sul lungo. E proprio da questo tipo di ricerca libera possono venire sorprese, anche gradite, anche sfruttabili poi in campo economico. Tuttavia questi liberi ricercatori possono in un secondo momento porsi come soggetti responsabili verso le proprie scoperte - e magari decidere di non proseguire le ricerche in un certo campo, perché ritenute poco desiderabili, distruttive.
    Dunque la ricerca pura va bene, anzi se non è il più possibilmente pura non è nemmeno ricerca. Ma poi viene anche il momento di giudicare se le possibili applicazioni non siano pericolose, ingiuste, esiziali.
    Ti ricordo Majorana (secondo Sciascia - che credo prese un granchio, ma gli piacque immaginare che Majorana si fosse rifiutato di proseguire certe richerche, mentre invece era probabilmente solo un depresso). O Fermi che pensava che prima o poi qualche pazzo l'atomica l'avrebbe sganciata e l'idea lo deprimeva.

    RispondiElimina
  7. Caro Sergio,
    discorso molto serio e delicato quello che fai tu.
    Certo uno scienziato è anche un uomo e non può non avere le sue idee sulle conseguenze delle sue ricerche.
    Però, in linea teorica, è possibile scindere il ragionamento dello scienziato da quello dell'uomo.
    E soprattutto occorre ribadire - visto che viviamo in un'epoca in cui la scienza sembra essere onnisciente e onnipotente - che non si possono delegare alla scienza, cioè agli scienziati in quanto tali, le decisioni etiche che gli uomini devono prendere in quanto uomini.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guarda caso, proprio oggi il Giornale (!) pubblica un bell'articolo di Veneziani sulla scienza, assolutamente condivisibile:

      http://www.ilgiornale.it/news/cultura/scienza-democratica-o-retorica-o-dittatura-988399.html

      Elimina
  8. << La scienza, come sappiamo, >> dice Veneziani nell'articolo << sorge da un sapere non finalizzato all'utile ma alla pura conoscenza; anche se poi le sue scoperte sono applicate tramite la tecnica e modificano la vita, l'ambiente, il mondo, i rapporti sociali. Perduto il suo significato originario di conoscenza, la scienza da un verso si è assoggettata al dominio pratico e funzionale della tecnica e asservita al potere o al profitto; dall'altro è assurta a ideologia o teologia, vestendo i paramenti sacri dello scientismo. >>

    Sono d'accordo sulla premessa ed anche sul rischio utilitaristico, ma la scienza che diventa teologia mi pare un'esagerazione.
    Mi sembra cioè la classica accusa buttata lì per confondere le idee e screditare la scienza intrecciandola con una dimensione religiosa, che della scienza è l'esatto contrario.
    Ma posso sbagliare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, teologia stona, un po' come quanto ti dicono che anche l'ateismo è una fede (nella non esistenza di Dio). Bastava dire che la scienza - o meglio lo scientismo - può assurgere a ideologia (e quindi non è più nemmeno scienza).

      Elimina
  9. "La selezione naturale ha favorito la cultura liberale, perché è la specie culturale più adattabile ai cambiamenti"

    Questo è, a mio modo di vedere, insostenibile. La cultura liberale è stata favorita dall'opposto della selezione naturale, aver cercato di costruire società ovattate, in cui se hai un handicap non ti gettano giù da una rupe, ma ti danno un lavoro e quant'altro. Le società liberali sono il trionfo dell'artificio e della convezione borghese, che hanno "sospeso" per un po', entro limiti importanti, la selezione. Al posto di questa io metterei solo il progresso tecnologico, la scolarizzazione ed il benessere di massa, fattori socioeconomici insomma, non biologici. Semmai, di fronte alla forza della tendenza di fondo all'entropia, l'artificio liberale può durare ancora per poco, quello sì.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    2. Dunque viva la selezione naturale? Buttare giù da una rupe l'inadatto? Credo però che la "società ovattata" sia piuttosto il frutto dell'influsso del cristianesimo che ha trasformato il mondo in un'infermeria. Oggi abbiamo la selezione all'incontrario: gli inadatti dettano legge a chi li mantiene per via dei diritti acquisiti. Quo usque tandem?
      Ma se tieni un discorso simile come minimo ti danno del fascista, oggi sono tutti buoni (col culo degli altri).

      Elimina
    3. Ti basta solo parlare di sovrappopolazione, o di limitare gli ingressi come voleva Ecopop, e qualcuno che ti dà del fascista lo trovi di sicuro, anche se poi, come dicevi bene tu, tirano per la loro strada.
      Non so se ricordi il caso di Giubilini e Minerva, i due ricercatori che un paio d'anni fà scrissero un articolo sull'aborto post-parto (infanticidio, das ist mir egal). Non faceva una grinza. Lo stesso Sartori ricordava come per lo stesso Tommaso d'Aquino l'anima "razionale", quella che ci rende uomini, arrivasse tardi, non al concepimento e nemmeno alla nascita. Se uno esamina la cosa da un punto di vista logico, non c è niente da ridire. Ed invece sono venuto a sapere dell'articolo solo per lo scandalo dei cattolici. Su Famiglia catto-comunista, tanto per deprecare, parlavano di una coppia che si è tenuta una bambina anencefala, facendola pure battezzare (la seconda cosa spiega la prima, direi) e di un'altra che ha avuto un figlio con la terribile trisomia 18, e che "è cresciuto bene finché è vissuto, cioè un anno". Quando leggo di orrori simili, la mia ammirazione per gli antichi Spartani cresce a dismisura (conta poco se le ricerche sul Taigeto non abbiano confermato le parole di Plutarco, magari qualche cristianuccio col pallino della storia passa e legge. Il modello dovrebbe essere quello. Non è che un figlio nasce, e i genitori, come ora, lo prendono, se lo portano a casa, e battezzano un involucro senza cervello).
      Sì alla seconda domanda, alla prima direi che è indifferente dire sì o no. A me la selezione naturale e i suoi meccanismi intrinseci non piacciono per niente e non dico viva, però ci sono, neanche posso dire abbasso. Ci sono e non andrebbero contrastati.
      Sul cristianesimo non sono d'accordo. I pagani di età tardo-antica si lamentavano che i cristiani trionfanti non manifestassero verso di loro la mansuetudine che predicavano (lamentela tanto giusta quanto ingenua. Quando passo davanti all'Athenaion, a Siracusa, mi viene da piangere, a vedere come lo hanno ridotto). E nel MedioEvo, il dominio incontrastato del cristianesimo non impediva che la rozzezza dei tempi emergesse in un'enorme varietà di forme. E' il benessere, caro Sergio, come scrive sotto anche Lumen. Che poi il cristianesimo ci stia bene nell'ovatta è indubbio.

      Elimina
    4. Sì, il cristianesimo del primo e anche secondo millennio predicava bene e razzolava male, anche perché le condizioni di vita era durissime, c'era poco spazio per la pietà. Tuttavia la predicazione delle virtù cristiane qualche influsso deve averlo avuto. Stendhal sosteneva che i costumi si erano raddolciti non per merito del cristianesimo, ma per l'evoluzione culturale.
      Per S. Tommaso l'anima immortale è insufflata al terzo mese, non so se distingua da questa l'anima razionale.
      Non conoscevo il caso suscitato da Giubini e Minerva. Mi sono informato, ma non risulta chiaro se pensano alla soppressione di bambini con handicap gravissimi o di qualsiasi bambino rifiutato dai genitori. Se il bambino è sano l'affidamento è una buona soluzione. I Romani avevano diritto assoluto di vita e di morte sui propri figli indipendentemente dal loro stato.
      Lo scandalo dei cattolici su queste questioni è funzionale al loro ormai estremo tentativo di essere presi ancora sul serio imponendo la loro visione. Da S. Tommaso sono passati a GP II per cui la vita è sacra non appena lo spermatozoo penetra nell'uovo. Si potrebbe sottilizzare e chiedere se basta solo che tocchi l'uovo o se vi deve penetrare almeno la testa per tre quarti o intera …
      Probabile che il benessere ci abbia reso tutti più sensibili a pseudoproblemi: è per così dire il nostro lusso. In Africa una madre fa quello che può e se non va deposita il bambino morto sulla spazzatura senza troppe ambagi.

      Elimina
    5. I due ricercatori consideravano in effetti la possibilità dell'adozione, mettendone in evidenza i possibili risvolti negativi, prove scientifiche alla mano (sentimento di perdita, speranza di ritorno che può diventare insanabile difficoltà ad accettare il distacco, fino al tormento) e concludendo che è un'alternativa non necessariamente migliore per la madre.
      Ad ogni modo, il cuore del discorso era relativo alla equiparazione fra feto e neonato; entrambi non hanno autocoscienza, e possono dirsi persone solo in potenza. Se l'aborto è lecito, anche quello post-nascita dovrebbe esserlo. Hanno evidentemente ragione, contro di loro ho letto solo sciocche eccezioni morali. Quindi il discorso era relativo a neonati tout court, sani, anche se consideravano alcuni casi di malattie. Ti portavo quegli esempi di bambini nati in quelle condizioni per dire che razza di reazioni i cristiani sono stati capaci di tirare fuori nel loro scandalo.

      Elimina
    6. In effetti su questi argomenti i Cristiani non solo sono ridicoli, ma sono anche meno coerenti di quello che vorrebbero far credere (si va disinvoltamente dal terzo mese ex post di San Tommaso al povero spermatozoo ex ante).
      Senza contare poi la forbice (che mi pare sempre maggiore) tra la teoria dei precetti e la pratica dei fedeli.
      Un bel guazzabuglio che rende ancora più ingiustificata la loro pretesa di essere un punto di riferimento etico per l'intera umanità.

      Elimina
  10. Considerazioni molto interessanti, quelle di Francesco e di Sergio.
    In effetti l'intreccio in cui si dibatte l'uomo di oggi, sballottato tra cinismo evoluzionistico e buonismo culturale, è davvero difficile da sbrogliare.

    Il tutto, poi, complicato dal fatto che il buonismo attuale, prima ancora che figlio della cultura (magari crisitana), mi sembra figlio della ricchezza facile portata dal petrolio.
    Ma questo è un discorso lungo che ci porterebbe troppo lontano.

    RispondiElimina