sabato 27 novembre 2010

Non c'è giustizia a questo mondo

LUMEN: Eugenio, amico mio, che ti è successo ? Hai una faccia !

EUGENIO: Caro Lumen, ho bisogno di un po’ di conforto.
LUMEN: Sono qua. Sfogati pure.

EUGENIO: Sono stato vittima di una grave ingiustizia sul posto lavoro. Avevo diritto ad un certo bonus economico, e non me l’hanno riconosciuto.
LUMEN: Me ne dispiace, ma sono cose che succedono.

EUGENIO: D’altra parte non sono neppure l’unico. Il mondo è pieno di ingiustizie a tutti i livelli. Basta guardarsi intorno.
LUMEN: Questo è verissimo.

EUGENIO: Quindi mi consolo un poco con il vecchio detto “mal comune mezzo gaudio”.
LUMEN: In effetti, a volte funziona.

EUGENIO: Però, credimi, la presenza di tutta questa ingiustizia mi fa star male. Come sarebbe bello un mondo con più giustizia.
LUMEN: Sarebbe bello, sì. Peccato che sia impossibile.

EUGENIO: E perché ? Bisogna solo impegnarsi di più. C’è tanta gente di buona volontà che non chiede altro.
LUMEN:  Ti assicuro che non è vero.

EUGENIO: Non sei convinto che la maggioranza delle persone non chieda altro che un mondo più giusto ?
LUMEN: No, non ne sono per nulla convinto.

EUGENIO: Mi sorprendi. E perché mai ?
LUMEN: Te lo dimostro subito. Cosa vuol dire giustizia, secondo te ?

EUGENIO: Beh, direi sostanzialmente avere quanto ci spetta, essere riconosciuti per i propri meriti.
LUMEN: Su questo siamo tutti d'accordo, anche se non è poi così facile. 

EUGENIO: E perchè ?
LUMEN: Perchè, quando si tratta di valutare i nostri meriti, siamo tutti un po' troppo generosi con noi stessi.

EUGENIO: Questo è vero.
LUMEN: Ma la giustizia non è solo questo.

EUGENIO: E cosa c’è ancora ?
LUMEN: La disponibilità a pagare per i propri errori. E questo nessuno è disposto ad accettarlo serenamente.

EUGENIO: Beh, in effetti…
LUMEN: Di fronte alle colpe ed alle responsabilità, tutti quanti noi siamo pronti a trovare ogni cavillo, ogni scappatoia ed ogni giustificazione, pur di evitarne le conseguenze. Non è vero ?

EUGENIO: Temo che tu abbia ragione.
LUMEN: E quindi il mondo non potrà mai essere veramente giusto. Perché la vera giustizia, la giustizia considerata in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi, in realtà, nessuno la vuole.

EUGENIO: E quindi cosa ci resta  ?
LUMEN: Ci resta la legalità e la democrazia, ovvero il rispetto delle regole condivise. E, credimi, non è affatto poco.

Scacchi matti

Due brevi aneddoti storici legati al mondo degli scacchi, raccontati da Mario Leoncini. 

LUMEN


CHI LA FA L'ASPETTI
 

Il maestro italiano Romolo Ovidi durante il fascismo era emigrato in Argentina e al termine della guerra fece ritorno in Italia. Installò il suo quartier generale a Roma, presso il caffè Breccia in via XX Settembre.
Lì predisponeva scacchi e scacchiera e rimaneva in attesa. Quando capitava qualcuno che non lo conosceva giocava un paio di partite con in posta un caffè e faceva in modo di perdere.
Alla terza partita, con la scusa che troppi caffè fanno male, proponeva di giocare di soldi. Se l’avversario accettava tornava ad essere il maestro di sempre e bastonava ben bene il malcapitato.

Un giorno, alla fine degli anni ‘40, l’ambasciatore sovietico chiese ad Alberto Pane, socio dell’Accademia romana ed ottimo conoscitore della lingua russa, di fare da cicerone ad un grande maestro sovietico in visita a Roma: Paul Keres, all’epoca tra i due o tre giocatori più forti del mondo.
Da buontemponi quali erano gli scacchisti romani non si lasciarono sfuggire l’occasione di giocare uno scherzo all’Ovidi. Si presentarono al caffè Breccia col vice campione del mondo e lo misero di fronte al maestro italiano.
La prima partita fu una vera saga degli errori perché entrambi si impegnarono a giocare male. Alla fine Keres riuscì “a vincere” quella partita. Gongolante, sicuro di avere il pollo cotto al punto giusto, l’Ovidi passò alla seconda parte del piano e propose una sfida con posta in denaro, sfida che il sovietico prontamente accettò.
Le cronache raccontano che l’Ovidi tornò a giocare da maestro, ma Keres tornò a giocare da vice campione del mondo. L’Ovidi non tardò a scoprire di che pasta fosse fatto il suo avversario e, capendo il raggiro, a metà partita fece saltare per aria e pezzi e scacchiera.


CHI DICE DONNA DICE DANNO
 
Nel piroscafo che l’avrebbe portato a New York, Emanuel Lasker s’imbatté in due giocatori di scacchi e s’avvicinò al tavolo per guardare.
Alla fine della partita il vincitore invitò Lasker a giocare ma il campione del mondo si schermì affermando che sapeva appena muovere i pezzi. Sentendosi un esperto, l’altro lo invitò di nuovo proponendogli il vantaggio della Donna. 
Lasker accettò e perse apposta quella prima partita al termine della quale disse: “Credo di aver capito perché ho perso” e tra lo stupore generale aggiunse “Ho perso perché avevo la Donna in più!”

Tra l’ilarità generale l’avversario spiegò che si sbagliava di grosso, che la Donna in più rappresentava un vantaggio incolmabile. Ma Lasker insistette così tanto che, tra il sorriso beffardo dei presenti e la commiserazione dell’avversario, alla fine riuscì a cominciare una
nuova partita con la Donna di svantaggio. 

Naturalmente vinse quella nuova partita lasciando tutti nella costernazione mentre lui, tronfio, poteva annunciare che la sua teoria era stata pienamente confermata.
Lo stupore venne meno quando, in seguito, si sparse la voce che sulla nave viaggiava il campione del mondo di scacchi.

Testa o Croce

EUGENIO – Lumen, sono in difficoltà. Devo prendere una decisione importante per il mio futuro e  non so che cosa voglio davvero.
LUMEN – Si vede dalla tua espressione..

EUGENIO - E’ che non è mica facile prendere decisioni. Non basta analizzare  tutti i pro e i contro della questione. Bisogna anche sapere davvero quello che si vuole.
LUMEN – Proprio così.

EUGENIO – Mi sento come smarrito.
LUMEN – Beh, anche io lo ero, in passato. Ora però ho risolto il problema, da molto tempo.

EUGENIO - Ah sì ? Piacerebbe anche a me avere la soluzione pronta.
LUMEN - Non è difficile. Se vuoi te lo posso insegnare.

EUGENIO -  Ecco sì, grazie. Insegnamelo che ne ho proprio bisogno.
LUMEN - Beh, è semplice. Si prende una moneta….

EUGENIO -   …e si fa a testa o croce. Come no !
LUMEN - La sai già ?

EUGENIO -   Lumen, tu vuoi farti beffe di me.
LUMEN - Nemmeno per idea. Forse, se mi lasci finire….

EUGENIO -   E cosa c’è da finire. Il “testa o croce” con la moneta è un sistema vecchio come il cucco. E inoltre non mi sembra proprio degno di una persona seria. Lasciare decidere al caso… Non mi pare  una cosa sensata.
LUMEN - Ma io non lascio decidere al caso.

EUGENIO -    E allora come fai ?
LUMEN - Ma è semplice. Prendo una moneta e decido che, se viene testa, faccio in un modo e, se viene croce, faccio nel modo opposto.

EUGENIO – Questo lo fanno tutti.
LUMEN - Poi prima di lanciarla mi concentro e….

EUGENIO -   … e ?
LUMEN  - Penso mentalmente se vorrei che venisse testa oppure croce. Ti assicuro che non mi è mai indifferente la scelta che affido alla moneta. In realtà succede sempre che preferisco una delle due soluzioni e quindi una delle due facce.

EUGENIO - Sì è vero, succede anche a me.
LUMEN – Non mi stupisce. Credo che succeda a tutti.

EUGENIO -    E poi ?
LUMEN - Poi cosa ?

EUGENIO -  Dopo che hai lanciato la moneta. E se viene l’opposto di quello che desideravi ?
LUMEN - Ma io non lancio più la moneta, perché ormai ho già deciso.

EUGENIO - Oh, questa poi !
LUMEN - In questo modo, io faccio quello che desideravo veramente. Io lo sapevo già, dentro di me, ma non me ne rendevo conto. La moneta mi serve solo per farlo affiorare ben chiaro nella mia mente.

sabato 13 novembre 2010

Il piacere dell'Onestà

IL DECALOGO DELL'ONESTA'
di Dario Bernazza


1 - L'onesto vive nella stima, nel compiacimento e nell'ammirazione di sè verso se stesso.

2 - L'onesto, e solo l'onesto, può avere dei veri amici.

3 - L'onesto non è mai costretto a scendere a compromessi: nè con gli altri nè, soprattutto, con se stesso.

4 - L'onesto non è ricattabile.

5 - L'onesto gode del piacere di sentirsi sempre pulito: un piacere raffinato e per raffinati.

6 - L'onesto è più tranquillo, più regolato e più contento del disonesto.

7 - L'onesto gode della stima, del rispetto e dell'adesione di chi gli vive intorno.

8 - L'onesto abile si rivela sempre più autorevole del disonesto abile.

9 - L'onesto "accorto" vede sempre più chiaro e più lontano del disonesto.

10 - L'onesto può conoscere l'amarezza, ma mai la vergogna; può patire la calunnia, ma mai il disonore; può dover subire un insuccesso, ma mai la disistima: nè dagli altri, nè da se stesso.

11 - L'onesto riscuote la massima fiducia da tutti: da amici e da nemici.

12 - Nella maggior parte delle attività umane, l'onestà, se usata con accortezza, è il principale fattore di successo.

13 - Quando l'onesto vede commettere un'azione disonesta, stia pur sicuro che il disonesto la sconterà; forse l'onesto non saprà mai il come e il quando, ma prima o poi il disonesto la sconterà, e la scontrerà cara.

 

Essere Immortali

NOTARO - Buongiorno signori, e grazie di essere venuti. Voi siete il signor Mattia Marconi, vero ?
MATTIA – Esatto.

NOTARO – Voi invece siete il signor Tonio Berti.
TONIO – Sì, signore.

NOTARO - Ed ora veniamo al motivo per cui vi ho convocato. Dovete sapere che esattamente cento anni fa, due vostri antenati fecero una curiosa scommessa.
MATTIA – Una scommessa ?

NOTARO - Si trattava del signor Ambrogio Marconi, nonno del qui presente signor Mattia, e del signor Cristoforo Berti, bisnonno del signor Tonio. I due vostri antenati erano molto amici, erano giovani e pieni di ottimismo. Decisero pertanto di ideare la scommessa della loro vita e, per realizzarla, si rivolsero ad un Notaio.
TONIO – Addirittura.

NOTARO - Gli consegnarono una somma di denaro, metà per ciascuno, gli dettarono gli estremi della scommessa e gli diedero l'incarico, trascorsi cento anni esatti, di rintracciare i rispettivi eredi, verificare il vincitore e attribuire la posta in palio all'erede di quello tra loro che fosse risultato vincitore. Cento anni sono appunto scaduti oggi. Ovviamente quel Notaio non è più tra noi, ma io ne ho rilevato lo studio, e quindi anche questo incarico. Qualche domanda ?
MATTIA - Se ho capito bene, sarete voi il giudice della scommessa.

NOTARO - Esatto. Giudice unico e inappellabile, secondo la precisa volontà dei vostri antenati. La cosa vi crea dei problemi ?
MATTIA - Per carità, non abbiamo nessun motivo di dubitare della Vostra rettitudine.

NOTARO – Avete qualche osservazione da fare, signor Berti ?
TONIO - Ecco ... volevo sapere a quanto ammonta il premio per il vincitore.

NOTARO - È una grossa somma. Sicuramente interessante. Vedete, il versamento iniziale dei vostri antenati non era molto elevata, ma venne fatta fruttare con cura dal mio predecessore. E poi da me. Ad oggi, cari signori, dedotte le spese e le mie competenze, la somma depositata ammonta a quasi mezzo milione di euro !
MATTIA - Mica male ...
TONIO – Mezzo milione. Madonna mia bella. Una scommessa da mezzo milione ....

NOTARO - E veniamo ora al contenuto vero e proprio della scommessa. Si tratta di una cosa piuttosto curiosa. I vostri due antenati, come vi ho già detto, erano all'epoca molto giovani, ottimisti, esuberanti e affascinati dal successo. Scommisero pertanto sulla loro vita futura. Per usare le loro stesse parole: "vincerà colui tra noi che sarà riuscito a diventare IMMORTALE".
MATTIA – Interessante.
TONIO - Immortale ? E che significa ?

NOTARO - Qui non dice altro. Lascio a voi, signori, il compito di provare l'immortalità del vostro rispettivo antenato. Io mi limiterò a giudicare.
TONIO – Ma, ma…. come faremo ?

NOTARO - Mi dispiace, ma non ci sono indicazioni al riguardo. Questo è affar vostro. Il documento precisa soltanto che avrete dieci giorni di tempo per provvedere. Signor Marconi, Voi avete qualche osservazione da fare ?
MATTIA - Nessuna.

NOTARO - Signor Berti, qualche obbiezione.
TONIO – Non so che dire…

NOTARO - Bene, signori, il mio compito per il momento è terminato. Ci rivedremo qui nel mio studio tra dieci giorni alla stessa ora. Buona ricerca, signori. E buona fortuna.
 
* * * * *
 
NOTARO - Allora, signori, i dieci giorni sono passati. Avete preparato le vostre prove ?
MATTIA – Certamente.

NOTARO - Bene, bene. Chi vuole cominciare ? Voi, signor Marconi ?
TONIO – Per me va bene.

NOTARO – Forza allora.
MATTIA - Ho ricostruito facilmente la vita di mio nonno Ambrogio, perchè è risaputo che fu un grande architetto del secolo scorso. Progettò e fece costruire moltissimi palazzi e altre opere pubbliche, tutt'ora visibili e ammirate in tutta Italia. Questo è l'elenco completo, che mi permetto di consegnarvi e vi prego di guardare.
Penso che non vi sia dubbio sul fatto che mio nonno Ambrogio sia stato un "grande". Un architetto che segnò un epoca, autore di opere che parlano di lui da decenni e continueranno a farlo ancora per secoli. In una parola "immortale". Ho finito.

NOTARO – Molto bene. Ora tocca a Voi, signor Berti.
TONIO - Temo che, dal punto di vista professionale, il mio povero bisnonno non possa sicuramente competere con il suo amico di gioventù. Se Ambrogio Marconi fu un grande architetto italiano, Cristoforo Berti fu un semplice impiegato delle Regie Poste, che andò in pensione dopo una vita semplice, senza avere nulla da mostrare alla gente se non l'onestà quotidiana del proprio lavoro.

NOTARO - Virtù meritoria, signor Berti. Ma certo è un pò poco ai fini della nostra scommessa.
TONIO - Ne convengo.

NOTARO - Non si può negare che la notorietà di Ambrogio Marconi è sicuramente un'altra cosa.
TONIO - È un'altra cosa, certo. Però ...

NOTARO - Però ?
TONIO - Ecco, c'è forse un'altra considerazione da fare.

NOTARO - Dite.
TONIO - Non avendo altro da fare in questi dieci giorni, mi sono messo a studiare le famiglie del mio bisnonno e del suo amico di gioventù e ho scoperto una cosa curiosa. Mi consentite di rivolgere una domanda al mio “avversario” ?

NOTARO - Prego.
TONIO - Signor Marconi, mi risulta che Voi non siate sposato e non abbiate figli. È esatto ? MATTIA - Purtroppo si. Ma non vedo quale importanza possa avere....
TONIO – Ve lo dirò fra poco. Non ha fratelli e non ha nipoti. Anche questo è esatto ? 
MATTIA - È esatto.
 

TONIO - Quindi Voi potreste essere l'ultimo discendente della famiglia Marconi. 
MATTIA - Sì, purtroppo. Ma non vedo cosa c'entri questo con le opere di mio nonno.
TONIO - Vedete, il fatto è che invece, per quanto riguarda la mia famiglia, le cose stanno esattamente all'opposto.

NOTARO – Interessante.
TONIO - Mio bisnonno Cristoforo ebbe 5 figli, dai quali vennero 14 nipoti, cui seguirono 27 pronipoti. Come risulta da questo documento, ad oggi la stirpe del buon Cristoforo Berti conta esattamente 52 discendenti.
MATTIA - Tutto questo è ridicolo ed estraneo al contenuto della scommessa.
 

TONIO - No, signor Marconi, vi sbagliate. Il vostro antenato è stato sicuramente più famoso del mio, non lo nego, ma qui si sta parlando di immortalità, non di fama. 
MATTIA – E’ la stessa cosa.
TONIO – No, non lo è. Signor Notaio, Vi chiedo di pronunciare il verdetto. Chi è stato più immortale: Ambrogio Marconi, che ha costruito tanti palazzi, ma la cui discendenza si fermerà inevitabilmente tra qualche decina d'anni, o il mio bisnonno Cristoforo Berti, umile impiegato, il cui sangue scorre in 52 persone e continuerà a scorrere ancora per centinaia di anni ?

NOTARO - Temo, signor Marconi, che la scommessa sia stata vinta dal Vostro rivale. Direi stravinta per 52 a 1. In effetti l'unica cosa che può rendere veramente un uomo immortale è la sua discendenza di sangue. Solo quella.
 
* * * * *
 
LUMEN – E no, caro il mio signor Notaio, Voi vi siete sbagliato, e anche di grosso.
 
NOTARO – Come sarebbe a dire ?
LUMEN - Che il genotipo diventi immortale tramite la sua discendenza è noto, ma la scommessa non riguardava il genotipo del signor Berti contro il genotipo del signor Marconi, ma solo le loro persone, quindi i loro fenotipi.
 
NOTARO – E allora ?
LUMEN – E allora la discendenza di sangue è cosa che interessa solo al genotipo. Per il fenotipo tutto finisce con la morte. Quindi la discendenza del signor Berti non conta nulla.
 
NOTARO – Ma se ragioniamo così, anche la fama del signor Marconi non conta nulla.
LUMEN – Certamente.
 
NOTARO – E allora come facciamo ? Chi ha vinto questa benedetta scommessa ?
LUMEN – E’ semplice. Chi è morto per primo: il bisnonno del signor Berti o il nonno del signor Marconi ?
 
NOTARO – Il signor Cristoforo Berti è morto parecchi anni prima del signor Ambrogio Marconi. Su questo non ci sono dubbi.
LUMEN – E allora la scommessa l’ha vinta il signor Marconi. E’ vissuto più a lungo e per un fenotipo tanto basta.
 
NOTARO - Quindi il premio deve andare a suo nipote, il signor Mattia Marconi ?
LUMEN – Senza alcun dubbio.

sabato 6 novembre 2010

De rerum natura

Alcune considerazioni del grande biologo evoluzionista Richard Dawkins sulla natura, gli esseri viventi ed i meccanismi che li regolano. LUMEN


<< La natura non è crudele, è solo spietatamente indifferente. Questa è una delle più dure lezioni che un essere umano debba imparare.
Noi non riusciamo ad ammettere che gli eventi della vita possano essere né positivi né negativi, né spietati né compassionevoli, ma semplicemente indifferenti alla sofferenza, mancanti di scopo.
 
 
I teologi fanno del loro meglio per liquidare un tema preoccupante come il "problema del male" con il conseguente "problema della sofferenza" […]
In un universo di cieche forze fisiche e di duplicazione genetica, alcune persone rimangono danneggiate mentre altre sono fortunate, e in tutto ciò non vi è né ragione né giustizia […]
Il DNA non sa nulla e non si cura di nulla. Il DNA, semplicemente, è. E noi danziamo alla sua musica.


L'evoluzione non ha un obiettivo a lungo termine.
Non c'è un bersaglio lontano, nessuna perfezione finale funge da criterio per la selezione, anche se la vanità umana accarezza la nozione assurda che obiettivo finale dell'evoluzione sia la nostra specie.


I GENI non si preoccupano per le sofferenze degli organismi perché in realtà non si preoccupano di nulla.




La selezione naturale è l'orologiaio cieco, cieco perché non vede dinanzi a sé, non pianifica conseguenze, non ha in vista alcun fine.
Eppure, i risultati viventi della selezione naturale ci danno un'impressione molto efficace dell'esistenza di un disegno intenzionale di un maestro orologiaio.
Che alla base della complessità della natura vivente ci sia un disegno intenzionale, è però solo un'illusione.



La vita intelligente su un pianeta raggiunge un traguardo cruciale quando per la prima volta comprende le ragioni della sua stessa esistenza. Organismi viventi sono esistiti su questa terra, senza nemmeno sapere perché, per più di tre miliardi di anni, prima che la verità finalmente albeggiasse su uno di loro. Il suo nome era Charles Darwin.


Neanche uno dei miei progenitori morì giovane. Neanche uno dei miei progenitori non riuscì ad accoppiarsi. Molti altri individui morirono giovani e non riuscirono ad accoppiarsi, ma non sono divenuti progenitori. È assolutamente ovvio, ma a ciò fa seguito molto altro. Significa che ogni singolo essere vivente ha ereditato i geni di un'ininterrotta linea di progenitori di successo.


L'unità fondamentale della selezione, e quindi dell'egoismo, non è né la specie né il gruppo e neppure, in senso stretto, l'individuo, ma il gene, l'unità dell'ereditarietà.

 
Se solo gli individui di un gruppo avessero il dono della lungimiranza, potrebbero capire che, a lungo termine, la cosa migliore per loro è resistere alle tendenze egoistiche, per impedire la distruzione dell’intero gruppo. Ma l’estinzione di un gruppo è un processo lento rispetto alla rapida morsa di eventi nella competizione individuale. Anche quando il gruppo sta lentamente e inesorabilmente declinando, ci sono individui egoistici che fanno carriera a breve termine, alle spese degli altruisti. >>

RICHARD DAWKINS