giovedì 18 aprile 2024

Appunti di Geo-Politica - (3)

Nuove considerazioni, tratte dal web, sulla situazione politica internazionale, che appare sempre più complicata e conflittuale.
LUMEN



UN PAESE FINITO
L’Ucraina è un Paese finito, spacciato, senza più futuro. Il futuro dell’Ucraina sarà deciso da Putin. Sarà Putin a decidere quanto territorio rimarrà all’Ucraina, quale sarà il suo apparato bellico e quali saranno le sue alleanze militari future.
L’Ucraina ha perso la guerra. È senza soldati, senza soldi, senza munizioni, senza una difesa antiaerea degna di questo nome, senza aerei da guerra. L’Ucraina sta sempre peggio ogni nuovo giorno che Dio manda sulla Terra.
La sua situazione non migliorerà mai. Potrà soltanto peggiorare giacché per ogni proiettile della Nato che l'Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l'Ucraina.
Dunque, mi chiedete perché l’Italia continui a inviare armi visto che la prosecuzione della guerra causerà perdite umane e territoriali sempre più grandi all’Ucraina. Ecco la risposta: perché l’Italia deve finanziare la campagna elettorale di Biden. Il vecchio Joe deve presentarsi al voto di novembre potendo dire che l’Ucraina combatte ancora, che resiste, che c’è ancora speranza. (…)
Ecco, se voi volete capire che cosa significhi prendere un popolo e mandarlo al massacro con un cinismo disumano, studiate la storia della guerra in Ucraina.
ALESSANDRO ORSINI


IL SISTEMA PUTIN
Perche' Putin 'proietta' delle elezioni inesistenti, mentre per esempio Kim Jong di Korea non lo fa, o non lo fa Xi in Cina?
La risposta e' che sia Xi che Kim sono i prodotti di sistemi, di sistemi di governo precisi, con ideologie ed economie, e sono l'espressione di sistemi organizzati con precisione per produrre lo Xi e il Kim della situazione. Putin invece non e' organico a nulla.
Se chiedessi che sistema ha prodotto Stalin, beh, indicheremmo il comunismo sovietico, sistema che aveva i propri metodi per eleggere il leader. Anche in URSS si votava , per quanto potendo votare solo delegati di altri partiti comunisti (agricoltori, operai, eccetera) il risultato sarebbe stato comunque un comunista sovietico.
Il vero problema di Putin e' che non ha dietro di se' un sistema davvero organizzato per produrre uno come lui. Semmai e' arrivato al potere, ma nulla dice che se domani gli venisse un infarto il sistema di potere eleggerebbe uno come Putin, o che si perpetuerebbe.
Il sistema politico di Putin poggia interamente sulle spalle di Putin. Cosa succederebbe alla sua morte, non lo sa nessuno, mentre sappiamo benissimo che se morisse Xi , si riunirebbe il Politburo, poi i delegati del plenum, eccetera eccetera eccetera. Il sistema resisterebbe e gli ingranaggi si muoverebbero come prevedibile.
URIEL FANELLI


BIDEN E TRUMP
Il mondo che lascerà Joe Biden al termine del suo mandato è una bomba a orologeria, un pianeta ulcerato ed esplosivo, a sud come a est, tra scenari di guerra e tensioni internazionali, dall’Ucraina alla Palestina, a tutto il Medio Oriente, alla Corea, alla Cina. E dall’Onu alla Corte dell’Aia.
L’odio verso l’Occidente è cresciuto nel mondo, i desideri di vendetta e di rivalsa covano in molti focolai e la pace mondiale è oggi come in pochissime altre fasi precedenti negli ultimi 80 anni messa davvero a rischio.
Il mondo che aveva lasciato Donald Trump nel 2020, pur assediato dalla pandemia, era meno compromesso, non c’erano conflitti e tensioni, guerre virali in corso, col rischio di propagarsi anche da noi. Trump lo spaccone, Trump lo sbruffone non aveva fatto guerre da nessuna parte, ed era riuscito pure a sedare alcune situazioni di pericolo, come quella con la Corea di Kim. Non c’erano rischi speciali, con l’Islam, la Russia e la Cina.
Ma la menzogna mediatica dell’Occidente fa passare Biden (col suo mondo dem) per un pacifista umanitario e Trump per un guerrafondaio pazzo. E ci dicono di temere il futuro in mano a Trump, che abbiamo già peraltro testato nel precedente mandato, quando dovremmo piuttosto temere il presente ancora in mano a Biden (o alla sua cerchia).
MARCELLO VENEZIANI


LA GUERRA DI ISRAELE
Israele non conduce questa guerra come un’operazione di conquista (infatti non intende né annettersi e neppure amministrare Gaza) o come una battaglia ideologica contro Hamas, con cui non ha mai discusso e mai discuterà.
Il suo intento è molto più semplice: uccidere la maggior parte dei sostenitori di Hamas e tutti i suoi capi. Quella di Gaza è una autentica, gigantesca retata di polizia.
Israele non combatte contro un’idea, ma contro un gruppo di uomini. Ed è decisa o ad ucciderli o a metterli in galera. (...)
Ecco perché l’attuale retata di polizia ha avuto ed ha successo: perché ha ucciso centinaia o forse migliaia di miliziani; ha distrutto le infrastrutture di Hamas, e quelle che non ha ancora distrutto conta di distruggerle; ha ucciso alcuni capi di Hamas, e quelli che non ha ancora ucciso ha promesso di ucciderli dovunque nel mondo, ora od anche nel lontano futuro.
GIANNI PARDO

11 commenti:

  1. A proposito degli obiettivi militari di Israele, è senz'altro possibile – come afferma Gianni Pardo - che esso non intenda occupare la Striscia di Gaza come territorio.
    Lo stesso però non si può dire della zona, ben più vasta ed importante, della Cis-Giordania, dove l'attività di occupazione, iniziata ormai da decenni con la progressiva installazione dei coloni, prosegue imperterrita e non da segno di volersi fermare.

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  2. Sembra al largo delle coste di Gaza giaccia il gran leviatano, ovvero un immenso giacimento di gas naturale, forse scoperto dagli italiani (servi sciocchi).

    Se così fosse il bagnasciuga, o la battigia per i puristi, meglio sia libero, scevro da insediamenti umani .

    Aldilà delle chiacchiere, credo che i combustibili fossili et similia vincano il confronto con gli umani in 3 sets con punteggio tennistico, seizero seizero seizero.

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    1. Ho letto anch'io la notizia.
      E se anche non dovesse interessare la terra di Gaza, può interessare molto, eccome, un grande giacimento off score.

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  3. A quanto è dato capire e dovendo necessariamente sintetizzare, ci si trova oggi di fronte allo scontro (finale?) tra la moderna Democrazia liberale occidentale (tendenzialmente legata all'economia di mercato, al diritto, alla laicità ovvero alla filosofia dei Lumi e intelligentemente aperta al Pensiero scientifico) e i regimi autocratici/totalitari di stampo "orientale" o latino-americano (sostanzialmente collettivisti, nazionalisti, autarchici, clericali e natalisti e cmq orgogliosamente illiberali).
    Il problema principale forse è costituito dal fatto che molti di noi occidentali (con motivazioni affatto differenti ma sostanzialmente convergenti: dall'estrema Destra all'estrema Sinistra e agli integralisti cristiani e islamici) stanno più o meno apertamente dalla parte dei regimi autoritari/totalitari e dunque rischiano concretamente di fare "pendere la bilancia" dalla parte di qs ultimi... Ne vale davvero la pena? La democrazia liberale occidentale sicuramente ha molti difetti e limiti, ma così facendo non si rischia concretamente di cadere dalla padella alla brace? Saluti

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    1. In effetti il rischio esiste ed è concreto.
      Resta da chiedersi il perché di tanta critica verso la propria civiltà, da cui deriviamo il nostro benessere.
      La mia ipotesi è che dipenda dal fatto che abbiamo diviso il mondo in modo etico, cioè buoni (noi) e cattivi (gli altri).
      Quando ci siamo accorti di non essere sempre i più buoni, ma solo i più efficienti, ci siamo sentiti delusi.

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  4. Qs ipotesi può essere valida ma a mio modesto avviso c'è (anche) altro: l'avversione aprioristico-dogmatica a base tendenzialmente idealistico-romantica (ovvero irrazionalistica) da parte degli agguerriti sostenitori delle grandi ideologie autoritarie/totalitarie (di destra, di sinistra o teocratiche che siano) per la moderna Società liberaldemocratica di matrice illuministico-borghese e scientificamente avanzata: un'avversione profonda che però (a differenza di molti degli odierni Capi supremi pure da essi tanto amati) spesso NON hanno il coraggio di proclamare apertamente...

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    1. E' possibile.
      D'altra parte chi segue una ideologia 'forte' (che tende inevitabilmente ad essere esclusiva) non può avere simpatia per un impianto sociale che non solo tollera il pluralismo, ma addirittura si fonda su di esso.
      Il pluralismo porta al dissenso, ed il dissenso, anche se nel lungo periodo può migliorare la società, nel breve periodo la indebolisce.

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    2. Indubbiamente una delle caratteristiche anche psicologiche delle mentalità autoritarie/totalitarie e' la sostanziale incapacità di accettare/gestire "pacificamente" il dissenso e quindi la propensione a realizzare a qualunque costo la "reductio ad unum" (politica, religioso-confessionale, ecc.). Il grande epistemologico di tendenza liberaldemocratica Karl R. Popper ne identificò il background culturale (occidentale) nel pensiero di Platone, Hegel e Marx. Saluti

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    3. Direi che la 'reductio ad unum' ha anche una sua logica propria, che precede (e probabilmente fonda) il pensiero dei suddetti filosofi.
      Se infatti, a livello logico, possiamo affermare che la verità è una sola, il pluralismo significa che non la abbiamo ancora trovata.
      Quindi chi è convinto di averla raggiunta, da un lato si sente superiore agli altri, e dall'altro si sente autorizzato (direi quasi obbligato) a condurre a sè tutti gli altri.

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  5. L'Ucraina non è un paese finito, perché mai veramente cominciato, espressione geografica come la nostra penisola.
    Già territorio parzialmente occupato dal khanato di Kazharia, patria dei perfidi e crudeli askenaziti, indi cuscinetto fra stati musulmani e la santa madre Russia.

    Patria di maschi fannulloni, più inclini a far lavorar le loro donne, fino al meretricio, ovvero centro internazionale del commercio di infanti da destinarsi alle adozioni internazionali, e pure peggio, ahimè.

    Sembra I peggiori kapo nei lager tedeschi, in quelli sovietici, fossero ucraini.

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    1. Non conosco bene la storia dell'Ucraina, ma è senz'altro possibile che si tratti di una nazione artificiale, disegnata a tavolino e priva di una storia e di un'anima comune.
      Sull'atlante se ne trovano parecchi, soprattutto nelle zone ex coloniali.

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