giovedì 4 maggio 2023

Critica e difesa di Emanuele Severino – 3

Si concludono qui le riflessioni di Sergio Pastore sul pensiero di Emanuele Severino (terza ed ultima parte). LUMEN


<< Ma che fare senza la fede nella resurrezione e nella vita eterna? Si noti che l’attuale papa non ha mai parlato nei suoi dieci anni di pontificato della vita eterna, della salvezza dell’anima. È mia opinione che non ci creda nemmeno lui (del resto i gesuiti sono … gesuiti, appunto).

Ebbene: l’eternità severiniana potrebbe essere la risposta o alternativa alla perdita della fede nella vita eterna del cristianesimo. Ma cosa dici, sei impazzito pure tu, dirà qualcuno. Non lo escludo, comunque cerco di spiegarmi. Diciamo innanzi tutto che l’eternità di Severino è indimostrabile, come dice pure uno che apprezza Severino, Marcello Veneziani. Dimostrare significa rendere evidenti certi assunti, certe verità che prima non lo erano.

Severino ha cercato di dimostrare l’eternità del tutto in una cinquantina di libri – a mio parere senza riuscirci. È difficile, se non impossibile credere in questa eternità. Si badi che per Severino l’eternità degli enti non è una credenza, ma la realtà, un’evidenza, la “cosa ultima”. Ma lo era per lui. Fu una rivelazione o una bella trovata?

Però una cosa è certa: se Dio non esiste, il Dio dei credenti, la Divina Provvidenza, la Trinità eccetera, esiste pur qualcosa: la materia e le sue proprietà (anche il Dio cristiano ha delle proprietà, ma le proprietà definiscono e quindi delimitano e contraddicono l’onnipotenza).

Sappiamo, vediamo, constatiamo che la materia ha assunto e assume un’infinità di forme. L’esperienza – e anche la scienza oggi – ci dicono che queste forme sono transeunti: niente persiste, tutto si trasforma. Dobbiamo o dovremmo dunque accettare questa “verità”: la distruzione o scomparsa di tutte le forme che la materia assume via via.

Severino non ci sta e sulle orme di Platone “salva” ogni cosa. Tutto è da sempre e per sempre. Perché no? Per lui questa è la cosa ultima, la verità che i greci e il potere ci hanno nascosto. Un’osservazione banale, ma non per questo meno vera, sarebbe: possibile che nessuno se ne sia accorto prima, che si sia dovuto aspettare millenni e Severino perché la verità sia finalmente riscoperta e riconosciuta?

Ma la domanda di fondo che io avrei voluto porre a Severino è: che cosa cambia nella nostra vita se riconosciamo o accettiamo che tutto è eterno? Forse mi avrebbe risposto che riconoscere la verità ti proietta in un’altra dimensione.

La verità, anche quando è dolorosa, non può non essere accettata, anzi riconoscerla appaga, acquieta: ogni volta che siamo confrontati con l’ineluttabile dobbiamo accettarlo, non c’è del resto alternativa se non suicidarsi. E per Severino il sapere o vedere, constatare che le cose sono come sono e non possono essere diverse ha o avrebbe il potere di appagarci o calmarci.

Come la vita eterna dei credenti cristiani. La morte, ovvero la distruzione completa e definitiva di un ente o essere, in realtà non esiste per Severino. Così dicono la fede cristiana e Severino. Ma lo stesso una differenza esiste fra queste due fedi (ricordiamo però ancora una volta che per Severino l’eternità del tutto non è una fede – perché la fede o credenza è violenza: volere che le cose siano come vorremmo e non come sono).

Che la fede sia violenza può apparire sul momento paradossale, soprattutto considerando che l’amore del prossimo è l’essenza del cristianesimo. Ma in una luce “filosofica”, ovvero a ragion di logica, volere l’annientamento degli enti è violenza, perché vogliamo che le cose siano come in effetti non sono. Si pensi alle verità e ai dogmi del cristianesimo: oggi per noi agnostici o atei inconcepibili, irrazionali, assurdi. Ma per millenni si è creduto in essi, soprattutto si è stati obbligati a crederci con la prospettiva della punizione terrena e eterna.

Il Padre Nostro di Severino può spiegare la sua tesi sulla fede o credenza come violenza. Noi tutti abbiamo pregato così, come ci ha insegnato Gesù:

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo i nostri debitori,
non indurci in tentazione, *
ma liberaci dal male.
* (Nuova versione: non abbandonarci alla tentazione)

Si notino gli ottativi “venga, sia fatta, sia” e gli imperativi “dacci, liberaci, rimetti, non indurci o abbondonarci”. Chi prega desidera qualcosa che gli pare bello e giusto e dà poi degli ordini al Padreterno (dacci, liberaci, rimetti). Vogliamo, desideriamo l’impossibile, cioè che l’Onnipotente si adegui ai nostri desideri, alla nostra volontà. Coerentemente Severino invece prega così:

Padre nostro che sei nei cieli,
il tuo regno viene,
la tua volontà è fatta,
così in cielo come in Terra.
Ci dài il nostro pane quotidiano,
rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e ci liberi dal male.

La fede è violenza che vuole l’impossibile. La verità invece semplicemente appare, è, e in essa siamo salvi. Da sempre e per sempre. “La verità vi farà liberi”, dice Gesù. Sì, perché l’accettazione anche di una verità amara ci libera dai tormenti del dubbio. Le cose sono come sono, è saggio accettarle. Potremo cercarle di modificarle perché non piacevoli (ed è ciò l’uomo fa continuamente), ma ad un certo punto bisogna arrendersi.

Severino dice una cosa per noi spaventosa: non possiamo escludere che alla fine s’imponga l’islam, anche se noi faremo di tutto per impedirlo. La “vittoria dell’islam” è un eterno che si rivelerà (comparirà) a suo tempo. Noi non sappiamo se esista davvero questa vittoria, questo eterno: lo sapremo un giorno (ma speriamo che non esista!).

Per Severino non esiste né Dio né il libero arbitrio. Ma anche il concetto di Dio e di libero arbitrio sono eterni che appaiono a un certo punto dell’evoluzione del cosmo. Noi ci sentiamo forse liberi perché cerchiamo di realizzare dei progetti, ma la realizzazione o mancata realizzazione di quel progetto “è già scritta”, è un eterno.

Se adesso qualcuno mi dicesse: ma fammi il piacere, tu e quello 'scemo' di Severino, gli direi: ti capisco, il discorso di Severino può apparire astruso e poco credibile. E Candido non aveva certamente tutti i torti a invitare il filosofastro leibniziano, che continuava a ripetere che viviamo nel migliore dei mondi possibili, di continuare piuttosto a coltivare il giardino. Sì, rimaniamo pure coi piedi per terra, ci conviene. Ma tuttavia! >>

SERGIO PASTORE

16 commenti:

  1. Ho trovato molto interessante il concetto di violenza abbinato alla fede, che non ricordo di avere mai letto altrove.
    Al riguardo, posso senz'altro condividere l'affermazione di Severino, però con un piccolo distinguo: che la violenza non viene percepita dal fedele sincero, perchè lui è convinto che quella che gli viene propinata sia davvero la verità.
    Viene invece percepita da chi finge di credere per esigenze di sicurezza sociale, ma in quel caso la violenza è più nel comportamento esterno (necessariamente forzato) che nel pensiero (che la persona può mantenere libero).

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  2. Secondo S., l'apice della "follia" nichilista occidentale è direttamente correlata al progressivo avvento del cd Paradiso della Tecnica (epoca attuale), la progressiva messa in discussione/entrata in crisi del quale aprira' finalmente la strada alla riscoperta della diffusa consapevolezza dell' "eternità" del Tutto ovvero alla fine dell'angoscia generata dall'inveterata convinzione che l'E(sse)nte nasca dal nulla e ad esso infine ritorni definitivamente.
    In estrema sintesi: l'ontologia neoparmenidea severiniana effettivamente può risultare bizzarra/eccentrica e molto lontana dal senso comune, ma e' cmq dotata (quantomeno) di una coerenza/potenza logica interna difficilmente contestabile... Saluti

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    1. Si tratta, in sostanza, della negazione (superamento) della morte, che però, al di là delle astrazioni filosofiche, continua a dominare la società umana, con la sua continua ed ingombrante presenza.

      Mi rendo conto che l'eternità cristiana - che presuppone la resurrezione - sia difficile da accettare a livello razionale, perchè nessuno l'ha mai sperimentata, ma l'eternità dell'essere di S. come si manifesta concretamente ?
      Non si rischia, anche in questo caso, di affermare una verità di fede senza prove fattuali ?

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    2. Se vogliamo, tutto ciò investe la "vexata quaestio" (ragionevolmente insolubile sul piano empirico-sperimentale) del rapporto tra Logica e Ontologia, già ben presente (ad es.) nell'interpretazione del pensiero del vecchio Parmenide (cui S. tendenzialmente si riallaccia)...

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    3. 'Ontologia' per me è sempre stato un termine sfuggente.
      Mi piacerebbe avere qualche spiegazione in più sul suo (complicato) rapporto con la logica (e magari anche con la scienza sperimentale).

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    4. In estrema sintesi:
      Logica: studio scientifico delle inferenze (valide)
      Ontologia: scienza dell'essere in quanto tale
      Naturalmente il problema fondamentale è quello del rapporto tra Pensiero (e Linguaggio) e Realtà (=Mondo esterno)!
      Nella filosofia antica e medievale (soprtattutto occidentale) si tendeva a dare per scontato un nesso (sufficientemente) forte tra L.e O. (cfr. la Scolastica medievale ma anche il già citato Parmenide). Nella f. moderna e contemporanea invece tale connessione è generalmente bypassata: le (sempre più sofisticate) logiche odierne normalmente sono svincolate da espliciti e precisi impegni ontologici.
      Quanto alla Scienza sperimentale, essa naturalmente non può prescindere dall'impiego di raffinate "impalcature" logico-matematiche, mentre le (differenti) concezioni ontologiche tendono a restare nell'ombra ovvero sullo sfondo...

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    5. Grazie per i chiarimenti.
      Tenuto conto che la scienza si occupa (e non può non occuparsi) delle cose che esistono, i due termini (scienza e ontologia) finiscono per essere sovrapponibili.
      O c'è qualcosa che mi sfugge ?

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    6. Diciamo che l'Ontologia (parente stretta della Metafisica) è una scienza filosofica e quindi non è tenuta al rispetto di quei rigorosi canoni matematico-sperimentali propri della moderna Scienza sperimentale, della quale però generalmente costituisce in un certo senso lo sfondo implicito.
      (A umile avviso del sottoscritto) e' inoltre fondamentale che l'O. rimanga rigorosamente indipendente dai "ceppi" della Teologia. Saluti

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    7. Sicuramente.
      La teologia, detto in soldoni, parte dal presupposto che Dio esiste, e poi ne indaga gli attributi.
      L'ontologia, invece, non dovrebbe avere questo condizionamento.

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  3. COMMENTO di SERGIO

    La fede vuole ciò che non è, ovvero non appare,
    non è evidente (se no non sarebbe fede).
    La verità invece “sta” indipendentemente dai
    i nostri desideri o sogni. Ma qual è questa
    verità? Ogni ente o fenomeno è indubitabilmente
    vero, lo vediamo. Ma nella nostra esperienza
    quotidiana vediamo pure che questi enti a
    un certo punto scompaiono (distruzione, morte).
    Per noi è l’evidenza suprema, questo Severino
    lo sa. Ma lui dice che è errore, anzi addirittura
    la follia dell’occidente: credere che gli enti
    venuti dal nulla - prima non c’erano - ricadano
    nel nulla: non li vediamo più, sono scomparsi,
    “annientati”. Severino invece pretende che
    non siano annientati. Per lui l’eternità degli
    enti, l’impossibilità del loro annientamento,
    non è una credenza o una fede, ma la
    verità in cui non bisogna credere perché è
    la verità che sta.
    Due difficoltà o obiezioni a Severino:
    primo, come si può credere a una cosa del genere?
    secondo, che importanza ha nella mia vita
    accettare, riconoscere che tutto sia eterno, tutto,
    assolutamente tutto (anche Auschwitz, Hiroshima e l’inquisizione)?
    Un opera di Severino ha per titolo “La Gioia”.
    Quale gioia? Essere meglio di non essere,
    anche se si soffre, si soffrono le pene dell’inferno?
    La filosofia ovvero la riflessione dovrebbe aiutarci
    a vivere, secondo me, aprire orizzonti, e perché
    no farci felici (o questo è pretendere troppo?).


    Mi viene in mente ciò che diceva Freud della
    psicoanalisi: il suo scopo non è di renderci
    felici, ma di guarirci dalle nevrosi, cioè
    permetterci di “funzionare" di nuovo,
    insomma di vivere di nuovo più o meno
    normalmente. Sembra un risultato modesto,
    ma è pur sempre qualcosa. L’alternativa
    sarebbe la malattia e magari il suicidio.
    Ma che differenza c’è tra la vita eterna dei credenti
    (cattolici, islamici) e la vita eterna di Severino?
    Forse Severino risponderebbe che la vita eterna
    dei credenti si fonda su antiche favole, tra cui
    la resurrezione di Gesù.

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    1. << Ma che differenza c’è tra la vita eterna dei credenti
      (cattolici, islamici) e la vita eterna di Severino? >>

      Bella domanda.
      Ma S. ha mai fatto qualche esempio, o dato qualche indicazione, di dove si troverebbero gli 'enti' quando - ai nostri occhi - sembrano morti, o non ancora nati ?

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    2. COMMENTO di SERGIO

      Naturalmente gli enti che “scompaiono” ai
      nostri occhi non stanno “da qualche parte”,
      non sono parcheggiati, come ironizzavo
      sopra. Più ci penso e più l’eternità
      di Severino mi pare assurda, un
      “Gedankending” come dicono i tedeschi
      (letteralmente una cosa pensata, una pensata).
      Lo scrivere su Severino mi è servito anche
      a questo, a chiarirmi un po’ (un po’!) le idee.

      Ma se non c’è quel Dio dei credenti, il
      Dio divina provvidenza, che ci avrebbe creati
      per amore perseguendo un piano che
      prevedeva non solo il sacrificio del suo
      unico figlio per redimerci dal peccato
      originale, ma persino la necessità di
      un traditore, Giuda (che a questo punto
      dovrebbe essere canonizzato, San Giuda),

      esistono pur sempre le particelle atomiche
      e subatomiche che sarebbero secondo te
      eterne. Credo che nessuno dubiti di questa
      eternità (ma sembra che un tempo lontano
      non ci fossero nemmeno loro, visto che
      Dio ha creato tutto dal nulla). Dunque
      la sola realtà veramente eterna - senza
      inizio né fine - sarebbe Dio. Ma chi l’ha
      detto che l’universo ha avuto inizio
      (col big bang)? Il concetto di inizio
      e fine penso dipenda dalla nostra esperienza
      quotidiana, dall’osservazione, dal nostro
      vissuto. Fra parentesi, sembra che l’intero
      universo fosse inizialmente concentrato in
      una sfera delle dimensioni di una palla da tennis.
      Possibile che contenesse tutte le particelle
      atomiche e subatomiche che formano
      centinaia di miliardi di galassie?

      Vorremmo, vorrei saperne di più.
      “Che bella cosa la fede”, diceva papa Giovanni XXIII.
      Certamente per tanti è stata una bella cosa,
      ha dato senso alla loro vita che era una preparazione
      alla vera vita, quella eterna nell’aldilà.
      Persino Leopardi sembra che rimpiangesse
      la perdita della fede (dice Ranieri, ma non ci
      credo troppo). Allora: credere o non credere,
      cos’è meglio? Per Severino la filosofia (cioè il
      retto pensare) era meglio della religione.

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    3. La situazione migliore, probabimente, è quella di coloro che io chiamo i "credenti fortunati".
      Ovvero quelli che traggono dalla fede le massime consolazioni psicologiche, senza essere troppo ostacolati dagli adempimenti religiosi più ostici.
      Ma ovviamente questo è un dono di natura, non puoi essere così solo per calcolo (o diventi ateo, o ti rovini l'esistenza).
      Quanto a S. lui, probabilmente, era riuscito a convincere sè stesso, di questa fantomatica eternità, e ne traeva quindi i benefici che si aspettava.
      Per i suoi lettori, invece, non lo so...

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  4. COMMENTO di SERGIO

    Visto che Severino apprezzava tanto Leopardi
    diamo a Giacomo la parola:

    “La rivoluzione Francese posto che fosse preparata
    dalla filosofia, non fu eseguita da lei, perché la
    filosofia specialmente moderna, non è capace per
    se medesima di operar nulla. E quando anche la
    filosofia fosse buona a eseguire essa stessa la
    rivoluzione, non potrebbe mantenerla. È veramente
    compassionevole il vedere come quei legislatori
    francesi repubblicani, credevano di conservare,
    e assicurar la durata, e seguir l’andamento la natura
    e lo scopo della rivoluzione, col ridur tutto alla pura
    ragione, e pretendere per la prima volta ab orbe
    condito, di geometrizzare tutta la vita. Cosa non
    solo lagrimevole in tutti i casi se riuscisse, e perciò
    stolta a desiderare, ma impossibile a riuscire anche
    in tempi così matematici, perché dirittamente
    contraria alla natura dell’uomo e del mondo. E non
    vedevano che l’imperio della pura ragione è quello
    del dispotismo per mille capi, ma eccone sommariamente
    uno. La pura ragione dissipa le illus. e conduce
    per mano l’egoismo. L’egoismo spoglio d’illlusioni,
    estingue lo spirito nazionale, la virtù ec. e divide
    le nazioni per teste, vale a dire in tante parti
    quanti sono gli individui. Divide et impera.
    […] Vedete cosa avvenne ai Romani quando si
    introdusse fra loro la filosofia e l’egoismo, in luogo
    del patriotismo. […] E Cicerone nelle filippiche il
    cui grande scopo è di rendere utile la morte di Cesare,
    vedete se predica la ragione, e la filosofia, o non
    piuttosto le pure illlusioni, e quelle gran vanità che
    aveano creata e conservata la grandezza romana.”

    (Zibaldone, 8 luglio 1820. Citato in “Leopardi -
    La strage delle illusioni”, a cura di Andrea Rigoni).

    Leopardi si contraddice. Le illusioni sono il sale
    della vita, senza illusioni la vita è insopportabile.
    Ma la ragione, ovvero la filosofia, è irrinunciabile.
    Cosa fa Leopardi altro che ragionare e ragionare
    nell’immenso Zibaldone. Ma questo ragionare
    e filosofare acceca, distrugge ogni illusione,
    e senza illusioni la vita è orribile. Che fare allora?
    Dopo tanto ragionare Leopardi recupera il
    valore delle illusioni perché aiutano a vivere.

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    1. Caro Sergio, la contraddizione di Leopardi è nient'altro che la contraddizione dell'uomo, che, diversamente dagli altri animali, si trova continuamente sospeso tra ragione ed emozione, tra l'angoscia delle cose che comprende, e l'appagamento ingenuo di quelle che non comprende.
      Forse, quindi, quella di L. è una contraddizione solo apparente, che può essere vista come la sintesi ultima del suo pensiero.

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  5. COMMENTO di SERGIO

    Ancora Leopardi:

    “Pochissimi convengono che le cose antiche
    fossero veramente più felici delle moderne,
    e questi pochissimi le riguardano come cose
    a cui non si dee più pensare perché le circostanze
    sono cambiate. Ma la natura non è cambiata,
    e un’altra felicità non si trova, e la filosofia
    moderna non si dee vantare di nulla se non
    è capace di ridurci a uno stato nel quale
    possiamo esser felici. O sieno cose antiche
    o non antiche, il fatto sta che quelle convenivano
    all’uomo e queste no, e che allora si viveva
    anche morendo, e ora si muore vivendo, e
    che non ci sono altri mezzi che quelli antichi
    per tornare ad amare e sentire la vita.”

    (Dal “Frammento sul suicidio”)

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