venerdì 5 novembre 2021

Il buio oltre la siepe – 2

Si conclude qui il punto di Luca Pardi sul degrado ambientale, sempre più grave, e sulle residue possibilità di salvare il nostro pianeta (seconda e ultima parte).

LUMEN


<< Sei miliardi di persone ambiscono a raggiungere standard di consumo di livello euro- americano, e, perseguendo questo desiderio impossibile, trascineranno il mondo in una catastrofe senza uguali. Se l’Asia e l’Africa non capiranno che questo desiderio è impossibile non ci sarà salvezza per nessuno.

C’è un contenuto materiale irriducibile nei bisogni dei poveri: cibo, acqua, energia, abitazioni, vestiario. Se la crescita residua possibile non verrà destinata allo sforzo di azzerare la povertà, e si confida nell’infausta ideologia neo-liberale del Trickle Down, ognuno degli obiettivi di sostenibilità, ed in particolare il primo, l’eradicazione della povertà, resterà un sogno irrealizzabile.

Se l’Europa e il Nord America non capiranno che devono dare il buon esempio riducendo i propri consumi assoluti in modo drastico e rapido, Asia e Africa non riconosceranno mai questo passaggio necessario di uscita dall’era della crescita infinita e del consumo compulsivo. Ma tutto questo è al momento quasi impensabile.

La crisi ambientale è la crisi del modello economico vigente, ma quasi nessuno lo mette in discussione tranne infime minoranze, parte delle quali sono anche portatrici di vetuste ideologie anticapitaliste, che hanno già manifestato i loro limiti e che non avendo alcuna credibilità rendono l'opera di transizione ancora più difficile.

Uscire da questo vicolo cieco richiederà molta creatività politica, in ogni parte del mondo. Purtroppo non esiste una ricetta disponibile, e, contrariamente a quanto pensano gli “scienziati della storia”, non è mai esistita se non nella mente di coloro che hanno ricostruito la Storia a posteriori inventando determinismi inesistenti.

Sarà necessario accompagnare un processo che, almeno oggi, è impensabile, la riduzione della popolazione umana. Un processo che, per non essere catastrofico, deve essere sufficientemente lento, ma non può essere rimandato.

Questo significherà anche imparare a governare la fase di invecchiamento delle società che oggi è vista come una iattura. I demografi, che vengono quasi interamente dalle scuole di scienze sociali ed economiche, mancano di cogliere il nesso fra popolazione e ambiente in modo chiaro e quantitativamente significativo.

Si appoggiano, come ovvio, all’idea della transizione demografica come se fosse una legge di natura quando, al più, si tratta di un fenomeno storico che si è verificato in un numero limitato di paesi di antica industrializzazione. Le società devono invecchiare e poi stabilizzarsi ad un livello numerico più basso se si vuole perseguire la sostenibilità.

Sarà necessario uscire dal consumismo e anche questo oggi è impensabile. Tutte le aziende capitalistiche grandi e piccole hanno l’obbiettivo di produrre e vendere di più anno dopo anno. L’obiettivo è la crescita. Potrete ascoltare un CEO fare discorsi bellissimi sugli sforzi che fa la sua azienda per essere sostenibile, ma non lo sentirete mai dire la cosa essenziale: “dobbiamo produrre di meno”.

Rinunciare all’obiettivo della crescita non è possibile per le aziende capitalistiche, deve essere imposto attraverso l’internalizzazione dei costi ambientali e la valutazione equa e corretta del prezzo delle materie prime e del lavoro.

L’iper produttività del sistema industriale globalizzato si basa su due componenti, il basso costo del lavoro (un tempo si diceva “salario di merda”) e il basso costo delle materie prime. Molti non saranno d'accordo su questo punto.

L'iper produttività dipende dallo sviluppo tecnologico. Io ribatto che lo sviluppo tecnologico sarebbe un miraggio se il costo economico e sociale (si pensi al 'colta') di molte materie prime fosse determinato dalla loro scarsità assoluta, cioè tenendo conto che sono tutte risorse non rinnovabili. Questo vale, ad esempio, per le centinaia di metalli esotici che abbiamo nei nostri computer e smarphone.

Il mercato non è in grado di stimare correttamente il prezzo di questi fattori produttivi, perché si basa sull’equilibrio fra domanda privata e offerta privata, senza minimamente interessarsi alla scarsità assoluta, in particolare quella delle georisorse: fonti fossili e risorse minerali.

La risposta dell’economia ortodossa a questa obiezione è che la tecnologia permetterà sempre di trovare sostituti a risorse scarse, o ad estrarre risorse più difficili o diluite. È la teoria della cornucopia tecno- capitalista. Un atto di fede. Il fatto che nella storia l’uomo abbia trovato (non sempre) soluzioni tecniche a diversi problemi di scarsità non garantisce che questo continui ad essere possibile per un’economia ed una popolazione di otto- nove miliardi di individui, ambedue in continua crescita. Lo sviluppo tecnologico e la Scienza hanno preso il posto della Divina Provvidenza.

Nonostante lo scetticismo, a volte un po’ affettato, che vedo intorno a me, si può e si deve sperare che le istituzioni internazionali possano avere un ruolo, ma saranno probabilmente gli stati e le comunità locali che dovranno organizzarsi su nuove basi di consumo e di produzione. Si dovrà usare molta attenzione per sviluppare la cultura del dopo- crescita.

L’era della crescita può finire, deve finire e finirà. Come organizzare le nostre società nella fase di ridefinizione e riduzione dei consumi è ancora un progetto da scrivere. Dobbiamo smettere di far finta di avere ricette risolutive: la dieta vegana, la macchina elettrica, le fonti rinnovabili, l’agricoltura biologica ecc. Non ce ne sono. Dobbiamo diffidare di noi stessi quando pensiamo di aver trovato la sintesi.

Ci vorrà pazienza e capacità di cogliere i segnali positivi, noi ambientalisti abbiamo un alleato: il resto della natura, la pedagogia delle catastrofi avrà un ruolo essenziale per portare dalla nostra parte una grande maggioranza che ancora non si vede. Le alluvioni e gli incendi, gli uragani mortiferi sono i bombardamenti di oggi e portano con se un certo numero di vittime collaterali. Ognuno di noi potrebbe essere fra queste. (...)

Ci sarà un momento in cui tutti, o quasi tutti, capiranno che i tempi sono cambiati. Oggi siamo come i militanti anti-fascisti e anti-nazisti nel 1939, il momento più buio, sembra che non ci sia speranza. Ma c'è sempre speranza. La guerra è iniziata. Il consenso alla dittatura (della crescita economica indifferenziata e senza fine) comincia a mostrare delle crepe. Non sappiamo ancora cosa verrà dopo, abbiamo appena iniziato a scrivere i nostri manifesti del dopo crescita. >>

LUCA PARDI

6 commenti:

  1. Avevo letto con interesse la prima parte del testo di Pardi, ma questa seconda parte è ... favolosa. Avrei voglia d'imparare questo testo a memoria tanto mi convince e mi piace. Ma probabilmente faccio parte di quella ancora infima parte dell'umanità già ... convinta delle tesi di Pardi. Avrei voglia di mandarlo a Gianni Pardo che anche lui sogna la crescita infinita (la sua ricetta è: abbassare le tasse, così s'investe di più, si creano nuovi posti di lavoro e ricchezza che permetterà d'investire di più e di creare così altri nuovi posti di lavoro e maggiore ricchezza con la quale ecc. ecc.).
    Sveglia, siamo al capolinea!
    E grazie della segnalazione di questo testo la cui lettura mi ha messo addirittura di buon umore (mi capita quando leggo un testo di questo genere, ragionevole e razionale, e che ti fa sperare in una svolta).

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  2. Caro Sergio, non mi stupisce che il pezzo ti sia piaciuto, perchè Luca Pardi è uno dei migliori divulgatori italiani, su questi argomenti, sempre informato, chiaro e preciso.
    In passato, teneva un blog dedicato a Malthus, in cui si occupava specificamente di problemi demografici, poi purtroppo ha dovuto abbandonarlo.
    Io spero sempre che lo possa riprendere, perchè oggi non si può parlare efficacemente dei problemi ambientali senza occuparsi anche di quelli demografici.

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  3. Nel blog di Antonio Turiel vengono elencati gli aspetti peggiori della attuale crisi ambientale.
    Riporto qui di seguito i 5 che mi sembrano più importanti:

    << Il fatto che, sebbene le potenze economiche intendano guidarlo, il processo è al di fuori del loro controllo.

    Il fatto che, essendo una situazione storica senza precedenti, non ci sono soluzioni provate.

    La mancanza di informazioni e la difficoltà di anticipazione, in quanto si tratta di un sistema dinamico estremamente complesso.

    L'estrema emotività e la mancanza di obiettivi reali a causa dei limiti degli umani, che producono risposte parziali ed erratiche.

    La fragilità e l'estrema vulnerabilità del sistema in questo momento. >>

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  4. Commento di GPVALLA

    A me pare che, sostanzialmente, i punti fondamentali dell'articolo di Pardi si possano riassumere in:
    - siamo troppi;
    - dobbiamo ridurre i consumi;
    - questo sistema economico - sociale non può (più) funzionare.

    Quanto al primo punto, l'affermazione dovrebbe essere meglio precisata: certo esiste un problema di crescita demografica, ma non è generalizzato.
    Basta guardare una tabella con l'indice della fecondità umana paese per paese: in gran parte del mondo l'indice è al di sotto dei due figli per donna, che costituisce il mero limite perché la popolazione rimanga stabile (per essere pignoli, sarebbe 2,1). Anche la Cina e gli Stati Uniti sono al di sotto di tale limite, l'India è appena sopra, con tendenza alla diminuzione. I "buchi neri" sono alcuni paesi dell'Asia meridionale e dell'America meridionale, e soprattutto l'Africa subsahariana, dove 4/5 figli per donna sono la normalità.
    in Italia il tasso è bassissimo, addirittura 1,3 e infatti la popolazione (al netto della immigrazione) è già diminuita: nel 1990, prima che cominciassero le invasioni, era di 57 milioni, ora è di 60 milioni, ma con circa 5 milioni di immigrati.
    Il problema non è quindi europeo - tanto meno italiano - e le eventuali soluzioni vanno cercate e applicate nei luoghi dove nasce, sulla base delle specifiche situazioni locali. Non mi sembra giusto né ragionevole chiedere agli italiani di estinguersi per compensare la esplosione demografica della Nigeria o del Burundi.

    Gli altri due punti sono strettamente intrecciati: la constatazione della insostenibilità dell' attuale situazione e i possibili rimedi.
    Pardi correttamente rileva i problemi del capitalismo, ma non mi pare formuli proposte concrete.
    Personalmente mi sembra che l' unica equa alternativa ipotizzabile - almeno teoricamente - sarebbe un sistema veramente socialista, con un efficace e completo controllo e l'indirizzo delle attività economiche. Sono consapevole della utopicita' di tale ipotesi, allo stato, e del fatto che storicamente gli stati "socialisti" non sempre abbiano mostrato soverchia attenzione all' ambiente; peraltro non vedo alternativa se non lo pseudo ecologismo del WEF, delle Grete e dei multimiliardari psicopatici, delle politiche "green" della Unione Europea.

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    1. << Non mi sembra giusto né ragionevole chiedere agli italiani di estinguersi per compensare la esplosione demografica della Nigeria o del Burundi. >>

      Caro Beppe, hai ragione, certamente non è questo che dobbiamo augurarci.
      Però una gestione più intelligente dell'immigrazione sarebbe una cosa intelligente, per non dire necessaria.
      Se la popolazione itaiana si riduce, dobbiamo esserne lieti e gestire al meglio i (piccoli) problemi che questo, nell'immediato, può comportare.
      Noi invece, andiamo subito a riempire i vuoti che si sono creati, oltretutto senza nessun controllo, nè strategia.

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    2. << l' unica equa alternativa ipotizzabile - almeno teoricamente - sarebbe un sistema veramente socialista, con un efficace e completo controllo e l'indirizzo delle attività economiche. >>

      Purtroppo i difetti di questa soluzione sono notevoli, come tu stesso hai indicato.
      L'utopismo socialista ha già fallito più volte e, soprattutto, non è mai stato rispettoso dell'ambiente, forse proprio a causa della sua intrinseca inefficienza.
      Quindi se davvero arriveremo (ed è possibile) ad un governo colettivista, per gestire alla meno peggio una società più povera, non ci sarà da esserne lieti.

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