venerdì 29 gennaio 2021

I limiti del pensiero scientifico - 2

Torno a parlare (dopo poche settimane) dei limiti del pensiero scientifico, il quale, con la sua fredda oggettività, non può competere con le consolazioni offerte dal pensiero ideologico (e religioso in particolare).

Il testo riporta alcune ulteriori considerazioni di Marco Pierfranceschi, sempre tratte dal suo blog, 'Mammifero Bipede'.

LUMEN


<< In una realtà primitiva, la spiegazione più semplice all’esistenza del mondo è immaginare entità sovrumane che, dopo aver creato e modellato l’Universo, amministrano la giustizia e comminano premi e punizioni. La religione nasce per offrire un fondamentale rinforzo dell’istinto di sopravvivenza attraverso l’idea di una vita dopo la morte.

Essa ha la doppia funzione da un lato di disincentivare il suicidio, dall’altro di codificare ed obbligarci ad ottemperare ai comportamenti più idonei al successo del gruppo sociale cui apparteniamo, ivi incluso, ove necessario, il sacrificio di sé per il bene comune.

Con l’avvento della scrittura, nel terzo millennio avanti Cristo, tutte queste complesse teologie finirono nella redazione dei testi sacri, formalizzando un ventaglio completo, seppur variegato, di risposte ai dilemmi umani.

I testi sacri sono la pietra angolare di qualsiasi pensiero religioso. Essendo, per comune consenso, ispirati direttamente dalla divinità, il loro contenuto non è questionabile. I principali sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, e le indicazioni da essi fornite sono risultate talmente efficaci da aver accompagnato l’umanità attraverso i lunghi millenni di sviluppo delle civiltà.

Il problema è sorto quando diversi intellettuali, nell’arco di alcuni secoli, hanno iniziato a sviluppare il pensiero scientifico, mettendo in discussione l’attendibilità dei testi sacri. Con molta evidenza, il massimo sapere di culture dell’età del bronzo non poté competere con le conoscenze ed i nuovi strumenti tecnologici sviluppati nell’arco di secoli.

Dapprima Galileo, con l’invenzione del telescopio, dimostrò l’inattendibilità della Bibbia sulle materie astronomiche. In seguito Newton sostituì la narrazione teologica del cosmo con un asettico formalismo matematico, capace di dar conto dei movimenti dei corpi celesti grazie a poche semplici equazioni. Da ultimo Darwin, che spiegò ‘l’origine delle specie’ togliendo alla divinità anche il merito della varietà delle forme viventi.

Il problema, per i religiosi, è che i Testi Sacri devono, per definizione, essere infallibili, essendo emanazione stessa della divinità. Se quanto affermato in un Testo Sacro non risulta coerente con la realtà fattuale, si pongono due eventualità, entrambe spiacevoli: o la divinità ha scelto di mentire all’umanità, il che aprirebbe a scenari poco rassicuranti, o il testo non è emanazione della divinità, e a questo punto risulta delegittimato nella sua interezza.

Il risultato dello scardinamento prodotto dal pensiero scientifico sulle società umane appare drammatico.

Da un lato abbiamo l’affermazione di un pensiero laico, freddo, lucido ed oggettivo, capace di leggere la realtà attraverso strumenti meccanici e non più per mezzo di interpretazioni culturali. Dall’altro si registra il progressivo smantellamento delle credenze religiose, che trascina con se il valore di collante sociale e la ‘stampella psichica’ rappresentata dai modelli culturali veicolati dalle fedi.

Il pensiero scientifico, del suo, non è in grado di svolgere le funzioni di rinforzo degli istinti di sopravvivenza e di collante sociale, per gruppi e comunità, che le architetture cognitive del pensiero religioso avevano fino ad allora espletato. L’istinto di sopravvivenza, come pure le esigenze relazionali, di cui tutti abbiamo bisogno per non soccombere alle difficoltà della vita, non possono essere validate da un’oggettività scientifica, ma unicamente descritte in termini di strutture cognitive.

Ridotto il discorso ai minimi termini: se la fede è in grado di far sentire una persona importante, utile, desiderata, di dargli una collocazione nel cosmo e delle finalità da perseguire, per la scienza quella stesso individuo è solo un generico essere vivente, appartenente ad una specie fra le tante che popolano un habitat qualsiasi, la cui sopravvivenza individuale è totalmente irrilevante. Nulla che possa essere di alcuna utilità al superamento di difficoltà esistenziali oggettive.

Per questo una significativa parte di umanità ha istintivamente rifiutato le conclusioni filosofiche prodotte dalla scienza: finché c’è da approfittare di una nuova macchina o un nuovo strumento sono tutti concordi sulla sua utilità, ma quando si deve affrontare il baratro di un’esistenza finita e priva di significato la mente umana, istintivamente, si tira indietro.

Nel corso del processo mai realmente completato, anch’esso in qualche modo ‘di sostituzione’, del pensiero religioso con quello scientifico, accadono eventi collaterali degni di nota. Il primo è che il pensiero scientifico viene inevitabilmente veicolato per mezzo delle strutture linguistiche preesistenti, intrise di pensiero magico e religioso. Gli scienziati sono obbligati a riutilizzare termini, figure retoriche, esempi e paralleli che rimandano ognuno alle rispettive radici culturali, e risultano per loro natura impropri ed imprecisi.

Il linguaggio della scienza è fatto di formalismi matematici, di relazioni geometriche, di simmetrie, che il linguaggio corrente non è in grado di restituire con efficacia, perché le sue radici affondano nell’esperienza umana e nell’emotività. Nel migliore dei casi si produce una comprensione mediata dall’area linguistica del cervello, e da essa inevitabilmente distorta, nel peggiore dei casi si hanno veri e propri fraintendimenti.

Il secondo effetto, conseguente al primo, è l’originarsi di una serie di ideologie non religiose, che lavorano ad incasellare il pensiero scientifico in una matrice fideistica non esplicita. Tali ideologie rimuovono la figura taumaturgica della divinità sostituendola con ‘ideali’ astratti, un riflesso culturalmente elaborato di alcuni dei nostri istinti primitivi, di fatto mimando le architetture cognitive di tipo religioso non più disponibili a causa della delegittimazione dei Testi Sacri.

Le funzioni delle ideologie, religiose o meno, sono principalmente tre: motivare la nostra esistenza, orientare le nostre azioni e renderci parte di un gruppo sociale solidale. Funzioni essenziali alla nostra sopravvivenza individuale e di conseguenza al nostro successo riproduttivo. Rispetto a ciò, l’aderenza ad una visione oggettiva della realtà appare come una semplice alternativa fra tante, in sé del tutto priva di funzioni sociali e pertanto del tutto accessoria. (…)

[In particolare], una delle componenti chiave dell’efficacia del pensiero religioso, quella legata al sollievo dalla sofferenza psichica causata dal pensiero della morte, non poté in alcun modo essere soddisfatta dalle ideologie laiche, cosa che impedì loro di soppiantare del tutto le fedi preesistenti.

Dovendo scegliere tra una visione laica, priva di una componente umanamente essenziale, e la fede nel sovrannaturale, in molti hanno preferito scegliere di rinunciare all’aderenza alla realtà fattuale professata dal pensiero scientifico.

Non è probabilmente un caso se la corrente religiosa ad aver avuto maggior successo e diffusione, nell’arco temporale seguito alla rivoluzione scientifica, sia stata il cristianesimo protestante, la cui totale decentralizzazione, unita al forte spirito individualista, ha saputo trovare più facilmente un equilibrio con le nuove ideologie filo-scientifiche ed accogliere più facilmente quelle idee ed innovazioni che le grandi religioni organizzate andavano aspramente combattendo. >>

MARCO PIERFRANCESCHI

16 commenti:

  1. Ecco una bella riflessione di Margherita Hack sui rapporti tra scienza e religione:

    << “La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l'universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l'insegnamento calato dall'alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede.”

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  2. COMMENTO di GPVALLA56

    << L'articolo è condivisibile, ma mi sembra che i rapporti fra pensiero scientifico e Protestantesimo dovrebbe essere quanto meno sfumato.
    In Europa, mi sembra che le Chiese riformate siano ormai poco più che ONG permeate di vago umanitarismo, buonismo e globalismo politically correct: insomma, più Emma Bonino che Martin Lutero. Se ciò possa considerarsi ancora cristianesimo, non saprei.
    Negli Stati Uniti la situazione è diversa. Accanto a Chiese simili a quelle europee, ci sono i fondamentalisti della Bible Belt che pretenderebbero vietare l'insegnamento del darwinismo a pro del creazionismo biblico, Diluvio universale compreso: ricordo il film "... e Dio creò Satana" (1960).
    E poi ci sono i telepredicatori che fanno miracoli in diretta ad ogni puntata, gli adepti dello snake handling, gli invasati che urlano e si dimenano perché si credono posseduti dallo Spirito...
    E il "reverendo" Jim Jones. >>

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    1. << che pretenderebbero vietare l'insegnamento del darwinismo a pro del creazionismo biblico >>

      Caro Beppe, che oggi, con tutto quello che sappiamo (anche solo a livello di conoscenza popolare), ci sia ancora gente che pretende di utilizzare la Bibbia "alla lettera" è davvero singolare.
      La stessa Chiesa cattolica, molto più scafata in queste cose, ha da tempo risolto il problema - in modo tutto sommato elegante - con la doppia lettura dei testi sacri, che, a seconda delle necessità, può essere letterale oppure allegorica.
      Quelli invece sono ancora fermi ad Adamo ed Eva, nel senso letterale del termine.

      Quindi, in effetti, se una parte del protestantesimo può essere considerata più moderna del cattolicesimo, un'altra parte è rimasta sicuramente indietro.

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  3. Diceva il mio insegnante di filosofia al liceo, un sacerdote: le vie della conoscenza sono due, la rivelazione e la ragione. Le due vie si completano, non può esserci tra di esse contrasto o contraddizione. Un'eventuale contraddizione è solo apparente: in questo caso bisognerà riconsiderare la questione per togliere la contraddizione. Al che io ribattevo: ma allora non si potrà mai dimostrare la falsità della rivelazione o della ragione, la rivelazione è in una botte di ferro.
    Evidentemente l'insegnante di filosofia credeva nella rivelazione, parola di Dio che non può essere falsa. Lui era convinto dell'esistenza e della necessità delle due vie.
    Ma se si va a vedere in che cosa consista questa rivelazione che cosa troviamo? Il Vecchio e il Nuovo Testamento, una miseria, che spiegano ben poco, sia dal punto di vista delle conoscenze scientifiche che dal punto di vista - diciamo così - delle scienze umane, cioè di quelle conoscenze che spiegano i comportamenti umani e sono di aiuto all'individuo e alla società. "Vi do un comandamento nuovo: amatevi l'un l'altro come vi ho amato io", dice Gesù agli apostoli. Anche: "Ama il prossimo tuo come te stesso." Anche: "Amate i vostri nemici." (non una novità assoluta, anche altri - tra cui lo stesso Mosè - hanno detto cose simili). A parte il fatto che non si può comandare di amare chicchessia - l'amore è un sentimento spontaneo che nasce in determinate situazioni - al massimo si può esortare ad essere gentili con tutti - queste parole di Gesù erano conoscenza, verità rivelata? Ne dubito.
    "C'è una vita dopo la morte?" Sì, dice il cristianesimo, con un inferno e un paradiso. Non c'è uno straccio di prova di questa verità, a meno di credere in tanti cosiddetti miracoli alcuni dei quali veramente ridicoli o grotteschi. La via maestra della conoscenza è la ragione, la scienza. Del resto anche la Chiesa si è arresa alla scienza: invece di organizzare processioni riparatrici (?) papa e vescovi raccomandano caldamente la vaccinazione, aboliscono le messe, vanno in giro mascherati. Scienza batte superstizione 3 a 0.

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    1. << Del resto anche la Chiesa si è arresa alla scienza: invece di organizzare processioni riparatrici (?) papa e vescovi raccomandano caldamente la vaccinazione, aboliscono le messe, vanno in giro mascherati. >>

      Osservazione molto acuta: direi che la resa del trascendente alla ragion pratica è ormai totale.
      Poi, certo, il trascendente non muore mai e magari rinasce sotto altre spoglie, ma quando si tratta di salvare la pellaccia ecco che la scienza - sorpresa ! - la fa da padrona.

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  4. Che la scienza non spieghi tutto non significa che possiamo trovare conforto e calore in ridicoli raccontini spacciati per rivelazione. Siamo immersi in un universo di dimensioni incredibili a petto al quale siamo un nulla o per essere più precisi un quasi nulla. Una realtà grandiosa ma anche terrificante. Si prospetta adesso un multiverso, anzi sarebbero miliardi gli universi paralleli (gli universi, non le galassie). Che dire? Niente, la risposta adeguata è il silenzio (concedo un "religioso silenzio"). Non sappiamo, non sapremo forse mai. Conforto e consolazione troviamo però anche su questo granel di sabbia che di Terra ha il nome, nella bellezza, nell'amicizia.

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  5. Molto probabilmente il successo della religione cristiana e dell'islam (ma non del buddismo e dell'ebraismo - gli ebrei non credono a un'aldilà) è dovuto alla promessa di una vita eterna. Siamo sinceri: la morte non piace a nessuno. La fine di un essere caro (una persona, ma anche un cane o un gatto!) ci rattrista: sappiamo, sentiamo che la separazione è definitiva. È l'evidenza stessa, la suprema evidenza: dall'aldilà non è tornato mai nessuno (né Euridice né Gesù). Ed ecco che nasce una religione che dice: no, la morte non è la fine, anzi è l'inizio della vera vita (così diceva una nipotina di Manzoni, si vede ben istruita nella religione). E ci hanno creduto non solo gli ingenui e illetterati, ma anche gente d'intelligenza superiore (diciamo Dante e San Tommaso, ma tanti tanti altri). Come mai? Si vede che l'idea della propria fine non piaceva e che viceversa piaceva l'idea della vita eterna, il ritrovare parenti e amici (il cardinale Biffi credeva nell'immortalità perché voleva ... rivedere sua madre, non bearsi della contemplazione di Dio). Il vescovo Maggiolini invece pensava che la vita non avrebbe senso senza una continuazione nell'aldilà. Si direbbe che l'uomo non si rassegna alla propria morte, alla sua completa dissoluzione.
    Ma dice il più grande filosofo di tutti i tempi, il Platone moderno, che la morte non esiste, è un abbaglio, perché tutto è eterno. È una nuova fede, una nuova religione, una filosofica religione? No, è la verità, dice questo filosofo che passa per uno dei più grandi filosofi contemporanei (è "deceduto" alcuni mesi fa). Ovviamente non è veramente morto - secondo lui - ma si è semplicemente eclissato e tornerà un giorno (immagino molto lontano, diciamo fra miliardi e miliardi di anni). Alcuni dicono che era un pazzo, un fissato, uno che non voleva morire.
    Ma per fortuna ci restano e consolano le piccole cose dell'esistenza.

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    1. << Ma dice il più grande filosofo di tutti i tempi, il Platone moderno, che la morte non esiste, è un abbaglio, perché tutto è eterno. >>

      Si tratta di una affermazione che, a mio avviso, è ad un tempo, giusta e sbagliata.
      E' giusta in quanto la materia e l'energia, per quanto ne sappiamo, sono costanti: per cui rimangono disponibili nell'universo per formare qualcos'altro.
      Ma è sbagliata perchè gli aggregati di materia ed energia che noi chiamiamo esseri viventi sono pezzi unici, ed una volta decomposti non potranno mai ritornare con le loro caratteristiche precedenti.
      Ma illudersi è così piacevole, che chi lo fa può essere facilmente perdonato.

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  6. La materia è eterna? Ma che significa eterno? Al di fuori del tempo e dello spazio? Io non credo in Dio (o in quella caricatura di essere perfetto della religione cristiana). Ma se questo Dio non esiste, non può esistere, esiste indubbiamente l'universo e ... esistiamo anche noi (o no? siamo ombre evanescenti che si dissolvono dopo una brevissima esistenza?). Il più grande filosofo di tutti i tempi (vedi sopra) non crede nemmeno lui in Dio, ma afferma che siamo più grandi di Dio (infatti esistiamo, mentre lui non esiste, è solo un concetto, un'idea sorta in un preciso istante della storia del mondo e dell'universo).

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    1. << siamo più grandi di Dio: infatti esistiamo, mentre lui non esiste, è solo un concetto >>

      Questo è un bel paradosso, che non avevo mai letto da nessuna parte.
      Per certi versi, sembra una parafrasi della famosa prova ontologica di Sant'Anselmo (Dio deve esistere in quanto essere perfettissimo), che ha tenuto botta per un bel po' di secoli, prima di essere irrimediabilmente confutata.

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    2. "La prova ontologica di Sant'Anselmo ... irrimediabilmente confutata."

      E da chi? Il filosofo cattolico Josef Seifert, che considera Bergoglio eretico e decaduto, ha difeso la prova di Sant'Anselmo contro Kant che sosteneva non potersi provare né l'esistenza né la non esistenza di Dio. Non conosco il ragionamento di Seifert né m'interessa. Ovviamente non m'interessa nemmeno la prova dell'esistenza di Dio Sant'Anselmo. Qui ognuno dice o spara la sua, ma non convince nessuno, solo i suoi tifosi. Anche il buon Kant per me si sbaglia e la sua "prova" (Dio non si può né affermare né negare) lascia il tempo che trova. È noto che non posso provare la non esistenza della tazza ruotante in torno a Marte come sostenuto da alcuni (buontemponi). Ma almeno una tazza è qualcosa di concreto o concepibile (è un recipiente che ci permette di bere un caffè). Il famoso Dio invece non ha forma, nessun sembiante (capirai, è puro spirito, mica è vile materia come noi o il mondo). A meno che con ci rifacciamo alla Genesi e alla volontà di Dio: "Facciamo (maiale plurestatis o anche plurale majestatis) l'uomo a nostra immagine e somiglianza". Dal che si dedurrebbe che è simile al sapiens sapiens.
      L'esistenza o non esistenza di Dio più che un problema teologico o filosofico è una questione di potere: chi ha l'ultima parola?

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    3. Splendida la tua ultima frase: il re è nudo o vestito a seconda di chi ha l'ultima parola e di quanto potere possiede; il mondo va così.

      Comunque, per quanto riguarda la confutazione di Sant'Anselmo, mi pare che non si sia cimentato solo Kant, ma anche altri, tra cui Kurt F. Godel (che era un matematico, pensa un po').
      Inoltre, si parva licet, ho provato a confutarlo pure io (ma mi astengo dall'esposizione, per senso del pudore :-))

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  7. Comunque per rivenire al titolo di questo post: il pensiero scientifico avrà o ha sicuramente i suoi limiti, ma ... non abbiamo altro. Ovvero: la ragione sarà pure una fiammella, ma ci rischiara un po' la via. Le rivelazioni sono balle messe in giro da chi vuole comandare.
    Ma a livello psicologico abbiamo bisogno di certezze, almeno di qualche certezza appagante. Abbiamo di fronte una inconfutabile realtà terrificante, un cosmo di una vastità immensa che ci annichilisce (come il Deus tremendae majestatis). È come guardare il sole senza riparo: ci acceca. Quale certezza ci permette di resistere o di provare persino felicità? I primi sapiens sapiens non si ponevano ancora la questione dell'esistenza di Dio, erano troppo indaffarati a sopravvivere (né più né meno che i loro parenti prossimi, i Neandertaler). Ma la natura sive Deus ci ha fatto dono della corteccia cerebrale che ci fa soffrire ...
    Don Giulio-Nanni Moretti dice ai suoi parrocchiani: siamo nati per essere felici ...

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    1. << Don Giulio-Nanni Moretti dice ai suoi parrocchiani: siamo nati per essere felici. >>

      Rectius: siamo nati per 'cercare' di essere felici.
      Il che vuol dire che ci dobbiamo provare, ma che non è detto che ci potremo riuscire.
      O, se ci riusciamo, quanto spesso ed a quale prezzo.
      Diceva il grande Giacomino: piacer figlio d'affanno e mai pensiero fu più profondo e incontrovertibile di questo.

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  8. LETTERE DALLA FINE DEL MONDO

    Un saggio a quattro mani sul senso della vita e sulle indicazioni che può offrire la biologia

    Prendi uno scrittore, Massimiliano Parente, che voleva essere uno scienziato, e un scienziato, Giorgio Vallortigara, che voleva essere uno scrittore; mettili a confronto, chiedendo loro di intrattenere un carteggio; e infine tirane fuori un libro a quattro mani.

    Qualcuno l'ha fatto. Ecco qua Lettere dalla fine del mondo (postfazione di Giulia Bignami, pagg. 222, euro 18). Un saggio stimolante, che riesce ad affrontare, con apparente leggerezza, temi-chiave per ciascuno di noi.

    Caro Lumen,

    sono in trepidante attesa di questo libro che ho subito ordinato non appena letta la recensione di Alessandro Gnocchi. Uscirà domani 4 febbraio e lo riceverò come e-book. È il primo e-book che ordino, avrei preferito il cartaceo ma pazienza.
    Se mi piace te lo passo ovvero te lo regalo. Magari m'ispira qualche commento da pubblicare nel tuo blog. Uno degli autori, Massimiliano Parente, è comunque per me quasi una garanzia. Vuoi vedere che riceverò finalmente quella risposta appagante al senso ultimo dell'esistenza ... ? Ridi ridi, ma io il senso lo cerco tuttora.

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    1. << È il primo e-book che ordino, avrei preferito il cartaceo ma pazienza. >>

      Io ho iniziato ad usare il 'kindle' da alcuni anni (regalo di mia moglie) e mi trovo molto bene.
      Il che, ovviamente, non mi impedisce di alternarlo, con immutato piacere, al buon vecchio libro di carta.
      Comunque auguri per il tuo nuovo libro.

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