venerdì 22 gennaio 2021

Del celibato ecclesiastico

Qualche tempo fa circolava sul web questa simpatica battuta: “Come si chiama un uomo che sposa un altro uomo ? Prete.”

Oggi, dopo le aperture di legge sulle unioni civili, le cose sono molto cambiate in materia di libertà sessuale, ma il celibato ecclesiastico è rimasto un punto fermo della Chiesa Cattolica.

Il post di oggi è dedicato appunto a questo argomento, che a mio parere, anche solo per motivi culturali, continua a coinvolgere tutta la società nel suo complesso.

Il testo, fortemente critico, è di Antonio Lombatti ed è tratto dal sito dell'UAAR. 

LUMEN


<< La Chiesa cattolica apostolica romana è ancora una monarchia medievale maschile. I vescovi e i cardinali rispondono solo al papa. Sono isolati dalle influenze esterne e provenienti dal basso. Non sono educati alla trasparenza e al processo decisionale, alla discussione dei problemi all’interno delle diocesi o alla consultazione di esperti laici.

Resta molto viva, ancora oggi, la convinzione che il clero costituisca un’élite speciale, sopraordinata alla gente comune in virtù dei poteri discendenti dal ministero sacramentale.

Il Vaticano ha sempre risposto che i propri preti non possono sposarsi perché questa è la tradizione della Chiesa. Ma non è così. Il primo papa, Pietro, era sposato. Sono noti gli apostoli e i fratelli di Gesù con le loro mogli, diaconesse e donne prete, sacerdoti e vescovi coniugati per secoli e, illegalmente, per oltre un millennio. Si conoscono pontefici e le loro mogli o, più spesso, le loro amanti.

Il celibato obbligatorio sacerdotale, istituito nel XII secolo in modo tale da non fare ereditare i beni della Chiesa a mogli e figli del clero, ha conferito ai preti, nel corso dei secoli, un’altissima funzione sociale.

Esso ha determinato complesse dinamiche nei rapporti umani per cui si è creata una vera e propria frattura tra laici e religiosi. Solamente preti, vescovi e cardinali possono diffondere il messaggio di Gesù e, soprattutto, mediare la presenza di Dio tra i fedeli o guidare una persona verso la salvezza eterna.

Quindi, il cattolicesimo ha costruito nei secoli un modello di assoluta dipendenza del credente dal suo prete. Attraverso i secoli, il sacerdote è stato percepito non solo come un’autorità, ma come un essere intoccabile: superiore alla legge degli uomini e non punibile dai tribunali civili.

I credenti si sono sempre sentiti inadeguati verso i preti, incompetenti, intellettualmente e moralmente inferiori. Attorniati da un’aura di prestigio, presbiteri e vescovi sono stati trattati per generazioni e generazioni come agenti speciali di Dio, mediatori tra i comuni esseri mortali e il divino.

Il celibato, infine, ha conferito ai preti un alone magico di potere e spiritualità. I sacerdoti non sposati non erano uomini comuni. (...).

Il celibato obbligatorio nella Chiesa non è un dogma, ma una norma. Infatti, si possono ordinare preti sposati provenienti dalla Chiesa anglicana o in quella cattolica di rito orientale. L’autorità è rappresentata da maschi celibi che parlano di sesso e famiglia, ma si devono comportare contro natura e non avere mogli, figli, né provare amore per una donna.

È importante sottolineare che ogni singolo documento della Chiesa su questioni legate alla sessualità umana è stato scritto da uomini celibi. Perciò, nello scrivere o parlare di sessualità, i preti cattolici devono essere osservatori incorporei. Vivendo in mezzo a persone immerse in relazioni affettive, che sono sposate o convivono, i sacerdoti guardano ciò che gli altri fanno, reprimendo gli impulsi biologici del loro corpo e della loro mente.

Come osservatori incorporei – occhi senza viso – i preti valutano ciò che nelle relazioni sociali è buono o malvagio senza averne la minima esperienza, senza conoscere ciò che stanno giudicando. Non possono capire come la sessualità, il matrimonio o l’avere dei figli aumenti positivamente le relazioni umane e il vivere quotidiano.

Già nel Medioevo, alcuni chierici eruditi, come Pier Damiani, si erano resi conto che negare una moglie ad un sacerdote o impedirgli di vivere la pienezza della vita famigliare portavano al concubinato, alla sodomia, ad abusi su ragazzini e relazioni incestuose. Era solo un’intuizione. Ma san Pier Damiani aveva anticipato i tempi.

E l’incessante legislazione ecclesiastica sugli abusi sessuali del clero dimostra come sia stato un problema diffuso già a partire dal Medioevo.

I documenti provano come la Chiesa abbia cercato di fronteggiare questa piaga. Le citazioni in documenti ufficiali degli abusi sessuali, delle concubine o della sodomia sono la prova inconfutabile dell’esistenza del problema. È, quindi, proprio la legislazione della Chiesa a tradire la vastità del fenomeno.

A dispetto di quasi duemila anni di prove documentate sulle violazioni del celibato ecclesiastico e a fronte di continui, ma infruttuosi e inutili, tentativi ufficiali di debellare il fenomeno, il papato si è opposto anche con Giovanni Paolo II alla riconsiderazione del celibato obbligatorio. (...)

La base scientifica e quella teologica per gli insegnamenti della Chiesa su celibato e sesso sono inadeguate e false.

Qui non si vuole attaccare l’istituto del celibato nel suo complesso. Ci sono persone davvero virtuose pronte a fare scelte difficili e a rispettarle, come quella dell’astinenza dai rapporti sessuali. Ma questa deve restare una libera opzione e non un’imposizione a persone psicologicamente fragili e sessualmente immature.

Come hanno dimostrato gli studi psicologici sul clero di Richard Sipe, i sacerdoti che raggiungono un celibato pieno sono solo circa il 10%.

La Chiesa, purtroppo, continua ancora oggi ad usare la Bibbia, come in epoca pre-
copernicana, per illustrare la sua etica sulla sessualità umana. Ma usare le sacre scritture come base per spiegare celibato e rapporti intimi è come prendere a modello la Genesi per spiegare la formazione dell’universo.

La Chiesa ha riabilitato Galileo, ma non sembra voler ripensare la questione del celibato. >>

ANTONIO LOMBATTI


8 commenti:

  1. Solo il 10% dei sacerdoti vive pienamente il celibato? Io penso che siano molti di più, anche se dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa è profondamente cambiata (basti pensare allo smonacamento in massa, alla fuga dai conventi).
    C'è poco da aggiungere all'analisi del fenomeno propostaci da A. Lombatti.
    Perché allora la Chiesa non cede di un millimetro sulla questione? In tempi recentissimi Ratzinger ha manifestato ancora la sua opposizione all'abolizione del celibato. Forse un po' semplicisticamente mi spiego la cosa con la forza della tradizione. Il prete sposato in Italia, ma anche in altre parti del mondo (diciamo la Polonia), è tuttora inimmaginabile per i fedeli anziani, sicuramente meno tra i giovani. Tuttavia penso che l'abolizione del celibato non cambierebbe molto, la crisi della Chiesa è secondo me irrimediabile, anche se si protrarrà forse ancora lungo. La crisi è tanto grave che l'attuale papa, che non crede più nella Trinità e nella verginità di Maria, nell'Immacolata concezione e nell'assunzione di Maria in cielo ecc. ecc., sta operando per l'istituzione di una religione universale fondata sui buoni sentimenti e senza ridicoli dogmi in cui del resto non credono più non pochi preti che lo dicono pure.
    In considerazione di tale crisi la questione del celibato appare irrisoria. Per una questione di facciata Ratzinger e altri vogliono restare fedeli alla vecchia norma, ma il problema vero è la fede. Cosa significa: credo in Dio padre onnipotente, creatore del cielo e della Terra, in Gesù Cristo suo unico figliuolo, e nello Spirito Santo che da entrambi procede ecc. ecc. ?
    Non sono altro che formule vuote di significato, ma che proferite con più o meno sentimento dimostrano la mia appartenenza ai detentori del potere, alla Chiesa. Solo che il potere della Chiesa sta scemando per cui persino dei preti, cioè dei funzionari del potere, possono impunemente dire di non credere più ai dogmi.

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    1. Credo che il celibato della Chiesa Cattolica abbia motivazioni prettamente economiche, onde evitare la dispersione delle ricchezze delle istituzioni religiose (chiese, parrocchie, monasteri) sotto forma di eredità ai figli (legittimi) dei preti e dei monaci.

      Inoltre - ma questa è una illazione mia - questo meccanismo consentiva ai suddetti religiosi di vivere agiatamente con le ricchezze della loro istituzione, senza violare il voto di povertà personale.

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    2. "Credo che il celibato della Chiesa Cattolica abbia motivazioni prettamente economiche."

      No, non credo, almeno oggi non più. Con la Controriforma la Chiesa è diventata più severa coi propri funzionari che d'altra parte grandi ricchezze non potevano accumulare, almeno il basso clero.
      Credo proprio che oggi sia una questione di facciata, o se si vuole di principi, di tradizione, non economica. Persino i grandi prelati - mi viene in mente papa Sarto (Pio X) - facevano la fame.

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    3. E' probabile che tu abbia ragione.
      Dopo aver rinunciato (per la pressione dei tempi) a molti principi tradizionali, qualche punto fermo deve rimanere, altrimenti i fedeli protestano.
      E con ragione: la fede deve nutrirsi di punti fermi, immutabili e indiscutibili, altrimenti non è più fede.

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  2. È arcinoto che il celibato o l'astinenza sessuale non siano stati rispettati da moltissimi chierici (vedi il Decamerone, i racconti di La Fontaine ecc. ecc.).
    Ma anche la monogamia non è stata rispettata, i grandi capolavori letterari rappresentano la celebrazione dell'adulterio. Eppure il matrimonio "tiene" ancora e l'infedeltà coniugale non è apprezzata dal/la coniuge cornuto/a.

    Insomma, siamo peccatori, sia le persone sposate che i preti. Però in qualche modo restiamo fedeli a certi costumi (celibato dei preti, matrimonio).
    Ma la vera rivoluzione sessuale sta avvenendo ora e potrebbe dare il colpo di grazia ad antichi costumi. Per la dottrina della Chiesa era colpa grave rifiutare rapporti coniugali al coniuge (soprattutto da parte della donna), oggi è un crimine esigere rapporti dal coniuge non consenziente.

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    1. Probabilmente, in campo sessuale la presenza di "tabù" è quasi inevitabile.
      E quando ne cade uno (come nell'ultimo esempio che hai fatto) ecco che ne sorge immediatamente un altro (spesso di segno opposto).

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  3. Concordo con l'articolo e i commenti.
    L'aspetto singolare della questione - come evidenziato nell'articolo - è che l'ordinazione di uomini sposati potrebbe essere introdotta senza alcun problema teologico: il divieto è una semplice norma disciplinare. Del resto la Chiesa ortodossa (ben più conservatrice) l'ammette da sempre, si distingue il cosiddetto clero bianco - i sacerdoti sposati - dal clero nero (dal colore degli abiti), costituito dai preti monaci, cui sono riservate in esclusiva le cariche vescovili.
    Quanto agli aspetti economici, mi domando se in Africa e in Asia la situazione non sia ben diversa da quella europea, e la "carriera" ecclesiastica non sia ancora un mezzo di promozione sociale ed economica per il proprio clan, con quel che ne deriva.

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    1. << mi domando se in Africa e in Asia la situazione non sia ben diversa da quella europea, e la "carriera" ecclesiastica non sia ancora un mezzo di promozione sociale ed economica per il proprio clan >>

      L'ipotesi mi pare del tutto legittima.
      Sono meccanismi che in occidente, un tempo, erano la norma e che sono stati superati solo grazie al benessere diffuso e ad una maggiore scolarizzazione.
      Non bisogna dimenticare, infatti, che la carriera religiosa non dava solo potere e prestigio, ma consentiva anche l'accesso ad una cultura di elite, la quale conferiva un vantaggio sociale notevole anche da sola.

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