venerdì 2 ottobre 2020

L'illusione socialista

Dell'economia capitalista si può dire tutto il male che si vuole, ma non certo che non funzioni: anzi è persino troppo efficiente.

E dell'economia socialista cosa si può dire ? Che ha tanti pregi teorici, ma un grave difetto pratico: è il sogno impossibile di una economia che non può funzionare, perchè in inconciliabile contrasto con la natura umana.

A questa illusione è dedicato il post di oggi, che ho estratto da un più lungo articolo (scritto da qualcuno che ci crede ancora) pubblicato dal sito di Sollevazione.

Buona lettura. LUMEN


<< Cos’è il Socialismo? Esso può essere racchiuso in una proposizione: “Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni”.

È l’idea di una società in cui il lavoro non sia una condanna alla schiavitù per valorizzare il capitale ma un’attività necessaria per vivere tutti meglio; in cui si produca e si consumi quanto basta per condurre una vita dignitosa; dove l’eguaglianza formale nella sfera politica sia sostanziale; in cui forze produttive e scienza siano orientate ad assicurare il bene comune e non i privilegi di pochi.

Quest’idea, per cui masse sterminate di uomini e donne hanno combattuto segnando nel profondo la storia, è considerata dalle classi dominanti, che hanno il monopolio dei mezzi d’informazione, come un’utopia. È invece un’idea ragionevole quella per cui i settori strategici di produzione e di scambio, oggi monopolio di una minoranza assetata di profitto, diventino proprietà pubblica e vengano amministrati e gestiti dai lavoratori associati, siano essi manuali che intellettuali.

Già oggi i grandi capitalisti, quelli che mettono il capitale, poco o niente sanno dei reali processi produttivi delle loro aziende, e nulla potrebbero senza l’ausilio del personale tecnico e amministrativo dirigente. Grazie all’enorme progresso delle tecnologie sarebbe ben possibile lavorare tutti meno e meglio. I dominanti invece fanno il contrario: usano questo progresso per ridurre i dipendenti, sfruttandoli di più e condannando masse sempre più ampie alla precarizzazione ed alla disoccupazione perpetua.

La società dev’essere concepita come una totalità organica, i diversi settori sono arti dell’unico corpo sociale, di qui la necessità che l’economia sia sottratta alle cieche leggi di mercato, con un’allocazione efficiente e giusta delle risorse, dei beni, quindi razionalmente organizzata, finalizzata a soddisfare i plurimi bisogni del genere umano, il tutto nel pieno rispetto di Madre Natura.

Alla concezione feticistica che la ricchezza consiste nell’ammucchiare denaro — che inevitabilmente implica la lotta egoistica di una minoranza a spese della maggioranza per possederne sempre di più — noi opponiamo quella per cui una società è tanto più ricca quanto più riesce ad assicurare ai cittadini una vita buona, soddisfando i loro variopinti bisogni, materiali e spirituali.

Nel secolo scorso, dopo quello russo, diversi popoli, sotto la guida di potenti partiti comunisti, si sono incamminati sulla via del socialismo. Quei tentativi, dopo enormi successi iniziali, si sono conclusi in un fallimento. Ciò non è dipeso solo dalle difficoltà legate ad ogni grande processo di trasformazione sociale, ma da alcuni errori basilari insiti nella stessa teoria politica dei comunisti, cinque spiccano sugli altri.

1 – I comunisti erano convinti che la classe proletaria possedesse un’intrinseca e spontanea vocazione rivoluzionaria, quindi la capacità di guidare il passaggio al socialismo. Questa vocazione non è invece innata, che essa si manifesti dipende dalle mutevoli condizioni storiche e sociali. Anche per il proletariato vale che davanti alle difficoltà la spinta al cambiamento si può rovesciare nel suo opposto.

2 – I comunisti erano convinti che la statizzazione integrale dei mezzi di produzione sarebbe sfociata necessariamente nella completa socializzazione e autogestione. Si è verificato invece che il potere è finito presto nelle mani di un ceto dirigente professionale che lo ha utilizzato per imporre la propria supremazia politica e sociale e difendere i suoi privilegi.

3 – I comunisti erano convinti che la pianificazione economica avrebbe non solo evitato gli squilibri tra settori economici ma, ipso facto, soppresso l’economia mercantile, producendo una crescente eguaglianza sostanziale e abolito ogni forma di oppressione e di antagonismo sociale. Abbiamo visto invece che la pianificazione può creare nuovi squilibri sociali, convivere con la produzione mercantile, causare non solo spreco e distruzione di risorse naturali e sociali, diventando un freno allo sviluppo sociale ed economico.

4 – I comunisti erano convinti che il “regime proletario” oltre che di breve durata avrebbe soppresso la stessa democrazia (“borghese”) lasciando il posto ad un regime libertario integrale e senza Stato. Invece di questa chimera esso si è pietrificato ben presto in un regime dispotico e antidemocratico.

5 – I comunisti erano convinti che, una volta mutata la struttura economica della società, le sovrastrutture, i modi di vita e la sfera spirituale si sarebbero adeguate pressoché automaticamente. Costumi, idee, visioni del mondo, date le loro profonde radici, hanno dimostrato invece una capacità di resistenza formidabile.

[Come sequenza di errori, non c'è male – NdL]

[Noi] chiamiamo socialismo il sistema che si organizza e si struttura affinché gli uomini possano ridurre al minimo la durata del tempo di lavoro, accrescendo invece quello libero, affinché, al di là del riposo, egli possa dedicare questo suo tempo, una volta soddisfatti i bisogni primari, a realizzare quelli immateriali, a nutrire il suo spirito, estrinsecando le sue molteplici facoltà ed attitudini, dedicandosi infine alla cura delle faccende politiche e comunitarie.

Affinché ciò possa accadere sono necessarie tre condizioni: il massimo sviluppo delle forze produttive materiali e spirituali, ovvero il più alto grado d’automazione e informatizzazione dei processi lavorativi e della partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica; una nuova e qualitativa gerarchia dei bisogni, quindi nuove concezioni di sviluppo e di benessere, opposte a quelle oggi imperanti, consumistiche e feticistiche; e infine uno Stato che sia effettiva espressione della sovranità popolare.

Grazie a ciò sarà davvero possibile ottenere da ciascuno secondo le sue possibilità, e dare ad ognuno secondo i suoi bisogni, abolendo quindi non solo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo ma ogni forma di oppressione politica e di saccheggio delle risorse naturali.

Questo socialismo implica la proprietà pubblica dei principali settori strategici dell’economia (non quindi non l’abolizione della proprietà privata tout court) ed uno Stato che funga da sentinella del nuovo ordinamento sociale e democratico e che assicuri a tutti i cittadini non solo l’esercizio dei diritti di libertà, ma pure la fruizione di quelli al lavoro, all’istruzione, alle cure sanitarie, nonché quello ad un reddito di base universale.

Non basta l’eguaglianza sul piano economico. La libertà di pensiero, di parola, di associazione politica, di stampa, di fede religiosa sono principi inalienabili della persona. Eguaglianza sociale e libertà individuali e collettive sono indissolubili.

Il socialismo che auspichiamo, contrariamente a quanto hanno utopisticamente immaginato i primi socialisti, Marx compreso, lungi dal fare sparire la democrazia la estenderà, permarrà dunque l’organizzazione statuale, come necessaria espressione politica e amministrativa della comunità. >>

PROGRAMMA 101

11 commenti:

  1. Mah, un bel testo, non c'è che dire: come non essere d'accordo, come non approvare tutte queste belle cose ragionevoli, gli ideali del socialismo? E non faccio affatto dell'ironia. Abbondanza e felicità per tutti (gli attuali 7,8 miliardi di esseri umani): "vaste programme" ironizzava de Gaulle, ma almeno in teoria un bel programma. Come negare a un essere umano di vivere una vita non solo decente, dignitosa, ma piena, sviluppando tutte le sue potenzialità? Ma siamo 7,8 miliardi (e fra 10-12 anni saremo 8,8 miliardi, forse un po' di più, forse un po' di meno). Le anime belle socialiste non hanno mai dedicato un pensierino alla demografia. Ma lo sanno cosa significa un miliardo di persone? Un miliardo! Quasi una Cina o l'India attuali (1,4 e 1,3 miliardi di esseri umani desiderosi di vivere al massimo delle loro possibilità). C'è da mangiare per tutti, dicono, è solo un problema di distribuzione (magari anche di produzione?!). In effetti il comunismo e il suo fratello minore, il socialismo democratico, sono stati un tentativo di razionalizzazione della vita, un tentativo generoso di organizzazione sociale. I frutti non sono stati all'altezza delle intenzioni, anzi, tutti i regimi socialcomunisti si sono rivelati fallimentari. "Perché contrari alla natura umana", disse il ministro degli esteri vaticano Casaroli quando l'URSS crollò. Eppure adesso abbiamo un papa che ce l'ha a morte col capitalismo e sogna una società similcomunista come fu quella della prima comunità cristiana a Gerusalemme: tutti mettevano i loro guadagni in comune, che bella cosa, la fraternità realizzata. Ma Anania e sua moglie si scocciarono di questa fratellanza e non stettero più al gioco trattenendo parte dei loro guadagni. E furono fatti secchi da Pietro: scoperti morirono entrambi d'infarto ...
    Eppure, caro Lumen, nel nostro futuro c'è il socialismo. Purtroppo, vorrei aggiungere, perché la società comunista perfetta - descritta da Campanella nella sua Città del Sole (e anche Platone era comunista!) - è una società oppressiva, in cui tutto è regolamentato e hai solo un desiderio: fuggire!
    Da una parte c'è la necessità di almeno un minimo di organizzazione (saremo presto dieci miliardi: ma lo sapete anime belle cosa significa un miliardo di esseri umani in più?), dall'altra ognuno vuole ritagliarsi uno spazio di libertà per realizzarsi, come si dice oggi, cioè per fare quello che cazzo gli pare senza che il comitato di salute pubblica intervenga.
    Socialismo o barbarie, uguaglianza o barbarie, va ripetendo Flores d'Arcais da decenni (ma di raccogliere pomodori o pulire i cessi non ne vuole sapere, per questo importa gli africani).
    Mi rendo conto di essere un po' contraddittorio: auspico il bene comune (che bisogna organizzare), ma vorrei essere anche il più possibile libero. Due aspirazioni in conflitto.


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    1. << tutti i regimi socialcomunisti si sono rivelati fallimentari. "Perché contrari alla natura umana", disse il ministro degli esteri vaticano Casaroli quando l'URSS crollò. >>

      Caro Sergio, il fatto che io la pensi esattamente com un cardinale può apparire un po' paradossale.
      Ma forse, a pensarci bene, non lo è.

      Perchè se è vero che anche i precetti della Chiesa sono anch'essi contrari alla natura umana, questo viene fatto non per errore, ma di proposito, per aumentare il proprio controllo morale.
      La Chiesa, in altri termini, predica bene (troppo bene) non per avere dei santi, ma per avere dei peccatori (il che è inevitabile vista appunto la natura umana), in modo che i fedeli, sentendosi tali, abbiano sempre bisogno del loro perdono.

      I social-comunisti, invece, sono maggiormente in buona fede, vogliono veramente migliorare la natura umana: per questo falliscono sempre, inevitabilmente.

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    2. Il concetto di natura umana è controverso. C'è chi dice che la natura di un essere eminentemente culturale come l'uomo è proprio di non avere una natura ben definita (e lo dice uno come Ortega y Gasset che sai quanto ammiro, tanto da averlo scelto come mio maestro). Ma non sono tanto d'accordo con Ortega in proposito.
      Comunque che comunismo e cristianesimo siano contro natura ci può stare. La balzana formula: "tutti danno il massimo, a ciascuno secondo i suoi bisogni" è semplicemente ridicola. Sta' a vedere che mi faccio il mazzo e poi devo consegnare tutto al comitato centrale che stabilisce ciò di cui ognuno ha bisogno!
      La natura umana, come di ogni essere vivente, è di arraffare quanto più si può per sé e i propri discendenti. Poi ci si è dovuti dare delle regole per convivere pacificamente. E penso che siamo d'accordo che delle regole ci vogliono, se no è guerra continua. Dunque lo Stato va benissimo, anzi è indispensabile. Ma la formula giusta o persino ideale per noi liberali è: il meno Stato possibile, la maggiore libertà possibile. Lo Stato minimo ai tempi dei Romani era: pane e circensi per la plebe, le elite arraffavano come potevano. Oggi pane e calcio non bastano più e lo Stato si allarga, in occidente si lavora per lo Stato fino a giugno, avremmo dunque già un socialismo al 50%. Ma per i comunisti (esistono ancora accidenti!) non basta nemmeno il 50%. Fosse per loro dovremmo lavorare per lo Stato e i comunisti fino a metà dicembre, il resto mancia.
      La situazione resta conflittuale, il che è anche logico e naturale. Però adesso ti dico una cosa: la demografia renderà inevitabile il socialismo. E questa pandemia cade a fagiolo: ti ricordo le parole di Attali, ma anche del papa che esige il vaccino per tutti (per gli 8 miliardi di esseri umani attuali). Questa pandemia è davvero provvidenziale, che sia stata casuale o indotta. Anche le nuove invasioni barbare ci obbligano a pensare in grande: siamo tutti sulla stessa barca (pensa al clima o all'ecologia) e dovremo metterci d'accordo su parecchie cose. In 10 o 15 miliardi staremo più stretti e non avremo più tante libertà (di arraffare a spese degli altri). Vedrai che alla fine stabiliranno anche i metri abitativi a persona (il "fabbisogno" attuale nel paese in cui vivo è salito da 35 metri quadrati nel dopoguerra ai 45 circa attuali - la gente col benessere si è allargata).

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    3. << la demografia renderà inevitabile il socialismo. >>

      Non ne sarei così sicuro.
      Bisogna stare attenti a non confondere uno società social-comunista, cioè economicamente e normativamente tale, con una dittatura che afferma di essere tale.
      Non sono la stessa cosa.

      Uno stato veramente 'social-comunista' dovrebbe coniugare la pienezza delle libertà civili con un forte controllo economico, ma credo che una cosa simile non si sia mai vista nella storia dell'umanità.
      Le dittature che si auto-dichiarano social-comuniste, invece, abbondano, ma, per l'appunto, sono una cosa totalmente diversa.

      Quindi, se la pressione demografica e la crisi ambientale dovessero mai portare ad un mega-governo mondiale, questo sarebbe al massimo del secondo tipo (dittatura psudo-socialista), non certo del primo.

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    4. A proposito del senso di colpa indotto dalla religione cattolica e/o dalla Chiesa. Non credo che ci sia stata intenzione, sarebbe davvero un piano diabolico. Diciamo che le cose sono andate così (un po' per caso), ma che alla Chiesa o al potere andava benissimo. Senza la colpa della colpe, il famoso peccato originale, tutto il resto non avrebbe senso: Gesù infatti redime l'umanità da tale peccato che però, mannaggia, continua a tramandarsi di figlio in figlio per cui ci vuole il battesimo a lavare quella colpa. Recentemente un prete cattolico su MicroMega ha affermato che il peccato originale è una balla colossale, non c'è mai stato (quando poi, 50'000 anni fa?). Alla buon'ora, anche se penso che questo prete non sia un genio, tanti c'erano arrivati prima. Credo anche che Bergoglio la pensi uguale.
      Ma per tornare al senso di colpa. Il peccato originale continua a tramandarsi e tale peccato ha corrotto la natura umana (sorvoliamo su questa corruzione ...), per cui peccare è inevitabile. Il che è anche logico: se la natura umana continua ad essere corrotta, nonostante la rendenzione del figlio di Dio, "siamo tutti peccatori" (anche il papa si confessa ...). Ma la Chiesa ci può assolvere ("ciò che legherete ... ciò che scioglierete sarà sciolto in cielo) e questo, bisogna ammetterlo, è una gran consolazione: una bella confessione sincera, col proposito fermo di non più peccare (se no la confessione non è valida!) era davvero confortante, come ci si sentiva bene poi. Il potere, la Chiesa, assolve e i sudditi (tali siamo) godono, sono felici. Un bel sistema, non c'è che dire.
      Sei peccatore, strutturalmente (peccato originale, natura corrotta), ma io ho il potere - per mandato divino, di Gesù - di assolverti (se fai il bravo, se prometti di non più peccare - ma tanto peccherai lo stesso per la colpa strutturale, ma ci sono io che ti assolvo). Geniale e diabolico. Ma ripeto: penso che non ci sia stato un piano, le cose si sono svolte secondo logica a cominciare da quella fantomatica colpa descritta nel Genesi (la "mela" è un'invenzione del quinto secolo d. C. - quale frutto fosse non è noto dal verbale dei fatti ..).

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    5. Quello che rende il concetto di peccato "geniale e diabolico" come dici tu, è anche il fatto che ha un ambito molto più ampio del semplice illecito, che ogni società deve necessariamente individuare e punire.
      Non solo perchè il peccato comprende anche comportamenti personali che non sono anti-sociali, ma anche perchè l'illecito è legato al comportamento che, in qualche misura, è controllabie.
      Il peccato invece, molto più subdolamente, si può riferire alle omissioni e persino ai pensieri.
      Ed evitare di peccare 'col pensiero' mi pare impossibile per chiunque.

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    6. "Ed evitare di peccare 'col pensiero' mi pare impossibile per chiunque."

      Infatti. Ma bisogna precisare: i "cattivi pensieri" che vengono a tutti, anche ai santi, sono "tentazioni" del demonio. Ed essere tentati non è peccato, il demonio è sempre all'opera - per concessione del padreterno -, è il suo mestiere, la sua ragion d'essere. Per commettere un peccato ci vuole il "deliberato consenso" del tentato. Cioè se "cedi" alla tentazione.
      Nota che in questo caso la Chiesa o il potere riconosce la legge naturale ovvero la natura umana: essere esposti alla tentazione è infatti la cosa più naturale del mondo - tentazioni del demonio per chi ci crede, più banalmente le infinite cose attraenti che la natura offre ai nostri sensi.
      La Chiesa o il potere riconosce la natura umana, il potere o il fascino delle tentazioni, e non considera la tentazione peccato. Il peccato si commette col cedere alla tentazione con deliberato consenso. Ovviamente noi non credenti osserveremo: il cedimento alla tentazione ha una causa - che può persino sfuggire al "peccatore" (noi non conosciamo mai tutti i fattori di una decisione). Per noi vale: non c'è effetto senza causa. E la Causa prima di tutti i nostri guai è Lui !
      Questi miei pensierini che penso tu condividerai li devo a Ortega y Gasset. Che non era credente (ma nemmeno anticlericale e penso non avrebbe voluto essere considerato ateo perché questa parola è tuttora aggressiva - ti consiglio di non dichiararti ateo in un paese islamico, ma anche in casa nostra non si scherza, prova a fare professione di ateismo alla RAI). Fra parentesi Ortega loda la Chiesa per questa sua finezza: distinguere tra tentazione e peccato. La tentazione è naturale, non si può non essere tentati, e non può essere peccato.
      A dir la verità la Chiesa considera poi, irrazionalmente e contro natura, che la tentazione è la conseguenza della natura corrotta dal peccato originale. Quante acrobazie per salvare capra e cavoli, la logica e l'ideologia! Pensa a tutti i funambolismi degli scolastici per "spiegare" le verità di fede. Un certo frate, Bernardo de Lully, che era pure un genio matematico, cercò di dimostrare (e secondo lui ci era riuscito) la necessità della Trinità. Davvero un genio! Devo però dire che i funambolismi dei teologi sono non di rado davvero ingegnosi e ... divertenti, per cui possono costituire persino un avviamento al pensiero logico. Ovviamente fino a un certo punto. Al punto in cui ammettono: di più non possiamo dire, ci vuole la fede!

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    7. << essere tentati non è peccato, il demonio è sempre all'opera. (...) Per commettere un peccato ci vuole il "deliberato consenso" del tentato. Cioè se "cedi" alla tentazione. >>

      Scusa Sergio, ma questo distinguo non mi è del tutto chiaro.
      Cedere alla tentazione significa (secondo me) mettere in pratica i cattivi pensieri, ovvero le tentazioni.
      Ma noi stavamo parlando dei peccati commessi col solo pensiero.
      Come si fa a distinguere, a livello del solo pensiero, tra 'tentazioni a cui si cede' e 'tentazioni a cui non si cede' ?

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    8. Ma si pecca appunto anche col solo pensiero, come osservi pure tu. Prendiamo il dubbio di fede, il demonio ti tenta e tu dubiti di certe verità, di certi dogmi (per es. l'Immacolata concezione - che non ha niente a che vedere con la verginità di Maria, come molti cattolici ignoranti pensano). Questo dubbio che ti viene è una tentazione e non è ancora un peccato. Puoi respingerlo subito o dopo aver recitato una giaculatoria o fatto una preghiera (una specie di esorcismo!). Ma se invece non ti liberi subito da questo pensiero, non respingi dunque la tentazione, ma cominci a filosofarci su, a "coltivare" questo dubbio, ecco che ti esponi colpevolmente al rischio di peccare, di dubitare seriamente di quella tal verità dogmatica, e quindi sei già ... sulla via di perdizione ovvero stai commettendo un peccato (magari mortale?).
      La cosa non è così astratta o difficile da comprendere. Si può infatti peccare anche col solo pensiero, senza passare a un'azione concreta ben visibile. Puoi bestemmiare Dio ... in silenzio! Nessuno se ne accorge, ma Dio ha registrato e se la legherà al dito e nel Dies irae ...

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    9. Ti ringrazio per il chiarimento, ma il confine tra i due concetti (tentazione / peccato) rimane, a mio modesto avviso, abbastanza labile.

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  2. Tornando all'economia social-comunista, ed alle sue difficoltà di trasposizione pratica, ecco cosa ho trovato sul web:

    << La proprietà dei mezzi di produzione varia tra nelle diverse teorie socialiste.
    In alcune la proprietà si caratterizza come proprietà pubblica da parte di un apparato statale; in altre proprietà diretta da parte degli utenti della proprietà produttiva attraverso la cooperativa dei lavoratori ; o di proprietà comune di tutta la società.

    La gestione e il controllo delle attività delle imprese si basano sull'autogestione e sull'autogoverno, con pari rapporti di potere sul luogo di lavoro per massimizzare l'autonomia professionale.
    Una forma di organizzazione socialista eliminerebbe le gerarchie di controllo in modo che rimanga solo una gerarchia basata sulle conoscenze tecniche sul posto di lavoro.
    Ogni membro avrebbe lo stesso potere decisionale nell'azienda e sarebbe in grado di partecipare alla definizione dei suoi obiettivi politici generali.
    Le politiche / obiettivi sarebbero realizzate dagli specialisti tecnici che formano la gerarchia coordinatrice dell'azienda, che stabilirà piani o direttive per la comunità di lavoro per raggiungere questi obiettivi.

    Tuttavia, le economie degli ex stati socialisti erano basate sull'amministrazione burocratica, dall'alto verso il basso delle direttive economiche e sulla micromanagement del lavoratore sul posto di lavoro ispirato ai modelli capitalistici di gestione scientifica.
    Di conseguenza, alcuni movimenti socialisti hanno sostenuto che tali economie non erano socialiste a causa della mancanza di pari rapporti di potere sul posto di lavoro, della conclamata presenza di una nuova "élite" e della produzione di merci che ha avuto luogo in queste economie.
    Questi sistemi economici e sociali sono stati classificati come "collettivisti burocratici", "capitalisti di stato". >>

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