sabato 8 agosto 2020

Punti di vista – 21

RINUNCE
Mettiamoci il cuore in pace: a qualcosa dovremo sempre rinunciare. È la vita.
Se vogliamo la carriera, dovremo passare meno tempo con i figli. Se vogliamo lavorare tutti a tempo pieno, la vita sarà pesante e la famiglia il luogo in cui scaricheremo il nostro stress.
Se vogliamo fare figli, il tempo a disposizione per le altre cose si ridurrà. Se vogliamo che la famiglia ci aiuti con i bambini, dobbiamo rinunciare alla libertà di vivere dove ci pare.
Se vogliamo che i nostri genitori vadano in pensione presto e bene, dopo dobbiamo lavorare per pagargliela questa pensione; se vogliamo pagare poche tasse, dobbiamo accettare meno servizi e meno pensioni.
Non c’è niente di terribile in questo: le soluzioni si possono trovare. (…)
È il fatto di credere di aver diritto ad avere tutto contemporaneamente, e l’arrabbiarsi perché pensiamo che c’è qualcuno che non sta facendo quello che dovrebbe per rendercelo possibile, che ci fa vivere scontenti e arrabbiati, non solo come singoli, ma anche come società.
Accettare le rinunce fa parte della vita, ma nessuno ha il coraggio di dirlo.
GAIA BARACETTI


ANALFABETISMO FUNZIONALE
Viviamo in un sistema mondiale formalmente democratico, dove tuttavia la maggioranza dei votanti è composta in parte da analfabeti funzionali, incapaci di comprendere un ragionamento complesso, ed in parte da analfabeti critici, incapaci di validare la correttezza di ciò che gli viene raccontato e pronti ad accettare qualunque opinione, purché convincente ed adeguatamente argomentata.
Una democrazia sostanzialmente succube di chi disponga di risorse sufficienti per orientare, stravolgere e deformare la pubblica percezione dei fatti.
MARCO PIERFRANCESCHI


SOLUZIONI ECONOMICHE
Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre.
Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti.
Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto.
L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti.
ABBA P. LERNER


DITTATURE
Tutti gli Stati sono sottoposti agli imperativi della realtà, ma questa sensibilità ai fatti è caratteristica della salute mentale, e non tutti i governanti sono sani di mente.
E mentre in democrazia esiste un sistema di pesi e contrappesi, che limita i danni, il rischio è grande nelle dittature.
Qui, l’uomo solo al comando può essere pazzo e nessuno può detronizzarlo.
Inoltre, quando la dittatura è teocratica, i governanti rispondono più ad imperativi metafisici che economici o di sicurezza.
Ed è questo che li rende tremendamente pericolosi. Perché hanno scopi più importanti della stessa vita umana.
GIANNI PARDO


DIBATTITO SUL CLIMA
Il dibattito scientifico sul clima è ormai completamente sparito. Si è completamente trasformato in un dibattito politico.
Questo vuol dire che per quanto possiate schiacciare il vostro avversario con argomenti scientifici, il pubblico si dividerà comunque in fazioni a seconda della loro posizione ideologica.
Questo è normale: quando uno va alla partita, tifa per la propria squadra, non per la squadra che gioca meglio.
E quindi non vi fate illusioni di poter convincere nessuno. (…)
Così è la vita. Il dibattito politico segue delle regole molto diverse dal dibattito scientifico. In politica sono ammessi colpi bassi, insulti, attacchi personali, bugie e mezze verità, e cose del genere.
Dovete starci molto attenti ed essere preparati a rispondere e non è ovvio che uno che non fa di mestiere il politico o il giornalista sia in grado di reggere il confronto con i professionisti.
UGO BARDI

11 commenti:

  1. A proposito dell'analfabetismo funzionale in Italia, ecco cosa raccontava l'Espresso in un articolo di qualche tempo fa (ma ancora attualissimo):

    << Hanno più di 55 anni, sono poco istruiti e svolgono professioni non qualificate. Oppure sono giovanissimi che stanno a casa dei genitori senza lavorare né studiare. O, ancora, provengono da famiglie dove sono presenti meno di 25 libri.
    Sono gli analfabeti funzionali, quegli italiani che non sono in grado di capire il libretto di istruzioni di un cellulare o che non sanno risalire a un numero di telefono contenuto in una pagina web se esso si trova in corrispondenza del link “Contattaci”.
    È “low skilled” più di un italiano su quattro e l'Italia ricopre una tra le posizioni peggiori nell' indagine Piaac, penultima in Europa per livello di competenze (preceduta solo dalla Turchia). (...)
    Come conferma Friedrich Huebler, massimo esperto di alfabetizzazione per l'Istituto di statistica dell'Unesco: «Senza pratica, le capacità legate all'alfabetizzazione possono essere perse anno dopo anno». Come a dire che analfabeti non si nasce ma si diventa. >>

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  2. Quello di cui parla l'Espresso si definisce anche "analfabetismo di ritorno". Pierfranceschi nella sostanza afferma una cosa indubbia, forse da esplicitare ancor meglio: non ci renderemo mai conto abbastanza del potere che, in questa contingenza storica, hanno coloro che possono controllare l'informazione. E' sufficiente fare leva sul livello emotivo per orientare l'opinione pubblica. Del resto "informare" e "orientare" sono due concetti dal significato molto diverso. Se davvero si volesse fare "Informazione" occorrerebbe porsi la seguente domanda: quali conoscenze sono indispensabili per affrontare il seguente problema? E di conseguenza fornire le conoscenze indispensabili. Ad es., si vuole parlare di migranti? Bene, occorre necessariamente conoscere i contenuti del Trattato di Dublino che sono i seguenti... Piccolo dubbio: siamo certi che oggi si preferisca l'informazione all'orientamento?

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    1. Caro Agostino, nel c.d. analfabetismo di ritorno influiscono sicuramente diversi fattori, compreso il desiderio di controllare l'informazione, operazione che risuta sicuramente più agevole con le persone meno attrezzate.

      Mi chiedo però se, a monte, non ci sia anche una carenza della nostra scuola che, per vari motivi, non riesce a trasmettere agli studenti quell'amore per la cultura e la conoscenza che consentirebbero loro, anche in età adulta, di continuare a leggere ed informarsi per il piacere di farlo e non per dovere.
      Sarebbe così possibile per loro progedire nelle conoscenze (anche non scolastiche) e formarsi delle opinioni strutturate.

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  3. Gianni Pardo non si è reso conto della straordinariamente maggiore pericolosità delle dittature (ancora temporaneamente) soft che ben conosciamo nel fondamentalismo del politicamente corretto.
    Le nuove feroci ortodossie che hanno sostituito "L'utero è mio e me lo gestisco io" con la reificazione di poveracce a fattrici zootecniche per i presunti diritti di costellazioni bislacche di cosoessuali, il crimine della compravendita di bambini con i cataloghi e postale market d'infanzia "compra da noi un bambino, se vuoi puoi progettare e ordinarlo anche biondo con gli occhi azzurri" , la cloaca morale e umana "alla Bibbiano" come modello di progresso.
    Le dittature e il manganello... ihihih
    Tutta roba arcaica, banale.
    Ora ti lavano il cervello con la tua giuliva accondiscendenza.

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    1. Caro UNIC, sulle dittature soft continuo ad avere una opinione meno negativa della tua.
      Perchè la dittatura hard, quella dei manganeli per intendersi, continua a sembrarmi molto peggiore e, come la storia ci insegna, troppo tentata dalle derive belliche più devastanti.

      La dittatura soft, quanto meno, ha il pregio della non violenza fisica e consente inoltre ai pochi fortunati controcorrente, di poter mantenere le proprie idee senza temere l'arrivo della polizia segreta.
      Questo, ovviamente, non per bontà, ma solo perchè delle opinioni 'scorrette' di noi 4 gatti, non importa nulla a nessuno.

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    2. "La dittatura soft ... ma solo perchè delle opinioni 'scorrette' di noi 4 gatti, non importa nulla a nessuno."

      Come dire che non contiamo niente di niente, e nel caso cominciassimo a contare o a rompere la dittatura soft diventerebbe subito strong e farebbe un boccone di noialtri poveri fessi. Mah, non so, non mi convince. Certo meglio gli americani dei nazisti o comunisti, ma l'idea che siamo irrilevanti per le elite e che il meglio che ci possa capitare è che ci sopportino, ci lascino vivacchiare e ci concedano pure i circenses (oggi il calcio e lo smartphone, che è poi uno strumento di controllo sopraffino, vedi come lo usano in Cina e prima o poi lo useranno così anche da noi) la trovo un po' deprimente. Ammetto la o le gerarchie in natura in ogni ambito, ma qualcosa in me si ribella lo stesso.

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    3. Caro Sergio, noi contiamo poco (e quindi non diamo fastidio) solo per motivi statistici.
      Credo infatti che la quota di persone consapevoli della reale struttura delle nostre società sia minima, e che sia destinata a restare tale comunque.
      Si tratta, se mi passi la presunzione, di una sorta di corollario alla teoria politica delle elites, di cui parlo spesso nel blog.

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Caro Massimo, ti chiedi se sul problema dell'analfabetismo non ci siano anche responsabilità della scuola italiana. Certo che sì, e la situazione è peggio di quanto si possa immaginare. Alla maturità sono tutti promossi ma non per merito: semplicemente perché presidenti e commissari vogliono evitare ricorsi e andare tranquilli in vacanza. Non esagero, è la realtà. Quanto all'università, è noto che "una laurea non la si nega a nessuno": i siti studenteschi elencano le "lauree facili" e chi proprio non avesse tempo può acquistarla. Anche in questo caso non si esagera, senza fare giri di parole alcuni istituti privati parlano esplicitamente di "acquisto".

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    1. Caro Agostino, ti ringrazio per il chiarimento, che per me è un po' una conferma, in quanto, anche da profano, ero giunto a conclusioni molto simili sul nostro sistema scolastico.

      Certo, però, che è un bel paradosso: i committenti che pagano, ovvero i ragazzi e le famiglie, preferiscono un lavoro mal fatto, purchè formalmente spendibile, ad un lavoro ben fatto (imparare nozioni e acquisire cultura).

      Verrebbe da dire: contenti loro...
      Invece no. Una società male impostata in campo educativo, pagherà ben presto dei prezzi molto salati.
      Che non possono più essere corretti (anche volendo) se non dopo molto tempo.

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    2. Il sessantottesco "sei politico" è stato riverniciato come "scuola inklusiva" ma sempre la stessa cacca è.

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