venerdì 14 agosto 2020

In memoria di Don Ferrante

Alzi la mano chi, nel primo infuriare dell'epidemia di Corona-virus, non ha rivolto il suo pensiero alla famosa peste del '600, magistralmente descritta da Alessandro Manzoni nei Primessi Sposi.
E chi conosce più a fondo la trama ed i personaggi del romanzo, avrà fatto un inevitabile parallelo tra le solide conoscenze medico-scientifiche di oggi, e l'ignoranza travestita da cultura che regnava a quell'epoca, così ben rappresentata dall'irresistibile personaggio di Don Ferrante.
Il quale alla fine, come ben sappiamo, non trovò nulla di meglio che morire di peste 'a sua insaputa'.
LUMEN


<< Don Ferrante passava di grand’ore nel suo studio, dove aveva una raccolta di libri considerabile, poco meno di trecento volumi: tutta roba scelta, tutte opere delle più riputate, in varie materie; in ognuna delle quali era più o meno versato.

Nell’astrologia, era tenuto, e con ragione, per più che un dilettante; perché non ne possedeva soltanto quelle nozioni generiche, e quel vocabolario comune, d’influssi, d’aspetti, di congiunzioni; ma sapeva parlare a proposito, e come dalla cattedra, delle dodici case del cielo, de’ circoli massimi, de’ gradi lucidi e tenebrosi, d’esaltazione e di deiezione, di transiti e di rivoluzioni, de’ princìpi in somma più certi e più reconditi della scienza.

Ed eran forse vent’anni che, in dispute frequenti e lunghe, sosteneva la domificazione del Cardano contro un altro dotto attaccato ferocemente a quella dell’Alcabizio, per mera ostinazione, diceva don Ferrante; il quale, riconoscendo volentieri la superiorità degli antichi, non poteva però soffrire quel non voler dar ragione a’ moderni, anche dove l’hanno chiara che la vedrebbe ognuno.

Conosceva anche, più che mediocremente, la storia della scienza; sapeva a un bisogno citare le più celebri predizioni avverate, e ragionar sottilmente ed eruditamente sopra altre celebri predizioni andate a vòto, per dimostrar che la colpa non era della scienza, ma di chi non l’aveva saputa adoprar bene. >>


<< Al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de’ più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all’ultimo, quell’opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione.

In rerum natura,” diceva, “non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser nè l’uno nè l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicchè è inutile parlarne.

Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perchè, se fosse tale, in vece di passar da un corpo all’altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perchè bagnerebbe, e verrebbe asciugata da’ venti. Non è ignea; perchè brucerebbe. Non è terrea; perchè sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perchè a ogni modo dovrebbe esser sensibile all’occhio o al tatto; e questo contagio, chi l’ha veduto? chi l’ha toccato?

Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo all’altro; chè questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all’altro.

Che se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, danno in Cariddi: perchè, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come vanno blaterando. Posti questi princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d’esantemi, d’antraci...?”
Tutte corbellerie,” scappò fuori una volta un tale.

No, no,” riprese don Ferrante: “non dico questo: la scienza è scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei, furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro significato bell’e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano.”

Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso all’opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perchè non si può spiegare quanto sia grande l’autorità d’un dotto di professione, allorchè vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi.

Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l’errore di que’ medici non consisteva già nell’affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell’assegnarne la cagione; allora (parlo de’ primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d’orecchi, trovava lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e bocconi.

La c’è pur troppo la vera cagione,” diceva; “e son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell’altra così in aria... La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. E quando mai s’è sentito dire che l’influenze si propaghino...? E lor signori mi vorranno negar l’influenze? Mi negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian lassù a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un guancialino?...

Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de’ corpi terreni, potesse impedir l’effetto virtuale de’ corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de’ cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno?”

His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s’attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle. >>

ALESSANDRO MANZONI

1 commento:

  1. Mitico Don Ferrante! Il pensiero va ai tanti soloni che, ancor oggi, dagli scranni universitari, si affannano a ricercare le origini del complotto. Oggi leggevo una citazione del prof. Eugenio Capozzi (Università di Napoli) secondo il quale "Il lockdown generale è già stato deciso da tempo [...] È un progetto non solo italiano ma europeo, che parte dall'asse franco-tedesco e da Bruxelles, e di cui il governo italiano è solo uno tra gli esecutori. Non bisogna essere complottisti per individuarlo: esso è già palese nella torsione paternalista, eticizzante delle istituzioni Ue di cui Ursula von der Leyen è la garante. L'obiettivo di queste classi politiche è enfatizzare a dismisura il virus per distruggere quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di formazione, socialità e cultura "fisici", e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati, completamente inglobati dalle grandi corporations hi tech globali." Ovviamento non vorrei mai che il prof. Capozzi, e con lui tanti altri, faccia la fine degli eroi di Metastasio!

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