venerdì 27 settembre 2019

Contro l’Europa

Il post di oggi è dedicato alle vibranti e combattive riflessioni di Gaia Baracetti (tratte dal suo blog) contro l’evoluzione politica dell’Unione Europea, che è diventata una sorta di “turris eburnea” sempre più scollegata dai cittadini..
Purtroppo, la struttura europea è ormai giunta ad un tale punto di non ritorno, che qualsiasi considerazione in senso contrario, anche se fondata, finisce per non lasciare traccia. Ma questo non ci deve impedire di manifestarla.
LUMEN


<< Nei dibattiti sul futuro dell’Europa (…) prevale un’insidiosa confusione tra forma e contenuto. L’Europa dei diritti, l’Europa liberista, più Europa per controllare le banche, più Europa per frenare le derive autoritarie, l’Europa per la pace, l’Europa per avere un peso nel mondo, l’Europa cristiana, l’Europa per la disciplina fiscale… tutti tirano l’Unione Europea dalla loro parte, chiedendo che cambi, quasi sempre, ma non mettendo in discussione la sua stessa esistenza.

Se la criticano, di solito è per i comportamenti che tiene, non per le premesse fondamentali su cui si basa. Qualche eretico propone di uscire dall’euro; molti meno [di farlo] dall’Europa politica. Anzi: ci vuole “più Europa”, perché l’Europa saprà fare le cose giuste; sempre più Europa, mai meno. L’Europa è un’entità in principio positiva, o al massimo che va corretta. A me sembra che gli europeisti, cioè al momento la maggioranza, appoggino l’esistenza dell’Unione Europea non perché pensano che sia un metodo migliore di governo, ma perché, implicitamente, si aspettano che sappia imporre su scala più ampia di quella statale le politiche di loro preferenza.

Infatti, gli europeisti appartengono a tutti gli schieramenti, salvo forse all’estrema destra nazionalista. Perché ognuno crede che l’Europa sia o possa essere la realizzazione del proprio sogno. Io invece contesto l’idea di unione europea indipendentemente dai suoi contenuti, che faccia gli interessi dei lavoratori o delle banche, che cacci i governi che non mi piacciono o che imponga standard assurdi su come dobbiamo fare da mangiare, indipendentemente persino dal predominio di Germania e Francia – io sono contro il governo europeo a priori.

Sono favorevole alla cooperazione europea su certe questioni, ad hoc, agli scambi culturali e alla conoscenza e all’esempio reciproco, a un’identità comune compatibilmente con le nostre altre identità, e sono anche favorevole a tavoli non solo interstatali ma anche interregionali di coordinazione e collaborazione – per fare un esempio tra i moltissimi possibili, tra Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Carinzia. Quello che invece non voglio sono istituzioni europee permanenti che prendono decisioni vincolanti per gli altri governi e per i cittadini dei paesi appartenenti all’Unione. Non lo vorrei nemmeno se prendessero le stesse identiche decisioni che io auspico – così come non vorrei essere governata da un sovrano illuminato, nemmeno se quel sovrano fossi io.

Il motivo è che l’Unione Europea è troppo grande, e l’Unione Europea è complicata. Questo significa che qualunque cosa faccia, la stragrande maggioranza dei cittadini non avrà il tempo o la preparazione per capirlo, se non a grandissime linee e superficialmente. Io mi considero una persona con molto tempo per queste cose e con il tipo di istruzione giusta, e non particolarmente ottusa, eppure mi sfugge la gran parte di quello che succede – e non mi basta farmelo spiegare in breve dall’editorialista del quotidiano che leggo in un tal momento o dal TG che mi capita di guardare. Un giorno ho modo di approfondire, ma il giorno dopo devo pensare ad altro e mi sfuggono passaggi importantissimi. C’è troppa roba.

Uno potrebbe obiettare che l’operato dei governi si valuta in base alle conseguenze: non serve conoscere tutti i passaggi, basta vedere l’esito. Non è vero. Si può governare bene, per avere risultati tra anni, e quindi deludere l’elettorato nel frattempo. Si può governare male, e la gente non se ne accorge finché non è troppo tardi o c’è un altro governo che si trova con un casino di cui non è responsabile. Si possono prendere decisioni disastrose, gestire male la cosa pubblica, e nasconderlo alla cittadinanza che non può orientarsi su scale ampie e in meccanismi complessi, e quindi magari incantarla dando la colpa a chi non è colpevole o facendo finta che tutto vada bene.

Inoltre, anche se i cittadini capiscono di venire fregati, cambiare un governo su scala così grande, o convincere l’amministrazione in carica a cambiare operato, è difficilissimo. Se non mi piace la pista ciclabile della mia città, raccolgo le firme e le porto al sindaco e all’assessore. Ma se non voglio la TAV, sono contraria a un certo tipo di politica di sostegno all’agricoltura (pensate a quella cosa che è la PAC), andare a Bruxelles è complicato e non posso che esprimermi votando. Però devo scegliere tra candidati che, data la complessità della materia, possono avere tutta una serie di posizioni su molte questioni (…), alcune delle quali mi vanno bene, altre no, e come fargli capire cosa mi va bene cosa no?

Anche a livello locale, un politico o un partito può non andarmi bene del tutto, certo, ma almeno lì posso dirglielo personalmente, con altri cittadini, posso partecipare. Farglielo capire via elezioni europee è molto più difficile. Inoltre devo sperare che il mio candidato vinca, che vincano altri come lui in altri paesi, che si batta su tutti i fronti che ha promesso, e che riesca ad ottenere qualcosa a fronte di un groviglio di interessi contrastanti, tutto questo mentre i miei personali contatti con lui sono limitati, perché rappresenta tantissime persone e non può ascoltarle tutte individualmente su ogni cosa. È come cercare di spostare una nave con un bastoncino.

Per questo motivo io ritengo il governo su scala ridotta preferibile: perché è più democratico, più trasparente, più conoscibile. Non nego che grandi scale abbiano vantaggi: maggiore potenza, maggiore peso internazionale, per esempio. Forse, ma solo forse, maggiore efficienza o efficacia, ma ho i miei dubbi: meglio far partire la raccolta differenziata su scala comunale, che aspettare che l’Europa ci dica come. E comunque, per la democrazia e per la libertà di decidere sono disposta a sacrificare i vantaggi di una grande dimensione.

Guardate ai prodigi degli imperi nella storia. Hanno fatto cose straordinarie. Infrastrutture, legislazioni che hanno fatto scuola, influenze culturali che permangono ancora, opere d’arte passate alla storia, intuizioni lungimiranti. Ma io non voglio stare sotto un impero.

Siate sinceri: chi di voi sa qual è il budget dell’Unione Europea? Come spende i soldi? Quali sono le sue istituzioni principali e cosa fanno? Chi di voi ha contatti regolari con i nostri rappresentanti in Europa, a vario titolo, o ha mai visto un burocrate? Chi di voi ha la sensazione di potere qualcosa su quello che fanno? Ora rispondete alle stesse domande, ma per il comune o la regione. Credo vada già meglio. (…)

Inoltre: già l’Italia è diversa tra nord, centro e sud, e difficile da tenere insieme. Ma l’Europa ancora di più. Certo, ci sono molte cose in comune tra i popoli europei, tanto più ora in un mondo appiattito e globalizzato. La storia e la geografia ci legano, e questo non lo nego, anzi lo sento con orgoglio. Ma ancora non siamo tutti uguali e le differenze culturali, geografiche, climatiche, etniche, linguistiche, di valori, si traducono anche in diverse esigenze da governare diversamente, con strumenti diversi e con scelte diverse. Non sono folklore da proteggere perché si estingue o da valorizzare perché è pittoresco. Sono realtà fondamentali.

Non sto dicendo che gruppi umani diversi non possano governare assieme e coesistere in un’unità politica. Ma hanno bisogno di autonomia al suo interno, e comunque oltre un certo limite, non stabilibile facilmente ma non per questo inesistente, la diversità diventa ingestibile. Ognuno dialoghi con gli altri, ma governi se stesso. Pensiamo alla nostra vita di tutti i giorni. Per non parlare di realtà importanti ma molto piccole come un quartiere, un’associazione o un’università, diciamo che prima incontriamo il comune, poi la provincia (che non serve a molto), poi la regione, poi lo stato, e sono già tanti livelli. Salire ancora mi pare vertiginoso e inutile. Alle volte si può fare: ma non sempre e non per tutto.

Concludo dicendo che il progetto di pace e cooperazione che sta alla base dell’idea europea è sicuramente bello e potente. Lo condivido. Ma non credo che l’unione politica sia in alcun modo, soprattutto adesso, garanzia di pace. Dove ne sono le prove? Si può dire che si è fatta l’Europa perché c’era volontà di pace, ma anche che questa volontà di pace sarebbe potuta bastare per proteggere il continente da ulteriori guerre, o che sarebbe l’unico requisito necessario per scongiurarle in futuro, al di là di istituzioni che possono anche crollare più velocemente di un’idea.

Pensiamo alla Svizzera, che sta per conto suo, ma è troppo furba per fare le guerre, oppure alla ex Jugoslavia. Ad un certo punto non ha retto più e si è dissolta violentemente. E ora che la guerra è finita da anni i paesi, risollevandosi pian piano, cominciano a cercarsi di nuovo, a cooperare, a fare affari, a confrontarsi. Questo è dovuto alla geografia, alla lingua comune, alle esigenze economiche, al ricambio generazionale. Non all’unità politica. Quella è stata fatta a pezzi quando non andava più bene.

Se la crisi europea continua, non si può escludere che si aggravi e diventi più aspra, fino alla violenza. È da desiderare che non accada e da impegnarsi per questo, ma saranno la volontà e l’impegno, la generosità e la capacità di trattare, non l’esistenza di istituzioni rigide in cui farlo, che ci salveranno da altre guerre. >>

GAIA BARACETTI

12 commenti:

  1. Ci sono molte verità nell'articolo. La cosidetta unione europea è una unione bancaria. Quando scende in politica fa disastri

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    1. Caro Agobit, bentornato.

      Direi che la UE non è solo una unione bancaria, ma proprio industrial-finanziaria, ovvero figlia di quelle elites transnazionali che guidano l'occidente.
      Le banche, così come i vertici politici, rappresentano soltanto dei potentati accessori, che potremmo definire "di supporto".

      Resta da vedere se questa UE, in mezzo ai suoi tanti difetti, avrà mai il coraggio di fare qualcosa di serio e di utile per l'ambiente.
      Il giorno che questo dovesse succedere, potrei anche cambiare il mio giudizio su di essa.
      Ma non mi faccio molte illusioni.

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  2. Il pezzo di G.B. è un po' datato (come annotato in calce, risale infatti al 2012) e si vede: oggi infatti (almeno in Ita) sparare sull'UE appare una sorta di 'sport di massa'.
    Indubbiamente l'attuale UE ha un sacco di difetti, ma essi in larga parte dipendono dall'Eccesso di Poteri tuttora in mano ai beneamati Stati nazionali e ciò è dipeso soprattutto dalla lenta ma inesorabile prevalenza del modello funzionalista e del metodo decisionale intergovernativo anziché di quello federalista (devolution, sussidiarietà ecc.) delle origini.
    Oggi dunque paradossalmente l'UE viene implacabilmente "messa in croce" perché non fa ciò che gli Stati nazionali NON le consentono di fare (ad es. fare fronte comune sulle migrazioni di massa o regolamentare in maniera davvero efficace il comportamento delle grandi Aziende high-tech sul territorio europeo): siamo al Teatro dell'Assurdo (Beckett, Jonesco, Sartre e anche R.Rascel se la ridono di gusto...)

    PS: Scusate quest'altra (breve ma molto probab.te molesta) "predica nel deserto"

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  3. In effetti il testo è antidiluviano, eppure ancora attuale, contiene tanti buoni spunti di riflessione o idee condivisibili. Chi li ha voluti gli Stati Uniti d'Europa? Diceva Bush: agli Stati Uniti d'Europa preferisco l'Europa degli Stati Uniti. I popoli dei vecchi Stati europei sono stati edotti e convinti della bontà di questo progetto? Non mi sembra, visto che la Costituzione fu sonoramente bocciata da Francia e Olanda. La si è ripresentata con altro nome, il Trattato di Lisbona, quasi identico. Quali sarebbero i vantaggi economici e geopolitici degli Stati Uniti d'Europa? Non ce l'hanno detto. Fare fronte comune alle migrazioni di massa? Ma se sono volute per cancellare più velocemente i vecchi Stati! Una cancelliera tedesca che proclama "nessun limite all'accoglienza dei rifugiati" senza interpellare il popolo realizza in effetti il piano delle elite europee e mondiali, basta leggere i punti del Global Pact sulle migrazioni che significano puramente e semplicemente l'abbattimento di tutti i confini a livello mondiale (ma Russia, Cina, USA e Australia non vi aderiscono - l'Australia è ovviamente un covo razzista, respinge senza tante storie gli invasori). No borders, no nations? È un'opzione, ma si abbia il coraggio di dirlo apertamente. Aboliamo tutti i confini e ovviamente anche i costosi eserciti che dovrebbero difenderli (il nuovo capo di stato maggiore dell'esercito italiano ha già detto che difendere i confini non è più necessario).
    Chi guiderà il governo mondiale? L'Onu? Il Vaticano? Il Vaticano come supremo ente morale.
    "Contro l'Europa" era il titolo di un libretto della "reazionaria" Ida Magli, un testo di ben 25 anni fa. La Magli aveva però letto per intero il Trattato di Mastricht, al contrario dei deputati che l'hanno votato. Un testo prolisso e semi incomprensibile, volutamente incomprensibile per far passare la voglia di leggerlo. Infatti alla domanda se l'avessero letto alcuni deputati risposero: no, mica siamo scemi. E se non l'hanno letto i deputati immaginiamoci il "popolo". Eppure una costituzione dovrebbe essere letta e compresa da tutti, essere quindi redatta in modo semplice, chiaro, succinto - e non essere un'enciclopedia. Non c'è stata una vera, capillare informazione. Personalmente vorrei si tornasse alla CEE, era più che sufficiente per commerciare e svilupparsi (evito di scrivere crescere).

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    1. << Chi guiderà il governo mondiale? L'Onu? Il Vaticano? Il Vaticano come supremo ente morale. >>

      No, il Vaticano no !
      Se proprio vogliamo prendere un personaggio 'spirituale' di presumibile superiorità morale, molto meglio il Dalai Lama. :-)

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    2. "Quali sarebbero i vantaggi (...) degli Stati Uniti d'Europa? Non ce l'hanno detto"


      Ce l'hanno detto più volte (vedasi ad es. il 'Manifesto di Ventotene' del 1941), il problema è che complessivamente non abbiamo (non hanno) saputo/voluto ascoltarli... Saluti

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  4. A volte ho l'impressione che l'attuale UE, più che un tentativo (poco riuscito) di governo sovra-nazionale, sia una sorta di Cavalo di Troia giuridico per consentire alle nazioni più forti ed intraprendenti di espandere il proprio potere in una forma più soft.

    Se questo è vero, la UE si troverebbe (volutamente) impantanata in mezzo a un guado, senza la volontà politica nè di andare avanti, nè di tornare indietro.
    Ovviamente, finchè dura.

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  5. Se ne sentono tante, chissà chi ha ragione. Si sente per es. che sono stati gli USA a volere l'unificazione dell'Europa. Sarà vero, e perché? Ma l'UE voleva addirittura superare gli USA sul piano economico, forte dei suoi 500-600 milioni di consumatori (il doppio degli USA) e della sua economia (Germania, Francia, Italia e Inghilterra sono tra gli otto Stati più industrializzati del mondo).
    Stranamente non ha fatto caso alla Cina e anche all'India. La Cina si appresta a diventare l'economia più forte del pianeta, altro che UE (ovviamente il reddito pro capite dei due paesi resterà ancora a lungo sotto la media europea). Dall'altro lato sembra che Putin veda di buon occhio la disgregazione dell'UE perché ciò rafforzerebbe la posizione della Russia che per quanto demograficamente disastrata resta la seconda potenza nucleare del pianeta). Poi ci sono le famose elite apolidi che mirano al governo mondiale con la globalizzazione e omologazione universale. Chi ha ragione, dove sta la verità? Io non lo so, ma certi fenomeni m'inquietano, primo fra tutti l'invasione in atto del nostro paese e dell'Europa, patrocinata anche dall'oriundo Bergoglio che parla - papale papale - della necessità del meticciato per evitare la degenerazione fisica e mentale dell'umanità (chi si chiude, alza muri, favorisce l'incesto e il conseguente tracollo).

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  6. Scusi, ma l'ha davvero letto il famoso Manifesto? Molto citato e poco letto. Io l'ho scaricato, l'ho letto e l'ho trovato una .... pazzesca (tipo Corazzata Potiomkin). È un manifesto comunista. Sembra - sia detto ad onore dell'autore - che Spinelli abbia in seguito attenuato certe affermazioni ... sinistre. La figlia invece, Barbara, insiste. Ed è pure una furbastra, appartiene cioè alla terza categoria di Lorenzo: quanto le piacciono i soldi ...
    Ma siamo concreti: perché l'UE - cioè gli Stati Uniti d'Europa - sarebbero una necessità storica e un vantaggio per tutti? Per far blocco contro gli altri colossi? Per migliorare le condizioni di vita di tutti gli europei? O per questioni ideali? Quali ideali? Mi dispiace, ma non c'intendiamo (a parte la demografia).

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  7. Tranquillo, ho letto il Manifesto tot anni fa e mi è sembrato lungimirante e ragionevole, sebbene indubbiamente ambizioso...
    Sul 'comunismo' di Spinelli (uno dei tre autori, assieme all'economista liberalsocialista e radicaleggiante E.Rossi e all'acuto filosofo Colorni, rimasto "dietro le quinte") si potrebbe osservare ad es. che i Partiti comunisti euro-occidentali furono ferocemente anti-europeisti (almeno) fino agli Anni Settanta...
    Un'Europa davvero unita & federale porterebbe benefici pressochè in ogni settore e ambito problematico (specialmente in quelli, come sostenuto anche da Lumen, ormai chiaramente ingovernabili a livello dei vecchi Stati nazionali: dai cambiamenti climatici alle migrazioni di massa), come del resto affermato nel corso della seconda metà del Novecento da personalità del calibro di Adenauer, De Gasperi, Schumann, Churchill, Einaudi, Kohl, Mitterrand, Pannella, ecc. (compresa Lady Thatcher, che nel 1973 fece campagna per l'adesione del Regno Unito alla CEE, antenata dell'odierna UE): tutti pericolosi komunisti? Non direi proprio...
    Ad ogni modo, sono convinto che tutto sommato possiamo intenderci non soltanto sul problema demografico, ma anche su altre questioni (ad es. l'avversione allo straripante 'politically correct' femminista, terzomondista e similari), senza contare che (se non lo prende come una vuota 'captatio benevolentiae'...) i suoi toni se paragonati a quelli di L.C. sembrano quelli di un gentiluomo britannico "old style"! Saluti

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  8. Il mio maestro, Ortega y Gasset, auspicava gli Stati Uniti d'Europa già un secolo fa o quasi, all'epoca de "La ribellione delle masse" (1930). E per ragioni economiche (lui che di tutto ha parlato meno che di economia, materia che non doveva interessarlo molto pur ospitando anche economisti nella sua benemerita "Revista de Occidente"). L'economia è sicuramente imporante, ma a questi Stati Uniti d'Europa è mancato l'entusiasmo dei popoli europei. E senza entusiasmo, senza ideali, non si può creare niente di grande. Ma quali ideali possono animare le società post-eroiche dell'occidente moderno in cui non si elevano più monumenti a nessuno e ben pochi s'immolerebbero per un bene ritenuto superiore ("dulce et decorum est pro patria mori" fa solo ridere)?
    Diceva Ortega: cuando no hay alegría qualcosa non va. L'allegria, l'entusiasmo (anche ingenuo) sono il sale della vita.
    Stranamente una cosa che metteva allegria a Ortega era l'incremento demografico in Europa. Dopo secoli di declino e stagnazione finalmente si osservava un deciso incremento. A Ortega piacevano le novità. Mi piacerebbe sapere cosa ne direbbe della situazione attuale.

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  9. João Guimarães Rosa (scrittore brasiliano, 1908-1967):

    "Il guado della vita è l'allegria."

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