LUMEN
– Abbiamo oggi qui con noi il grande filoso francese Jean-Jacques
Rousseau, padre dell’illuminismo e del pensiero politico moderno.
Con lui parleremo di uno dei problemi fondamentali della società
umana, ovvero quello delle disuguaglianze.
ROUSSEAU
– Bonjour a touts.
LUMEN
– Monsieur Rousseau, come possiamo spiegare le origini della
disuguaglianza sociale ?
ROUSSEAU
- L’opinione comune sul corso generale della storia umana si può
riassumere più o meno così: circa duecentomila anni fa, alla
comparsa dell’Homo sapiens anatomicamente moderno, la nostra specie
viveva in gruppi piccoli e mobili che comprendevano tra i venti e i
quaranta individui. Cercavano i territori migliori per cacciare e
procurarsi da mangiare, seguendo i branchi, raccogliendo noci e
bacche.
LUMEN
– E quando le cose andavano male ?
ROUSSEAU
- Quando le risorse cominciavano a scarseggiare o emergevano tensioni
sociali, reagivano spostandosi altrove. Per questi primi esseri umani
– potremmo parlare di infanzia dell’umanità – la vita era
piena di pericoli, ma anche di possibilità. C’erano pochi beni
materiali, ma il mondo era un posto incontaminato e invitante. La
maggior parte di loro lavorava solo poche ore al giorno, e le
dimensioni ridotte dei gruppi sociali permettevano di mantenere
un disinvolto cameratismo, senza strutture formali di dominio.
LUMEN
– Voi lo avete definito “stato di natura”.
ROUSSEAU
– Probabilmente quella fu l’unica era in cui gli umani riuscirono
a vivere in autentiche società di uguali, senza classi, caste, capi
ereditari o governi centralizzati. Purtroppo questo idillio era
destinato a finire. La versione condivisa della storia mondiale
colloca questo momento intorno a diecimila anni fa, al termine
dell’ultima era glaciale.
LUMEN
– Che cosa avvenne ?
ROUSSEAU
- A quel punto, i nostri antenati umani erano sparsi in tutti i
continenti, e cominciarono a coltivare la terra e ad allevare il
bestiame. Quali che fossero le ragioni a livello locale, gli effetti
furono epocali, e sostanzialmente identici dappertutto.
L’attaccamento al territorio e la proprietà privata dei beni
acquistarono un’importanza prima sconosciuta, e cominciarono
scontri sporadici e guerre.
LUMEN
– Poi sorsero anche le famose eccedenze.
ROUSSEAU
– Infatti. L’agricoltura garantiva un’eccedenza di cibo, che
permise ad alcuni di accumulare ricchezza e potere al di là del
ristretto gruppo familiare. Altri usarono l’affrancamento dalla
ricerca di cibo per sviluppare nuove abilità, come costruire armi,
utensili, veicoli e fortificazioni o per dedicarsi alla politica
e alla religione organizzata. Di conseguenza, questi “agricoltori
del neolitico” ebbero presto la meglio sui loro vicini
cacciatori-raccoglitori e cominciarono a eliminarli o assorbirli in
un nuovo stile di vita, superiore ma meno ugualitario.
LUMEN
- A complicare ulteriormente le cose, l’agricoltura provocò un
aumento globale della popolazione.
ROUSSEAU
- Man mano che si univano in concentrazioni sempre più grandi, i
nostri progenitori fecero un altro passo irreversibile verso la
disuguaglianza e circa seimila anni fa comparvero le città: a
quel punto il nostro destino fu segnato. Con le città arrivò
l’esigenza di un governo centrale. Nuove classi di burocrati,
sacerdoti e politici-guerrieri assunsero cariche permanenti per
mantenere l’ordine e garantire i servizi pubblici e la regolarità
degli approvvigionamenti. Le donne, che un tempo avevano un ruolo
preminente negli affari umani, furono isolate o imprigionate negli
harem. I prigionieri di guerra diventarono schiavi. Arrivò la vera e
propria disuguaglianza, e non ci fu modo di liberarsene.
LUMEN
- Eppure la nascita della civiltà urbana ebbe anche aspetti
positivi.
ROUSSEAU
– Certamente. Fu inventata la scrittura, in un primo momento per
tenere la contabilità dello stato, che consentì progressi
straordinari nella scienza, nella tecnologia e nelle arti. A prezzo
dell’innocenza siamo diventati moderni, e ora possiamo solo
guardare con compassione e invidia a quelle poche società
“tradizionali” o “primitive” che in qualche modo hanno perso
il treno.
LUMEN
– Alcuni libri recenti guardano alla preistoria per trarre
conclusioni politiche più generali.
ROUSSEAU
– Sì, è vero. Così per esempio il politologo Francis Fukuyama
nel suo libro ‘The origins of political order’ scrive: “Nelle
sue prime fasi, l’organizzazione politica umana è simile alla
società in bande che si può osservare nei primati superiori come
gli scimpanzé. Può essere considerata come una forma quasi
automatica di organizzazione sociale. Rousseau ha sottolineato che
l’origine della disuguaglianza politica va ricercata nello sviluppo
dell’agricoltura, e ha in larga misura ragione.”
LUMEN
– Vedo che siete citato spesso.
ROUSSEAU
– Beh, modestamente. Il biologo Jared Diamond, nel suo saggio ‘Il
mondo fino a ieri’, suggerisce che queste bande, in cui si ritiene
che gli esseri umani abbiano vissuto “fino ad appena undicimila
anni fa”, comprendevano solo “poche decine di individui”, per
lo più biologicamente imparentati, e conclude che solo in questi
gruppi primordiali la specie umana ha raggiunto un grado
significativo di uguaglianza sociale.
LUMEN
– Quindi – volendo riassumere - a mettere fine a
quell’uguaglianza primordiale furono l’invenzione
dell’agricoltura e il conseguente aumento della popolazione.
ROUSSEAU
– Sicuro. L’agricoltura provocò una transizione dalle “bande”
alle “tribù”. Le eccedenze alimentari consentirono la crescita
della popolazione, portando alcune “tribù” a svilupparsi in
società gerarchiche governate da un capotribù. Ben presto i
capitribù si proclamarono re e perfino imperatori. Resistere non
aveva senso.
LUMEN
– In effetti, una volta adottate forme di organizzazione grandi e
complesse le conseguenze erano inevitabili.
ROUSSEAU
– Appunto. E quando i capi cominciarono a comportarsi male –
appropriandosi delle eccedenze di cibo per favorire parenti e lacchè,
rendendo la loro posizione permanente ed ereditaria, collezionando
crani come trofei ed harem di schiave o strappando il cuore dei
rivali con coltelli di ossidiana – era troppo tardi per tornare
indietro.
LUMEN
– Quindi le disuguaglianze di oggi vengono da lontano, da molto
lontano.
ROUSSEAU
– Proprio così. Come sostiene, molto correttamente, Jared Diamond:
“Le popolazioni numerose non possono funzionare senza capi che
prendono le decisioni, esecutori che le attuano e burocrati che
amministrano le decisioni e le leggi”.
LUMEN
– Vi ringrazio, monsieur Rousseau, siete stato davvero molto chiaro
e illuminante.
ROUSSEAU
– Bien sûr. D’altra parte, se la mia epoca è stata chiamata l’“età dei lumi”, ci sarà pure un motivo, no ?
E' una tesi interessante, la tua, ma che mi convince sino ad un certo punto.
RispondiEliminaLe differenze nell'ambito del gruppo tribale mi sembrano comunque limitate, anche solo per motivi oggettivi (la ricchezza del gruppo era legata più alle persone che alle cose e quindi era diffusa per necessità).
Però mi piace guardare le cose da prospettive nuove.
Per cui ti chiedo se hai qualche testo o autore di riferimento da segnalarmi su questo punto.
@ Lumen
RispondiEliminaNon sono d'accordo su tutto quello che Lorenzo ci ammannisce nonché sui suoi modi però devi ammettere che da lui c'è molto da imparare o è comunque un tipo interessante, perciò leggo sempre i suoi commenti - qui e nel suo blog - con curiosità, piacere e chissà talora anche con profitto - anche se credo di appartenere a una delle sue categorie che ben conosciamo e alle quali ha ora aggiunto i Fenomeni da baraccone (certi idealisti dei miei stivali che rientrano in parte nella categoria dei Furbastri). Sarò ingenuo (appunto perché appartenente a una delle categorie) però per me Lorenzo è davvero un fenomeno. Vedi anche le sue considerazioni sul cristianesimo di ieri o ieri l'altro nel suo blog: puoi risparmiarti la lettura di Feuerbach (L'essenza della religione e L'essenza del cristianesimo).
Quanto all'argomento in questione non sono del tutto convinto delle tesi di Lorenzo. Rousseau era sicuramente un poveraccio e ignorante e anche un tipo poco raccomandabile (parla di educazione e poi mette i figli all'orfanatrofio - ti manderò uno scritto un po' inventato ma verosimile della sua amante o quasi moglie, la Levasseur - mentre lui sopravviveva grazie alle simpatie di una nobildonna - e poi certi personaggi vogliono insegnarci a vivere!). Sembra che Voltaire davverò meditò di farlo uccidere! Almeno ne era convinto uno studioso, uno svizzero romando e storico, Guérin, che ho ascoltato a volte alla televisione tanti anni fa.
Però penso che siano esistite società primitive pacifiche o non così cannibalesche e feroci come quelle descritte qui sopra da Lorenzo.
Che dire? Che ne sai più di me e che ti leggo perciò volentieri anche se mi dài della verginella che frigna. Anche i tuoi ultimi commenti sono istruttivi, ho imparato qualcosa, grazie.
RispondiEliminaTi rimando alla mia risposta di cui sopra, ribadendo che il pensiero di Rousseau, in questo dialogo, c'entrava pochissimo.
EliminaMa se la cosa non si capisce, ovviamente la colpa è dell'autore (cioè mia).
Sorry.
<< questa idea del "buon selvaggio" e che la "età dell'oro" fosse lo "stato di natura" è ovviamente una puttanata. >>
RispondiEliminaMa questo è ovvio!
Mille volte meglio la civiltà avanzata, con tutti i suoi difetti, dello stato di natura.
Forse però, siccome mi leggi da poco tempo, non hai ben compreso il senso dei miei dialoghi immaginari (ne scrivo solo ogni tanto, ed era un po' che non lo facevo).
Questi dialoghi non mi servono per esporre il pensiere del personaggio di turno, ma per parlare di un certo argomento, al quale il personaggio è storicamente collegato.
Nel caso di specie, l'argomento era la nascita della disuguaglianza sociale strutturata (che è cosa diversa dalla semplice differenza fenotipica dei singoli), ed esponeva la tesi prevalente tra gli storici che, nel mio piccolo, condivido.
"Sergio, la prima cosa che dovresti fare è dubitare di qualsiasi cosa pensi di "sapere". Potrebbe essere giusta e potrebbe essere sbagliata. Quindi, se dubiti, ri-esamini quelle che ti sembrano "verità"."
RispondiEliminaMa come si fa a dubitare anche delle cose che reputo assolutamente vere, evidenti? Se mi vengono dei dubbi sulle mie verità e/o certezze è chiaro che debbo riesaminarle ed eventualmente abbandonarle.
Ma dubitare di tutto, quasi per principio o regola di vita, come mi sembra tu proponga, non può avere che un esito: farmi uscire pazzo!
Certo è buona regola rivedere di tanto in tanto anche profonde convinzioni, specie alla luce di nuovi fatti o conoscenze. Ma uno che dubita di tutto per principio è condannato all'immobilità, non può più fare niente perché tutto gli si può ritorcere contro, non ha nessuna certezza: una situazione impossibile. Ma per fortuna tutti gli esseri viventi, non solo gli umani, vivono soprattutto di certezze che permettono loro la sopravvivenza.
Non ho molta simpatia per Socrate: un essere petulante, chiacchierone, sfaticato (chiedere a Santippe), a cui piaceva apparentemente mettere in imbarazzo i suoi concittadini con le sue sottigliezze.
E anche l'avere accettato un'ingiusta sentenza di morte "per non turbare l'ordine pubblico" non mi suscita nessuna ammirazione, anzi.
Ma il principio di non contraddizione è ancora valido o debbo rivedere pure questo?
<< Ma uno che dubita di tutto per principio è condannato all'immobilità, non può più fare niente perché tutto gli si può ritorcere contro, non ha nessuna certezza: una situazione impossibile. >>
EliminaCaro Sergio, sono d'accordo con te.
Quello di cui occorre dubitare SEMPRE è solo ciò che ti viene propinato dal potere e dai suoi sodali.
Per il resto, è sufficiente cercare le risposte da sè, utilizzando un apportuno mix di curiosità, di dubbio e di prudenza.
Fermandosi quando i riscontri ci sembrano azzeccati (cioè adeguati per spiegare la realtà), ma essendo sempre pronti a ripartire se le circostanze lo rendono necessario.
Le cose date, evidenti, non discutibili ci permettono di muoverci, vivere, fare, costruire ecc. Sappiamo per esperienza, magari indiretta, appresa da qualche parte, che l'acido di Prussia fa male, è mortale, come pure l'amanita falloide (e quindi non la colgo). Partendo dalle cose evidenti e certe posso ampliare le mie conoscenze e arrivare persino a mettere in discussione le cose che sembravano evidenti. Ma da qualche parte bisogna cominciare, da una terra-ferma. Ci sono le leggi fisiche che condizionano la nostra esistenza e che non possiamo ignorare. La loro scoperta ci permette di sfruttarle per modificare, a volte migliorare le nostre condizioni. Sicuramente non siamo giunti alla fine della storia, ne succederanno ancora di cose (e non fra centomila o milioni di anni: è difficile immaginare come sarà la vita fra qualche decennio).
EliminaGrazie comunque della pena che ti dài per istruirci, dici sempre cose interessanti su cui medito.
A proposito della capacità della scienza di farci progredire nonostante i continui errori, vi rimando ad un vecchio post del 2013, in cui fingevo di intervistare il grande Isaac Asimov.
EliminaSe vi interessa, lo trovate qui:
https://ilfenotipoconsapevole.blogspot.com/2013/11/quasi-giusto.html
<< Il post riporta un dialogo immaginario con Rousseau e l'idea che lo "stato di natura" significhi la assenza o riduzione al minimo delle "diseguaglianze" e che questo coincida col il "bene". >>
EliminaProprio no.
Il post spiega soltanto come sono nate le disuguaglianze sociali e non da assolutamente nessun giudizio di valore su dove stia il bene, se prima o se dopo.
Il problema della CARICATURA dell'Illuminismo è la certezza di avere capito tutto (basti pensare allo scetticismo moderato di Hume).
RispondiEliminaInoltre Rousseau più che illuminista era un proto-romantico e (x quel che può valere) per restare nell'ambito della cultura francofona gli ho sempre preferito gente come Diderot e Voltaire
(E ora mi preparo a ricevere un'altra caterva di insulti e di maledizioni da parte del Depositario pressochè Unico della Verità Rivelata)
L'illuminismo, come tutti gli ismi, si presta ovviamente a mille critiche e caricature.
EliminaNon bisogna però dimenticare che loro, all'epoca, stavano combattendo contro un nemico particolarmente pericoloso, ovvero l'oscurantismo religioso.
Ed anche facendo la debita 'tara', il pensiero umano, da loro, ha sicuramente imparato qualcosa.
Per Lumen:
RispondiEliminagli Illuministi dovevano combattere non solo contro l'oscurantismo religioso ma anche contro l'assolutismo politico o meglio contro la formidabile alleanza Trono-Altare, che mutatis mutandis vige ancora oggi.
Agli illuministi dobbiamo molto, anche e soprattutto in quanto a "emancipazione" delle classi medio-basse (si pensi all'Encyclopedie) e alla diffusione di una moderna cultura scientifico-tecnica: non a caso esso è sempre stato inviso ai Fanatici di Destra e a quelli di Sinistra, oltre che (ovv.te) ai Clericali di ieri e di oggi... Saluti
E infine (en passant):
RispondiEliminail trionfo della 'legge del più forte' corrisponde alla CARICATURA della Selezione naturale darwiniana, che invece (come ben saprà Lumen) a partire dalla rispettiva dotazione genetica sostiene il successo dell'Individuo/della Specie in grado di MEGLIO E PIU' RAPIDAMENTE ADATTARSI ai mutamenti dell'ambiente circostante...
Tanto è vero che il successo evolutivo di un individuo/specie può essere verificato solo ex post, mai ex ante.
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