mercoledì 1 febbraio 2017

Dura Lex, sed Lex - 2

Dopo l’intervista immaginaria del giugno 2016, torno ad ospitare il grande politologo Bruno Leoni con un breve passo tratto dal suo libro “La Libertà e la Legge”. L’argomento, sempre molto attuale, è quello della certezza del diritto e dei suoi limiti.
LUMEN


<< L’idea di una legge scritta, chiara e conoscibile da ogni cittadino delle piccole e gloriose città abitate da popoli di origine greca, è uno dei doni più preziosi dei padri della civiltà occidentale alla posterità. Aristotele conosceva bene il danno che una regola arbitraria, contingente e imprevedibile - un decreto approvato dalla plebaglia nell'agorà ateniese o l'ordine capriccioso di un tiranno siciliano – poteva causare alla popolazione del suo tempo.

Perciò, egli considerava le leggi, cioè le norme generali formulate in termini precisi e conoscibili a tutti, come una istituzione indispensabile per cittadini che si volessero dire "liberi", e Cicerone echeggiava questa concezione aristotelica nella sua famosa massima dell'Oratio pro Cluentio: «Omnes legum servi sumus, ut liberi esse possumus.»

L’ideale della certezza è stato inculcato e sviluppato nel continente europeo attraverso una lunga serie di vicende. Il Corpus ]uris-Civilis di Giustiniano fu per molti secoli il libro in cui sembrava incarnato l'ideale della certezza del diritto, inteso come diritto scritto, nei paesi latini e in quelli germanici.

Questo ideale non fu ripudiato, ma ancor più accentuato, durante il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, nell'Europa continentale, quando i governi assolutisti (…), volevano assicurarsi che i loro giudici non alterassero il significato delle loro norme.

Tutti sanno che cosa accadde sul continente europeo nel diciannovesimo secolo. Tutti i paesi europei adottarono codici e costituzioni scritte, accettando l'idea che formule articolate con precisione potevano proteggere la gente dagli abusi di tutti i tiranni possibili. Governi e tribunali accettarono questa interpretazione dell'idea di certezza del diritto, come precisione di formule scritte statuite dai corpi legislativi.

Questa non fu la sola ragione per la quale l'Europa continentale adottò codici e costituzioni, ma fu senza dubbio uno dei motivi principali. In breve, l'idea continentale della certezza del diritto equivaleva all'idea di formule scritte espresse con precisione. Questa idea di certezza era concepita in ampio grado come precisione. (…)

La nozione greca e continentale di certezza del diritto corrisponde, in realtà, all'idea di libertà individuale formulata dagli autori greci che parlano di governo delle leggi. Non c'è dubbio che il governo delle leggi sia preferibile al governo basato su decreti di tiranni o della folla.

Le leggi generali sono sempre più prevedibili di ordini particolari e improvvisi, e se la prevedibilità delle conseguenze è una delle premesse indispensabili delle decisioni umane, si deve concludere che più le regole generali rendono prevedibili, almeno dal punto di vista giuridico, le conseguenze delle azioni individuali, più queste azioni possono essere chiamate "libere" dall'interferenza di altre persone, comprese le autorità.

Da questo punto di vista, non possiamo fare a meno di ammettere che le regole generali, espresse . con precisione - come lo possono essere quando si adottano leggi scritte – sono un progresso rispetto agli ordini improvvisi e ai decreti imprevedibili dei tiranni.

Ma sfortunatamente tutto ciò non ci assicura che saremo veramente "liberi" dalla interferenza delle autorità. Possiamo accantonare per il momento le questioni derivanti dal fatto che le regole possono essere perfettamente "certe" nel senso descritto, cioè formulate con precisione, e, nello stesso tempo, così tiranniche che nessuno può dirsi "libero" seguendo le loro prescrizioni.

Ma c'è un'ulteriore difficoltà risultante dalla adozione di tali leggi generali scritte, anche qualora ci concedano una considerevole "libertà" nel comportamento individuale. Il processo normale di formazione del diritto in questi casi è la legislazione. Ma il processo legislativo non è qualcosa che avviene una volta per tutte, ha luogo ogni giorno ed è continuamente in corso.

Ciò è vero in particolare nel nostro tempo. Nel mio paese, il processo legislativo comporta circa duemila leggi all'anno [il libro è del 1961 - ndr], e ciascuna di esse può contenere numerosi articoli. Talvolta ci sono decine o anche centinaia di articoli in una legge sola, e spesso una legge confligge con un'altra.

Nel mio paese c'è una regola generale secondo cui quando due norme sono reciprocamente incompatibili per il loro contenuto contraddittorio, la più recente abroga la più vecchia. Ma, nel nostro sistema, nessuno può dire se una legge sarà vecchia di un anno, di un mese o di un giorno quando verrà abrogata da una nuova norma.

Tutte queste norme sono espresse con precisione in formule scritte, che lettori e interpreti non possono cambiare ad arbitrio. Nondimeno, tutte possono scomparire tanto in fretta e d'improvviso quanto sono apparse. Ne risulta che, se non si tiene conto delle ambiguità del testo, si è sempre "certi" per quanto riguarda il contenuto letterale di ogni norma in un dato momento, ma non si è mai certi che domani ci sarà ancora la stessa regola di oggi.

Questa è la "certezza del diritto" nel senso greco o continentale. [Ma non si può] dire che questa è "certezza" nel senso richiesto per prevedere che il risultato dell'azione lecita intrapresa oggi sarà libero da interferenze legali domani. Questo tipo di "certezza", tanto lodato da Aristotele e da Cicerone, non ha niente a che fare con la certezza di cui avremmo bisogno per essere veramente "liberi" nel senso inteso da questi antichi e gloriosi rappresentanti della nostra civiltà occidentale. > >

BRUNO LEONI


POSCRITTO

Per completezza, riporto qui di seguito la presentazione del libro pubblicata dal sito Liberilibri:
<< La libertà individuale può essere compatibile con gli ordinamenti contemporanei incentrati sulla legislazione e quasi completamente identificati con essa?
Se linguaggio, moda, mercato, arti, scienze sono il prodotto della convergenza di azioni spontanee individuali, non dovrebbe anche il diritto, allo stesso modo, prodursi da una simile spontanea convergenza?
E ancora: la codificazione legislativa, come punto terminale di un processo in cui è sempre l'autorità di maggioranze dispotiche a imporsi, non finisce per risolversi in un congegno liberticida?
E non è forse una sofisticata impostura la "democrazia rappresentativa"?
Può dirsi società di uomini liberi quella in cui una qualsiasi oligarchia contingente di "legislatori" può a suo arbitrio render nulli negozi giuridici liberamente sottoscritti fra adulti sani di mente e consenzienti?
Questi e altri "empi" interrogativi poneva nel 1961 Freedom and the Law, opera magistrale di Leoni, che tanta influenza eserciterà sulla scienza politica.
Leoni, preconizzando il delirio demiurgico e la metastasi normativa che avrebbero devastato gli ordinamenti contemporanei, tratteggia una teoria generale del diritto che scongiuri i rischi a cui un potere legislativo privo di limiti espone la libertà individuale. >>
 

27 commenti:

  1. "che tanta influenza eserciterà sulla scienza politica"

    Mi pare che ne abbia esercitata ben poca a dire la verita'.
    Grande argomento, in ogni caso.

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  2. In ogni caso, ho l'impressione che anche la "common law, cioè la legge comune che sale dal basso (e che i giuristi si limitano a scoprire e non a creare) abbia i suoi difetti.
    Non posso farne una critica ragionata, perchè non la conosco (non l'ho mai studiata e non ci sono mai vissuto dentro), ma la sensazione è che si trattasse di un sistema abbastanza caotico, con la sua buona dose di incertezze.

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    1. Che abbia i suoi difetti non c'e' dubbio, ma anche che sia efficace non c'e' dubbio: e' il sistema che usano nei paesi anglosassoni.

      Il loro "andare per precedenti" significa piu' o meno avere l'usanza come parametro del giusto e dello sbagliato.

      Infatti in quei paesi si ha grande dibattito quando avviene qualcosa per cui mancano i precedenti, e si deve decidere cosa sia giusto e cosa sbagliato.

      Pero', che un italiano dica che il sistema giudiziario usa o inglese sia caotico va ben oltre il ridicolo, credo.


      Siamo proprio senza speranza :)

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  3. << Pero', che un italiano dica che il sistema giudiziario usa o inglese sia caotico va ben oltre il ridicolo, credo. >>

    Ed io, con supremo disprezzo del ridicolo, lo confermo. ;-)

    Che succede se i precedenti mancano o sono contraddittori ?
    Dove va a finire la mia certezza del diritto ?
    Non rischio di essere giudicato in base agli umori del momento (quindi con una logica ex post) o agli interessi di quanche potere forte che possa influenzare la decisione ?

    Intendiamoci: non sto dicendo che il nostro (ipertrofico) sistema legislativo NON sia caotico.
    Sto solo dicendo che se Sparta piange, Atene non ride.

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    1. "Dove va a finire la mia certezza del diritto? Non rischio di essere giudicato in base agli umori del momento "

      D'altra parte questo probabilmente e' un esempio della mentalita' perfezionistica e cavillosa che ci pervade senza che ce ne rendiamo conto, e che ha prodotto la gabbia di estremo malessere esistenziale, pur nel profluvio strabordante di beni materiali, in cui viviamo.

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    2. << questo probabilmente e' un esempio della mentalita' perfezionistica e cavillosa che ci pervade senza che ce ne rendiamo conto >>

      Può anche darsi.
      Per chi è nato e vissuto (e ha studiato) nell'ambito del diritto formale, è difficile immaginare la common law come unico punto di riferimento.

      Oltretutto, e qui credo che sia difficile darmi torto, la "common law", essendo creata continuamente dalla prassi e dalla ripetizione dei rapporti fra gli stessi soggetti, può funzionare bene solo in un ambito locale, e rischia di andare in crisi man mano che il teatro di azione si allarga.

      Una "common law" ai tempi della globalizzazione è persino difficile da immaginare.

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    3. Se non si ha altro in comune e' difficile avere proprio la legge.

      Ma questo vale tanto per la common law che per ogni altro tipo di legge, non ti pare?

      La legge non puo' che normare il solo "massimo comune divisore" di una collettivita', cioe' solo le cose per le quali esiste gia' un consenso comune.
      Le altre non le deve proprio considerare. Altrimenti e' odiata e finisce per rappresentare, al di la' delle chiacchere retoriche istituzionali, l'immoralita', il tradimento, e l'asocialita'.

      Il motivo per cui la gente ODIA la globalizzazione (europea) d'altra parte e' proprio questo: la standardizzazione edittale della misura del cetriolo con tanto di multe e sanzioni.

      A che scopo? Intimidatorio? Ma allora mi tengo la mafia. L'europa, che si e' ridotta a questo, a norme e sanzioni sfornate a getto continuo, fa ormai schifo a tutti. Altro che l'euro di quei fessi di marxisti del settimo giorno che "se non si svaluta la moneta si svaluta il lavoro che dovrebbe piuttosto essere come ai bei vecchi tempi "variabile indipendente"".

      Questa mi pare una ottima fotografia dell'italia.

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    4. << Altro che l'euro di quei fessi di marxisti del settimo giorno che "se non si svaluta la moneta si svaluta il lavoro >>

      No, guarda.
      Su questo punto hanno ragione loro, credimi.

      Il problema dell'euro (inteso come meccanismo di blocco delle svalutazioni) è che è stato introdotto in un momento di impoverimento generale (derivante da altri motivi, che qui non è il caso di approfondire).

      Ora, in questi casi, l'unico modo veramente "equo" di gestire l'impoverimento è l'inflazione, perchè colpisce tutti esattamente nella stessa percentuale.
      Se blocchi l'inflazione, l'impoverimento deve necessariamente scaricarsi in modo asimmetrico e parziale, e quindi solo su alcune categorie (in genere, quelle meno protette a livello normativo).

      Non sto facendo l'elogio dell'inflazione, che (quando supera certe percentuali) può essere davvero una brutta bestia, ma - a mio parere - rimane comunque la "tassa" più equa.

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    5. Puo' darsi, ma non e' certo quello che sostengono coloro che voglono uscire dall'euro, loro vogliono svalutazione, non inflazione, anche perche' sanno bene che l'inflazione e' uno dei modi meno equi di gestire l'impoverimento: gli unici che ci rimettono sono i poveri a reddito fisso, i possessori di altri beni non perdono nulla, anzi ci guadagnano, perche' quando c'e' inflazione il risparmio si sposta per forza sugli altri beni, che cosi' van su di prezzo ben piu' dell'inflazione. (vedi la cementificazione immobiliare dell'italia ci tempi della "pizza di fango").
      Semmai, i marxisti del settimo e i fascistoidi giorno sostengono che uscendo dall'euro NON ci sara' inflazione, o ce ne sara' molta meno di quanto paventato.
      Sara'. Vorrei vedere quanti di loro, di quelli con la testa sulle spalle, avrebbero il coraggio di premere il bottone per la sostituzione istantanea della valuta col blocco completo della vecchia (per evitare la fuga immediata di tutti i capitali), con tutto cio' che implica in termini di chiusura.

      Quindi, essi sostengono che non ci sara' inflazione consistente, quando di norma basta il solo cambio di valuta a provocarla in se', a prescindere dalla sua forza economica e dalla sua gestione (una nuova valuta ci vogliono anni o decadi prima che venga introiettata come parametro dei prezzi).

      L'italia, essendo un paese per il quale il commercio internazionale e' essenziale (siamo privi di risorse) deve stare molto attenta a queste cose, per noi gia' e' un pericolo mortale il neoprotezionismo i Trump.

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    6. "per noi gia' e' un pericolo mortale il neoprotezionismo i Trump."

      Nel senso che ci si illude che tornando alla nostra valuta potremmo poi svalutare a volonta' senza alcuna ritorsione daziaria dall'altro lato. Gli ultimi avvenimenti stanno mostrando in anticipo cosa succederebbe in realta', una possibile guerra dei dazi con escalation protezionistica. Un ritorno in grande stile agli anni '30, che furono tutti cosi'. Bei tempi, no?

      Per quanto riguarda la commom law, ne stiamo avendo un esempi proprio in questi giorni col decreto di Trump, vedo su ansa:

      "Negli Stati Uniti ''nessuno e' sopra la legge, nemmeno il presidente''. E' l'attorney general dello Stato di Washington, Bob Ferguson, che commenta cosi' la decisione di un giudice federale di Seattle di bloccare temporaneamente e su base nazionale il decreto del presidente Donald Trump che impone restrizioni all'ingresso negli Stati Uniti..."

      Questa e' espressione quasi pura di diritto romano, cioe' a common law: il legislatore (o decretatore) non ha potere di fare e disfare la legge a suo piacimento, ma al contrario anch'esso vi e' soggetto.

      Tu ti chiederai ma allora a quale legge e' soggetto? Quella che e' venuta fuori nei decenni e nei secoli dall'usanza e dal costume.

      "Vox populi vox dei", del resto.

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    7. << sostengono che uscendo dall'euro NON ci sara' inflazione, o ce ne sara' molta meno di quanto paventato. >>

      Nessuno ha mai detto che non ci sarà inflazione.
      Però è vero che l'inflazione sarà molto minore di quella paventata da chi, in mala fede, vuole tenere l'euro a tutti i costi.

      L'inflazione sarebbe inevitabile, perchè svalutazione e inflazione sono due facce della stessa medaglia, ma non nella stessa misura.
      L'inflazione, infatti, è sempre inferiore alla svalutazone, perchè la svalutazione si applica solo ai rapporti con l'estero (valute diverse), mentre moltissime transazioni commerciali avvengono sul mercato interno (stessa valuta).

      Comunque l'euro non può avere vita lunga, in quanto è un elemento di squilibrio e, in questi casi, l'economia reale, alla fine, si vendica sempre.

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    8. << "Negli Stati Uniti ''nessuno e' sopra la legge, nemmeno il presidente' >>

      Verissimo, ma non so se si tratta di un vero caso di common law.
      Forse il motivo dell'intervento del giudice sta solo nel fatto che il provvedimento di Trump è un c.d. ordine esecutivo, ovvero un atto amministrativo, che quindi, nella gerarchia delle fonti normative, sta al di sotto delle leggi.

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    9. "Però è vero che l'inflazione sarà molto minore di quella paventata da chi, in mala fede, vuole tenere l'euro a tutti i costi."

      Proviamo e vediamo.
      Poi pero' se quelli "in mala fede" (pessimo modo di apostrofare chi ha un'opinione diversa) avevano ragione cosa si fa?
      Non si torna indietro.
      Inoltre, e se invece di essere in mala fede questi, fossero quegli altri una specie di setta di plagiati? Io, visto il linguaggio che usano e gli argomenti che portano, qualche dubbio ce l'avrei, vista l'enfasi piuttosto irrazionale con cui sostengono le loro opinioni, magnificando i vantaggi, e chiudendo completamente gli occhi sui problemi che necessariamente ne sono collegati.

      Vediamo cosa combina la potente lobby degli italo-americani, che notoriamente non e' composta da liberal, e adesso e' al governo... e vediamo se verra' usata come grimaldello per far saltare l'unione europea, che per gli Usa e gli inglesi e' buona e utile solo se non funziona. Ce ne sono tutti gli indizi.

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    10. "Verissimo, ma non so se si tratta di un vero caso di common law."

      Il principio della common law starebbe nel fatto che la legge non puo' essere decretata a piacimento dal sovrano del momento, si tratti di maggioranza parlamentare, presidente o tiranno di turno, tutto qui.

      Certo e' considerata un grandissimo fastidio da chi pensa che debba invece esserci un potere legittimato a dettare legge in ogni momento, potendo cosi' decidere per tutti cosa sia giusto e cosa sbagliato.

      In realta' il sistema anglosassone e' un misto dei due sistemi, e anche il nostro lo e', ma il nostro e' molto piu' sbilanciato verso il diritto decretato.

      Tendenzialmente, le nostre societa' iperaffollate, complesse e organizzate come un formicaio, vanno sempre di piu' verso il diritto decretato da miriadi di lobby e organismi ognuna onnipotente nel suo ambito di specializzazione e competenza. I miliardi di leggi e norme che vengono sfornate continuamente non vengono certo fuori dal dibattito nell'attivita' legislativa parlamentare, alla quale non resta che premere il bottone secondo gli ordini di scuderia del partito di riferimento, senza capire nulla di cio' che stanno votando.

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    11. << quelli "in mala fede" (pessimo modo di apostrofare chi ha un'opinione diversa) >>

      Touchè.
      Essendo l'economia una scienza non proprio esatta, tutte le opinioni possono avere una loro dignità.
      Sino a prova contraria.

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    12. << In realta' il sistema anglosassone e' un misto dei due sistemi, e anche il nostro lo e', ma il nostro e' molto piu' sbilanciato verso il diritto decretato. >>

      Mah, sulla prima affermazione sono senz'altro d'accordo: in tempi moderni, anche da loro la common law non può essere sufficiente.

      Sulla seconda, invece, sono un po' più perplesso, perchè da noi la presenza di una quota di common law, seppur minima, non mi sembra di vederla.
      Potresti farmi qualche esempio ?

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    13. Nella costituzione sono definiti dei concetti generici che si possono far risalire al "diritto naturale", che come noto e' opposto al diritto positivo, e infatti la costituzione in teoria dovrebbe servire proprio a porre argine all'arbitrio del governo (im-positivo) del momento. Ma cos'e' questo "diritto naturale"? Alla fine, non e' altro che il senso comune di giustizia. Vox populi, vox dei.
      Un bravo avvocato in teoria puo' riuscire a far valere questi principi, ma e' molto raro che succeda, e' molto piu'semplice per i giudici giudicare secondo dettami specifici e puntuali che secondo principi generali.
      Qualsiasi giudice che abbia dei dubbi, d'altra parte, puo' appellarsi al "giudizio di costituzionalita'" presso la consulta, la quale puo' cassare leggi del parlamento secondo le quali l'imputato dovrebbe invece essere condannato.

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  4. L'attuale superfetazione burocratico-legislativa (a livello locale, nazionale, comunitario) mostra la validità delle perplessità espresse da Leoni, tuttavia la crescente complessità/stratificazione delle società (occidentali) contemporanee rende piuttosto improbabile una drastica, peraltro auspicabile, inversione di tendenza nel senso dell'applicazione di un robusto 'rasoio di Occam' alla selva di leggi e leggine, codici e codicilli, norme e regolamenti vari che effettivamente mettono a rischio la certezza del Diritto e quindi rallentano l'amministrazione della Giustizia e pure lo sviluppo economico...

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  5. "e pure lo sviluppo economico"

    La maggior parte delle leggi e norme di oggi E' lo sviluppo economico.
    Se togli le norme obbliganti e vessatorie, precipiterebbe l'attivita' economica, che in gran parte serve solo a soddisfare esse.
    Per questo non si puo' piu' tornare indietro senza che crolli tutto. Anzi si puo' solo andare sempre piu' avanti alzando sempre di piu' la posta, la scommessa.

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  6. E' molto interessante questo, provate a inserite i dati di ricerca per il cambio lira dollaro dal 1945:

    http://cambi.bancaditalia.it/cambi/cambi.do?lingua=it&to=cambiSSAForm

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  7. << La maggior parte delle leggi e norme di oggi E' lo sviluppo economico. >>

    In parte sì, e in parte no.

    Certo la sovrastruttura normativa crea letteralmente dal nulla nuove attività, agenzie, operatori, controllori, garanti, ecc. ecc.
    Però tutto questo, essendo improduttivo, finisce per onerare l'attività ecnomica di base, quella che produce i beni ed i servizi utili, rallentandola inevitabilmente.

    Comunque l'eterogenesi dei fini regna sovrana e, tanto per fare un'esempio banale, le agenzie pubbliche per l'occupazione, hanno come unico risultato di dare un lavoro ai loro addetti.
    E si potrebbe continuare.

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    1. Infatti.
      Questo che dici si inquadra bene nel fatto che:

      1- solo un infima percentuale della popolazione nelle societa' moderne produce davvero qualcosa di utile agli altri, tutti gli altri, la stragrande maggioranza, si devono inventare dei pretesti per aver diritto alla loro parte dei beni utili prodotti; da cui l'enorme burocrazia inutile e vessatoria, vissuta da tutti come una condanna ai lavori forzati;
      2- l'uomo come piu' volte ha fatto notare sergio ha bisogno di lavorare, e specificherei ulteriormente di sentirsi utile agli altri: infatti anche quelli che fanno lavori platealmente inutili e vessatori cercano di convincere e di convincersi di essere utili e indispensabili, cosa che riesce solo in parte a aumenta ancora di piu' il disagio e il malessere globale.

      CHe ne dite?

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    2. Abbiamo assoluto bisogno dei mezzi di sussistenza (soldi, beni) ma anche dell'apprezzamento dei nostri simili, direi in pari misura. L'apprezzamento non solo solletica il nostro amor proprio ma ci assicura anche i mezzi di sussistenza. Se gli altri mi apprezzano, mi vogliono bene, non mi lesineranno nemmeno i beni materiali, anzi me li tireranno dietro (vedi gli idoli dello sport, idolatrati e ricoperti di oro).
      Io ho smesso di credere nel socialismo e nella lotta di classe ascoltando ... La bella mugnaia di Schubert. A fine giornata il mastro mugnaio dice agli apprendisti: "Euer Werk hat mir gefallen, und wünsche allen eine gute Nacht." Mi siete piaciuti, avete lavorato bene, buona notte.
      Sì, dobbiamo piacere a qualcuno, essere utili, avremo così il pasto assicurato e ci sentiremo bene. La simpatia, l'affetto ci aiutano a vivere.

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    3. "ercano di convincere e di convincersi di essere utili e indispensabili"

      Vana impresa voler convincere e convincersi di essere utili.
      O lo sei o non lo sei. Se non lo sei non puoi convincere nessuno. È pur vero che tanti, tantissimi fanno cose inutili, anzi dannose (timbrano il cartellino) per sbarcare il lunario. Ma lo sanno benissimo e ne soffrono. Senza apprezzamento vero da parte di altri non puoi sentirti bene. Pure i geni - Mozart, Voltaire - ambivano al riconoscimento - del re e della gente. Se no sei un genio incompreso (sai che soddisfazione! e se sei incompreso niente soldi!).

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    4. "Se non lo sei non puoi convincere nessuno."

      Questo potrebbe essere un interessante argomento da approfondire, nella realta' (virtuale, che e' il reale dell'uomo) e' una guerra continua fra idee-memi (vedi i nostri amati blog) per convincere il prossimo della propria utilita', e dell'inutilita' altrui a meno che non sia d'accordo.

      Basta pensare alla politica, ma io lo vedo nelle mie discussioni con gli amici burocrati e professionisti: tranne eccezioni di rara intelligenza, la maggior parte si incazza come una iena se viene messa in dubbio la massima importanza sua e del suo mestiere per il bene sociale. E, sinceramente, piu' sono inutili, odiati di nascosto e dannosi, piu' si incazzano, arrampicandosi sugli specchi...

      Si tratta perlopiu' di gente che e' abituata a venir ossequiata da chi ha paura di loro per il loro potere, ma che se potesse quando si girano li accoltellerebbe alla schiena (figuratamente, ovvio ;)

      Se vale per i professionisti, figuratevi per la gerarchia negli enti pubblici... Sta tutto in piedi per un miracoloso e instabile equlibrio, basato solo sulla paura e l'intimidazione.

      E piu' l'edificio traballa, piu' e' necessario ricorrere a intimidazioni e sanzioni per tenerlo in piedi, accumulando sempre piu' odio e malessere.

      Altro che piacere e realizzazione personale basati sul senso dell'essere gratuitamente utili agli altri...

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  8. << Vana impresa voler convincere e convincersi di essere utili.
    O lo sei o non lo sei. Se non lo sei non puoi convincere nessuno. È pur vero che tanti, tantissimi fanno cose inutili, anzi dannose (timbrano il cartellino) per sbarcare il lunario. Ma lo sanno benissimo e ne soffrono. Senza apprezzamento vero da parte di altri non puoi sentirti bene. >>

    Sottoscrivo anche io.
    Perchè gli esseri umani hanno bisogno del gruppo e dell'aiuto degli altri.
    Il quale aiuto però si fonda (in genere) sul principio della reciprocità.
    Ergo, devo essere utile al gruppo per essere apprezzato dagli altri, ed essere quindi facilmente ricambiato quando ne avrò bisogno.
    Nessuno può fare da solo (nemmeno chi si crede un fenomeno).

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