mercoledì 23 novembre 2016

Lucro cessante

Un post di Jacopo Simonetta sulla trappola dei ritorni decrescenti: ovvero, quando si continua a produrre anche in perdita, perché non si riesce a fermare il meccanismo. Ci siamo entrati perché siamo diventati troppi. Come possiamo uscirne ? Facendo esattamente il contrario. Lumen

 
<< [Secondo] un modello economico proposto da Herman Daly, l’incremento della produzione di beni e servizi non necessariamente giova all'economia; anzi può diventare la macchina che la distrugge. Sembra un paradosso, ma non lo è, come molti dei fenomeni che stanno condizionando il nostro presente ed il nostro futuro. (…)
 
Ad ogni attività commerciale, come ai processi biologici, si applica l’implacabile legge dei ritorni decrescenti. Qualunque cosa cresca, da un certo momento in poi, comincia ad incontrare una resistenza sempre maggiore al suo sviluppo, finché questo necessariamente si arresta. In termini termodinamici la faccenda si spiega col fatto che, man mano che qualcosa cresce, aumentano le sue necessità e, dunque, le sue difficoltà a reperire abbastanza energia per continuare a crescere.
 
Contemporaneamente, ogni accrescimento comporta anche un aumento dei costi, siano questi energetici, monetari o d’altro genere. (…) Per reperire più cibo è necessario camminare di più. Per catturare più luce occorre mantenere tronchi e rami sempre più grandi e pesanti. Per pompare più petrolio è necessario perforare pozzi sempre più profondi eccetera. Fino a che le uscite equivalgono alle entrate e la crescita si ferma. (…)
 
Quello che di solito non si dice è che, col tempo, le strutture realizzate per catturare energia si usurano ed aumenta quindi il bisogno di energia per la loro manutenzione. Man mano che il tempo passa, il fabbisogno di energia aumenta, aumentano le difficoltà a reperirne abbastanza ed i sistemi cominciano a diventare fatiscenti, finché collassano.
 
Tutte le strutture dissipative, di qualunque natura e dimensione, invecchiano e muoiono; dalle cellule alle galassie. Ed è un bene, perché è proprio questo che consente l’evoluzione. “La Morte è l’artificio mediante cui si mantiene la Vita” diceva Goethe.
 
Tornando alle nostre preoccupazioni economiche, se è assodato che i vantaggi marginali non possono che diminuire ed i costi marginali non possono che aumentare, come è possibile pensare che la crescita economica possa proseguire all'infinito? Sostanzialmente per due motivi:
 
Il primo è che, comunemente, si ritiene che i ritorni decrescenti si applichino alle singole attività, ma non alle economie complessive. Si presume infatti che ci sia sempre la possibilità di inventare nuovi prodotti o servizi, man mano che quelli già disponibili raggiungono il fatidico livello d’arresto. Un’idea che era perfettamente ragionevole quando fu concepita, un paio di secoli or sono.
 
All'epoca, sulla Terra c’era meno di un miliardo di persone, abbondanza di risorse e spazi apparentemente illimitati in cui disperdere i nostri rifiuti. Pensare la stessa cosa oggi - in un mondo in cui ogni giorno ci sono 300.000 persone in più a grattare il fondo del barile di risorse come l’acqua, il suolo, la biodiversità e l’aria; un mondo in cui le caratteristiche chimiche e fisiche dell’atmosfera e degli oceani sono state gravemente alterate dall'accumulo di rifiuti - è semplicemente una stupidaggine.
 
Il secondo motivo è (…) che disponiamo di potenti mezzi in grado di spostare il famoso punto di equilibrio del “quando fermarsi” sia a livello di singole attività che di intere economie: la crescita demografica, la pubblicità (e tutti gli altri trucchi del consumismo), il progresso tecnologico. (…)
 
[Però] all'aumentare dei consumi, il vantaggio marginale diminuisce ed i costi salgono, fino a che si equivalgono. Oltrepassare questo punto di equilibrio significa investire per distruggere ricchezza, anziché costruirne. Chi potrebbe fare una cosa simile? Eppure succede.

Vediamo i tre punti di possibile crisi. 

1 - Il “ Limite economico” si raggiunge quando la curva dei benefici calanti incrocia quella dei costi montanti. E’ questo il famoso punto “quando fermarsi”. Qui è fondamentale tener presente che, parlando di intere economie e non di singole attività, la curva dei costi include necessariamente anche tutte le esternalità che, invece, non figurano nei bilanci delle imprese. Questo è uno dei motivi per cui spesso le imprese trovano vantaggioso spingere l’economia generale in territorio collettivamente negativo.

2 – Il “limite di saturazione” (…) corrisponde a quando la gente ne ha fin troppo di qualcosa. Smette di comprare, la curva dei vantaggi precipita e finisce il gioco. L’economia neoclassica nega formalmente l’esistenza di questo limite con il postulato di “non sazietà”, la cui validità è però smentita dai fatti, oltre che dallo sviluppo iperbolico dell’industria pubblicitaria e, più in generale, tutto l’armamentario del consumismo.
 
Ma anche altre forzanti, in particolare la crescita demografica, possono facilmente spostare il limite economico ben addentro al territorio della crescita anti-economica. Cioè in posizioni in cui la somma dei costi, comprese le esternalità, supera i ricavi. Parlando di economie, il fatto di aver raggiunto od anche superato il punto di equilibrio non significa infatti che tutte le attività siano negative. Anzi, di solito alcune vanno meglio di prima ed altre nuove nascono, anche se si sviluppano a spese di altre che chiudono.
 
In pratica, l’economia diventa un gioco a somma negativa, ma ciò non impedisce che vi siano dei vincitori, e poiché sono proprio questi che assurgono al potere vi sono ben poche possibilità che fermino la macchina. Ma quel che è più importante, è che in questo modo ci si avvicina al terzo limite.
 
3 – Il “Limite della catastrofe ecologica”. Sappiamo, o dovremmo sapere, che qualunque attività umana modifica l’ecosistema da cui preleva le risorse necessarie e scarica i rifiuti risultanti. Entro certi limiti, l’ecosistema si adatta, mantenendo comunque una sua funzionalità. Oltre questo limite, l’ecosistema collassa in un sistema quasi privo di vita, completamente incapace di sostenere qualsivoglia attività umana.
 
L’esempio classico è quello della messa a coltura di territori vergini, che può portare allo sviluppo di agro-ecosistemi molto complessi e vitali, così come a lande desolate a seconda dell’intensità con cui si sfruttano i suoli, l’acqua e la biodiversità.
 
Anche l’esistenza di questo limite viene esplicitamente negata, o perlomeno ridotta ad una possibilità del tutto teorica, dalla scuola economica corrente, in base al presupposto che lo sviluppo economico sia in grado di produrre anche i mezzi per riparare i danni che produce. Il fatto che un’infinità di attività e di economie siano già collassate, assieme agli ecosistemi di cui vivevano, non sembra interessare i grandi guru del denaro.
 
Ma ciò che qui ci interessa è il ruolo chiave rivestito dalla tecnologia. L’effetto principale del progresso tecnico è infatti quello di rendere più efficienti i processi produttivi. L’intera élite mondiale, ed anche buona parte della risicata nicchia ambientalista, conta proprio sull'aumento dell’efficienza produttiva per togliere dal fuoco le castagne dell’umanità senza che nessuno si faccia troppo male.
 
Ma se i processi produttivi diventano più efficienti, i costi di produzione diminuiscono, la curva dei costi marginali si sposta verso il basso ed il punto di equilibrio verso il punto di rottura che scatena la catastrofe. (…) Parlando di economia globale, non sappiamo esattamente dove questo “punto” si trovi, anzi potremmo addirittura averlo già superato. Non possiamo saperlo, ma possiamo essere certi che c’è.
 
In altre parole, l’aumento di efficienza produttiva e commerciale porta benefici a chi se ne serve, ma a costo di avvicinare progressivamente il sistema alla soglia di collasso. Finché vi sono ampi margini di manovra, rappresentati da risorse e possibilità di smaltimento prive di forti controindicazioni, i vantaggi superano certamente gli svantaggi. 

Non per nulla, in ogni società che è collassata, i successi del passato hanno indotto la gente a tenersi stretto il suo progresso. (…) D'altronde, per una società umana mollare la presa significherebbe avviare volontariamente il proprio declino politico ed economico. Cioè restare a pancia vuota o essere invasi (…) Ma continuare ad alzare la posta ha sempre avuto il risultato di rimandare la resa dei conti, finché non sopraggiunge il cacciatore, nelle vesti di una raffica di catastrofi tanto più devastanti, quanto più a lungo è stato possibile rimandare.
 
Sono pochissimi e parziali gli esempi storici di società che sono state capaci di fermarsi ad un livello a cui era ancora possibile stabilizzare il sistema per periodi relativamente lunghi. Dunque il rilancio economico, ed ancor più il progresso tecnologico da cui ci attendiamo salvezza, sono esattamente quelle cose che hanno già condannato a morte molti di noi e forse l’umanità intera, se non la Biosfera.
 
Dovremmo allora considerare “cattiva” la tecnologia ? Sarebbe come se un gatto considerasse cattivi i propri artigli perché gli hanno permesso di catturare tutti i topi del quartiere. Non ha senso. (…) Il fatto è semplicemente che abbiamo elaborato una forma di evoluzione troppo efficiente e questo ci ha permesso di distruggere una buona fetta del Pianeta.
 
Per chi ne ha assaporato i frutti, è stato bello non sentire più la fame, poter guarire da tante malattie, andare in vacanza ed in pensione, viaggiare in automobile o in aereo, eccetera. Niente di strano che più sentiamo sfuggirci tutto ciò, più forte stringiamo la presa. E chi è vissuto sperando di realizzare lo stesso sogno, ucciderà e morirà prima di rinunciarvi. La tecnologia ci ha spacciati non già perché sia cattiva, bensì perché funziona troppo bene ! > >

 JACOPO SIMONETTA

17 commenti:

  1. Leggo questo testo a mezzanotte passata. Non dormivo e così ho acceso il computere e ho letto questo testo troppo lungo, pieno di troppe cose e per finire, questa è la prima impressione, inconcludente (oltre che deprimente). Fermarsi è impossibile, ormai tutti i sette miliardi e passa di bipedi umani vogliono una sola cosa: la crescita. La vogliono i padroni del vapore, ma anche i loro dipendenti e schiavi. Qualcuno c'è che ammonisce. L'autore di questo testo, per esempio, o anche il papa francescano e gesuita (che ossimoro). Poi certi verdi e i decrescisti. Ma al punto in cui siamo non ci resta che continuare fino a esaurimento delle scorte (senza escludere una bella guerricciola nucleare - per sbaglio o calcolata).
    Ma è anche difficile immaginarsi una società che raggiunga un optimum (non consumi più di ciò che la natura rigenera) e permanga poi in questo stato per sempre. Per millenni la crescita è stata nulla o minima. I limiti erano posti dalla natura, poi i numeri non erano eccessivi (all'inizio del Novecento eravamo poco più di un miliardo se non sbaglio). Adesso si cresce a un ritmo di un miliardo ogni decennio o poco più. Ma gente intelligente (Parga Khanna) è ottimista: l'esplosione demografica non ci sarà, vivremo quasi tutti in megalopoli dove di figli non se ne possono avere troppi per ovvi motivi, aumenterà l'interdipendenza di tutti e di tutti gli Stati per cui anche gli Stati conteranno sempre meno (e si avvererà forse il sogno di Obama: l'eliminazione di tutte le atomiche). I soldi pazzeschi che spendevamo in armamenti potremo così ... investirli per una ulteriore crescita. Ormai questa parola - la crescita - è così pervasiva e ossessiva che se qualcuno mi parla di crescita gli sferro un pugno in faccia. Ti cresca un tumore maligno oggi stesso, crescitista fottuto. Ma ciò rallegrerà gli oncologi. Che però anche loro saranno fottuti dall'intelligenza artificiale e dalla tecnologia che sconfiggeranno il cancro.
    La crescita, o meglio il benessere (per i più relativo) ha ucciso la religione in occidente, ma ha accresciuto il numero dei credenti e dei poveracci in altri continenti.

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  2. (continua)
    Probabilmente il discorso di Simonetta è giusto. Non afferma che il collasso è per domani, ma un bel momento avverrà (il Club di Roma non aveva affermato che la fine sarebbe sopraggiunta l'anno del Signore 2000, come molti ironizzano, ma che continuando così prima o poi la fine (per es. del petrolio) sarebbe arrivata per forza).
    Ma le scorte non sono ancora finite e di fermarsi ora nessuno osa parlare. La maggior fonte di inquinamento atmosferico non è il traffico automobilistico, ma infinitamente di più il traffico aereo. C'è qualcuno che vuole rinunciare alle vacanze nei paradisi esotici? Ogni giorno si effettuano qualcosa come centomila voli. Tendenza - e come potrebbe non essere - crescente, visto che si continuano a costruire aeroporti sempre più grandi (in Cina per esempio).
    Caro Simonetta: che avimm 'a fà? (che dobbiamo fare, in napoletano). Forse la risposta più semplice e ovvia sarebbe: fermarci. Io per esempio non aspiro ad avere di più di ciò che ho (che non è tanto, ma in confronto ai miliardi di poveracci è troppo, uno scandalo).
    Ma se mi sente Giuliano Ferrara mi fa un mazziatone perché per lui la crescita è un dogma. E anche Ettore Gotti Tedeschi è per la crescita innanzi tutto demografica: è la stagnazione o decrescita demografica (in Europa, Giappone) che rallenta la crescita economica. Per Tedeschi e altri l'impronta ecologica è una barzelletta. Più siamo, più produciamo, più siamo contenti e felici.
    Ha fatto bene Bergoglio a licenziarlo.
    La situazione è "alternativlos" come la Merkel (il suffisso -los significa senza, privo, vedi anche erfolglos, insuccesso - Erfolg = successo).
    E se invece l'evoluzione tendesse a una umanità di cento o duecento miliardi che formasse grazie allo smartphone (scemofono) un solo organismo (provvisto di anticorpi per l'eliminazione dei rompiscatole, per es. i decrescisti)?
    Accidenti, è già l'una e trenta, me ne torno a letto. Scusate le chiacchiere.

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    1. << La maggior fonte di inquinamento atmosferico non è il traffico automobilistico, ma infinitamente di più il traffico aereo. C'è qualcuno che vuole rinunciare alle vacanze nei paradisi esotici? Ogni giorno si effettuano qualcosa come centomila voli. >>

      Caro Sergio, è vero, i voli aerei sono una delle iatture maggiori.
      Ma non dimentichiamo che non servono solo per andare in vacanza nei paradisi esotici (cosa alla quale io, e sicuramente molti altri, possiamo rinunciare senza nessuno sforzo), ma per la globalizzazione economica, che prevede (pretende) il movimento continuo di merci e persone da un capo all'altro del globo.
      Quindi, ipotesi mia, se i voli aerei dovessero diminuire drasticamente per esigenze energetiche, anche la globalizzazione economica avrebbe la sua prima bottarella sul becco.

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    2. Veramente secondo la tecnoscienza ecologica attuale il combustibile piu' inquinante e'... la legna. La maggior parte dell'inquinamento attuale delle citta', misurato dalle centraline, deriva dal pellet delle stufe, che peraltro sono a combustione super-pulita rispetto a una stufa tradizionale, funzionante con legna normale autoprodotta, tipo la mia.

      Tant'e' che da qualche parte hanno cominciato, indovinate, a mettere una tassa sui camini! Hai un camino? Paghi. Due camini, il doppio!

      Deficienti...

      Cio' significa che la preoccupazione ecologica attuale sconfina ampiamente nell'insania mentale, fomentata dalla informazione stupefacente.

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    3. Caro Diaz, se ti serve una fonte inesauribile di combustibile per la stufa, puoi chiedere a Strasburgo che ti passino gli atti del Parlamento Europeo.
      I quali, essendo redatti e stampati in una pluralità di lingue diverse, dovrebbero fare un bel malloppo.
      Così, sino a che durerà la UE (e credo che durerà ancora a lungo, perchè i sacerdoti della burocrazia sono duri a morire) avrai una sorta di energia rinnovabile praticamente inestinguibile. ;-)

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    4. Ecco qui il riferimento:

      https://aspoitalia.wordpress.com/2015/12/30/inquinamento-il-colpevole-nascosto/

      dal quale, se non ricordo male dato che non ho riletto, si evince che secondo i dementi di cui sopra il vero delinquente non e', come crede ingenuamente Sergio, quello che va con l'aereo a passare il weekend a londra o quello che fa 500 km ogni domenica col suv euro 6 per "stare a contatto con la natura" e cosi' aumentare il PIL e l'introito fiscale dello Stato, ma chi come me si scalda (poco) con la legna di casa ottenuta da potature e alberi morti, che nei tempi di enorme abbondanza di oggi avrebbe zero valore commerciale, e anzi costerebbe fior di tasse di smaltimento secondo i dettami ecologici.

      Urge un "reset" generale, senza dubbio, la pazzia e' diventata la norma.

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    5. << Urge un "reset" generale, senza dubbio, la pazzia e' diventata la norma. >>

      Ma forse, come diceva un personaggio dell'Amleto (mi pare Polonio): " C'è del metodo in questa follia ".

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    6. Gli Shakespeare di oggi sono quelli che scrivono queste cose qui:

      https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/eur-scientific-and-technical-research-reports/development-eu-ecolabel-and-gpp-criteria-flushing-toilets-and-urinals-technical-report

      Vi raccomando di cliccare sull'immagine e scaricare il pdf di 60 pagine di raccomandazioni su come si deve regolamentare la costruzione di un cesso, a futura memoria.

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    7. Probabilmente oggi Shakespeare scriverebbe << Ci sono più cose in un Regolamento Edilizio, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia. >> ;-)

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  3. Esiste una parola per denotare il piegare la propria interpretazione e spiegazione del mondo ai pregiudizi del contesto culturale-metafisico in cui si vive?

    Se no, probabilmente la spiegazione e' nel fatto che non esiste una situazione contraria a quella che sarebbe descritta da tale parola (qualsiasi definizione, a guardar bene, implica la definizione implicita del suo "anti", per cui se non e' concepibile l'"anti", non esiste nemmeno la parola che lo origina per negazione).

    Simonetta e' il mio commentatore preferito, ma neppure lui sfugge a questa regola generale (ammesso che esista una regola di tal fatta).

    L'articolo secondo me e' pieno di pregiudizi culturali tipici del nostro ambiente:

    - sulla terra non c'e' mai stato un momento in cui l'abbondanza di risorse avrebbe permesso alla popolazione di crescere ulteriormente ma essa ha deciso di fermarsi prima, la popolazione ha sempre raggiunto il massimo possibile, fino al punto di equilibrio stentato o di rottura, e a quel punto, quando "l'acqua toccava il culo", qualcuno ha inventato qualcosa di risolutivo che ha permesso di superare il limite, oppure la popolazione ha raggiunto lo stato stazionario dopo essere regredita, o anche collassata, a limiti compatibili. In ogni caso, e' cambiato il paradigma in modo intrinsecamente imprevedibile a priori, e non per ignoranza. Secondo la teoria darwiniana, che ha preso spunto da Malthus, nei tempi lunghi non puo' succedere altrimenti: l'evoluzione avviene per eccesso di prole e sua successiva selezione. Anche nel mondo delle idee, che ha pero' il pregio/difetto di evolvere a velocita _per il momento_ MOLTO superiore alle possibilita' dell'evoluzione biologica - ma non sapiamo neppure se domani il mondo delle idee trovera' il modo di accelerare l'evoluzione biologica fino a parificarne la velocita' con la propria - non lo sappiamo ma lo sospettiamo gia';

    - checche' se ne dica, noi forse possiamo sapere qual e' il limite di saturazione a situazione e tecnologia attuali, ma siamo totalmente ignoranti su quale sara' il limite del futuro, sia verso l'alto che verso il basso, perche' non sappiamo ne' quale sara' la tecnologia del futuro, ne' la situazione (che ne so, il sistema solare potrebbe entrare in una nube di polvere interstellare). Questa e' una cosa che fa incazzare oltremodo i millenaristi, come potete facilmente verificare, che si vedono rubare il giocattolo preferito, cioe' la promessa della dannazione eterna fra atroci tormenti per chi non condivide le loro manie - e per ulteriore beffa, chiamano cio' "amore universale");

    - nel ragionamento economico, manca completamente una teoria del valore, o meglio si da' per scontato quale essa sia (il valore-lavoro?), e si parla di vantaggio marginale, di ritorno decrescente, ma rispetto a che? Non esiste un valore oggettivo assoluto nelle cose, siamo noi uomini che lo assegnamo secondo parametri, o meglio "metri di valore", che possono variare in qualsiasi modo nel tempo e nello psazio (e anche questa e' una affermazione che fa incazzare da matti i millenaristi-catastrofisti, per loro e' inconcepibile che la _loro_ scala di valori non sia universale nel tempo e nello spazio - e chi non la condivide va terminato).

    In altre parole, "l'e' tutto da rifare".

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    1. Quando posti gli articoli faresti pero' bene a citare le fonti piu' precisamente, magari con un link, cosi' uno si va a vedere l'originale, che nella sua interezza, e nel suo contesto, magari ha un significato, per chi legge, diverso.

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    2. Hai ragione, caro Diaz, dovrei farlo.
      E non solo per motivi di completezza (io infatti tendo sempre ad estrapolare i passi che mi interessano di più), ma anche per le regole del web che, se non ricordo male, richiedono la presenza del link in caso di citazioni altrui.

      Cercherò quindi - compatibilmente con la mia proverbiale pigrizia - di adeguarmi appena possibile.

      P.S. - Il link per l'articolo di Simonetta, salvo errori, dovrebbe essere questo: http://ugobardi.blogspot.it/2016/04/la-trappola-della-scimmia.html

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    3. Be' con l'occasione, cercandolo con google, ho invece trovato questo, altrettanto interessante:
      http://www.crisiswhatcrisis.it/

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  4. Jacopo come al solito e' documentato e lucido nella sua analisi. Per un certo periodo l'occidente e' ricorso alla pubblicita' per creare bisogni indotti e mantenere la crescita del Pil. Ma niente fa crescere il Pil come il tasso di natalita'. Se ne e' accorta la Cina che ha rinunciato alla politica del figlio unico. Mentre l'Africa ha scoperto che i tassi di natalita' alti creano emigrazione e rientri economici con le rimesse degli emigrati. Le imprese occidentali approfittano degli immigrati per creare nuova domanda. Gli effetti marginali stanno distruggendo il pianeta che si e' avvitato tra crescita del Pil e crescita della popolazione in una spirale fatale

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    1. << Ma niente fa crescere il Pil come il tasso di natalita'. >>

      Caro Agobit, hai tragicamente ragione.
      Il guaio è che l'umanità si è già trovata tantissime volte a lottare contro i limiti ecologici di un territorio, ed ha potuto elaborare diverse soluzioni; mai, però, contro i limiti ecologici dell'intero pianeta.
      Probabilmente non abbiamo nemmeno gli strumenti concettuali per affrontare una emergenza simile.

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    3. "Se ne e' accorta la Cina che ha rinunciato alla politica del figlio unico."

      Pero' la Cina nel complesso della sua storia recente, semmai, e' un controesempio eclatante, come lo sono moltissime altre societa', compresa quella italiana dell'ultimo secolo nelle sue varie componenti regionali e relativi tassi riproduttivi: un eccessivo tasso di crescita della popolazione (vedi pure africa attuale) porta ineluttabilmente alla pura e semplice miseria (il PIL che va considerato e' quello pro-capite!!!).

      Quando smetteremo di considerare autorevoli gli economisti e simil-genìa varia, non sara' mai troppo tardi.

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