mercoledì 7 settembre 2016

Pensierini – XXVI

MORALE ED EVOLUZIONE
Anche se le regole morali derivano – in linea generale – dalle convenzioni culturali delle singole società umane, l'evoluzione è riuscita ad inserire nei nostri circuiti neurali alcuni principi basilari che dovrebbero valere per tutti.
Si tratta, da quello che ho letto, della compassione per la sofferenza altrui (soprattutto di familiari e vicini), del senso di giustizia (equità negli scambi) e del principio di reciprocità sociale (punizione per i comportamenti scorretti).
Purtroppo anche questi valori, pur essendo in dotazione alla grande maggioranza delle persone, non sono per tutti.
Ne sono privi, infatti - per una serie di motivi che solo la neuro-chimica può spiegarci - i cosiddetti sociopatici, i quali possono pertanto dedicarsi ad attività criminali o a comportamenti crudeli, senza nessuna remora.
LUMEN


AUTOSTIMA
Tra le cose importanti per vivere bene c’è anche, indubbiamente, l'autostima, che ci consente di avere una buona opinione di noi stessi.
L’autostima, però, si poggia sul raggiungimento dell'eccellenza, e l'eccellenza, per definizione, non può essere raggiunta da tutti,
Come si può fare, allora ? Si può provare con l’eccellenza selettiva.
Ci si concentra su una attività specifica, che sia in sintonia con i propri interessi (quindi anche un hobby va bene), la si approfondisce sino a diventarne padroni, e poi la si usa come fonte di autostima.
In questo modo, l’autostima non rimane un privilegio di pochi, ma un obiettivo che può essere alla portata di (quasi) tutti.
LUMEN


PAGARE IL DEBITO
Si sente spesso dire, quando un reo viene scarcerato per fine pena, che quel tale è ritornato un uomo libero, un comune cittadino, in quanto “ha pagato il proprio debito con la società”.
La frase, lì per lì, suona bene, ma ad esaminarla in profondità fa venire i brividi.
Sarebbe come dire che se uno è disposto a farsi tot anni di carcere, per ciò stesso ha acquisito il diritto di commettere quel certo reato.
Una specie di ‘do ut des’, un pari e patta, dopo il quale sono tutti contenti (salvo forse la vittima).
Il debito lo si paga nelle controversie civili, dopo di che, giustamente, tutto è finito. Ma il diritto penale è una cosa diversa, molto diversa.
LUMEN


PROVA ONTOLOGICA
Uno dei più celebre argomenti per dimostrare “a priori” l'esistenza di Dio è la cosiddetta “prova ontologica” di Sant’Anselmo d'Aosta.
Anche chi nega l'esistenza di Dio - dice Anselmo - ammette che Dio sia l'ente del quale non è dato pensare un ente maggiore.
Ma di conseguenza si deve ammettere anche la sua esistenza, perché altrimenti si potrebbe pensare un ente che, oltre agli attributi riconosciuti proprî di Dio, possedesse anche quello dell'esistenza; questo ente sarebbe pertanto maggiore di Dio, il che non è possibile.
Il ragionamento ha un certo fascino, ma si scontra con la dura realtà che ci insegna che tutto ciò che esiste è necessariamente imperfetto, quindi non “superiore”, ma bensì “inferiore” a ciò che non esiste.
Ergo, se Dio è l’essere supremo perfettissimo, necessariamente non può esistere.
LUMEN


SISTEMA FINANZIARIO
Nella categoria dei sistemi complessi, il sistema finanziario è uno dei più facilmente inclini al collasso.
Dice Ugo Bardi: << Molti sistemi biologici e sociali hanno sistemi interni per gestire le emergenze e contrastare le perturbazioni esterne che potrebbero mandare il sistema fuori equilibrio.Nei sistemi biologici abbiamo, per esempio, il sistema immunitario. Nei sistemi sociali abbiamo l'esercito, i pompieri ed altri. Ma il sistema finanziario non ne ha nessuno, perlomeno nessuno che sia integrato nel sistema. >>
Aggiunge C.H. Smith: << Gli economisti convenzionali sono completamente ciechi rispetto alla fragilità del sistema. Non c'è alcuna formula econometrica del culto keynesiano che misuri la fragilità sistemica, quindi semplicemente è qualcosa che non esiste all'interno dell'economia convenzionale. >>
Ne consegue che la stabilità del sistema è solo provvisoria e la sua caduta può essere molto rovinosa.
LUMEN

31 commenti:

  1. La prova di St. Anselmo

    Non l'ho mai capita. Intanto cosa significa "essere perfettissimo"? E poi anche questa affermazione è alquanto strana: "Anche chi nega l'esistenza di Dio - dice Anselmo - ammette che Dio sia l'ente del quale non è dato pensare un ente maggiore." Come può ammettere che "che Dio sia l'ente del quale non è dato pensare un ente maggiore" se ne nega l'esistenza? Prima nega che esiste e poi ammette ecc. ecc.
    So comunque che c'è chi ha difeso questa prova dell'esistenza di Dio contro Kant che non l'accettava. Mah!

    Una delle definizioni di Dio è appunto essere perfettissimo o atto puro: non può desiderare nulla perché se desiderasse gli mancherebbe qualcosa e sarebbe dunque imperfetto. Non può dunque avere desideri, non gli manca nulla. Ma ciò significa che ha realizzato tutte le sue potenzialità. Al di là delle quali non esiste più niente. Ma ciò cozza con le altre qualità di Dio, l’infinitezza, l’onnipotenza, ecc.
    Definire significa delimitare. Tutti gli enti che esistono sono tali in quanto separati e distinguibili da tutti gli altri.
    Ciò che non può essere distinto semplicemente non esiste. O se esiste non può essere da noi riconosciuto.
    Perciò c’è anche chi dice che Dio non può essere definito: un Dio che potessere essere definito sarebbe delimitato. Il fatto è che noi possiamo riconoscere solo oggetti enti e fenomeni (ovviamente anche le persone) separate da altri enti e fenomeni. Ovvietà naturalmente, banalità.
    Dio, se ci sei batti un colpo, ma fatti riconoscere con certezza, e a tutti, non solo a qualcuno (che poi viene a raccontarci che ti ha incontrato e ti ha incaricato di dirci ecc. ecc.).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se ricordassi o conoscessi l'analisi matematica del liceo, la teoria dei limiti, capiresti cosa intendeva dire Anselmo.
      Si tratta del superamento del paradosso di Zenone, quello di Achille e della Tartaruga, che si chiama paradosso proprio perche' in evidente contrasto con l'esperienza sensibile.
      Occhio che Anselmo, o chi per lui, non e' il paradosso, e' il suo moderno superamento.

      Elimina
    2. Non capisco. Non ricordo nemmeno l'analisi matematica (?) del liceo. La storia di Achille e della tartaruga più che un paradosso mi sembra una scemenza, un'assurdità, un paralogismo, come dimostra appunto l'esperienza sensibile.

      Elimina
    3. Io ci ritrovo, con qualche decennio di ritardo e abbondanza di "pensiero laterale", un qualche apparentamento con gli apparenti paradossi del trattamento dell'infinito in matematica, sia come valore arbitrariamente grande, sia come somma di un numero infinito di elementi sempre piu' piccoli che, nonostante il loro numero infinito, danno un valore finito e determinato (la posizione della tartaruga, nella teoria delle serie mi pare si chiami).

      Sarebbe da capire se Anselmo abbia pensato da se' la sua "prova", o se abbia adattato al suo campo religioso qualche concetto nato in un altro ambito della cultura, oppure ancora se con la sua prova abbia piantato lui stesso il seme del concetto di infinito matematico, che tanti grattacapi ha dato ai matematici e tutt'ora, ai non addetti ai lavori, puo' sembrare opera di magia o illusionismo.

      L'interfecondazione avviene spessissimo nella nostra epoca: appena viene fuori un qualche concetto nuovo in ambito matematico-scientifico, tipo l'indeterminazione della meccanica quantistica, o la teoria del caos col suo "effetto farfalla", subito qualche creativo nel campo delle arti narrative ci costruisce su una trama per film e libri.

      Insomma, come diceva saggiamente Gould, dovremmo pensarci due volte prima di dare del cretino a sant'anselmo senza prima aver cercato di contestualizzare le sue "pensate": non e' da escludere non solo che lo stesso einstein, immerso in quell'ambiente culturale, avrebbe pensato lo stesso, ma soprattutto che, in quell'ambiente, le deduzioni sarebbero state esatte e in accordo con tutto quanto si sapeva all'epoca.

      Per quanto riguarda la perfezione e la noia, e' un tema interessante: non siamo mai soddisfatti di cio' che raggiungiamo perche' mai abbastanza perfetto, oppure quando ci sembra perfetto finisce per annoiarci e passiamo da altro? La perfezione in fin dei conti e' noiosa, e' sterile, e' banale, e' stasi, e' morte.

      Comunque l'esempio dell'arte come istinto a fare qualcosa di nuovo finche' non sembri soddisfacente, mi sembra tipico dell'uomo "faber" che siamo noi, che non stai mai fermo e mai e' soddisfatto. Il ragno tessera' la sua tela perfetta si' ma sempre uguale, cosi' come e' programmato a fare per sempre.

      Riporto Gould che magari in questo contesto puo' sembrare piu' utile:

      Elimina
    4. "Secondo il modello convenzionale di "progresso" scientifico, partiamo da uno stato di superstiziosa ignoranza e ci muoviamo verso la verita' accumulando sequenze di fatti. In questa presuntuosa prospettiva, la storia della scienza finisce per ridursi a poco piu' che una fonte di aneddoti, poiche' essa non puo' che limitarsi alla cronaca degli errori del passato, e rendere onore a chi ha aperto degli squarci verso la verita' finale.
      Tutto si svolge in modo chiaro come in un melodramma di vecchio stampo: la verita' (quello che noi oggi riteniamo tale) e' l'unico arbitro, e il mondo degli scienziati del passato e' diviso in bravi che avevano ragione e cattivi che avevano torto.
      Negli ultimi dieci anni gli storici della scienza hanno abbandonato completamente questo modello. La scienza non e' una spassionata ricerca di informazioni oggettive, ma un'attivita' creativa umana; l'attivita' dei suoi geni assomiglia di piu' a quella degli artisti che non a quella di un elaboratore di dati.
      La sostituzione di una teoria con un'altra non e' una semplice conseguenza di nuove scoperte, ma il frutto di un lavoro creativo influenzato dalle forze sociali e politiche dell'epoca.
      Non dovremmo giudicare il passato attraverso le anacronistiche lenti delle nostre convinzioni, considerando alla stregua di eroi gli scienziati che ci sembrano aver ragione sulla base di criteri completamente esterni alla loro situazione. Chiamare Anassimandro (sesto secolo a.C. ) "evoluzionista" perche', difendendo un ruolo primario dell'acqua tra i quattro elementi, sosteneva che la vita era iniziata nel mare, e' pura stupidita'; eppure la maggior parte dei libri di testo gli fa questo onore.
      In questo saggio prendero' in considerazione il gruppo di cattivi che compare piu' spesso nei manuali e cerchero' di dimostrare che la loro teoria era ragionevole per la loro epoca e che ha tuttora qualcosa da insegnarci. [...]"
      Stephen Jay Gould

      Elimina
    5. Notare che nel modello di scienza "a posteriori" criticato da Gould sopra, mancano le biforcazioni: il determinismo e' inteso come necessita' assoluta e univocamente determinata, non avviene mai che ad un certo punto sia il caso a decidere se si va a destra o a sinistra, e che da' li in poi, la storia si svolga in due modi completamente diversi a seconda della direzione presa. Studiando la storia della vita sulla terra cio' pare evidentemente ovvio.
      https://www.youtube.com/watch?v=JmnRJ2M4eik

      Elimina
  2. << Dio, se ci sei batti un colpo, ma fatti riconoscere con certezza >>

    Caro Sergio, tu non sai quante volte gliel'ho detto. Ma Lui niente: è così perfettamente timido che preferisce rimanere in disparte... :-)

    A parte gli scherzi, io penso che il termine 'perfezione', se attribuito ad un essere vivente, sia così sfuggente da ingannare facilmente la nostra mente.
    E' finisce quindi per essere inutilizzabile.

    Perfetta potrà essere una figura geometrica o, al massimo, un oggetto: ma un 'essere pensante' ?
    Non per nulla gli dei dell'antichità erano tutto meno che perfetti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mah, nessuna cosa è davvero perfetta, ma con questa parola vogliamo dire che la tal cosa ha qualità eccelse e incomparabili, non si può immaginare di più. Ma è solo un modo di esprimere la nostra ammirazione. Forse calza per le figure geometriche che però in natura non esistono (il triangolo o circolo perfetto non si trovano da nessuna parte).

      Elimina
    2. Quello che conta nel ragionamento di Anselmo, e che andrebbe criticato, e' che l'anelito di perfezione come limite irraggiungibile ma sempre agognato, e' cio' che caratterizza l'esperienza umana piu' genuina, nella sua congenita e immancabile insoddisfazione: qualsiasi obiettivo di perfezione l'uomo raggiunga, vede sempre una perfezione maggiore un po' piu' in la'.
      Ma questo e' umano-troppo-umano, non divino. E se e' divino, lo e' in quanto proiezione dello spirito dell'uomo.
      E secondo me, l'arte, con il suo tendere all'operare migliorativo fine a se stesso, senza un obiettivo e un fine determinato e raggiungibile se non come tappa verso una maggiore perfezione, e' cio' che caratterizza l'uomo come tale. In altre parole dell'arte il prodotto finito e' del tutto insignificante, cio' che conta e' l'anelito, non il limite bensi' il suo tendere al limite.

      Elimina
    3. O magari con parole più semplici: dopo un po' tutto viene a noia, vuoi altro. Non tanto la perfezione ma semplicemente qualcosa d'altro. Un filosofo parla anche di una specie di legge del contrasto: anche se tu hai ragione, e lo riconosco, lo stesso voglio provare qualcosa d'altro, anche a costo di rimetterci, di rompermi la testa. Vedi anche i contrasti figli-genitori. Questi ultimi hanno esperienza e vogliono solo il bene dei figli, invece questi sciocchi vogliono fare di testa loro e si mettono poi nei guai (e bussano poi lo stesso dai genitori per un aiuto). Ma è una legge naturale: io sono io e voglio fare come mi pare. Tentativi - legittimi - di affermarsi.
      Anche nell'arte è la stessa cosa: niente soddisfa o a lungo, si prova qualcosa d'altro. Anche l'attore più bravo e consumato, che ripete per la centesima volta una scena,
      cerca di innovare, di farla un po' diversa, e ci riesce pure, per la propria soddisfazione e del pubblico.

      Elimina
  3. Anselmo d'Aosta

    Passa un giorno, passa l'altro,
    arriviamo a sant'Anselmo
    che, filosofo assai scaltro,
    fece guerra, senza l'elmo,
    di argomenti ben munito
    all'incauto ed insipiente
    che in cuor suo affermar fu udito:
    "Il buon Dio non c'è per niente!"

    "Come! - disse quel d'Aosta -
    Così stolido argomento,
    costi pure quel che costa,
    gli rintuzzo in un momento;
    che se quello nel pensiero
    pensa un essere perfetto
    lo dimostra come vero
    per il solo averlo detto!"

    Ma un tal tipo, Gaunilone,
    - ed io penso sarà forse
    spirto di contraddizione -
    l'argomento gli ritorse
    e gli disse di rimando:
    "Ad un'isola del mare
    pensa ben, mi raccomando,
    e poi vammela a trovare!"

    Sant'Anselmo, assai piccato,
    s'infuriò con il perverso
    e sostenne difilato:
    "L'argomento mio è diverso:
    Dio è ben ciò di cui nessuno
    più perfetta abbia l'essenza,
    se lo può pensar qualcuno
    gli compete l'esistenza."

    L'argomento io lo lessi
    e lo dico come sta;
    forse può lasciar perplessi,
    ma ha una grande autorità.
    Un tal Kant Emanuello
    azzardossi ad attaccarlo
    ma con tutto il suo cervello
    riuscì appena ad intaccarlo.

    Quanto poi a quel di Jena,
    Hegel, dico, è risaputo
    che l'usò con grande lena
    per lo Spirito Assoluto.
    Puoi ben dire: "Ma ... però ,,,
    Questa cosa non mi pare ,..
    Cento talleri non ho
    anche se vi sto a pensare ..."

    Se uno crede in un pensiero
    dalla logica assoluta
    quando imbocca un tal sentiero
    la verifica è perduta.
    Ma tant'è, s'uno ti parla
    di una cosa non mai vista,
    meglio è dir di sì e piantarla:
    è un platonico idealista.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho dimenticato la fonte: Umberto Eco, Il secondo diario minimo, 1992

      Elimina
    2. Bellissima, non la conoscevo.
      E bravo l'Umberto...

      Elimina
  4. Autostima

    La scuola, l'educazione dovrebbero mirare a rafforzare l'autostima. Ovviamente una "giusta, corretta autostima". Io so fare certe cose, e anche bene, e merito dunque l'apprezzamento degli altri (ma senza vantarmene). Insomma, sono all'altezza, ci so fare e ciò mi procura anche la stima degli altri (e il sostentamento). O come dicono gli psicologi oggi: bisogna volersi bene, sapere di valere (per qualcuno, per la società). Se non ci vogliamo bene non possiamo volerne agli altri e siamo scontenti o persino infelici.
    La scuola e l'educazione però una volta erano in massimo grado repressive: ne uscivi con le ossa rotte, altro che autostima.

    Sì, bisogna saper fare alcune cose bene, possibilmente molto bene. Mi diceva mio zio: anche se vuoi fare il ciabattino devi puntare ad essere il meglio ciabattino della contrada. Così avrai sempre scarpe da risuolare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Mi diceva mio zio"

      Il succo di cio' che ti diceva tuo zio e' che per vivere bene in societa' non devi essere perfetto, devi essere solo migliore degli altri.
      Basta che superi un po' gli altri, e sarai stimato, se non venerato (e pure invidiato, pero').

      Se sarai invece fra i peggiori degli uomini (cosa che a qualcuno dovra' per forza capitare, nota bene, ma l'importante e' che non capiti a te che sei il nipote), per quanto sarai infinitamente migliore del migliore degli scimpanze', sarai disprezzato.

      Crudamente, se riesci a fare in modo che gli altri siano peggiori di te, sarai stimato, senno' sarai disprezzato.

      Gira e rigira, il senso e' questo, e sebbene impregnato di senso pratico, visto nella sua "sistematicita'", non mi pare un granche', neanche, anzi soprattutto, dal punto di vista etico sociale.

      Elimina
    2. "Crudamente, se riesci a fare in modo che gli altri siano peggiori di te, sarai stimato, senno' sarai disprezzato."

      Diceva qualcuno: "Cosa vuole la gente, cosa vogliamo tutti? Il successo." Il successo attira l'attenzione, l'ammirazione, la simpatia degli altri: è un soffio di vitalità. Con ricadute molto materiali (sicurezza, soldi, autorità). Sicuramente la nostra società e cultura fomenta questo desiderio di affermazione e successo (probabilmente inesistente nelle cosiddette società primitive in cui vigeva la necessità di soddisfare i bisogni primari e basta).

      Elimina
    3. << "Cosa vuole la gente, cosa vogliamo tutti? Il successo." Il successo attira l'attenzione, l'ammirazione, la simpatia degli altri: è un soffio di vitalità. Con ricadute molto materiali (sicurezza, soldi, autorità). >>

      E quindi una maggior possibilitò di procreazione.
      Perchè tutto viene da lì, dal piccolo genietto maledetto (scusate la fissa, ma devo farlo per obbligo morale...).

      Elimina
  5. OT

    Avete captato la notizia? Ieri sera, 7 settembre, un asteroide ha sfiorato la terra passando ad appena 40'000 km di distanza, un decimo della distanza terra-luna. È stato avvistato solo 24 ore prima. Diametro: dieci metri. Che danni avrebbe fatto un suo impatto con la terra? O si sarebbe interamente disintegrato nell'atmosfera? Certo che siamo esposti a tanti pericoli. E temo che il Padreterno e la Madonna non devierebbero il bolide, anche se li pregassimo. Ma poi perché dovremmo pregarli? Se ci vogliono così bene come dice Francesco dovrebbero intervenire spontaneamente, non farsi pregare, che diamine. Già Dante aveva afferrato il concetto:

    Donna, se' tanto grande e tanto vali,
    che qual vuol grazia e a te non ricorre,
    sua disianza vuol volar senz'ali.

    La tua benignità non pur soccorre
    a chi domanda, ma molte fiate
    liberamente al dimandar precorre.

    (Par. XXXIII, 13-18)

    Chi vuol davvero bene a qualcuno non si fa pregare, intuisce e
    "precorre" alle richieste di aiuto.
    Invece sono proprio i prepotenti che vogliono prima esser pregati.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Meteoroidi con un diametro tra i 5 e i 10 metri entrano nell'atmosfera terrestre mediamente una volta all'anno"

      vedo su wikipedia:
      https://it.wikipedia.org/wiki/Impatto_astronomico

      Elimina
    2. Leggi questo che e' bello
      https://it.wikipedia.org/wiki/Evento_di_Tunguska
      La cosa divertente e' che il luogo del cratere fu scoperto decenni dopo l'enorme esplosione, da tanto remoto era il luogo della siberia dove avvenne.
      A suo tempo comprai un libro scritto mi pare da un giornalista dell'unita', che accompagno' una missione scientifica dell'universita' di Bologna (Bologna non per caso, c'era ancora l'URSS...).
      Libro molto bello, anche per la descrizione dell'impatto con la burocrazia sovietica (che per far colpo su un italiano vuol dire che era proprio al di la' dell'immaginabile).

      Vediamo se lo trovo in libreria.
      Niente da fare e' sepolto sotto troppi strati, comunque e' questo:
      https://www.amazon.it/Tunguska-Unavventura-siberiana-risolvere-minacciano/dp/881786269X/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1473368003&sr=1-1
      Se lo trovo faccio i pdf.

      Elimina
    3. Ti immagini se ne arrivasse uno in italia o vicino all'italia? Accuse, rimpalli di responsabilita' e colpe all'infinito, alla ricerca di "chi di dovere" che non ha costruito prevedendo l'impatto (che prima o poi, si sa, sarebbe avvenuto...) e costruendo, o imponendo la costruzione, di edifici resistenti ai meteoriti.
      Ovvio, no?

      Elimina
    4. << imponendo la costruzione, di edifici resistenti ai meteoriti. >>

      Questa sarebbe bella davvero, ma in Italia anche le calamità naturali sono speciali.
      Speriamo che almeno le metoriti abbiano pietà di noi...

      Elimina
    5. Se lo trovo faccio il pdf.

      Fatto, se mi fate sapere come, ve lo faccio avere ;)

      Elimina
    6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

      Elimina
    7. Ho preso nota, cancella ora il messaggio sopra con l'email, che senno' ti spammano.

      Elimina
  6. Appena letto in un articolo del Giornale:

    "Per me On the Road, prima di essere il romanzo di formazione di uno scrittore, fu soprattutto una grande introduzione all'esperienza religiosa. On the Road insegnò a un ragazzino che non voleva più andare a Messa che la religione non è questione di preti e suore ma riguarda quel «di più» per cui la vita non ci basta mai, nulla ci soddisfa veramente, e nessun oggetto del desiderio risponde davvero alla domanda che ci urge, e della quale spesso ci vergogniamo. Grazie a On the Road non ho mai creduto nel successo, e nemmeno nei soldi e nel potere. In compenso, ho imparato a credere nella musica, nella poesia e nel mistero della bellezza."
    Luca Doninelli, scrittore (cattolico)

    Io il libro di Kerouac non l'ho mai letto. Trovo simpatici questi pensieri di Doninelli. Eccone uno che non ci ha mai tenuto al successo e ai soldi. Sarà vero? Non lo escludo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "scrittore (cattolico)"

      Interessante, dice piu' o meno le stesse cose, e pure lui laicamente, che abbiamo ipotizzato sopra.
      L'articolo intero e' qui:

      http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/romanzo-film-rivoluzione-beat-diventata-ordinaria-845557.html

      "per affermare la differenza tra «me» e non solo la mia famiglia ma il resto del mondo. Io ero, volevo essere una cosa speciale."

      http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaIJ/JUNG_%20L%20INDIVIDUAZIONE.htm

      QUi vedo che c'e' una abbondante biografia di Kerouac:

      https://it.wikipedia.org/wiki/Jack_Kerouac

      Elimina
    2. << Io ero, volevo essere una cosa speciale >>

      Se è per quello, speciali vorremmo esserlo tutti.
      Poi alcuni ci riescono (come lui, magari) ed altri no, ma non mi sembra un pensiero poi così originale...

      Elimina
    3. Che il processo di individuazione passi attraverso la differenziazione dall'altro da se' di solito appositamente considerato pozzo di nequizie allo scopo di inalzare se stessi a qualcosa di speciale, e' la base di ogni complottismo, grillismo, e piu' in generale di costruzione del capo espiatorio, che tiene insieme ogni gruppo umano, politico, sportivo, nazionale, familiare ecc.

      Il giochetto funziona finche e' inconsapevole, nel momento in cui se ne acquisisce consapevolezza, non funziona piu' e cominciano i problemi esistenziali che ad ognuno tocca risolvere, finalmente, da solo, guardandosi allo specchio.

      Elimina
  7. << Eccone uno che non ci ha mai tenuto al successo e ai soldi. Sarà vero? Non lo escludo. >>

    Caro Sergio, non conosco Doninelli ma, in effetti, penso che di gente che non tiene al successo ce ne sia molta.
    E lo dimostra il fatto che spesso, al successo, ci arriva gente del tutto inadeguata, che è riuscita a raggiungerlo solo perchè lo ha voluto fortissimamente ed ha avuto meno concorrenze di quanto meritava.

    Quanto invece all'indifferenza verso i soldi, mi permetto di avere parecchi dubbi.

    RispondiElimina