mercoledì 1 giugno 2016

Dura Lex, sed Lex

LUMEN – Abbiamo oggi con noi Bruno Leoni, uno dei più importanti politologi italiani del ‘900, che ringraziamo vivamente per la cortesia.
LEONI – Grazie a voi per avermi invitato.

LUMEN - Professor Leoni, una delle tutele più importanti dei cittadini contro l’arbitrio del potere è indubbiamente la certezza della norma scritta.
LEONI – In effetti, la concezione greca della certezza del diritto era quella di un diritto scritto. Essa si fondava sulla necessità principale di evitare prepotenze e tirannidi. Ma il ‘diritto scritto decretato’ non assicura certezza, perché può essere legalmente cambiato in ogni momento, il che impedisce di fare previsioni sulle proprie azioni future, non conoscendo in principio quale normativa allora sarà in vigore.

LUMEN – Questo è vero.
LEONI - Proprio per questo i greci avevano sviluppato complessi sistemi per evitare modificazioni precipitose delle norme. In questa prospettiva, tutti gli ordinamenti fondati sulla legislazione ‘decretata’ dovrebbero essere considerati ordinamenti a breve termine, perché nulla esclude che domani la legge venga cambiata.

LUMEN – Quindi il problema è più complesso di quello che sembra.
LEONI – E non da oggi. In altre epoche storiche, la sensibilità per la certezza del diritto sul lungo periodo era ben maggiore. I Romani accettavano e applicavano un concetto di certezza del diritto molto stretto, nel senso che il diritto non doveva mai essere soggetto a cambiamenti improvvisi e imprevedibili. In più, il diritto non doveva mai essere subordinato alla volontà o al potere arbitrario di qualsiasi assemblea legislativa e di qualsiasi persona, compresi i senatori e gli altri magistrati importanti dello stato.

LUMEN – Qualcosa di simile, se non sbaglio, valeva anche in Inghilterra.
LEONI - Secondo il principio inglese della ‘rule of law’, che è strettamente intrecciato con tutta la storia della ‘common law’, le norme non erano propriamente il risultato dell’esercizio della volontà arbitraria di uomini particolari. Esse sono oggetto di una indagine spassionata da parte delle corti di giustizia, proprio come le norme romane erano oggetto di una ricerca spassionata da parte dei giuristi romani cui le parti sottomettevano le loro cause.

LUMEN – Alla libertà giuridica finisce poi per associarsi, inevitabilmente, anche la libertà economica.
LEONI – Se ammettiamo che la libertà individuale negli affari, cioè il libero mercato, è uno dei caratteri essenziali della libertà politica concepita come assenza di costrizione esercitata da altri, autorità comprese, dobbiamo anche concludere che la legislazione in questioni di vita privata è fondamentalmente incompatibile con la libertà individuale. E la certezza del diritto consiste sempre nel continuo fluire della produzione giurisprudenziale e non nella decretazione di un legislatore, per quanto ottimamente motivato.

LUMEN – Quindi un flusso dal basso e non dall’alto.
LEONI – Esattamente. Purtroppo la libertà individuale in tutti i paesi occidentali è stata gradualmente ridotta negli ultimi cent’anni, e questo non soltanto - o non principalmente - a causa di abusi e usurpazioni da parte di funzionari che agiscono contro la legge, ma anche perché la legge - cioè la legge scritta - autorizza i funzionari a comportarsi in modi tali, che la legge precedente avrebbe giudicato come una usurpazione di potere e un abuso nei confronti della libertà dei cittadini.

LUMEN – Quindi, anche il principio della legge scritta non è sufficiente a garantire la libertà.
LEONI – In effetti il vero attentato alla libertà risiede nel processo di legislazione, fondato sul mito della rappresentanza e della maggioranza. Se si considera che in una società democratica nessun processo legislativo ha luogo senza dipendere dal potere del numero, si deve concludere che probabilmente questo processo è in molti casi incompatibile con la libertà individuale. Il voto implica una forma di coercizione, e la decisione politica si raggiunge con una procedura che implica coercizione. Il votante che perde, fa inizialmente una scelta, ma alla fine deve accettarne una da lui precedentemente rifiutata: il suo processo decisionale è stato rovesciato.

LUMEN – Ma come si può fare a meno del principio di maggioranza ?
LEONI - All’inizio, il principio di rappresentanza non implicava necessariamente che la decisione del gruppo dei rappresentanti potesse essere adottata a maggioranza: una cosa è la rappresentanza, una cosa è la decisione a maggioranza. L’idea di un nesso fra rappresentanza e regola di maggioranza si fece strada nella sfera politica tramite i concili ecclesiastici che la trassero dal diritto delle persone giuridiche; ma anche nella Chiesa i canonisti ritenevano che le minoranze avevano certi diritti innegabili e che le questioni di fede non potessero essere decise con semplici maggioranze.

LUMEN – Certo, pensare che i dogmi di fede possano essere decisi a maggioranza fa veramente sorridere. Ma proseguite, vi prego.
LEONI – In effetti, molti autori hanno messo in luce la forzatura insita nel consentire la decisione a maggioranza nelle assemblee di rappresentanti. John Stuart Mill, per esempio, affermava che «L’elezione popolare, così praticata, invece di essere una garanzia contro il malgoverno, è solo una ruota addizionale del suo ingranaggio».

LUMEN – Addirittura. E dunque ?
LEONI - Dunque, nessun sistema rappresentativo basato su elezioni può funzionare bene, ove le elezioni siano tenute allo scopo di raggiungere decisioni collettive tramite la regola di maggioranza o qualunque altra regola il cui effetto è di coercire la parte perdente dell’elettorato. Perciò i sistemi ‘rappresentativi’ come di solito concepiti, in cui elezione e rappresentanza sono connesse, risultano incompatibili con la libertà individuale, nel senso di libertà di scegliere, autorizzare e istruire un rappresentante.

LUMEN – Sembra un paradosso.
LEONI - In buona sostanza, il sistema della rappresentanza e della decisione a maggioranza dissimula un sistema di selezione delle elites, in competizione per la leadership in un dato momento storico. Ovviamente, poi, la legislazione dettata dalla elite al governo costituisce il diritto di tutti (per il tempo che dura). Ma se non si evidenzia tale passaggio, si corre il rischio di considerare corretta ogni normativa, purché adottata in ossequio alla procedura di formazione della legge.

LUMEN – E questo dove potrebbe portare ?
LEONI – Potrebbe condurre alla distruzione globale della libertà individuale di scelta, nella politica, come nel mercato e nella vita privata, perché il punto di vista giuridico contemporaneo comporta una sempre maggiore sostituzione delle decisioni collettive alle scelte individuali, e l’eliminazione progressiva degli aggiustamenti spontanei, non solo fra domanda e offerta, ma anche fra ogni tipo di comportamento, attraverso procedure rigide e coercitive come quella della regola di maggioranza.

LUMEN – Una prospettiva a cui non viene facile pensare.
LEONI – Intendiamoci. Non è che dovrebbe essere abolita tout court la democrazia rappresentativa; ma, una volta preso atto che nel nostro tempo l’estensione dell’area in cui sono ritenute necessarie decisioni collettive è stata fortemente sovradimensionata, si dovrebbe ridurre il più possibile le decisioni collettive all’alveo strettamente essenziale.

LUMEN – Ma, in concreto, cosa si dovrebbe fare ?
LEONI - Questa grande rivoluzione passerebbe necessariamente per una costituzione che privilegi l’area della legge non scritta rispetto a quella della legge scritta; che concepisca la certezza del diritto come certezza a lungo termine; che cauteli il potere giudiziario separandolo il più possibile dal potere esecutivo. e che quindi riconosca la giurisprudenza come fonte principale di diritto.

LUMEN – Quindi una volontà comune da intendersi in senso lato.
LEONI – In effetti, il termine ‘volontà comune’ ha un significato molto più ampio e convincente di quello adottato dai sostenitori delle decisioni collettive. E’ la volontà che emerge dalla collaborazione di tutte le persone interessate senza ricorso alle decisioni di gruppo e ai gruppi di decisione. Le decisioni collettive possono corrispondere ad una volontà comune - e quindi possono essere legittimamente adottate – solo quando possiamo presumere che l’oggetto di quelle decisioni sarebbe approvato, in circostanze simili, da tutti i membri del gruppo, compresi i membri di minoranza che al momento ne sono vittime.

LUMEN – E se questo non è possibile ?
LEONI - In tutti gli altri casi, la volontà comune deve emergere, come abbiamo detto, dalla formazione del diritto in sede giudiziaria, secondo i canoni per secoli adottati nel diritto romano classico e nella ‘common law’ inglese.

LUMEN – Sembra più facile a dirsi che a farsi.
LEONI – Non è detto. Storicamente, i periodi più fecondi della civiltà occidentale sono stati quelli in cui il diritto è sorto “dal basso”, attraverso l’anonima e secolare stratificazione di decisioni giurisprudenziali e che le opere di codificazione (Giustiniano, Napoleone) si sono limitate a cristallizzare quello che era il diritto pretorio al momento della codificazione.

LUMEN – Questo è vero.
LEONI - Il problema nacque nel XIX secolo, quando il fatto che nei codici e nelle costituzioni originari il potere legislativo si limitasse a compendiare un diritto che non aveva decretato, fu gradualmente dimenticato o considerato di poco conto a paragone del fatto che sia i codici sia le costituzioni erano state emanate da corpi legislativi, i cui membri erano i ‘rappresentanti’ del popolo.

LUMEN - E si trattò, in effetti, di un cambiamento epocale.
LEONI - Ci si deve dunque liberare dall’idea platonica per cui la libertà coincide con l’ambito di operatività della legge scritta: tale conclusione è valida solo se l’unica alternativa alla legge scritta è l’arbitrio di un tiranno. Ma questa alternativa non è l’unica né, forse, la più importante.

LUMEN – Una conclusione ineccepibile. Grazie professore, siete stato davvero illuminante.
LEONI – Illuminante per chi vuol vedere. Purtroppo le cose sembrano andare per una strada diversa. E la libertà dei cittadini appare sempre più limitata.

LUMEN - Come avete ragione !

56 commenti:

  1. Ottima sintesi, di un argomento tabu' per la nostra cultura politica, che e' sempre oscillante fra forme diverse di dittatura, piu' o meno mascherata.

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  2. Infatti, per poterne parlare, ho dovuto andare a cercare un personaggio un po' datato, ed ormai quasi dimenticato tra i non addetti ai lavori.
    Sarà un caso ?

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  3. Ma la dittatura è davvero e sempre esecrabile? Cincinnato fece bene il suo lavoro di dittatore. Però Tacito aggiunge una cosa importante: "dictaturae ad tempus sumebantur". In tempo di guerra la democrazia è abolita. E adesso non siamo per caso in guerra? Ma dov'è un Cincinnato? Lo è forse Draghi che continua a stampare biglietti di banca falsi, come Totò? È un bel dilemma. Il fatto che la democrazia sia il migliore dei peggiori sistemi - perché permette un avvicendamento incruento delle fazioni in lotta e il funzionamento dello Stato - è sì ragione valida, ma con qualche o parecchie riserve.

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    1. L'articolo spiega che la nostra democrazia unita al principio maggioritario, e dotata nei suoi rappresentanti di licenza di decretare la legge, e' gia' una dittatura.

      Secondo Toqueville ad un certo punto il popolo, che e' composto anche da minoranze, stanco della dittatura della "maggioranza", per spirito di giustizia, preferisce sottoporsi ad un unico dittatore "vero", che tratti tutti male ma allo stesso modo, maggioranza e minoranze.

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  4. @ Sergio

    Probabilmente, il despota illuminato è il governante più efficiente, ma come si fa a controllarlo se degenera (o se il figlio è un pazzo o un demente) ?
    La mediocrità e la farraginosità della democrazia, invece, mentre ci impediscono i picchi positivi, ci salvano anche dai picchi negativi.
    Una specie di aurea mediocritas.

    @ Diaz
    Bella l'affermazione di Toqueville.
    In effetti l'invidia sociale è un motore potentissimo nel guidare le scelte politiche di gran parte della popolazione.
    Peccato che anche il dittatore finisca ugualmente per creare delle minoranze privilegiate, avendo bisogno di elites che lo aiutano a governare.
    Ma se i privilegiati sono pochi, forse, la gente li sopporta meglio.

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    1. "Peccato che anche il dittatore finisca ugualmente per creare delle minoranze privilegiate"

      Non c'e' dubbio, e se osserviamo gli avvenimenti correnti e del recente passato (diciamo l'ultimo secolo), tutti i dittatori o aspiranti dittatori hanno chiesto di andare al potere con la promessa che, se gli avessimo dato carta bianca, avrebbero "fatto giustizia".

      Funziona se tutti credono che quel "fare giustizia" vada a loro vantaggio, i piu' bravi degli aspiranti dittatori sono infatti quelli piu' ambigui, che riescono a far credere ad ognuno di agire nel suo interesse.

      Mussolini, Berlusconi, Grillo, Renzi, ognuno in grande o in piccolo eccelle in questa che si puo' riassumere come "capacita' di seduzione". Il seduttore e' un campione nell'illudere le sue vittime.

      Proprio oggi litigavo con un amico sul referendum costituzionale: secondo molti l'importante e' cambiare per dare un segnale che si rifiuta l'andazzo corrente, non importa se per andare in peggio... e quel ch'e' peggio questo lo chiamano ragionare.


      Come forse hai letto l'interessantissimo "la liberta' e la legge" di Bruno Leoni per scrivere l'articolo corrente (Leoni che era un filosofo del diritto, piu' che un politologo), ti consiglio, se ti manca, "la democrazia in america" di tocqueville, un grande libro scritto con suprema eleganza e chiarezza, piacevolissimo da leggere nonostante la mole (altro che Severino, Sergio...)

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    2. E te credo che sarà meglio de Severino! Sarà perché - incredibile - non l'ho ancora letto pur essendomi promesso molto da questa lettura. Prima o poi verrà anche il turno di La démocratie en Amérique. Questo Tocqueville ha un grande appeal, sembra, lo consigliava persino Rosy Bindi. E pensare che possiedo tutte le opere. Mi attrae anche L'ancien régime et la Révolution. Uno dei pochi che non si è lasciato infatuare dalla rivoluzione replicando con una pacata riflessione. Secondo Tocqueville l'ancien régime sarebbe crollato da solo per estenuazione, non c'era bisogno dell'orgia di sangue.

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    3. Sul crollo dell'ancien regime vi raccomando: Gaxotte, Pierre - La rivoluzione francese - 1970

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    4. Veramente interessante questo Gaxotte che sembra essere un fiero avversario della Rivoluzione. Da giovane ero de sinistra, sociaista anzi comunista, giacobino, l'autore di riferimento era Michelet. Lo ero ancora nel 1989, nel bicentenario della Rivoluzione, e mi piacque immensamente il fantastico film di oltre cinque ore sull'evento (Les années Lumière - La terreur) che sicuramente piacque molto anche a Mitterand. Mi irritava Furet che affermava che Michelet non aveva capito niente della rivoluzione francese. Venne poi anche di Furet Le passé d'une illusion che piacque a Colletti, ormai da tempo un ex. L'illusion era il comunismo, "ideale" ormai tramontato. Ma mai dire mai. Il comunismo è destinato a ritornare - purtroppo (dico oggi). Perché i grandi numeri (dieci e passa miliardi di esseri umani) imporranno restrizioni e regolamentazioni, insomma quell'organizzazione razionale vaticinata da Capanella nella sua Città del Sole e ripresa poi dal comunismo. Città del Sole bellissima e - orrenda (puoi solo desiderare di fuggirne nonostante assicuri vitto, alloggio e giochi (!) a tutti. Oggi la Rivoluzione per antonomasia mi sembra soprattutto oscena per la sua barbarie. Personaggi come Marat e Robespierre sono veramente odiosi (nessun monumento e piazza sono stati loro dedicati, al contrario di Danton, corrotto ma anche umano e persino simpatico).
      Ma che mi dici di Burke - definito l'anima nera della reazione da parte di una pasionaria italiana contemporanea de sinistra?

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    5. "Il comunismo è destinato a ritornare - purtroppo (dico oggi). Perché i grandi numeri (dieci e passa miliardi di esseri umani) imporranno restrizioni e regolamentazioni, insomma quell'organizzazione razionale."

      Notare che "comunismo", in questo caso, e' perfettamente interscambiabile con "fascismo". Il problema delle "organizzazioni (troppo) razionali" e' che crollano invariabilmente per contraddizioni interne. Forse perche' cercano di piegare l'ambiente ai loro bisogni allargandosi sempre di piu', creando cosi' i presupposti per la loro implosione: perche' perdono la capacita' di adattarsi all'ambiente, da loro stesse modificato. L'organizzazione che tu prefiguri avrebbe con ogni probabilita' questa caratteristica. Anzi, la sta gia' avendo! Lo Stato e la societa' iper-burocratici in cui viviamo hanno come primo ufficio l'irrigidimento sempre maggiore della struttura nella ragnatela delle interrelazioni sempre piu' complesse.

      "la Rivoluzione per antonomasia mi sembra soprattutto oscena per la sua barbarie"

      Secondo il Gaxotte si e' scatenata per un problema di eccesso di tassazione, giunta, nei paraggi della rivoluzione, a livelli francamente vessatori. Tassazione da situazione di pre-collasso dello Stato. Ricordiamo che il "terzo stato" era l'unico che contribuiva attivamente, e lo sarebbe stato anche se la tassazione fosse stata estesa ai primi due, essendo nel loro caso solo un "giroconto". Lavoisier, uno dei padri della chimica, fu giustiziato perche' di mestiere faceva il gabelliere, sinecura che all'epoca se non erro si acquistava per la rendita senza fine che poi avrebbe generato. Nei momenti di massima ferocia, con le teste tagliate ci giocavano a palla. Ci sono delle pagine descrittive sul Le Bon (la psicologia delle folle) che dovrebbero far rabbrividire i nostri contemporanei rappresentanti dello stato e dipendenti pubblici.

      Riguardo alla previsione del futuro, sono incerto fra una situazione di carestia e pestilenza ricorrente tipica del 1300, oppure di rivolta violenta contro lo Stato vessatore tipica della fine del 1700.

      Burke lo conosco solo di nome, grazie della segnalazione, ho appena letto la pagina a lui relativa in wikipedia, e vedo che qualcosa si trova sul mulo.

      Mi pare stranamente obiettiva questa pagina, del neomarxista e odiatore di Popper, Fusaro:
      http://www.filosofico.net/burke.htm

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    6. << Oggi la Rivoluzione per antonomasia mi sembra soprattutto oscena per la sua barbarie. >>

      Caro Sergio, tutte le rivoluzioni armate sono sempre state barbare ed oscenamente violente.
      In queste situazioni, purtroppo, l'umanità da il peggio di se stessa.
      Però poi, a livello storico, vengono ricordate per le loro conseguenze.
      E la Rivoluzione Francese, da questo punto di vista, non è proprio da buttar via.

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    7. "E la Rivoluzione Francese, da questo punto di vista, non è proprio da buttar via."

      Ma va'! È finita con Napoleone che si è fatto incoronare imperatore e ha insanguinato l'Europa per un quindicennio. Però ho qualche simpatia per questo geniaccio che non si può paragonare a Hitler come fa qualcuno ("un macellaio" dice il buon teologo Drewermann). Per Hegel era lo Spirito del mondo a cavallo (lo vide passare dalle sue parti) e anche Goethe nutrì e conservò simpatia per lui (tradusse in tedesco il Cinque maggio manzoniano). Era un vulcano, leggeva e scriveva, anche romanzi. Lesse sette volte il Werther goethiano che giudicò però un libro malsano (tanti giovani imitarono Werther suicidandosi), lo disse anche a Goethe quando lo incontrò. Sognava l'Unione Europea senza confini interni (ma probabilmente a guida francese). Esiste una sua sterminata corrispondenza. Ma forse il suo miglior lascito e il Codice napoleonico.
      Ma per tornare alla Rivoluzione: che schifo! Altro che liberté, égalité, fraternité. Oggi poi l'égalité mi sembra più una iattura, e la fraternité fa ridere. Ma quale fraternité, alla larga! Cordiali rapporti sono più che sufficienti per una gradevole convivenza. La solidarietà non si può imporre, puoi chiederla o invocarla, ma se la imponi (leggi tasse) si dissolve.

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    8. << Ma forse il suo miglior lascito e il Codice napoleonico. >>

      Condivido senza dubbio.
      I suoi esperti hanno fatto (per l'epoca) un ottimo lavoro.

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  5. A proposito del prossimo referendum costituzionale, non sono ancora riuscito a capire perchè Renzi sia così convinto di vincere, da averne fatto una sfida personale.
    Sul web, e tra i conoscenti, leggo quasi solo opinioni contrarie ed anche ammenttendo che Renzi abbia a favore la Rai ed i giornali di regime (e magari anche Mediaset se riesce ad accordarsi con B.) me la vedo dura comunque.
    Perchè è vero che non ci sarà il famigerato quorum, ma chi vota NO è molto motivato ed andrà sicuramente a votare, mentre chi è a favore del SI potrebbe restare più indifferente.
    Vedremo.

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    1. Renzi ragiona da sindaco diventato presidente del consiglio. I sindaci hanno MOLTO piu' potere di un presidente del consiglio, anche potere politico, possono ad esempio licenziare l'intera giunta comunale per ricomporne un altra, senza obbligo di passare attraverso un confronto elettorale. Mentre se il sindaco si dimette, l'intera giunta va a casa e si va obbligatoriamente ad elezioni.
      Il presidente del consiglio, essendo capo dell'esecutivo, in fin dei conti non ha altro potere se non quello di far applicare la legge. Ma piu' che un potere e' un dovere. Per il sindaco Renzi questo e' incomprensibile. Effettivamente quello che si prepara e' un rovesciamento istituzionale, del potere esecutivo che tende a prevalere sul legislativo. Una forma di tirannia, in effetti.

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    2. Se il potere quasi dittatoriale dei sindaci sta portando al collasso per eccesso di spesa e normazione a livello locale il paese, figuriamoci cosa succedera' se anche ai vertici dello Stato verra' meno ogni garanzia e contrappeso di potere a garanzia della liberta' del cittadino, Stato fra i cui vari uffici dovrebbe esserci anche quello di proteggere il cittadino dalla vessazione arbitraria del potere locale: perche' contrariamente al luogo comune corrente, il potere locale, quello vicino al cittadino, e' molto piu' vessatorio del potere centrale e lontano. Infatti ad essere aumentata a dismisura, appena hanno avuto il via libera da parte dello Stato centrale, e' stata sia la spesa che la tassazione locale. Oppure hanno cominciato a girare cartelli tipo "e' vietato contrattare prestazioni sessuali sull'intero territorio comunale", in spregio della (vera e unica) legge nazionale.

      Se facessero una riforma della costuituzione aggiungendo un solo articolo, che la tassazione totale, intesa anche come spesa obbligata dalla normazione, non puo' in nessun caso superare il 50 per cento del reddito complessivo di un cittadino, andrei a votarla di corsa.

      Ma la riforma corrente afferma esplicitamente di voler ottenere esattamente il contrario: piu' mano sciolta e arbitrio del potere.

      Boh.

      Il problema e' che un'intera generazione di italiani e' cresciuta a giustizialismo sommario Santoro-Grillo-Gabanelli, mentre la generazione precedente voleva fare la rivoluzione sovietico-maoista. E quella ancora prima era stata educata dal fascismo. E' probabile che in una riforma del genere tutte e tre si riconoscano perfettamente: si illudono che, una volta reso piu' forte il potere, poi saranno loro a controllarlo e, soprattutto, usufruirne. Gli unici che ricordano ancora l'esperienza fascista come negativa, sono quelli che, non contenti dell'autoritarismo fascista, avrebbero voluto, e vogliono, il totalitarismo, che in mancanza di meglio gli va bene anche sotto forma di dittatura di una maggioranza molto relativa.

      Tu Lumen devi conoscere gente molto particolare, quelli che conosco io, che SONO QUASI TUTTI LAUREATI, non si tratta solo del "popolo", vanno dal "cambiamento che va approvato in ogni caso in quanto valore in se'", al "e' giusto che chi vince governi a mani libere senza lacci e lacciuoli". Hai capito, e' il potere che non deve avere lacci e lacciuoli. Questa e' la loro "cultura democratica". Probabilmente troppi film holliwoodiani e troppo antiamericanismo fideistico-superstizioso, gli hanno fatto credere che negli Usa il potere legislativo sia del presidente, e non sanno quanto invece sia inferiore il potere, non solo dell'esecutivo ma anche del legislativo, rispetto a quello che c'e' in italia, sul cittadino americano medio. Il potere dello Stato in Usa si rivolge verso l'esterno, per proteggere e arricchire il cittadino americano, all'esatto contrario che in italia.

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    4. < Tu Lumen devi conoscere gente molto particolare >>

      Può darsi; sicuramente ogni persona ha un suo giro particolare di conoscenze.
      Le mie sono fatte per la maggiro parte di gente che ha certa simpatia per i 5 Stelle o comunque una forte antipatia per Renzi.
      Però, in effetti, potrebbero non essere un campione rappresentativo.

      << quelli che conosco io (...) vanno dal "cambiamento che va approvato in ogni caso in quanto valore in se'", al "e' giusto che chi vince governi a mani libere senza lacci e lacciuoli" >>

      Questo in effetti mi stupisce di meno.
      E provo a cavarmela citando due grandi come Machiavelli e Montanelli (vado a memoria, perchè non trovo più le citazioni precise).

      Il primo diceva che << gli uomini vogliono sempre cambiare, e siccome poi sono di nuovo scontenti, vogliono cambiare ancora >>

      Montanelli invece diceva che << Mussolini era amato perchè incarnava l'ideale degli italiani: un dittatore a cui disobbedire >>.

      (Ovviamente, se trovate le citazioni giuste mi fate una cortesia).

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  6. "Montanelli invece diceva che << Mussolini era amato perchè incarnava l'ideale degli italiani: un dittatore a cui disobbedire >>"

    Ha dimenticato "e a cui pero' debbano ubbidire tutti gli altri."
    Montanelli, in particolare, compreso, che non per nulla si autodefiniva un anarchico conservatore ;)

    Questo modo infantile di vedere la societa' e il potere e' in effetti il piu' diffuso, per ironia della sorte in particolare in quelli che, non sapendo nulla di storia, e quindi condannati a ripeterla, credono di essere all'avanguardia, ultimi i grillini. Secondo Guerri e' perche' siamo stati educati alla obbedienza superstiziosa e all'irresponsabilita' da secoli di dominio ecclesiastico, e col decadere della chiesa abbiamo cercato e trovato un nuovo padrone nel partito fascista prima e in quello comunista poi, sempre in uno Stato-Mamma. Tuttora miei amici frequentatori di chiese sostengono che la cultura fa male, e l'ignoranza va incoraggiata. Sottintendono che con l'ignoranza, mancando la consapevolezza del male, si e' tutti innocenti, loro evidentemente per primi. Ma forse no. Resta da scoprire da chi abbia raccolto l'eredita' il dominio ecclesiastico, che peraltro durante il medioevo non si sognava neppure lontanamente di dirigere le vite come fa adesso lo Stato Totalitario Moderno. Nel vecchio codice ecclesiastico medievale ad esempio non vigeva il principio di maggioranza, bensi' quello di unanimita', che ha intrinsecamente, filosoficamente, molto maggiore rispetto della persona-individuo. Questo l'ho trovato nel Ruffini - "Il principio maggioritario", comprato per caso ad una fiera del libro in supersconto (perche' costava poco)

    Tutto sommato pero' anche l'incolpare la chiesa cristiana di tutti i nostri attuali mali sociali e' sbagliato: il principio che lo stato-nazione conta e l'individuo no, e' prettamente romano, non cristiano, e anzi la sua negazione e' una delle cose che forse hanno messo in crisi la romanita', il cui potere sopra gli altri, come sempre, risiedeva nel perfetto funzionamento, a mo' di macchina superorganizzata, dello Stato. I cristiani si rifiutavano di riconoscere nell'imperatore un'autorita' maggiore della loro coscienza, e anche per questo vennero perseguitati. Ma visto che commentiamo Leoni, forse i cristiani si rifacevano maggiormente al diritto romano antico di cui parla Leoni, quello per cui il diritto romano era inscritto nel cuore di ogni singolo cittadino, da cui il "vox populi, vox dei". Tutt'oggi, e' normale sentire nelle prediche che la chiesa e' la comunita' dei cristiani, e che la volonta' e la legge di Dio sono naturalmente iscritte nel cuore di ogni uomo (e quindi la Legge e' tutt'altro che "decretata" nottetempo da un parlamento di imbecilli rappresentanti di quasi nessuno, che devono far quadrare i conti dopo averli dissestati).

    A proposito, ascoltando Barbero che parla di storia antica, ho scoperto che i soldati romani assoldati, com'era normale, fra i "barbari" durante l'impero, acquisivano la agognata cittadinanza per loro e i loro discendenti dopo 25 anni di servizio militare, durante i quali era obbligatorio il celibato...

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    1. << i "barbari" durante l'impero, acquisivano la agognata cittadinanza per loro e i loro discendenti dopo 25 anni di servizio militare, durante i quali era obbligatorio il celibato... >>

      Molto interessante, non lo sapevo.
      L'impegno, in effetti, era notevole, ma evidentemente il premio finale era considerato talmente importante da giustificarlo.

      A parte che poi, per un soldato dell'epoca, l'obbligo del celibato aveva conseguenze solo giuridiche (legate all'eredità ed alla legittimità dei figli): non mancavano certo le fanciulle, nei vari angoli dell'impero, per soddisfare certe... esigenze.

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    2. Esatto.
      Sono veramente interessanti le conferenze di alessandro barbero che si trovano su youtube, ha il dono di tenere l'ascoltatore col fiato sospeso. Oltre ad aggiornare sulle ultime intepretazioni storiche, le presenta, almeno apparentemente, in modo tale che si possano trarre conclusioni autonome se inserite nel proprio contesto culturale. Dunque, ottimo. Oppure mefistofelico. Salvo contrordini:-)

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  7. Folgorante il post di oggi di Alberto Bagnai.
    Un po' Off Topic, ma nemmeno poi troppo.

    << Le élite dell'età moderna hanno due problemi connessi, uno economico, e l'altro militare. Di quello militare parlava qui uno di voi tempo addietro: "come dare armi ai poracci perché combattano le nostre guerre imperialiste, senza che questi le rivolgano verso il loro nemico, cioè noi?"
    E la soluzione è stata la creazione di un nemico "esterno", cioè, se volete, dell'identità nazionale.

    L'altro problema è: "Come dare un po' di soldi ai poracci perché li usino per comprare i beni che produciamo, senza che questi rivolgano il loro benessere contro di noi, acquisendo consapevolezza e chiedendo una parte equa del prodotto nazionale?"
    E la soluzione è stata la distruzione della classe media, attraverso la distruzione dell'idea nazionale.

    Insomma, le élite hanno un grosso problema, che è sempre quello: tirare la coperta della distribuzione del reddito dalla parte loro. E il problema ha una radice complessa coniugata. La parte immaginaria (la nazione) ha segno positivo quando devi mandare la borghesia a combattere le tue guerre imperialiste per accrescere i tuoi profitti a spese della domanda delle borghesie altrui, e segno negativo quando la tua borghesia acquisisce identità e coscienza e vuole la sua parte della torta.
    Tutto quanto ci sta succedendo è leggibile in termini di questo impossibile equilibrio. Ora siamo nella fase in cui ci disarmano e usano mercenari per gestire la domanda degli emergenti. >>

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    1. Folgorante? Non ci ho capito quasi niente, come sempre quando leggo Bagnai (perciò non lo leggo più, e anche questa esternazione non m'illumina - d'immenso). Forse Bagnai è un genio e presume che i suoi interlocutari lo siano anche loro (naturalmente un po' meno geni di lui, se no non avrebbero bisogno di chiedere lumi al genio Bagnai). Per me è frustrante. Abbasso Bagnai.
      Per es. l'identità nazionale, ovvero nemico esterno, creata dalle élite per combattere le guerre imperialiste? Davvero? Mah!
      Anche l'altra storia non mi sembra così evidente (dare soldi ai poracci perché comprino i beni dei produttori ma senza acquisire consapevolezza ecc.). Sì, forse.
      E cosa significa "acquisire la parte equa del prodotto nazionale"? Cos'è la parte equa? Chi la stabilisce? Lo Stato, i lavoratori in seduta plenaria continua, il sindacato?
      Flores d'Arcais parla di una "grande redistribuzione della ricchezza" che è naturalmente prodotta dai lavoratori (i poracci?) assunti, istruiti, retribuiti dagli imprenditori (alias élite parassitarie?). Mi sa che Arcais pensi a una grande opera di espropriazione, come lo conosco ha di mira Berlusconi e i berluscones (grazie ai quali può stampare la sua raffinata rivista e scrivere libri semi illeggibili).

      Il diritto internazionale cogente vieta lo schiavismo, la tortura e la pena di morte (e forse qualche altra cosetta).
      Ma l'imprenditore - nell'ottica di un Arcais o dei giovani socialisti nostrani o del Manifesto e di Vendola - non è uno schiavista? Sfrutta infatti i lavoratori, si arricchisce grazie a loro? Corsi e ricorsi della storia. Pensavo che il comunismo fosse finito e invece rieccolo.

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    2. Però - come già più volte osservato - una società (nazionale o planetaria) senza l'ossessione della crescita e dell'accaparramento delle risorse e quindi più o meno stazionaria sarà anche più egualitaria, socialista o socialisteggiante se non proprio comunista. Piccole differenze saranno possibili, sono anzi ineliminabili e persino necessarie (a meno d'immaginarsi una società perfetta, stabile, senza più alcun progresso - cosa in effetti inimmaginabile).

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    3. Folgorante? E' marxismo-leninismo nella sua versione piu' classica, con spuzzate di nazionalismo proletario: cioe' fascismo, puro. I nostri comunisti, avendo cancellato la parte della storia del '900 relativa al "ventennio", quando ci ricascano dentro nemmeno se ne accorgono.
      E questi sarebbero quelli colti.
      Una volta su scenari economici l'ho fatto notare, e quel furbone di Rinaldi s'e' incazzato come una jena: come mi permetto eccetera, a lui che ha il certificato antifascista.
      Io a vedere che quelli che hanno combattuto a parole il fascismo per tutta la vita e poi ci ricascano dentro senza nemmeno accorgersene, me al rido alla grande.
      Non sanno quello che dicono. O meglio, nemmeno quello che pensano.

      Se quelle posizioni sono condivise da Le Pen, Haider, Lega Nord ultima serie, ci sara' un motivo, no?

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    4. "una società (nazionale o planetaria) senza l'ossessione della crescita e dell'accaparramento delle risorse"

      Siceramente mi pare che questa ossessione piu' che la societa' ce l'abbia lo Stato, con la sua politica economica basata sulla moneta-debito, politica intrinsecamente destinata a fallire e portarsi dietro lo Stato stesso in caso di mancata crescita, o meglio crescita inferiore al tasso di interesse.

      Quando la nuova moneta viene sistematicamente emessa a prestito con un saggio di interesse, il sistema non crolla solo se la "crescita" supera quel tasso di interesse. Altrimenti il debito cresce sempre di piu', fino al botto. Non solo, ancora piu' importante e' che tale emissione di moneta-debito costringe intrinsecamente i percettori del "prestito" a crescere piu' del saggio di interesse, pena il fallimento e l'esclusione sociale. Cosa stiamo a dire, quindi... secondo me la crescita vertiginosa degli anni di politica keynesiana, in cui il debito e' sistematicamente cresciuto, e la tassazione pure, fino ai livelli tragicomici di adesso, e' dovuta anche a questo. La ggente aveva l'incudine del debito e dell'interese appesa alle palle.

      Ci sono delle elucubrazioni economiche interessanti, fra le tante, anche su questo sito, un po' meno positivista-marxista della media (cioe' un po' meno basato sulla sola teoria meccanicistico-pavloviana dello stimolo-risposta, intendo, e un po' piu' "umano"):

      https://thewalkingdebt.org/2016/06/08/le-metamorfosi-delleconomia-un-nuovo-benessere/

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    5. Un altro sito interessante e "umano" mi pare questo:
      http://www.laconfederazioneitaliana.it/

      Notare che entrambi fanno molto riferimento alla BRI svizzera, la banca dei regolamenti internazionali, la "banca delle banche", che sembra allevare al suo interno personaggi con apertura umanistica e filosofica alle questioni, e che non siano solo calcolatrici, o meglio registratori di cassa umani, qualsi mi pare siano tutti i coglioncelli economisti piu' noti, a tutti i livelli.

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  8. Cari amici, comprendo le vostre peplessità sul personaggio, ma le affermazioni di A.B. sulla gestione del "nazionalismo" non mi sembrano così campate per aria.

    O forse il pezzo è piaciuto a me, perchè parlava delle "famigerate" elites, delle quali solo ora (in non più verde etate), sono riuscito a comprendere il ruolo fondamentale sul corso della storia (e dell'economia, e della cultura, e della politica, ecc. ecc.).

    Certo è che, si parli di fascismo o di marxismo (o di capitalismo), sempre con delle elites si finisce per avere a che fare.

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    1. NOn sono campate per aria, sono quelle classiche del fascismo, che sotto molti aspetti si poteva definire un movimento relativamente autoritario, antiliberale e di sinistra, coi suoi pregi e difetti a seconda del buzzo che girava in testa alla gente e agli "intellettuali" del momento.
      Dico "relativamente" perche' il suo autoritarismo era niente in confronto a quello, piu' recente, delle "democrazie popolari" dell'est europa.
      Cosa credi che la "grande proletaria" (l'italia fascista) ce l'avesse con le demogiudoplutocrazie?
      "Sempre con delle elites" eccetera
      Anche su questo, non e' detto! Si ritiene che le elites abbiano successo quando precedono, seguendoli, gli umori del popolo. "Precedono seguendoli".
      Poi, passata la sbornia, tutti si leccano le ferite.

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    2. Sì, direi che il timing nel fiutare il vento, per le elites, è fondamentale.
      Diceva De Gaulle: "Sono il loro capo, dunque li seguo".

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  9. «Dulce et decorum est pro patria mori.»

    Anche i cives romani erano plagiati dalle élite? L'identità non si forma spontaneamente, non è una cosa naturale? Certo poi ci sono anche i demagoghi che aizzano le folle per le loro mire (Hitler, Mussolini). Oggi le élite vogliono che ci spogliamo della nostra identità, è - dicono - anacronistico erigere muri e barriere, la diversità è ricchezza ecc. ecc. Il cittadino cosmopolita moderno dev'essere un androgino senza chiara identità che produce e consuma.

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    1. Se e' per questo, il paese che conosciamo meglio dove le elite hanno brigato per spogliare il "cittadino" della sua identita' e' proprio l'italia, quindi scagli la prima pietra... (en passant l'italia e' tuttora il paese con la massima diversita' genetica e linguistica d'europa, e mi pare che addirittura c'e' maggiore diversita' all'interno dell'italia che se si prende in esame l'intera europa).
      Fa percio' ridere la campagna antieuro leghista o di bagnai: cosa cambierebbe? Avremmo comunque, come la abbiamo adesso, e come l'avevamo prima, una moneta senza nazione ma con uno pseudostato innaturale, odiato e percepito come nemico da dover percio' imporre con la forza, come e' sempre stato nel nostro paese.

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    2. La moneta euro e' cosi' concepita proprio per essere neutra, in modo tale da poter essere condivisa dai vari stati nazionali europei. Il problema numero uno dell'europa, il suo cancro, e' da ormai un secolo cio' che l'ha prima resa grande nel mondo e poi distrutta, lo Stato nazional-imperialista (imperialista al suo interno, perche' quasi tutti gli Stati nazionali europei includono al loro interno diverse nazioni, e sono stati tenuti insieme solo dalle continue rivalita' e guerre fra gli Stati stessi, a scapito delle differenze "nazionali" presenti al loro interno. Ecco, questa e' una cosa che il marxismo internazionalista classico sapeva benissimo, che gli Stati borghesi (Stati, non nazioni) fomentavano gli odii fra di loro apposta per rendere sempre piu' forte l'elite al comando di ogni Stato, sedando le rivalita' interne (nel caso del marxismo rivalita' "di classe", non nazionali) data la necessita' di coesione contro il nemico esterno (cioe' il capro espiatorio) comune.
      Questo lo sapevano benissimo anche le elite che dopo l'ultimo bagno di sangue finito nel 1945, distruttivo per l'europa, tentarono di cambiare strada. Peccato che i coglioni di adesso preferiscano tornare al vecchio giochetto, per ricamarci visibilita' e potere.

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    3. << La moneta euro e' cosi' concepita proprio per essere neutra >>

      No, no, caro Diaz.
      Quello dell'euro non è un problema politico-culturale, ma proprio tecnico-economico.

      Prova a leggerti i 2 post che ho pubblicato a febbraio 2013 con il titolo 'Romanzo Popolare'.
      Sono di Bagnai, ma mi sembrano scritti in una forma molto accessibile.
      Poi ne riparliamo.

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    4. Di Bagnai ho letto attentamente TUTTO il sito coi commenti (di cui i libri sono un riassunto), e ascoltato almeno 200 ore di conferenze, tutte quelle che ha fatto lui e quelli del suo giro fino a un anno o due fa e si trovavanosu youtube. Ho ascoltato e letto tonnellate di Rinaldi, Borghi, Savona, Undiemi, La Malfa. Non credo di conoscerli meno di te. Solo che conosco un po' anche altre culture economiche, e soprattutto il "legno storto" che le mette in pratica. Mentre, non so se hai notato, tutti loro deridono le culture economiche diverse dalla loro come non-culture economiche, e i relativi esperti e sostenitori dei poveri imbecilli. Avrebbe dovuto bastare questo per (s)qualificarli, ma ho preferito approfondire.

      Un'altra cosa, relativamente all'ultimo articolo sul linguaggio e la menzogna che hai postato, e che eventualment ecommentero' a parte - troppa roba!: chi e' esperto in un certo settore, ed e' abituato al contraddittorio con altri esperti come lui, si porta a spasso come vuole un uditorio di ingenui che pendono dalle sue labbra e vengono a conoscere solo il contesto come lui lo presenta. In economia, che proprio per questo ha piu' punti in comune con la religione che con la scienza, cosi' hai ragione per forza. Specialmente se fai in modo di ridicolizzare personalmente i tuoi oppositori, in modo che chi ti segue, gia' ignorante di suo, li guardi gia' in partenza con sospetto come potenziali truffatori, e interpretando cio' che dicono in un contesto che non e' il loro e che per forza gli da' torto.

      Usciamo dall'euro? Ok, e poi vediamo. Potevamo non entrare nell'euro? OK, vorrei proprio aver visto dove saremmo adesso. SI fa presto a dire... La grecia? Ha visto il suo PIL crescere di un incredibile 50 per cento nei pochi anni dell'euro prima della crisi semplicemente perche' incassava soldi a prestito dal resto d'europa nascondendo un deficit di "appena" il 15 per cento l'anno, quando noi abbiamo gia' grossi problemi con un deficit del 3.
      Poi non e' crollata, scoperto il bluff e' semplicemente tornata a dov'era prima, solo che tornare indietro e' molto piu' doloroso che andare avanti senza fatica truffando il prossimo.
      Questo, bagnai, e tutto il suo entourage, si sono sempre guardati bene dal dirlo. Quel per altri aspetti equivoco personaggio di Monti, quando diceva "La grecia il piu' grande successo dell'euro" (vedi l'esilarante youtube), aveva ragione a dirlo, dato che non sapeva come non lo sapeva nessuno, della truffa che stavano facendo i greci, maggioranza e opposizione, sui loro conti pubblici, cosi' da ricevere ingentissimi prestiti che si supponeva coperti e invece non lo erano, coi quali far aumentare surretiziamente il PIL.

      In qui pochi anni un insegante greco e' passato dal guadagnare la meta' di un pari grado italiano, a piu' del doppio!!!

      Quando le cose non vanno piu' la gente si attacca a tutte le false speranze e a tutte le narrazioni.

      Poco male, il mondo in un modo o nell'altro va avanti lo stesso qualunque errore si faccia, per cui qualsiasi narrazione alla fine puo' essere dimostrata vera, nel suo appropriato contesto narrativo. (motivo per cui secondo me nelle nostre scuole non si studia la storia del fascismo: cosi' ognuno puo' raccontare le storielle che preferisce alla sua parte politica, di sinistra o di destra).

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    5. Un'altra cosa ancora. Non capisco nemmeno un po' come si possa conciliare l'economicismo crescista di Bagnai con la decrescita e l'ecologismo: sono completamente incompatibili e Bagnai, che non e' stupido anzi e' molto intelligente, quando considera idioti i decrescisti dal suo punto di vista, cosa che faceva spesso e apertamente quando lo seguivo, aveva perfettamente ragione. Che i decrescisti poi lo stimino per questo, mah, vuol dire che ha ancora piu' ragione.

      Che poi Bagnai sia una persona che sa vendere benissimo le relativamente poche cose che sa, e che sia un personaggio molto intelligente e di grandissima abilita' dialettica, non c'e' dubbio. Ma e' proprio per questo che bisogna stare in guardia. Occhio ai "cattivi maestri", ai "pifferai magici", chi ha una certa' eta' dovrebbe averne gia' sperimentati abbastanza (cosa ne dice Sergio, che forse proprio per questo e', seppur vagamente, sospettoso)

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    6. << Non capisco (...) come si possa conciliare l'economicismo crescista di Bagnai con la decrescita e l'ecologismo: sono completamente incompatibili >>

      Ahi, ahi, qui casca effettivamente l'asino (che sarebbe poi il sottoscritto).
      In effetti gli economisti (e Bagnai non fa eccezione) sono dei crescisti per forza, perchè sono convinti (forse a ragione) che l'economia migliore sia appunto quella della crescita.
      Il che, tecnicamente, è anche verosimile, se non fosse che ci troviamo su un pianeta finito.

      Ciò premesso, come esco, personalmente, dalla contraddizione in cui sono finito ?
      Con la convinzione (che forse è una emerita scemenza e forse no), che l'economia di una nazione funzioni comunque meglio (sia nella crescita che nella decrescita), con una valuta propria, che non con una valuta altrui.

      (P.S. - mi fa piacere che tu conosca bene, e di prima mano, il Bagnai-pensiero. Forse me lo avevi già anche detto in altri post, ma me ne devo essere dimenticato).

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    7. Anch'io ero entusiasiasta all'inizio, specialmente dopo qualche mese di quel c...... di Monti. Se non altro Bagnai e' una persona di un'intelligenza e un'abilita' dialettica che e' un piacere ascoltare, sebbene estremamente arrogante con chi non considera al suo livello (cioe' praticamente tutti).

      Ma lui stesso, oltre a considerare giustamente (dal suo punto di vista) cretini i decrescisti, come prima cosa stoppava sul suo sito quelli che ad esempio trovavano da ridire sul suo concetto di PIL. Lo affermava esplicitamente: quelli che " il PIL non e' un buon indicatore eccetera", fuori di qui che non ho tempo da perdere.
      Ma grazie al cazzo, nel PIL ad esempio e' segnata come crescita positiva, per definizione, qualsiasi spesa pubblica. Cioe', come detto sopra, sòffermati bene su questo particolare, se tu mi costruisci un contesto interpretativo in cui la tua teoria e' per forza giusta, ovvio che tu hai ragione e gli altri hanno torto.

      Ma e' un trucchetto dialettico-retorico che dal punto di vista fattuale non vale niente, anzi porta ancora piu' facilmente al burrone, perche' impedisce una diversa interpretazione dei fatti, e tutto va bene finche' i fatti non arrivano. Questo e' il keynesismo di Bagnai: e' perfettamente vero all'interno della sua cornice interpretativa. Tanto vero da essere tautologico. Un periodo simile si e' vissuto negli anni '60,'70, quando i "cattivi maestri", dotati di cultura e carisma non inferiore, trascinavano e plagiavano torme di adolescenti rincretiniti. Per fortuna allora avemmo la DC che tenne botta...

      E che nell'ultimo biennio del ventesino secolo non sia "partito" solo l'euro, ma anche sia caduto il muro di berlino, crollato il comunismo mondiale, e partito il processo di globalizzazione con la ciiiiiiiiiiina, e' piuttosto vero, solo che per un comunista come lui il muro non e' mai caduto, e la globalizzazione c'e' sempre stata fin dal tempo dei babilonesi. Questo piccolo cambiamento della storia, il crollo del comunismo reale e la conseguente apertura al mercato dell'intero mondo in concomitanza con l'avvento dei trasporti istantanei intercontinentali di merci e informazioni, per loro non e' mai successo, e non si stenta a comprendere perche', dal punto di vista umano. Il muro e' caduto, e non sarebbe male se se ne facessero una ragione.

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    8. L'hanno capito perfino i "piddini", se non fosse che a loro l'europa e' servita solo a giustificare un sempre maggiore fardello normativo e fiscale che e' loro ragione di vita mentale, intellettuale e politica, cosi' come l'ecologismo agli ecologisti: "lo vuole l'europa". Troppo facile. Una manica di delinquenti...

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  10. In effetti la validità concettuale del PIL è tutta da ridere.
    Se ne fanno beffe, giustamentete, gli economisti della decrescita, come Maurizio Pallante, che fanno l'esempio del disastro grave che, tra spese mediche, riparazioni, risarcimenti e nuovi acquisti, fa letteralmente volare il PIL, alla faccia dei poveracci che lo hanno subito.

    Ma di Pallante ho intenzione di parlare più a fondo quest'estate, quando avrò un po' più di tempo libero.

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    1. "che fanno l'esempio del disastro grave che, tra spese mediche, riparazioni, risarcimenti e nuovi acquisti, fa letteralmente volare il PIL"

      Sotto sottintendo che e' ovvio che i soldi che spendi per un funerale olimpionico vengano contati come PIL, anche se si tratta di un evento luttuoso: nessuno ti obbliga a fare il funerale olimpionico, e' una scelta che fai, liberamente, presupponendo che sia giusto cosi' spendere il tuo guadagno. Lo stesso se tappi i buchi sul tetto della tua casa, io ad esempio vivo benissimo anche con qualche buchetto che quando voglio mi posso aggiustare da solo,
      e non e' certo questo che mi rovina la vita.

      Molto meno ovvio invece e' che venga contato come PIL cio' che altri spendono per tuo conto senza darti nessuna possibilita di scegliere ne' come spendere, ne' se spendere, se non quando, votando, esprimi 1/40milionesimo della sovranita' italiana. Ma il calcolo del PIL funziona esattamente cosi', tutto cio' che spende il "pubblico" in tua vece va ad incrementare il PIL, cioe' e' considerato spesa utile e volontaria. E quindi va a diminuire il rapporto debito/pil, migliorando percio' i conti pubblici, ma evidentemente non la realta', che invece peggiora, specialmente quella "percepita", che e' quella che conta per il benessere "reale".

      Infatti questo invece mi rovina completamente la vita.

      La cosa evidentemente e' aberrante, ma proprio per questo e' tenuta ben nascosta da chi sa che funziona cosi', cioe' tutti gli economisti.

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  11. "In effetti la validità concettuale del PIL è tutta da ridere"

    Be' non necessariamente, nel contesto keynesiano in cui e' definito e' appropriata: il presupposto ad esempio che la spesa pubblica sia tutta da considerare come pil, deriva dal fatto che essendo pubblica si suppone che sia decisa da una maggioranza democratica consapevole e che considera utile, profittevole, quella spesa, tanto e piu' che se fosse privata e liberamente decisa da chi deve tirare fuori i soldi: per cui se domani si raddoppiasse lo stipendio a tutti i dipendenti pubblici il pil schizzerebbe di altrettanto in automatico, per il modo stesso in cui viene calcolato, per la formula contabile che si deve applicare, e parimenti diminuirebbe il rapporto debito/pil.

    Il concetto di PIL e' politico, prima che economico.

    All'inverso dimunuendo quegli stipendi, o la spesa pubblica in qualsiasi altro modo, succede il contrario, che i totali scritti nei registri contabili peggiorano in automatico, a parita' di condizioni. Scoperto il trucchetto, questo si presta evidentemente a scorciatoie contabili truffaldine, e mette in moto un giro vizioso per cui diventa impossibile, come del resto e' evidente nella pratica, contenere la bulimicita' dello Stato. Se lo stato risparmia, i conti peggiorano, se butta soldi dalla finestra, migliorano.

    Per quanto riguarda Pallante, dopo gli iniziali, soliti entusiasmi, devo dire non mi piace piu' molto, come al solito ho l'impressione che l'unica cosa che gli interessi, a lui come a quelli come lui, sia imporre nuove regole, multe, tasse, avendo lui capito tutto e gli altri niente. Deprecabile.

    A riguardo e' illuminante questa conferenza con massimo fini: l'abisso culturale fra i due e' evidente, e anche quello politico. Inutile dire quale preferisco, intellettualmente.

    https://www.youtube.com/watch?v=Woz3JtRClgw

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  12. A proposito dello Stato moderno e della sua avida invadenza, camuffata da subdolo buonismo, non posso che segnalare l'ultimo post di Gianni Pardo, assolutamente delizioso.

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    1. Delizioso davvero, ma anche amaro: è così, non c'è niente da fare, inutile illudersi. Si sa che l'apparato, la macchina amministrativa, è più forte anche del capo costretto a blandire. Ogni tanto si punisce chi timbra il cartellino per altri o preme il pulsante degli assenti, ma ci vuol altro per dar scacco alla massa di parassiti statali. Che vinceranno sempre.

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    2. Aggiungo (argomento a cui sono particolarmente sensibile) che il nostro sistema fiscale non è solo eccessivo nel quantum (la parte di ricchezza che viene intermediata dal settore pubblico), ma è inefficente nell'incasso (buona parte delle nostre sudate tasse se ne va in spese di gestione e riscossione), ed è fonte di stress e perdita di tempo per il povero contrubuente, che deve conoscere e calcolare da sè le imposte da pagare (con il rischio di diventare evasore a propria insaputa).
      Quest'ultimo punto mi sembra assolutamente incivile ed io lo inserirei, sotto forma di divieto, direttamente nella costituzione, altro che fiscal compact.
      Ad es.: Le imposte, le tasse e tutti gli altri oneri pubblici debbono essere conteggiati e comunicati al contruibuente a cura del soggetto percipiente in forma chiara e dettagliata; in assenza di comunicazione nulla è dovuto.

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    3. Essi', dimentichi che l'italia e' una repubblica fondata sul notabilato: meta' della popolazione, nel pubblico e altrettanto se non di piu' nel privato, si "guadagna da vivere" facendo il conto delle imposte e tasse che deve pagare l'altra meta', specificandogli anche dettagliatamente, questo si', come deve vivere. La quantita' di addetti alla burocrazia e' al relativo indotto e' impressionante. E tale meta' di burocrati, cosa ancora piu' importante, e' quella che comanda, e' quella che e' adiacente al potere quando non il potere stesso. Tutte le norme e tasse sono fatte in primo luogo nell'interesse di chi le somministra e le amministra, anche senza che se ne accorga: gli viene cosi', "spontaneo".

      La "societa' dei servizi" di quel fesso di rifkin (che di formazione e' un commercialista) ce l'abbiamo gia' davanti, e' quella del trionfo della burocrazia, in cui tutti dicono a qualcun altro cosa deve fare, e nessuno fa.

      PS: chi ti fa il conto delle tasse da pagare lo paghi comunque, sia che sia dipendente pubblico (il cui costo e' compreso nelle tasse) sia che sia un commercialista o un sindacato privato (spesa obbligatoria, e quindi per questo del tutto parificabile ad una tassa). E' per questa via che si arriva ad una tassazione di circa il 90 per cento nel nostro paese: perche' oltre al 50, 60, 70 per cento di tasse propriamente dette, quasi tutte le altre spese non sono decidibili liberamente, ma sono "imposte". Cioe' sono anch'esse tasse!

      Italia = sodoma e gomorra.

      Non so se vi e' mai arrivata voce di quel tale, l'agricoltore friulano Fidenato, che e' da anni in guerra con lo Stato perche' si rifiuta di pagare sostituti d'imposta, non essendo piu' disposto a fare da esattore, gratis, per conto dello Stato (e prendendosene fra l'altro le colpe, dato che come datore di lavoro e' lui che decurta drasticamente alla fonte la busta paga dei suoi collaboratori).

      E' lo stesso che fa da "spacciatore" di semi ogm, consentiti paraticamente dappertutto fuorche' in italia, perche' i nostri strozzini sono da sempre abituati a mangiare bene, naturale, e abbondante, non si accontentano di niente di meno. Da dove arrivi veramente il cibo, e come, non ne hanno la piu' pallida idea. Ma vogliono comandare tutto lo stesso.

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    4. "... che deve conoscere e calcolare da sè le imposte da pagare (con il rischio di diventare evasore a propria insaputa)."

      Come sarebbe? Uno deve calcolare da sé le proprie imposte e poi pagarle, e se ha calcolato male gli se ne fa una colpa, addirittura passa per evasore fiscale? Roba da matti se proprio così.
      Io ricevo la fattura dall'ufficio imposte che calcola lui l'importo. Nel programma per la dichiarazione dei redditi elettronica c'è anche un calcolatore che ti indica quanto dovrai pagare approssimativamente, ma è l'ufficio che la calcola dopo aver esaminato la tua dichiarazione e corretto eventuali errori.
      Mia cugina (pensionata) che vive in Italia però non deve fare la dichiarazione dei redditi, sembra che ci sia anche un modulo precompilato. Noi non siamo ancora così avanzati ...

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    5. Caro Sergio, in Italia è proprio così.

      Il 730 precompilato on line (novità di Renzi per le persone fisiche) è risultato inaffidabile, in quanto manca di molte detrazioni, e va ricontrollato dal contribuente.
      Le imposte sugli immobili vanno identificate tra varie opzioni ed aliquote, e calcolate dal contribuente.
      Poi ci sono le imposte meno conosciute che il cittadino, spesso, non sa nemmeno di dover pagare.
      E potrei continuare...

      I rapporti con lo Stato, invece, dovrebbero essere impostati come quelli delle utenze (luce, telefono, ecc.), per le quali non ti devi preoccupare di cosa, come e quanto pagare: ci pensano loro.
      A te arriva a casa la bolletta, che puoi pagare anche direttamente tramite banca, e stop.
      Oltretutto, con questo sistema, anche l'evasione fiscale sarebbe più difficile.
      Ma qui da noi sembra fantascenza....

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    6. Dimentichi di dire a Sergio che la normativa fiscale italiana e' talmente complessa e mutevole (ogni anno si cambia, ridicolo il caso della salata imposta patrimoniale sulla casa, cambiata anche 3 volte in un anno) che nemmeno i commercialisti piu' esperti sanno dare risposte univoche. Mitico il caso di quel ministro delle finanze che qualche anno fa confesso' che non sarebbe stato in grado di fare da se' la dichiarazione dei redditi.
      Altra cosa che raramente si dice: i sindacati a cui e' stata devoluta la possibilita' di fare le dichiarazioni per gli iscritti (naturalmente a pagamento), con grande stizza della casta dei commercialisti, sono del tutto inetti, e fanno spesso svarioni.
      Sergio la svizzera su queste cose e' un altro pianeta, e forse all'estremo opposto dell'italia: ricordo ancora la faccia allibita prima e scandalizzata poi di uno svizzero a cui una volta tentai di spiegare quell'abominio burocratico fatto apposta per spillare multe che fu la "bolla di accompagnamento".

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    7. Approfitto dell'occasione per chiederti a quanto ammonta in Italia l'imposta per donazioni (anche gli eredi non diretti pagano un'imposta di successione). Te lo chiedo perché questa imposta in Svizzera è pesantissima: ben il 30%. Se ti regalassi un milione (niente paura!) lo Stato pretenderebbe da te la bellezza di 300'000 franchi. Vorrei regalare la modesta somma di 10000 franchi a una cugina in Italia e lo Stato vuole 3000 franchi (appunto il 30%). Sono combattuto tra il rispettare la legge (anche per timore di essere beccato) ed eluderla (mettendo per esempio questi soldi direttamente nelle sue mani - ma siccome è a Genova devo fare un versamento che è naturalmente tracciabile). Tieni poi conto che quei soldi sono già stati tassati una volta come reddito, poi ogni anno come patrimonio (anche se modestamente, 1,5 per mille). Ma se li spendi tu lo Stato dice niente, se fai un regalo lo Stato pretende un'imposta - e che imposta - dal beneficato. Mah. Certo, la legge è legge, se non piace bisogna cambiarla (è una parola!).

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    8. Chi non conosce il sistema fiscale italiano per esperienza personale, non puo' credere che sia cosi'. Ad esempio, in italia bisogna pagare le tasse (elevate) sui proventi da affitto secondo quanto scritto sul contratto anche se l'inquilino non paga, anche per anni, e non ci sono santi. Oppure bisogna versare l'iva sulle fatture emesse anche se non vengono pagate, e percio' si deve fare da sostituto di imposta per chi deve versare l'iva anche se quello non la paga e non paga nemmeno la fattura. Lo stesso per le ritenute d'acconto, con l'ulteriore assurdo che se il sostituto d'imposta che dovrebbe pagare per l'altro non paga, e' ritenuto corresponsabile anche l'altro che pur non ha nessun controllo sul pagamento.

      Insomma questo e' un lager fiscale, e a quelli gli interessa solo, e disperatamente, di fare cassa quanto piu' possibile in tutti i modi possibili. Bisognerebbe che per tre mesi nessuno pagasse piu' nulla, almeno per dare un segnale. Invece tutti brontolano, si cagano sotto, e pagano tutto cio' che non riescono ad evadere, finche' hanno soldi.

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    9. Io stesso quando ho cominciato a lavorare in una piccola ditta dove tutti fanno tutto, e ho scoperto queste cose, non ci volevo credere. Se emetti fatture, e non ti pagano, oltre alla sofferenza economica del mancato incasso, ti becchi pure la beffa dello stato che vuole tutte le tasse fino all'ultima lira su cio' che non hai nemmeno incassato, e che non e' un guadagno ma una perdita. Ci rimetti merce, lavoro, fegato e salute. Se c'e' un fallimento, il primo ad avere diritto di prelazione sulla merce che va all'incanto e' lo stato, gli altri creditori che falliscano pure anche loro chissenefrega. Il cittadino normale, specialmente quello dipendente pubblico o quello che lavora nella burocrazia (tutti i professionisti ormai fanno soprattutto i burocrati, anche i medici e gli ingegneri), non ha idea di che razza di inferno abbia contribuito anche lui a costruire e di cosa potrebbe un giorno essere chiamato a rispondere. Se non altro davanti ai posteri. C'e' gente che non si rende conto che un giorno potrebbe essere considerata alla sorta dei kapo' dei lager nazisti.

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    10. Si davvero.
      Direi che la complessità, la stupidità e la continua variabilità delle norme fiscali sono un problema persino più grave del gettito fiscale in sè.

      P.S. per Sergio. Qui in Italia le imposte di successione sono molto modeste; per le donazioni, onestamente, non saprei, ma credo che valga lo stesso principio.

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    11. "Qui in Italia le imposte di successione sono molto modeste"

      Piu' che altro sono progressive, aumentano, oltre che con la distanza parentale, col valore del bene, e fino ad un certo importo c'e' l'esenzione, mi pare. Ma, appunto, sono regole che cambiano continuamente, a seconda delle necessita' dello Stato.

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  13. Sergio, io non ne ho idea, non so Lumen, e anzi resto stupito che ci entri lo Stato anche su un regalo di 10000 franchi che tu vuoi fare ad una cugina. Se fosse la mancetta al figlio si tratterebbe sempre di donazione, tassabile? Probabilmente il fatto che i soldi passino una frontiera costituisce un problema, nessuno Stato fa uscire volentieri soldi senza pretendere il pedaggio. Devi chiedere ad un professionista, e sperare che non ti dica una cazzata. Le imposte sulle donazioni/successioni sono cambiate piu' volte negli ultimi anni (berlusconi le aboli', ma senza che la cosa fosse troppo pubblicizzata aumento' e di molto le tasse ipotecarie e catastali ad esse collegate, per cui l'importo da pagare alla fine non fu molto inferiore: poi cambio' governo, torno' prodi, e vennero reintrodotte le tasse di successione, ma non si sognarono di riportare le imposte ipotecarie e catatali al valore precedente... il solito giochetto al rialzo fra poliziotto buono / poliziotto cattivo).

    In ogni caso l'imposta da pagare, in italia, in caso di successione, dipende dal grado di parentela, e' minima col coniuge e i figli, e aumenta con la distanza.

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    1. Avendo ereditato posso dirti che gli eredi diretti (genitori e figli) non pagano nessuna imposta di successione, anche su eredità cospicue (i parenti di secondo grado invece - i fratelli - devono pagare questa imposta, ma non so di quanto di preciso). Il fratello di mio padre deve allo Stato 37mila franchi d'imposta su un lascito di 325'000 franchi.
      L'anno scorso gli Svizzeri hanno votato se introdurre a livello federale una imposta di successione del 20% a partire da due milioni di franchi (l'iniziativa era stata lanciata dai socialisti). Un'imposta che avrebbe tappato buchi del sistema pensionistico (AVS - assicurazione vecchiaia e superstiti) introdotto nel 1948 e che andrà incontro a difficoltà nel prossimo futuro. Be', i socialisti hanno preso un'altra scoppola, l'iniziativa è stata respinta non so più se col 72 o il 78% di contrari. Gli Svizzeri, un popolo di masochisti? Hanno respinto pure l'iniziativa dei sindacati per 6 settimane di vacanze. Una volta respinsero anche l'iniziativa per il diritto alla casa. Il socialismo non ha mai tirato in questo paese anche se la maggior parte della popolazione non è ricca e nemmeno benestante, vive semplicemente benino o anche bene, insomma decentemente, ma non di più. Gli Svizzeri sono anche un popolo d'inquilini, oltre il 60% degli abitanti vive in affitto.

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