mercoledì 18 maggio 2016

Summa Teologica

Le religioni, nella loro varietà, si possono dividere in tanti modi diversi, ma una delle suddivisioni principali è sicuramente quella tra culti che hanno l’obbligo del proselitismo, e quelli che non lo hanno.
Tra le religioni più attive nella conversione degli “infedeli” troviamo, sicuramente, l’islam, ma anche il Cristianesimo si è sempre proposto con notevole forza a tutte le popolazioni che (per loro sventura) non conoscevano ancora la “buona novella”.
O almeno si proponeva, perché, a quanto pare, i tempi stanno cambiando.
Quelle che seguono sono alcune considerazioni di Pietro Melis su quella che si potrebbe definire la “resa teologica” di Papa Francesco. (dal blog del professore). 
LUMEN


<< Dal Vangelo secondo Marco: «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato».

Dal Vangelo secondo Matteo: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»

Solo nei Vangeli di Marco e Matteo, cosa strana, si accenna all'obbligo dei discepoli di andare per tutte le nazioni predicando o ammaestrando le genti perché si convertano. Con questa differenza: Marco aggiunge la condanna per i non convertiti. Matteo non la aggiunge. Ma trascuriamo questa pur importante differenza. Sta di fatto che rimane l'obbligo secondo questi due Vangeli di fare del proselitismo.

Da questo punto di vista papa Francesco dimostra ancora di essere un antievangelico. Infatti in un colloquio (…) ha detto chiaramente che oggi la Chiesa non vuole fare proselitismo. Ma che razza di cristiano è allora questo papa ? Ha paura di convertire le genti per paura della reazione islamica negli Stati islamici. Penso che questo sia il vero motivo.

Che la Chiesa abbia rinunciato a convertire gli atei negli Stati occidentali è un fatto risaputo. Ha capito che è tempo perso. Dunque la Chiesa oggi ha fatto proprio il convincimento che sia tempo perso convertire gli atei e si debba avere paura di convertire aderenti ad altre religioni, soprattutto all'islam. Siamo di fronte alla resa della Chiesa cattolica.

La quale cerca una visibilità con il giubileo. Ma a chi serve? Serve solo a quelli che già credono nella Chiesa. Con quale beneficio non si capisce. Infatti basta la confessione per togliere i peccati. Quali meriti in più si ottengono con il giubileo?

Notare poi che i meriti attribuiti dalla partecipazione al giubileo comporta l'essere presenti a Roma e visitare le cinque maggiori chiese romane prescritte. E quei cattolici che in diverse parti del mondo non possono permettersi di andare a Roma per vari motivi, economici, di salute, etc. ? Questi sono esclusi dai meriti attribuiti dal giubileo ?

Alla luce di queste considerazioni mi sembra che il giubileo sia solo una pagliacciata commerciale come l'EXPO a Milano. Entreranno più soldi nella casse del Vaticano. Ma (…) con la rinuncia al proselitismo verrebbe a mancare qualsiasi missione nella Chiesa, pur nella sua volontà di rappresentare la verità circa il destino dell'uomo. Il papa, credendo di essere un furbastro, ha detto che la Chiesa non ha più il dovere di convertire al cristianesimo, ma quello di estendere il concetto di bene.

Ammettendo con ciò che non sia necessario essere cristiani, e tanto meno cattolici per salvarsi l'anima. E allora che rimane di questa Chiesa ? Che ci sta a fare ? In pratica il papa, senza dirlo, ha detto che ci sta a fare nulla.

Anzi, per coerenza, dovrebbe avvicinarsi alla mia tesi: hanno più meriti gli atei-agnostici che pratichino il bene; [o meglio], io direi: che si astengano dal fare del male, secondo la norma universale della giustizia “neminem laedere”. Perché il bene porta a concezioni relativistiche, vedendo ogni cultura un differente concetto di bene, che appartiene alla morale, mentre il male, inteso come danno, deve essere visibile da tutti, appartenendo al diritto e non alla morale.

I credenti infatti sono degli opportunisti, che credono perché convinti di potersi salvare l'anima ed avere dei meriti dinanzi a Dio, il quale, al contrario, dovrebbe privilegiare gli atei-agnostici che si astengano dal fare del male, perché non sono degli opportunisti che attendano di avere dei premi da Dio.

Questa tesi può essere tratta [anche] da una lettura (…) dei Vangeli, che appaiono scritti solo per coloro che abbiano bisogno del timore divino per astenersi dal fare del male. San Paolo, il vero fondatore de cristianesimo, dice nella Lettera ai Romani che i convertiti sono come dei bambini da latte, che hanno bisogno della presenza severa e punitrice del padre per evitare il male.

Il che significa che gli uomini adulti, non credenti, capaci di astenersi razionalmente dal male, non hanno bisogno di essere dei credenti per avere dei meriti di fronte a Dio.

La mia lettura dei Vangeli porta a questa conclusione. Meglio non credere ma rispettare le norme della giustizia per avere maggiori meriti di fronte a Dio, se esiste. San Paolo, sempre nella Lettera ai Romani, dice che anche i pagani si sarebbero salvati se avessero seguito la legge naturale iscritta nei loro cuori. E allora a che serve essere cristiani ? A nulla ai fini della salvezza. >>


<< Questo papa invece di occuparsi dell'anima facendo proselitismo (disse Gesù: andate e predicate per le nazioni. Chi crederà e si farà battezzare sarà salvato altrimenti sarà condannato) sta facendo solo politica anticristiana giacché ha rinunciato al proselitismo chiamando i musulmani nostri fratelli. Poiché ormai sa di non poter più combattere dottrinalmente l'islamismo per paura del terrorismo, si limita a dire che i cristiani vengono perseguitati.

La dottrina per lui è ormai una cosa secondaria, anche quando cita qualche frase dei Vangeli. Ma se si attenesse ad essi la smetterebbe di fare anti-evangelicamente politica parlando ogni giorno e a sproposito. (…) Egli naviga nella confusione tra morale e diritto. La carità non si può imporre con una legge, come insegnò Gesù, altrimenti non si ha alcun premio da Dio. Invece questo papa pretende che siano i governi a fare la carità imponendola con le tasse a carico dei cittadini. (…)

E ora veniamo all'ultima sciocchezza di questo papa, una vera sciagura. Ha detto che molti si occupano dei cani e gatti ma sono indifferenti al vicino che soffre. Siamo alle solite gravi confusioni tra morale e diritto.

Innanzitutto: chi è il mio vicino? Boh ! E' uno che vive nello stesso palazzo o in una casa accanto ? Non l'ha detto. E di che cosa dovrebbe soffrire ? Di malattia ? Di povertà ? Nel primo caso vi è l'ospedale, nel secondo vi deve essere lo Stato. Facendo l'elemosina, osservò Schopenhauer (Il fondamento della morale) non si toglie il povero dalla povertà. In ogni caso la carità è un dovere morale e non giuridico. (…)

Veniamo [invece] ai cani e ai gatti. Questi fanno, e dovrebbero fare, parte del nucleo familiare, nei cui confronti si ha un rapporto fondato sul diritto-dovere. Dal momento in cui fanno parte del nucleo familiare, essi hanno il diritto di essere trattati come familiari e non come vicini.

Nei riguardi di un mio vicino io non ho alcun obbligo giuridico, mentre dovrebbe configurarsi un dovere giuridico nei confronti di animali, oltre i cani e i gatti, che siano stati accolti in famiglia. (…) Il mio vicino [quindi] non può accampare alcun diritto nei miei riguardi, essendo per me un totale estraneo (al massimo buon giorno e buona sera).

E poi l'affetto che può dare un cane o un gatto è superiore all'affetto umano familiare, che è sempre interessato a causa di vincoli di sangue tra genitori e figli e per la reciproca assistenza. L'affetto di un cane o un gatto è disinteressato, perché va oltre il fatto che gli venga dato del cibo (questo è un fatto scontato). >>

PIETRO MELIS

27 commenti:

  1. Cominciamo dai poveri cani e gatti presi di mira dal papa. Il suo collega Ratzinger ha o aveva un gatto, come pure Pio XII: esempi illustri di gattofilia, direi. Ma è pur vero che di gatti e cani ce ne sono davvero tanti, troppi (anni fa un professore osservò che gli animali domestici sono un grave problema: fu quasi linciato dagli amici degli animali). Invece credo che avesse ragione se pensiamo che questi animali mangiano e i negozi sono stracolmi di mangime e leccornie varie per i nostri amici: una vera industria ruota attorno a questo business. Si calcola poi che una famiglia su due abbia un gatto o un cane (o un canarino, un criceto, ma anche animali esotici, magari pure un alligatore). Ma la domanda da porsi è: perché la gente si prende un animale in casa, vi si affeziona tanto da considerarlo un membro della famiglia? E perché effettivamente si vedono in giro più cani e gatti e meno bambini? Ci sono delle ragioni non spregevoli per questa moderna cine e gattofiliia. Quello che non è ammissibile è la condanna morale di chi ha un animale domestico. È vero che molti senza figli si attaccano, talvolta morbosamente, a un animale: insomma, l'animale surrogato dei figli - che apparentemente non si desiderano più tanto, almeno non tanti come una volta. Perché la gente è diventata così, perché ama tanto gli animali e procrea di meno? La risposta non è difficile. Certamente c'è una bella differenza tra un bambino e un animale domestico. Un bambino è oggi un impegno pazzesco, tanto che senza l'aiuto dell Stato sarebbe difficile provvedere a tutti i suoi bisogni. Un animale è immensamente più facile da gestire - ed è in genere carissimo, affezionato, ci tira anche su il morale. Gli animali sono belli, cari, affezionati, assolutamene dipendenti dalle nostre cure (e il prendersi cura di un "essere vivente" ci responsabilizza). Io non chiamerei amore quello che il cane prova per noi. In realtà il cane è assolutamente dipendente dal proprietario, la sua assenza o sparizione lo fa soffrire tremendamente, basta vedere com'è felice quando torna il suo amico umano. Dopo vent'anni di lontanza Argo riconosce Ulisse e scodinzola prima di morire (un episodio bellissimo dell'Odissea di solo alcuni versi che hanno reso immortale Argo).
    L'uomo ha poi selezionato cani meno aggressivi e dai caratteri infantili: infatti restano per così dire bambini, giocherelloni ... e dipendenti. Certamente anche un bambino dipende, eccome, dai genitori e anche i bambini ci tirano su. E se anche l'amico umano fosse o diventasse dipendente dal cane? Non sarà amore umanamente inteso, chiamiamola pure pura dipendenza e attaccamento quello del cane, ma cane e padrone si vogliono bene ed è ciò che conta. Che poi gli animali domestici possano divenire un surrogato dei figli che non si hanno è possibile. E con questo?
    Si chieda il perché di questo moltiplicarsi di animali domestici, signor papa: forse il suo collega in Vaticano potrà spiegarglielo. E non vogliamo moralismi, ditini alzati, oltre esortazioni, se non incitazioni ad avere figli, e non solo uno o due. Gli apostoli erano sposati, almeno Pietro. Il celibato dei preti nasce nel secondo millennio, prima solo i vescovi non avevano moglie. Il delinquere dei preti (pedofilia, amori etero e omosessuali) ha una facile spiegazione. La loro è una vita malsana e la sublimazione non riesce sempre, tanto più oggi che le tentazioni sono aumentate (anche per il numero di persone che si incontrano, con cui si ha a che fare). Se avessero famiglia come i protestanti potrebbero appagare gli istinti, le pulsioni sessuali. Certo per non pochi veterocattolici italiani si tratterebbe di una rivoluzione. Ma forse l'attuale papa innoverà anche in questo campo, anche perché le vocazioni scarseggiano, i conventi si sono svuotati, alcuni sono stato abbandonati.
    (continua)

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  2. (continuazione)

    Ci sono dei perché per questa grande affezione della gente ai suoi animali - oggi specialmente. Ma non accettiamo prediche e condanne da un castrato di Dio. Diceva l'antipaticissimo cardinale Tonini: la nostra vocazione è di amare tutti, di donarci per intero agli altri, e la famiglia sarebbe un intralcio. Siamo alle solite: chi ama tutti non ama nessuno in particolare. E noi chiamiamo amore una relazione personale, esclusiva. "Sans amour, on est rien", cantava Edith Piaf. Il papa che carezza i bambini in piazza san Pietro e nelle sue esibizioni - carezza di cui si compiacciono soprattutto i genitori, il bamino magari manco se n'accorge - quei bambini letteralmente non li vede, e non può vederli per ovvi motivi, deve accarezzarne altri, e a passo di corsa. L'amore o anche solo l'affetto invece richiedono attenzione, tempo: solo così ci si può conoscere e volersi bene. E chi si innamora il tempo lo trova, tralasciano tutto il resto, trascurando anche familiari e amici. Niente di peggio di quelle persone che non hanno mai tempo: "Scusa sai, ma debbo scappare". E scappa allora, va' fuori dai piedi se non hai tempo per me.

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  3. Ma c'è qualcosa di molto più importante di cui si parla in questo post: il cristianesimo come l'abbiamo conosciuto ancora noi è finito o morente (e almeno un po' dispiace persino a un agnostico e anticlericale come me; diceva Proust, ovviamente anche lui agnostico (era poi ebreo): le chiese trasformate in museo rattristano, hanno perso l'anima. Una chiesa invece ancora frequentata ha un altro effetto su di noi: qualunque cosa significhi la fede, lì c'è ancora vita.
    Con l'abbandono del proselitismo - una sciocchezza per l'attuale papa, da non credere - il papa rinuncia alla diffusione della sua religione. È una cesura netta e quasi incomprensibile dopo due millenni di missione. Ma il papa dice non solo addio al proselitismo, ma anche alla dottrina (anche se cita, ma sempre più raramente, Gesù, la Madonna e il diavolo.
    Secondo me il papa ha capito che il cristianesimo in una Europa ormai laicizzata è finito. E così si è inventato un nuovo ruolo per attirare l'attenzione su di sé e l'istituzione: si è messo a capo di un movimento mondiale che esige - non più il paradiso - ma una vita decente. Di peccati non parla più (i peccati più gravi sono arricchirsi, non prendersi cura del vicino, accogliere chiunque). Lo accusano di essere comunista e lui se ne compiace quasi, perché i cristiani, i veri cristiani, mettevano (a Gerusalemme, e poi nella vita monastica) tutto in comune (ma la cosa non funzionò molto a Gerusalemme, e anche nei conventi i poveri monaci vogliono possedere qualcosa di proprio, per es. una piccola biblioteca - mentre Francesco esigeva lo spossessamento di qualsiasi cosa, anche del breviario).
    Ma c'è ancora di peggio. Ha praticamente aperto non solo un dialogo con l'islam - che Ratzinger aveva ancora pesantemente condannato attirandosi persino i rimbrotti della Merkel che però la settimana scorsa scondizolava di nuovo in Vaticano. Be', il papa sostiene la Merkel nella sua folle gestione dell'immigrazione, è quindi un alleato - di chi? Della massoneria, dell'UE, degli altri poteri forti che tramano nell'oscurità? No, non è complottismo questo, le autorità in Europa fanno ormai politica contro i propri cittadini o almeno una parte considerevole di cittadini definiti omofobi, xenofobi, razzisti, fascisti, gentaglia (così la Merkel ai movimenti anti immigrazione in Germania).
    Dunque Bergoglio ha messo da parte la fede e la teologia e aspira a fare il capopolo a livello mondiale: difatti le azioni della Chiesa sono nettamente in rialzo. Dubito che il papa abbia mai letto il Corano o lo conosca bene (direi che non lo conosce affatto). Ma si sta creando una pericolosa alleanza tra cattolicesimo e islam. Gli islamisti già oggi intimidiscono gli europei e li attaccano: esigono il rispetto della loro religione, vorranno col tempo anche la sharia, almeno nei quartieri occupati. A questo punto anche la Chiesa di Roma potrebbe rialzare la testa ed esigere anch'essa il rispetto delle sue credenze. Sono passati quattro secoli dalla condanna del buon cristiano Galileo che si permesso - udite udite - di dire che era la Terra che girava intorno al sole e non viceversa. E ciò contrastava con il "libro sacro". Cos'è successo da allora! L'universo è esploso, cento miliardi di galassie che possono contenere - come la Via Lattea - miliardi e miliardi di stelle coi loro pianeti, una cosa da capogiro (ben espressa persino nella Ginestra di Leopardi che era astronomo dilettante).
    Il buon Giussani diceva che "fra settant'anni il cristianesimo e l'ebraismo saranno una cosa sola". Dell'islam non sembrava ancora essersi accorto. Una farneticazione comunque, a tutta prima. E invece chissà: i tre monoteismi potrebbero allearsi davvero e perseguitare i non credenti - con l'appoggio dell'UE e dei massoni che tramano per il potere. Due agnostici nostrani, Scalfari e Napolitano, massone quest'ultimo, sono culo e camicia con Bergoglio.

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  4. << Dunque Bergoglio ha messo da parte la fede e la teologia e aspira a fare il capopolo a livello mondiale: difatti le azioni della Chiesa sono nettamente in rialzo. >>

    Caro Sergio, sul primo punto direi che hai colto perfettamente nel segno, e la tua frase mi sembra una perfetta sintesi dell'attuale pontificato.

    Sul secondo, invece, credo che si possa discutere.
    E' evidente che la sostituzione di Ratzinger con Bergoglio deriva da una strategia mediatica ben precisa, che il Vaticano deve aver deciso dopo attenta riflessione.
    Ratzinger era ancora un papa vecchio stile (ma non funzionava, forse proprio per quello), mentre Bergoglio ha il carisma giusto per questo nuovo approccio. Ed infatti, per quello che gli viene richiesto, funziona alla grande.

    Ma, mi chiedo, quella del Vaticano, è una strategia davvero vincente o solo un tentativo di limitare le perdite ?
    Bergoglio funziona, a livello emdiatico, su questo non ci sono dubbi, ma, a ben vedere, la stessa gente che adora il nuovo Papa, poi non ne segue gli insegnamenti e continua a farsi gli affari propri esattamente come prima.

    Credo che quello che faceva grande la Chiesa del passato, ovvero la capacità di incidere concretamente sul comportamento delle persone e degli stati, sia stato perduto, forse per sempre.
    E se togli questo ad una religione, cosa rimane ?

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    1. "Credo che quello che faceva grande la Chiesa del passato, ovvero la capacità di incidere concretamente sul comportamento delle persone e degli stati ... ".

      La Chiesa era un potere riconosciuto e rispettato che incideva su ogni aspetto della vita, ancora negli anni Cinquanta (ovviamente soprattutto fra i cattolici). Anche i non credenti rispettavano l'istituzione che riusciva a intimidirli persino. Il d'Alema che passeggia in Vaticano è chiaramente suggestionato dall'ambiente (oltrettutto il Vaticano l'ha insignito - chissà perché - di un titolo nobiliare della Chiesa. D'Alema non ha rifiutato, anzi. Ma non si conoscono i meriti di d'Alema. Comunque con la cooptazione scemano poi gli ultimi rigurgiti di anticlericalismo. Una volta "dentro" devi comportarti in un certo modo. Titoli sono stati concessi anche a Sarkozy, titolare di una basilica romana, credo persino S. Giovanni in Laterano. Insomma, i nobili restano fra di loro e si fanno a vicenda salamelecchi.
      Oggi però sia il potere che l'immagine della Chiesa sono erosi. Ma non si sa mai, mai dire mai.
      Quando si stese la Costituzione nel dopoguerra De Gasperi, su richiesta del Vaticano, voleva assolutamente inserire
      l'indissolubilità del matrimonio. Oggi siamo quasi ai matrimoni gay con benedizione papale (chi è lui per giudicare?).

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    2. << chi è lui per giudicare ? >>

      Già, quando si trova un po' in difficoltà, Papa Francesco si è inventato questa bella frase "jolly", che lo libera da ogni imbarazzo.
      Ma mi sembra una cosa infantile.

      Come sarebbe "chi è lui" ?
      Lui è il vicario di Cristo.
      E' il rappresentante di Dio in terra.
      Se non può giudicare lui, chi altri può farlo, tra i comuni mortali ?

      Altrimenti trasformiamo la Chiesa in una bocciofila, e ognuno fa quel che gli pare. :-)

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    3. Gesù - forse in un momento di grazia o di stanchezza - afferma: non giudicate, se non volete essere giudicati. Apparentemente un'affermazione veramente rivoluzionaria.
      Ma poi vengono le dure repliche della realtà. Gesù stesso condanna quelli che lui considera falsi, ipocriti. E cosa ha fatto la Chiesa nei duemila anni della sua esistenza? Giudicava e sanzionava i comportamenti scorretti, il peccato. Che poi generosamente perdonava. Ma il peccato, il crimine tali erano: da condannare. Ancora nel Nuovo Catechismo si giustifica la pena di morte. Io direi piuttosto: attenti nel giudicare, potreste sbagliarvi. "Chi è senza peccato scagli la prima pietra" disse Gesù. Gli ipocriti che volevano lapidare una donna se ne andarono con la coda fra le gambe, consapevoli delle proprie colpe.
      E tuttavia. Non si può non giudicare (azioni, atteggiamenti, persone ecc.). Se no dove andremmo a finire. Il detto di Gesù che Bergoglio ora scimmiotta è fuori della realtà. Che ne facciamo allora del diritto, dei tribunali? Li chiudiamo perché ormai superati dalla verità rivoluzionaria di Cristo? Se uno ruba bisogna dirgli bravo tenendo conto della sua infanzia disagiata, della sua povertà ecc. ecc. Noi non facciamo che giudicare tutto il giorno - perché non si può fare diversamente. Approviamo e disapproviamo e talvolta usiamo le maniere forti se necessario.
      Come dici tu Bergoglio si è inventato il jolly con cui si sottrae alla critica e passa per santo. Ma la sua Chiesa, fino a Ratzinger, ha sempre giudicato e condannato e continua a farlo, a ragione. Dante metteva i sodomiti all'inferno, Bergoglio - vista l'aria che tira - dice: bisogna capirli e accettarli perché sono anche loro creature di Dio ecc.
      Bergoglio o è furbo (gesuita è) o ingenuo. Non è escluso che operi in combutta con la massoneria (vi sarà stato iniziato da Napolitano?). È noto che persino cardinali sono affiliati (una volta fare parte della massoneria comportava
      la scomunica - ma i tempi cambiano, no?). La forza della Chiesa è stata la sua fermezza e anche arretratezza. Ora siamo in pieno clima relativistico, ormai si accetta tutto (a parte il furto e l'assassinio - anche pure ladri ed assassini beneficiano di favori, alleggerimenti di pena).

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    4. In un caso che e' sempre piu' raro, si puo' giudicare anche senza essere talmente scemi da essere convinti che il proprio giudizio sia corretto.

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    5. Scusa, si possono avere dei dubbi ma spesso siamo conviniti
      di aver ragione o ottimi argomenti. Se cominciamo a dubitare di tutto dovremmo astenerci da qualsiasi giudizio, il che mi sembra umanamente impossibile.

      Diceva Eco: un segno d'intelligenza è di dubitare talvolta della propria intelligenza. A chi non è mai passato per la testa, se ha almeno un briciolo d'intelligenza, di chiedersi se sia proprio intelligente. Io per esempio dubito della mia intelligenza. Direi che sono intelligente a corrente alterna, e talvolta dico e faccio sciocchezze. Tuttavia non vivo nella costante angoscia di sapere se sono scemo o intelligente. In tante occasioni sono convinto di qualcosa, ho delle certezze. Senza di queste non sarei arrivato alla mia età - perché per vivere bisogna avere almeno un'idea approssimativa della realtà, se no ci sbatti contro. L'acido prussico fa male alla salute, anzi ti manda all'altro mondo: non ne dubito nemmeno un po'.

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    6. "Se cominciamo a dubitare di tutto dovremmo astenerci da qualsiasi giudizio, il che mi sembra umanamente impossibile."

      Non credo, anzi direi che l'atto del giudicare e' possibile solo sulle cose incerte, che quindi permettono una certa liberta' di giudizio. Altrimenti non e' di giudizio che si tratta. E' il solito problema del libero arbitrio, che scacciato dalla porta rientra dalla finestra.

      Un altro distinguo qualificante secondo me e' fra il disapprovare un'idea e disapprovare la persona che la esprime: sono due cose diverse, visto che la persona e' "sempre la stessa" pur nel suo divenire (per definizione di persona), mentre le sue idee cambiano con: l'esperienza e la discussione, il confronto con la realta' e le altre persone, la fisica e la metafisica che fa da cornice interpretativa. Ma cio' significa presupporre, appunto, che qualsiasi idea una persona abbia, essa sia discutibile e, soprattutto, revisionabile.

      Invece, se una persona pretende di esprimere, anzi incarnare un giudizio definitivo e irrevocabile, magari fino al punto di condannare il revisionismo delle idee in se', e' legittimo confondere la persona con l'idea da cui e' irrimediabilmente posseduta, e combattere entrambe allo stesso modo.

      Qui sta lo spartiacque della civilta', a mio avviso.

      Quindi, rimarco il fatto che e' fondamentale essere consci della fallibilita' (e relativita') del proprio giudizio, che si sia il nobilissimo intellettuale Umberto Eco, o l'umile ascoltatore di Mike Bongiorno stanco di essere preso a pesci in faccia dai presuntuosi "umberto eco", e reo di porgere l'attenzione all'oggetto, o soggetto, sbagliato.

      Vi rammento il:

      "Great minds discuss ideas, average minds discuss events, small minds discuss people."

      Guai confondere le idee con le persone.

      Ovviamente secondo la metafisica del determinismo meccanicista distinguere fra persone e idee e' assurdo. Anzi e' assurdo, cioe' privo di senso, tutto.

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  5. Sulla nostra tendenza a dare giudizi su tutto e su tutti credo che non si possa avere il minimo dubbio.
    E' insito nella natura umana.

    Ma ci sono almeno due modi diversi, con cui una persona prudente ed intelligente può modulare le conseguenze dei propri giudizi.
    Se io mi trovo di fronte ad un malintenzionato che mi vuole derubare, è mio dovere giudicare negativamente quella persona e quindi gridare aiuto e poi denunciarla, appena possibile, alle autorità.

    Ma se stiamo discutendo delle unioni civili, posso avere ben fermo il mio giudizio sull'argomento (magari anche di nettissima condanna), ma non per questo ne devo far seguire un comportamento esteriore di disgusto.
    In fondo la convivenza civile è fatta (anche) di giudizi negativi che vengono tenuti per sè.

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    1. "... ma non per questo ne devo far seguire un comportamento esteriore di disgusto."

      E perché no? D'accordo, è da stolti manifestare i propri sentimenti e pensieri in qualsiasi circostanza senza curarsi degli eventuali effetti. È da stolti e maleducati. E difatti ci teniamo per noi certi pensieri per non offendere e anche per evitare grane (dobbiamo tener conto della reazione).
      Ora però si sta esagerando, siamo costretti a tacere, a non esprimere più opinioni giudicate non politicamente corrette. C'è una campagna mondiale di omologazione, di repressione di idee e comportamenti considerati malsani e persino criminali. I nuovi crimini sono non solo l'omofobia (questo crimine vent'anni fa non esisteva ancora), la xenofobia, il razzismo, il fascismo (ancora?!!), l'egoismo, il nazionalismo, il rifiuto del diverso e dell'accoglienza indiscriminata, ma si deplora - e perseguita - anche il semplice volersi distinguere o peggio (che crimine!) volersi imporre, anche a banalissimi livelli come la competizione sportiva. Non so se la notizia è vera (ma è stata ripresa anche dal Corriere e Repubblica oltre che dal Giornale), ma per fini educativi una scuola ha cancellato la partita di calcio con cui si concludeva l'anno scolastico in quanto profondamente diseducativa sotto vari aspetti. Ormai siamo alla demenza pura, qualsiasi cosa si pensi o si faccia si offende qualcuno. Il ragazzo bravo a pallone che dribbla o fa il tunnel a un avversario è da riprendere perche irride l'avversario, un comportamento altamente scorretto. Poi queste partite dove si esibiscono solo maschietti! Basta, vogliamo in campo anche le femminucce, ora relegate ai bordi del campo a fare il tifo. Chissà, fra non molto anche la serie A dovrà riservare le quote rosa nelle squadre di calcio (oltretutto le donne calciatrici sono davvero brave, meno scorrett e divertenti).
      Vedo un futuro di censura. Di cui approfitterà anche la Chiesa, ormai alleata dell'islam e degli ebrei. Guai a dire che suvvia la Madonna non era proprio vergine ... E che i fratelli di Gesù non erano cuggini, ma proprio fratelli ...


      http://www.ilgiornale.it/news/cronache/discrimina-bimbe-scuola-corretta-cancella-pure-calcio-1262053.html

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    2. << Vedo un futuro di censura. >>

      E' possibile, caro Sergio, ma - per fortuna - non si può mai censurare tutto.
      In realtà, credo che man mano che emergono nuovi tabù, altri finiscono nel dimenticatoio.
      Così, per esempio, una volta chi non arrivava vergine al matrimonio era considerata una donnaccia; oggi, invece, si vergogna chi ci arriva, perchè passa per una imbranata.

      Quindi è probabile che la censura sociale non stia veramente aumentando, ma solo spostandosi da un terreno ad un altro.
      Tutto sta a non perdersi gli aggiornamenti... :-)

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    3. << Vedo un futuro di censura. >>

      Beato te che lo vedi nel futuro, probabilmente perche' vivi in svizzera.
      Pressione fiscale = pressione sociale = censura. Se fai la somma delle tre cose, vedi facilmente che nei secoli non e' poi cambiata di molto, anzi e' sempre aumentata, assieme alla tecnologia che permette il controllo.
      Come dice Lumen, si sposta solo da un terreno all'altro, e se tralascia qualcosa tralascia gli aspetti piu' ininfluenti nella vita delle persone. Della pressione piu' potente non ci accorgiamo neppure tanto pervade le nostre vite, e tanto siamo noi stessi parte di essa, atomi che si agitano e spingono su tutti gli altri.

      La pressione e' tremenda e totalizzante fin dal primo ingresso nelle scuole dell'obbligo. Chissa' perche' di questo chi insegna non si accorge minimamente...

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    4. Una volta leggevo con piacere André Gorz, filosofo socialista ed ecologo (amico di Sartre). Una cosa che mi colpì molto era che anche la più blanda, benevola e ben intenzionata educazione costituisce pur sempre violenza: cerchiamo infatti d'indurre determinati comportamenti nel l'educando, ciò che è pur sempre un imporre qualcosa. Infatti la scuola educa a determinati valori (attualmente vanno fortissimo l'accoglienza, il considerare il diverso un comunque e sempre un arricchimento, la repressione di certi istinti primitivi come quello della sopravvivenza). È superfluo indicare quali siano i crimini sociali, ce li sbattono in faccia tutti i giorni, anche il papa s'impanca ad educatore e ci rimbrotta (siamo degli egoisti che amano più i cani e i gatti del vicino tagliagola).
      Quella dell'educazione come violenza intrinseca può sembrare una forzatura (ed effettivamente lo è: siamo in una società complessa e i suoi membri devono pure apprendere qualcosa, un mestiere e anche a comportarsi bene). Però almeno qualcosa di vero contiene questa concezione dell'educazione come forma larvata di violenza.
      È noto che pagare le tasse, specie in Italia, non piace praticamente a nessuno. Ed ecco allora un ministro sostenere che pagare le tasse è bello (partecipi e sostieni quel grande progetto che è il nostro futuro, contribuisci al bene comune). Non lo vuoi capire, anzi fai opposizione? Allora passiamo dall'educazione blanda e benevola, tutto sommato sopportabile, ai metodi un po' più robusti, magari anche la galera.
      P.S. Sia chiaro: io non sono contro l'educazione, ma che sia davvero blanda, cordiale: insomma, un aiutino a stare al mondo, non c'è bisogno di bastonate.

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    5. Figurati io se non sono d'accordo.
      Per quanto riguarda la scuola moderna, si trova da piu' parti la notizia che e' stata istituita per essere funzionale allo Stato Militare Industriale. Leggevo proprio ieri da qualche parte che la legge Casati, la prima dell'italia unitaria, si ispiro' al modello prussiano. In giappone adottarono addirittura le stesse uniformi scolastiche dei prussiani! (Casati sara' quello della villa acquistata col raggiro dal giovane berlusconi?).
      Sarebbe interessante una seria ricerca storica in proposito, mi sa che non c'e'. La scuola come organizzazione gerarchico militare industrial-tayloristica e' una istituzione recentissima dal punto di vista storico. Curioso che la scuola moderna studi e parli cosi' poco di se stessa e dei suoi estremamente dubbi natali...

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  6. << Per quanto riguarda la scuola moderna, si trova da piu' parti la notizia che e' stata istituita per essere funzionale allo Stato Militare Industriale. >>

    Caro Diaz, non mi ero mai soffermato molto su questa ipotesi, ma, in effetti, mi pare convincente e, in fondo, anche comprensibile.

    Se uno Stato vuole avere dei cittadini adatti alle proprie esigenze di governo, è molto meglio che li allevi nel modo giusto sin da subito, piuttosto che cercare di cambiargli la testa quando saranno adulti.

    La stessa cosa avviene, in fondo, anche in campo religioso, e credo che Sergio, che ha incrociato il propio cammino di gioventù con i Gesuiti (pur restandone 'immune'), possa confermarlo.
    D'altra parte non erano i gesuiti a chiedere che fosse loro lasciata l'educazione dei fanciulli, in modo da poterli 'avere' per tutta la vita ?

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    1. Errata corrige

      Caro Lumen,

      no, i gesuiti non li conosco che per sentito dire (anche se a Roma ho visitato compunto l'abitazione di San Tignazzo di Loyola - si tratta ovviamente di St. Ignazio, ma la mia amica che non lo conosceva scrisse così su un foglietto!).
      No, la mia via si è incrociata con quella dei salesiani (ah Don Bosco, ah San Domenico Savio - di cui ho vissuto in diretta la canonizzazione negli anni Cinquanta). E non direi che non ne ho subito l'influenza, tutt'altro. Però sì, dopo sono riuscito ad affrancarmi dalla tutela ecclesiastica, ma non senza sforzo.
      Sì, si attribuisce ai gesuiti quel detto: dateceli prima dei dieci anni e ne facciamo quel che vogliamo (l'indelebile imprinting).

      Si dice che si chiese un giorno al giovanetto Domenico Savio, pupillo di Don Bosco, come avrebbe reagito se un angelo gli fosse apparso annunciandogli la morte entro un quarto d'ora. La risposta di Savio fu - senza scherzi - geniale, fenomenale. Disse: "Continuerei a giocare." Sarà stata l'ora della ricreazione. Capito? Nessuna paura per chi è in pace con sé stesso, con la coscienza tranquilla. Quanti potrebbero dire altrettanto? Non che pratichi il culto di San Domenico Savio, un santo poco credibile (morì giovanissimo a 15-16 anni di tisi mi sembra). Però quella sua risposta o quell'aneddoto mi piacque - e continua a piacermi (nonostante i salesiani, alla mia epoca veri aguzzini, dei criminali). L'educazione aveva il compito di crearti sensi di colpa, di fiaccare la tua resistenza, renderti docile. Oggi - forse - le cose sono migliorate, ragazzi e ragazze non si fanno più mettere sotto così.

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    2. "e uno Stato vuole avere dei cittadini adatti alle proprie esigenze di governo, è molto meglio che li allevi nel modo giusto sin da subito"

      Infatti e' attualmente molto acuta la battaglia posta in essere da personaggi come il compianto Giorgio Israel (matematico e filosofo della scienza, molto colto, quasi erudito) circa l'opportunita' di avere una scuola che trasmetta conoscenza, rispetto ad una scuola delle competenze, e indottrinante nel senso che sopra descrivi. La diatriba non e' futile, e' molto diffusa l'opinione, opposta a quella di G.Israel, che la scuola debba formare il cittadino in senso indottrinante: tutta la cultura che ruota attorno al grillismo (se si puo' chiamare cultura) e quella di insigni esponenti della cultura ufficiale di derivazione "azionista" lo esige. Trovate molte argomentazioni sul suo blog, che vi consiglio. Di suo ho letto poco tempo fa "Israel, Giorgio - La macchina vivente - 2004", una argomentazione molto interessante e colta sul dilagare della metafora meccanicistica in ogni ambito della cultura contemporanea (che voi ben conoscete...).

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    3. "L'educazione aveva il compito di crearti sensi di colpa, di fiaccare la tua resistenza, renderti docile. "

      Pero' se non sbaglio ci dicesti che furono gli anni piu' belli della tua vita...
      C'e' da dire che gli adolescenti, ancora poco assuefatti alle scariche testosteroniche della giovinezza, tendono ad essere estremamente arroganti e aggressivi: quindi "crearti sensi di colpa, di fiaccare la tua resistenza, renderti docile" puo' solo servire a ristabilire un minimo di equilibrio...

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    4. "Pero' se non sbaglio ci dicesti che furono gli anni piu' belli della tua vita..."

      Orca, hai buona memoria. Sì, in effetti quelli di Caserta furono, malgrado i salesiani, anni bellissimi. Ma per le partite di pallone, e poi perché ero in quell'età in cui ...

      "Le cose andarono a questo modo. Eravamo cinque o sei, io il più vecchio, maestro, ma ancor più compagno e amico, loro giovani dal cuore fervido, dall'immaginazione ridente, traboccante di quella linfa primaverile della vita che ci rende così estroversi e desiderosi di conoscenza."
      (Incipit dei "Ricordi di un entomologo" di Jean-Henri Fabre che era maestro di scuola).
      Dunque fui felice nonostante gli aguzzini. Che poi non credo nemmeno che volessero davvero distruggerci, annientarci, solo un po' educare ai loro principi e valori.

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    5. Caro Sergio, ovviamente ti chiedo scusa per l'equivoco.
      Salesiani e Gesuiti sono due cose ben diverse, e con gli amici certi errori non si dovrebbero fare.
      Ergo, mi cospargo il capo di cenere, e poi vado a chiedere perdono a San Tignazzo di Loyola (se lo trovo... :-))

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    6. Incipit dei "Ricordi di un entomologo" di Jean-Henri Fabre che era maestro di scuola)

      pare non sia disponibile tradotto in italiano

      grazie anche della citazione del Gorz

      http://www.lastampa.it/2007/09/25/italia/cronache/si-suicidato-il-filosofo-andr-gorz-dqii63OZiCNAYCubbenNiO/pagina.html

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    7. Un modo discreto di andarsene senza rompere le scatole a nessuno e senza nemmeno l'aiuto di Exit (associazione per l'assistenza al suicidio) di cui sono socio non troppo convinto. Meglio, molto meglio procedere come hanno fatto Gorz e sua moglie. Il "cerimoniale" di Exit (con intervento finale della polizia che deve verbalizzare tutto) non mi piace tanto. Certo bisogna anche sapere come fare, dove procurarsi il pentobarbital o altra sostanza che induca una buona morte. Persino Exit ha dei problemi per procurarsi il pentobarbital, non è facile (in linea di massima basterebbe una ricetta medica).

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    8. "Souvenirs entomologiques" è un'opera in dodici volumi pubblicati all'inizio del Novecento e tradotti allora integralmente in italiano. Naturalmente questi volumi non sono più in commercio. Ma Einaudi ripropose nel 1972 la traduzione integrale dei primi due volumi nei Millenni. Fabre è di solito antologizzato, si pesca questo o quel capitolo più accattivante della sua ricca produzione. I singoli volumi dei Ricordi sono dei veri e propri gialli in cui Fabre cerca e trova la soluzione di alcuni problemi. È stato lui che ha descritto per primo come certi insetti paralizzino la preda che è poi mangiata viva dalla larva dell'insetto.
      Dai Millenni i Ricordi sono poi passati nella collana più a buon mercato degli Struzzi per poi sparire. Qualcosa di Fabre però è in commercio in italiano.
      I Ricordi sono tra i miei libri più cari. Sono poi andato anche in pellegrinaggio a Sérignan du Comtat a visitare l'harmas di Fabre.
      Il volume dei Millenni ce l'ho doppio, se t'interessa te lo mando. Ma come si fa ad appassionarsi agli "studi sull'istinto e i costumi degli insetti"? Ci voleva appunto un Fabre.

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    9. Troppo gentile, non disturbarti.
      Per quanto riguarda l'"avvisare la gendarmeria", che potremmo usare come eufemismo per questa certa situazione, devo dire che, data la attuale sgradevolissima situazione esistenziale senza sbocco, o che non promette altri sbocchi che non siano ancora piu' sgradevoli, fa molto pensare, e sembra la piu' auspicabile via d'uscita, appunto. Ma cercheranno, cercheremo in tutti i modi di costruire un apposito nemico, se necessario riconoscendolo anche in qualcuno con la sola colpa di non essere abbastanza amico, per svicolare pusillanimemente dal problema. Il nemico, il mostro, viene nutrito di lato o sotterraneamente, e prima o poi uscira' allo scoperto.

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