sabato 9 agosto 2014

Numbers

Quella tra artisti e scienziati, tra cultura classica e cultura scientifica, è una diatriba che percorre, con alterne fortune e alterni risultati, tutta la storia della civiltà umana.
Piergiorgio Odifreddi, che della matematica ha fatto il centro della sua vita, non può che essere di parte, e propendere decisamente per la cultura scientifica.
Ma le sue considerazioni (tratte dal suo blog “Il non senso della Vita”), mi sembrano interessanti, e difficilmente contestabili. anche per chi si trovasse sulla sponda culturale opposta.
LUMEN


<< L’artista, il musicista e il poeta percepiscono le meraviglie del mondo attorno a sé, raffigurandole e trasfigurandole nelle loro opere.
Osservano i variopinti colori dei fiori nei prati, riproducendoli in tele realiste o impressioniste. Ascoltano i gorgheggianti canti degli uccelli, riverberandoli in composizioni pastorali. Guardano oltre una siepe, fingendosi sovrumani silenzi e profondissima quiete. Osservano la danza della graziosa e silenziosa Luna, domandandosi che ci fa in cielo.

I loro sensi raffinati e le loro sensibilità affinate li candidano ad essere l’avanguardia emotiva di tutti noi, più poveri di spirito, che li eleggiamo a interpreti spirituali dell’umanità. (…)
Ma rispetto all’artista, al musicista o al poeta, il matematico va oltre, e non altrove. E la sua visione del mondo non sottrae bellezza alla descrizione dell’umanista, ma gliene aggiunge.
Perché la bellezza c’è a tutti i livelli della Natura, dal microcosmo al macrocosmo: non solo al livello antropico, al quale siamo tutti abituati e allertati, ma che rimane marginale e secondario rispetto al tutto.

Ad esempio, quando il matematico osserva un fiore, dietro al numero dei suoi petali nota la successione di Fibonacci e la proporzione aurea alla quale essa tende. Dietro ai suoi colori, riconosce le lunghezze e le frequenze di velocissime onde luminose. (…)
E ancora, quando il matematico guarda agli andirivieni palesemente errabondi della Luna e dei pianeti, vi scorge l’effetto della regolarità nascosta di moti di cerchi su cerchi su cerchi.
E descrive la sovrapposizione di questi moti nello stesso modo in cui descrive la sovrapposizione delle armoniche dei suoni, scoprendo e confermando il potere unificatore del linguaggio astratto delle formule. (…)

Ma se la matematica costituisce uno strumento così versatile, fertile e indispensabile per capire il mondo naturale e umano, com’è che quasi tutti la odiano visceralmente, e si vantano di non averci mai capito niente?

Che gli artisti, i musicisti e i poeti si lasciano guidare più dalle viscere, che dalla testa?
I credenti si affidano più alla fede irrazionale, che al pensiero logico?
I filosofi seguono le chiacchere degli esistenzialisti, più che i ragionamenti dei razionalisti?
I politici incarnano l’arte del voltagabbana, e disdegnano la legge di non contraddizione?
I media rincorrono avidamente scrittori e artisti, anche da quattro soldi, ma evitano accuratamente gli scienziati, anche da Nobel?
E, amarus in fundo, gli studenti considerano la matematica la loro bestia nera e il loro incubo?

Una prima spiegazione, fisiologica, l’ha data Howard Gardner nei suoi studi sui vari tipi di intelligenza.
A un estremo, la prima a svilupparsi nel bambino è l’intelligenza musicale, fin dai primi anni di vita. All’altro estremo, l’intelligenza logico-matematica è l’ultima ad arrivare, con la pubertà e l’adolescenza.

Così, mentre si conoscono geni precocissimi come Mozart o Mendelssohn, che a quattro anni suonano e compongono, anche matematici precoci come Pascal o Gauss sono sbocciati solo tra i sedici e i diciott’anni.
Il che significa che la matematica richiede una maturità e uno sviluppo che non si hanno ancora alle elementari e alle medie, quando la si subisce come una perversa violenza e la si interiorizza come un indelebile trauma.

Una seconda spiegazione, psicologica, deriva dalla natura stessa di un gioco come la matematica, in cui non si può sgarrare, e tanto meno barare: basta lasciarsi scappare un segno sbagliato, o non chiudere una parentesi, per subire una débâcle.
Molto più facile abbassare il tiro, seguire le linee di minima resistenza e rivolgersi a giochi con regole meno vincolanti o, come nel romanticismo, addirittura inesistenti. E lasciar perdere una disciplina che costringe a estenuanti esercizi e sfibranti concentrazioni, incompatibili con la tempesta di “stacchi pubblicitari” a cui si viene diseducati fin da bambini.

Una terza spiegazione, sociologica, ha a che fare con il potere. La maggioranza dei ruoli dirigenziali, dai ministeri ai media, è distribuita per tradizione in accordo al motto di Croce: “comanda chi ha studiato greco e latino, e lavora chi conosce le materie utili”.
E non si può pretendere che gli umanisti aprano passivamente le porte al “nemico”, o evitino attivamente di denigrarlo, magari con la scusa che “così vuole la gente”: i due terzi della quale comunque non legge un libro all’anno, mentre il rimanente terzo si concentra sui romanzi.

Un’ultima spiegazione, pedagogica, ha a che fare con l’anacronismo della nostra scuola. Ministri e funzionari insensibili e inesperti, programmi e testi antiquati e aridi, esercizi sadici e noiosi inflitti con metodi di insegnamento antidiluviani, completano l’opera di allontanamento anche degli studenti meglio disposti.

Con queste premesse, non c’è da stupirsi che la matematica sia così poco apprezzata e capita: semmai, ci sarebbe da stupirsi del contrario. Peccato però che, in un mondo tecnologico, chi non la conosce finisca per rimanere un vero e proprio analfabeta.
Con gran cruccio di quei governi e di quelle società che prima fanno di tutto per bruciare la terra attorno alla matematica, e poi si preoccupano di esserci riusciti, domandandosi impotenti e tardivi come rimediare. >>

PIERGIORGIO ODIFREDDI

4 commenti:

  1. Be', sì, come dargli torto al caro Piergiorgio: ha ragione da vendere, e lo dico da non matematico - per cui sarei per Odifreddi un povero analfabeta. E magari ha anche ragione (si noti il mio "magari" - che significa poi: proprio un alfabeta non mi considero anche se sono a digiuno di scienze esatte). Come rimediare comunque a questa carenza di conoscenze matematiche? Ci si sta arrivando per forza d'inerzia: le cosiddette "scienze umanistiche" sono in profonda crisi e in un prossimo futuro salteranno non poche cattedre di queste scienze, anche se al momento gli iscritti a queste "scienze" sono ancora molti, anzi troppi. Ma è ormai solo questione di tempo: non ha consigliato lo stesso Napolitano di studiare di più le materie scientifiche? Ci stiamo dunque arrivando e Odifreddi sarà contento.

    Quello che mi secca (un po') è il malcelato disprezzo di Odifreddi per i "romanzi" ovvero per la letteratura. Certo posso anche capirlo: se ne leggono troppi di romanzi, un po' più di matematica farebbe certamente bene. Ma Odifreddi stesso le grandi opere letterarie le conosce e non credo che gli abbiano fatto male. I racconti oltre che divertire insegnano molte cose sulla vita, sono esperienze, e positive per quanto libresche (dunque esperienze indirette, di seconda mano). Io non vorrei vivere in un mondo di "puri" scienziati innamorati delle particelle subatomiche. Carlo Rubbia mi fa sempre una strana impressione, oltre l'italiano incerto e approssimativo. E poi scopri pure che è nell'Accademia Pontificia delle Scienze. Ma vaffà!

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    1. << Ma Odifreddi stesso le grandi opere letterarie le conosce e non credo che gli abbiano fatto male. I racconti oltre che divertire insegnano molte cose sulla vita, sono esperienze, e positive per quanto libresche (dunque esperienze indirette, di seconda mano). Io non vorrei vivere in un mondo di "puri" scienziati innamorati delle particelle subatomiche. >>

      Beh, certo Odifreddi esagera un po' perchè è chiaramente di parte.
      E sicuramente la buona letteratura è una parte irrinunciabile nella cultura e nella maturazione di una persona.
      Ma c'è anche la cattiva letteratura, che porta le persone meno smaliziate a credere in un mondo molto diverso da quello reale, con tutte le conseguenze che questo comporta.
      In fondo, l'attuale crisi ecologico-demografica non viene aggravata anche dal fatto che molta gente non la vede o si rifiuta di vederla ?

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  2. Gli studenti odiano la matematica perché è insegnata male. È il parere di un matematico (non ricordo adesso il nome) che in una trasmissione televisiva ha perorato la causa della matematica sostenendo che è possibile appassionare gli studenti alla materia, ma appunto nel modo giusto.
    Interessante l'osservazione di Odifreddi in merito all'età in cui lo studente può aprirsi con interesse se non entusiasmo allo studio della matematica - che non sarebbe per i giovanissimi.

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    1. << Gli studenti odiano la matematica perché è insegnata male. >>

      Osservazione ineccepibile, caro Sergio, che può applicarsi quasi a tutta la scuola nel suo insieme.
      Troppe cose vengono insegnate in modo apodittico, solo perchè è previsto dal programma, ma senza far capire bene il motivo per cui è necessario avere certe nozioni.
      Se lo studente venisse prima posto di fronte al problema (di vita reale) e poi alla soluzione che la matematica (o qualsiasi altra disciplina) è riuscita ad elaborare (magari faticosamente nei secoli) ecco che la sua comprensione sarebbe più facile, immediata e, soprattutto, duratura.
      Ma quello della scuola è un problema vastissimo, che ci porterebbe troppo lontano.

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