sabato 23 agosto 2014

Money, money

Sino a qualche anno fa, solo l'economista "eretico" Alberto Bagnai, in quasi totale solitudine, aveva il coraggio di tuonare contro la follia dell'Euro.
Oggi che la situazione economica dell'Italia, e dell'Europa nel suo complesso, si è talmente deteriorata da diventare insostenibile, le voci critiche si stanno (per fortuna) diffondendo.
Quelle che seguono sono le più recenti considerazioni sull'argomento, semplici, chiare ed ineccepibili, dello storico e politologo Aldo Giannuli (tratte dal suo sito).
LUMEN


<< Renzi pensava di affascinare l’Europa con la sua riforma del Senato: non se l’è bevuta nessuno. All’ “Europa” del Senato non gliene può fregare di meno, invece interessa la precarizzazione totale del lavoro in Italia, arraffare quel po’ che ancora ha un valore (Eni, Cdp, Telecom, forse qualche pezzetto di Finmeccanica) e che gli italiani si spremano sino all’ultima goccia di sangue, diano fondo ai risparmi e si vendano casa per pagare gli interessi sul debito pubblico e, se possibile, ne restituiscano una parte attraverso il fiscal compact. Il resto sono solo chiacchiere.

Il punto centrale è la situazione insostenibile del debito italiano, che si è mantenuto in bilico per questi due anni di bonaccia dei mercati finanziari, ma ora la tregua sta finendo ed i conti li ha fatti Zingales (...) : “Con un tasso di interesse reale al 3,6% ed un tasso di crescita allo 0,3%, abbiamo bisogno di un avanzo primario del 4,5% solo per non far crescere il rapporto debito Pil. Oggi il surplus primario è solo al 2,6%. Questi semplici calcoli ci dicono non solo che non saremo mai in grado di soddisfare il fiscal compact, ma anche che la situazione del nostro debito pubblico è insostenibile a meno di una significativa ripresa dell’inflazione”.

E, infatti, l’inflazione è sempre stata il maggiore alleato dei paesi debitori, ma questo presuppone la sovranità monetaria del debitore, cosa che l’Euro ci ha tolto. Il problema è che, mentre gli italiani hanno capitalizzato i loro risparmi in beni reali (essenzialmente immobili), i tedeschi li hanno impiegati per l’acquisto di titoli finanziari prevalentemente in Euro. Per cui, un’inflazione al 3% sarebbe una grande boccata di ossigeno per i paesi indebitati come Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, ma, alle orecchie dei tedeschi, suonerebbe come una tassa patrimoniale di pari importo sui titoli. E siccome la moneta comune non è mai la “moneta di tutti”, ma sempre e solo del più forte, questo non si può fare.

Per i tedeschi la soluzione sta nella spoliazione dei paesi debitori, del loro patrimonio pubblico (aziende, immobili, riserva aurea, Cdp ecc.) e di quello privato (risparmi, proprietà immobiliari e, fosse per loro, anche vendita dei figli al mercato degli schiavi). Per fare questo, occorre azionare con la massima decisione la leva fiscale (ovviamente al rialzo) e svendere subito il patrimonio pubblico, entrambe cose che Monti aveva iniziato a fare con grande sollievo della platea “europea” (e sapete cosa intendo per “Europa”).

Ovviamente, dopo una cura del genere un paese entra in una fase di estrema decadenza economica per interi decenni, ma questo non interessa all’”Europa”. Per i tedeschi, i partner europei sono solo sgabelli su cui arrampicarsi per reggere la sfida della globalizzazione.

Renzi non sta dando le risposte attese e si sta limitando a giocare al “piccolo leader”, cosa sommamente irritante. Per la verità, l’“Europa” non ha soluzioni politiche di ricambio: la destra berlusconiana l’ha già cacciata una volta ed è decotta, il centro non esiste e nel Pd non c’è nessuno che possa dare il cambio al fiorentino. Ed allora che si fa? Si commissaria l’Italia. Si fa governare il paese dalla troika (Ue-Fmi-Commissione Europea).

Ma, mi si dirà, la troika interviene solo su richiesta dei paesi che sono a rischio default. Certo, ma dove è il problema? L’Italia richiederà l’intervento della Troika. Non vuole farlo? Allora si procederà con un nuovo “assedio dello spread”: quando, come nel novembre 2011 (quando c’era da cacciare Berlusconi) lo spread risalirà oltre i 500-600 punti, gli italiani, soprattutto grazie al loro ineffabile Capo dello Stato, faranno quello che devono fare e si troverà il Monti di turno che faccia il lacchè della troika. (...)

E Renzi cosa può fare? Il “bersagliere del nulla” ha solo due scelte davanti: o fa quello che la BCE gli dice, alla lettera e senza capricci, oppure fa saltare il tavolo. Cosa intendo per “far saltare il tavolo”? Giocare la carta del “ricatto del debitore”: “io vado in default, ma dietro di me se ne vengono molti altri, comprese le banche tedesche: poi l’Euro salta e siamo tutti seduti per terra; oppure ristrutturiamo il debito senza ricatti, iniziamo a negoziare una uscita dall’Euro, rivediamo tutti i patti.”

La forza negoziale dell’Italia sta proprio nel fatto che è un grande debitore con i suoi oltre 2.000 miliardi di debito. La Ue e l’Euro potrebbero resistere agevolmente ad un default greco pari a 300 miliardi e forse potrebbe incassare anche un tracollo portoghese, ma un colpo da 2.000 miliardi è decisamente troppo. Come ci ha insegnato un grande finanziere, un piccolo debito è un problema del debitore, ma un grande debito è un problema del creditore.

E la cosa potrebbe funzionare anche perché potrebbero accodarsi spagnoli, greci, portoghesi, mentre la parte loro potrebbero farla anche i variegatissimi movimenti “euroscettici”, che si sono appena affermati come forza politica di primo piano, nelle elezioni di due mesi fa. E dunque, la via sarebbe quella di sedersi tutti al tavolo e assumere il problema del debito come problema comune a debitori e creditori. Questo non è un tempo normale da di grande crisi che chiede scelte radicali, nel nostro caso o servi della troika o ribelli decisi a far saltare il tavolo. Tertium non datur.

Ma questo richiederebbe una intelligenza, una preparazione, un coraggio politico di cui non sospettiamo lontanamente Renzi. (...) La sua patetica impennata in difesa della sovranità nazionale (ridotta ad un miserrimo “E qui comando io!”) non vale una grinza sulla pelle di un rinoceronte, sarà travolto prima di aver finito di parlare. Ma quello che verrà dopo, sarà anche peggiore. Prepariamoci. >>

ALDO GIANNULI

15 commenti:

  1. Dunque prepariamoci? A che cosa? Al peggio, naturalmente, inevitabile. Che Renzi insista a fare il paggetto dell'UE o faccia saltare il tavolo il risultato sarà lo stesso: lacrime e sangue. Ma nel secondo caso - far saltare il tavolo - si potrebbe (forse) sperare in una rinascita, ovviamente non immediata ma forse nemmeno troppo lontana. Io preferirei effettivamente questa soluzione, ma così d'istinto, senza riflettere (troppo). La prima soluzione infatti significa la fine dell'Italia, sotto tutti i punti di vista.
    Ma chi ha veramente sognato e voluto gli Stati Uniti di Europa? Che sarebbero dovuti diventare la prima potenza economica del pianeta (Prodi).
    Io agli Stati Uniti d'Europa come "progetto di pace" non ho mai creduto. Poteva bastare anche il MEC per far finire le aspirazioni belluine di alcuni Stati (a ben vedere poi soprattutto Germania e Francia). Del resto i paesi dell'Europa occidentale dopo due conflitti di quelle dimensioni erano ormai vaccinate, un altro conflitto non era e non è più concepibile, anche senza UE e Euro.
    Ho letto che sono stati di USA a fortemente volere l'UE (con la Turchia, paese chiave della NATO e ospitante deterrente atomico americano, come l'Italia). Ma gli Stati Uniti d'Europa non minaccerebbero l'economia degli USA? Certamente costituirebbero un concorrente temibile per il colosso americano (questo discorso però non teneva ancora conto della nascita del nuovo colosso asiatico, la Cina, nonché degli altri paesi in espansione raccolti nel BRIC).
    C'è una grande confusione sotto il cielo - diceva Mao sorridente, perché la confusione chiamava la rivoluzione.
    Ma basta con le - false - rivoluzioni. Bisogna cercare un accordo - fra tutti i contendenti sulla scena mondiale e concorrenti in quel processo chiamato globalizzazione. Uno Stato non può più pretendere di vivere alle spalle degli altri invadendo i suoi mercati coi suoi prodotti "decisamente migliori" della concorrenza. Ormai tutti dispongono delle tecnologie di punta, il vantaggio dell'occidente non esiste più.
    E non dimentichiamo - la lingua batte eccetera - che siamo 7,3 mld di voraci consumatori o aspiranti a voraci consumatori. Qui ci vuole un accordo se no salta davvero il tavolo - e non solo quello europeo.
    Mi rendo conto che sarà molto molto difficile, forse impossibile, ma conviene tentare. Anche Obama pur volendo un mondo senza arme nucleari sapeva che era molto molto difficile arrivarci. Chissà, magari sarà più facile scatenare un conflitto nucleare. Leggevo giorni fa che Israele possiede missili intercontinentali per le sue atomiche! Stento a crederci, possono lanciarle anche dai sottomarini che gli fornisce la Germania.
    Stiamo ballando tutti sul Titanic. L'orchestra suona, i vacanzieri sono al settimo cielo sull'Inaffondabile ...

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  2. << Stiamo ballando tutti sul Titanic. L'orchestra suona, i vacanzieri sono al settimo cielo sull'Inaffondabile >>

    Sì, la sensazione è questa.
    Però siccome io sono (o almeno mi definisco) un PESSIMISTA FELICE, ne approfitto per godermi il (modesto) benessere e la tranquillità quotidiana che la civiltà occidentale mi offre (finchè dura) come se fosse qualcosa di speciale.
    E poi, la transizione verso una minore ricchezza complessiva (inevitabile) potrebbe anche essere meno tragica (soprattutto meno violenta) di quanto pensiamo.
    Almeno, io lo spero.

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    1. "E poi, la transizione verso una minore ricchezza complessiva (inevitabile) ..."

      Il concetto di "decrescita" è infelice perché induce a credere che dovremo rinunciare a tante comodità, magari che dovremo persino stringere la cinghia. Anche Bagnai si fa beffe della "decrescita felice". Felice un corno, dice lui.

      In effetti però si potrebbe vivere altrettanto bene, se non persino meglio, senza essere costretti a correre dietro gli ultimi gadget del mercato (e a dover lavorare per questo!). La pubblicità e la (naturale) invidia sociale ci costringono invece a stare al gioco: lo voglio anch'io ...
      Più che sulla crescita bisogna insistere sul benessere. E infatti già ci sono degli indici per misurare persino la felicità o uno stato di alto gradimento che non è dato dalla disponibilità finanziaria (tuttavia uno di questi indici dice che in Svizzera per essere realmente soddisfatti bisogna disporre di un reddito di 15'000 - 20'000 franchi mensili - tra 13 e 16'000 euro). Decisamente troppi, anche in Svizzera.
      Comunque qualche rinuncia bisognerà metterla in conto. Ma non deve essere per forza dolorosa.
      Non escludo però nemmeno che si arrivi anche con le buone a un accordo, per quanto improbabile. Più probabile è però il gran botto o qualche catastrofe che costringa la gente a ridimensionare drasticamente le proprie aspettative. Penso anche a un possibile crisi alimentare. Sia in Grecia che in Italia c'è stata gente costretta alla fame, non solo per modo di dire (vedi anche i suicidi).

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    2. Il problema e' che la nostra economia e' basata sulla produzione, e se la produzione rallenta per qualsiasi motivo (che puo' essere non solo nella scarsita' di risorse su cui si fa tanta propaganda ma, nel caso delle nostre societa' ricche, soprattutto nel calo della domanda per sazieta', perche' abbiamo gia' tutto in molteplici versioni) si grippa tutto: produttori senza lavoro, senza soldi come consumatori, crollo della capacita' di acquisto, crollo della produzione, in un circolo vizioso.
      Il meccanismo e' tale per cui non bisogna mai essere soddisfatti: affinche' le cose funzionino, e' necessario essere sempre insoddisfatti.
      Insomma a dover essere infelice, affinche' avvenga, e' anche la crescita :)

      Bagnai e' di estrazione marxista-operaista, e sta cercando di riportare all'equilibrio la contrapposizione fra produttori e consumatori, contrapposizione che non c'e' piu' perche' la maggior parte della popolazione nelle nostre societa' ad alta produttivita' e' fatta di consumatori, i produttori "veri" sono un'infima minoranza. Dato quest'ultimo dato di fatto, non credo che avra' successo, perlomeno non nel modo che spera lui.

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    3. I produttori veri sono un'infima minoranza che pero', attraverso la legge dello Stato, cerca in tutti i modi di imporre l'acquisto dei suoi prodotti/servizi, altrimenti considerati inutili e indesiderati dai consumatori, coatti.
      Lo Stato asseconda i produttori perche', per quanto detto sopra, altrimenti crolla il sistema, che deve produrre per forza, non importa cosa.
      Una notevole parte della cosiddetta "spesa pubblica" e' di tal fatta, e lo e' anche una notevolissima parte della spesa privata, che e' obbligata dalla legge dello Stato. provate a fare un conto di quanta parte del vostro reddito (se avete ancora la fortuna di averne uno) se ne va fuori dal controllo della vostra volonta': sommando tassazione e "spesa obbligata dalla legge", e' la quasi totalita', credo oltre l'80 per cento.
      E' una droga di cui bisogna aumentare sempre la dose, altrimenti crolla tutto subito.

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  3. << Sia in Grecia che in Italia c'è stata gente costretta alla fame, non solo per modo di dire (vedi anche i suicidi). >>

    Bagnai, che va spesso sopra le righe, ma sa quello che dice, sostiene che i nostri governanti (che ci hanno portati nell'Euro pur sapendo che cosa sarebbe successo) dovrebbero sentirsi sulla coscienza tutti i poveretti che si sono suicidati in questi anni per colpa della crisi economica.
    Ma lor signori ce l'hanno una coscienza ?
    Forse no.

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  4. Tornando al contenuto più strettamente tecnico di questo post, vorrei aggiungere che secondo una simulazione econometrica del professor Bagnai, un eventuale ritorno alla Lira comporterebbe una svalutazione valutaria del 20 % ca. (tale è il dislivello reale che si è creato in questi anni con le economie del nord), che però comporterebbe una immediata ripresa dell'economia, con una inflazione del tutto ragionevole.

    In particolare (salvo errori da parte mia), nei prossimi 4 anni si dovrebbe avere:
    - un aumento complessivo del PIL del 6,5 - 7 % (in media, più dell'1,5 all'anno)
    - una inflazione complessiva dell'11,5 - 12 % (in media, meno del 3 % all'anno).
    Sono solo stime, ma sono ben diverse da quelle gonfiate con cui ci terrorizzano i difensori dello status quo.

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    1. Bagnai ha probabilmente ragione sulle Aree Valutarie Ottimali (e' un teoria di Mundell del 1961, di cui l'"Italia unita" stessa e' la piu' plateale conferma, esperienza che ora si sta tentando di replicare a livello europeo), ma non tiene conto del fatto che il mondo che cresce non ha nulla, mentre noi abbiamo tutto, e non sappiamo piu' cosa inventarci per tenre in corsa l'apparato produttivo.
      Ieri sul suo sito che leggo sempre c'era un commento di un lettore che rimpiangeva i primi anni '90 in cui il suo cementificio non riusciva a star dietro agli ordini....

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    2. Caro Diaz, indubbiamente Bagnai è un sostenitore della crescita economica classica, mentre io, come ben sa chi segue questo blog, sono un sostenitore della decrescita (intesa come necessità ecologica).
      Si tratta in effetti di una contraddizione, e nei sono consapevole.

      Però è anche vero che noi oggi stiamo sommando i disagi inevitabili della decrescita (che difficilmente può essere davvero felice) ai disastri di una economia classica mal gestita, e questo mi sembra davvero un po' troppo.

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    3. Caro Lumen,

      so che sei (sempre stato) un liberale, mentre io sono un ex sessantottino di estrema sinistra (credevo davvero nel sol dell'avvenire del comunismo). Sono poi diventato un verde sempre in opposizione al capitalismo: non credo che la battaglia ecologica fosse una nuova ideologia. Comunque i Verdi mettevano la salvaguardia dell'ambiente al centro dei loro interessi e non potevano perciò non opporsi al capitalismo che predicava - e predica tuttora - la crescita economica infinita come una necessità. Ma, come ha ben spiegato Diaz, è una necessità del sistema capitalistico: se ci fermiamo è la fine (non dell'umanità ma del sistema). Non c'è alternativa dicono ("alternativlos" dicono i tedeschi - il suffisso "los" significa senza, vedi per es "glücklos" sfortunato (Glück "felicità, fortuna").

      I Verdi di una volta e noi invece siamo dell'avviso che non si può continuare così: una crescita economica illimitata, intesa come accumulo di beni (non di progresso che è un'altra cosa, come abbiamo già visto), è semplicemente assurda in un mondo finito. Lo smaltimento dei rifiuti è uno dei grandi problemi probabilmente insolubili.

      Ma adesso dobbiamo decrescere o mantenere almeno il nostro standard di vita occidentale? Secondo te, mi sembra di capire, la decrescita è ineluttabile perché le risorse (a cominciare dal petrolio, ma anche l'acqua e altro) sono finite mentre cresce la domanda dei meno fortunati del pianeta che hanno sicuramente diritto a una certa crescita, la cui entità non può essere adesso definita. In quest'ottica il mondo attualmente in via di sviluppo migliorerà il suo standard di vita, ma A SCAPITO nostro. I nostri tentativi di mantenere l'attuale standard falliranno o porteranno inevitabilmente a scontri armati. Dunque un mondo sale e l'altro scende. Ma la discesa non deve essere necessariamente dolorosa e inaccettabile. Un bel libro di un ecologista (Luca Mercalli) aveva appunto per titolo "Prepariamoci". Se la decrescita è ineluttabile, se riconosciamo agli attuali sfortunati o meno fortunati il diritto di stare un po' meglio, potremo attutire le conseguenze della caduta o di un certo ridimensionamento delle nostre pretese, e anzi addirittura trarne profitto nel senso di una migliore vivibilità e convivialità.

      Ciò significherebbe però approdare a uno stato pressoché stazionario: meno o azzeramento della concorrenza, più cooperazione, sviluppo e benessere sì ma per tutti. E arriviamo con ciò, per vie traverse, alla società perfetta o quasi come se la immaginavano Platone, Campanella e buon ultimo Marx.
      Per noi però la Città del Sole campanelliana è un orrore, vorremmo solo scappare da un mondo così perfetto.

      Nel nostro futuro ci sarebbe allora una specie di socialismo in uno stato stazionario? In un mondo di 10 miliardi e più di esseri umani non credo che restino molti spazi alla libera impresa. Deve prevalere l'ordine, l'organizzazione.

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    4. << Ciò significherebbe però approdare a uno stato pressoché stazionario: meno o azzeramento della concorrenza, più cooperazione, sviluppo e benessere sì ma per tutti. >>

      In effetti il punto di arrivo (di equilibrio) dovrebbe essere proprio questo, però per garantire un minimo di benessere sarebbe anche necessaria quella drastica riduzione della popolazione che noi tutti ci auguriamo.

      (P.S. - bisognerebbe poi sentire cosa ne pensa quel piccolo diavoletto del "gene egoista", che ci vorrebbe tutti aggressivi e sopraffattori; ma questo è un altro discorso).

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    5. "Bagnai è un sostenitore della crescita economica classica, mentre..."

      La contraddizione intrinseca e' nel defininire la "decrescita" felice, e Bagnai secondo me lo sa anche se evita di complicare troppo il suo discorso, oltre a preferir soprassedere dato che marxista e', o era, pure lui: qualsiasi cosa sia desiderabile qualora la si ottenga e' "felice", e si traduce pure in un valore economico, per cui e' "crescita", non "decrescita", e non puo' essere decrescita. L'oggetto anche piu' materiale vale in quanto piace ed e' desiderato, non per quanto "valore-lavoro" c'e' dentro. Non e' quanta fatica proletaria e' impiegata nella produzione a dare valore alle cose.
      Solo delle persone, probabilmente perche' di derivazione strettamente materialistico-marxista anche se inconsapevole, culturalmente incapaci di considerare il "valore" una faccenda che per definizione e' valutativa, soggettiva (Menger, Weber), possono pensare cose come la "decrescita felice". Marx in effetti, nella sua illusione di fare della sua filosofia morale una scienza, ha piu' dell'ingegnere che del sociologo: e non per nulla una delle cose che viene rimproverata a lui e ai suoi eredi, fra cui i moderni sostenitori della "decrescita", e' di darsi all'ingegneria sociale: l'anelito all'"uomo nuovo", al "mondo nuovo". Le stesse cose cui agognavano i fascismi, peraltro.

      In questa ottica, ai miei occhi, di voi due il marxista non avrei mai detto potesse essere Sergio ;)

      Circa il "gene egoista", vi invito a leggere anche qualcos'altro, tipo che ne so K. Lorenz, o S. J. Gould, la visione di Dawkins e' oggettivamente di un riduzionismo e di un materialismo estremi, e interpreta il mondo, per quel che ricordo dato che lo lessi con grande piacere molti anni fa, nel modo che e' naturale per l'educazione scolastica americana: il luogo della concorrenza e dell'arrivismo: ricordiamoci che in molte loro scuole, le "migliori", vige il sistema del "ranking", non basta essere bravi per essere promossi, bisogna essere i migliori: chi e' in fondo alla classifica viene comunque scartato. Per la nostra cultura, per fortuna, cio' e' un disvalore, anche se oggettivamente "funziona" qualora il merito lo si giudichi solo dai risultati, che fra l'altro quasi sempre sono molto piu' frutto del caso che del presunto "merito"... dovrebbe bastare questo per mettere Dawkins nel posto, molto piu' modesto, che gli compete ;)

      Di Lorenz consiglio "conoscenza credenze e libertà", un breve scritto che trovate sul "mulo".

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    6. Caro Diaz, davvero molto interessanti le tue considerazioni economiche sui concetti di crescita/decrescita e di valore/lavoro.
      In effetti quando si parla genericamente di decrescita ci si riferisce al calcolo del PIL, parametro limitato e limitante come pochi altri, anche se adorato come un idolo da quasi tutta la nostra società.
      Quindi non è certo un paradosso (nè una cosa impossibile) che alla decrescita numerica del PIl possa corrispondere un aumento della felicità/benessere.

      Sul riduzionismo di Dawkins, invece, pur avendone ben chiare le (sgradevoli) implicazioni sociologiche, non mi sento di fare passi indietro, date le mie profonde convinzioni in materia (come dimostra lo stesso titolo del mio blog).
      Comunque, di Lorenz e Gould, sino ad ora, ho letto molto poco, ed accolgo volentieri il tuo consiglio di allargare i miei orizzonti (tempo permettendo).

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  5. Caro Lumen,

    ricevo la newsletter dell'Espresso (ma non la voglio, si vede che per sbaglio l'ho ordinata) e guarda un po' cosa leggo:

    "COSÌ TORNEREMO RICCHI. La rivoluzione è già iniziata. In pochi anni può portare benessere e far ripartire l’Italia e l’Europa. Grazie alle reti per condividere energia, oggetti, trasporti. Sempre più a costo zero. Il grande economista spiega come uscire dalla crisi.

    di Jeremy Rifkin

    Sono senza parole! Ma allora ci rodiamo il fegato per nulla! Il Sol dell'Avvenire splende! Veramente la confusione è totale - Mao se ne rallegrava, io meno.

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  6. Caro Sergio,
    Rifkin ha incominciato col botto, con quel libro fondamentale e bellissimo che è ENTROPIA, ma forse il suo pessimismo non attirava troppo i lettori (il libro in effetti non viene più ristampato da tempo ed in Italia è introvabile).
    Allora, forse per una scelta editoriale, ha incominciato a scrivere libri più ottimistici (cito a caso: La fine del lavoro, L'età dell'empatia, Economia all'idrogeno, Il sogno Euroipeo), che evidentemente vendono di più.
    A me però non dicono più niente, per cui ho smesso di leggerlo.
    Forse sono meno ottimista di quanto sembro...

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