venerdì 18 luglio 2014

Il Secondo Principio – 1

Uno dei libri che hanno cambiato per sempre la mia visione del mondo (e mi hanno aiutato a diventare un “fenotipo consapevole”) è stato sicuramente ENTROPIA di Jeremy Rifkin.
Si tratta di un libro fondamentale, in cui Rifkin ci guida, in modo accessibile ma rigoroso, ai significati profondi del “secondo principio della termodinamica”, mostrandoci la sua ingombrante, e purtroppo ineluttabile, presenza in tutte le vicende dell’universo.
Qui di seguito troverete alcuni dei passi più significativi del libro, che peraltro, nel caso vi venisse voglia di acquistarlo, risulta attualmente introvabile (i soliti misteri dell’editoria italiana).
LUMEN


<< Dire termodinamica suona come un concetto estremamente complicato. In realtà si tratta della più semplice e nello stesso tempo la più emozionante concezione scientifica che sia mai stata elaborata. L’entropia è una misura della parte di energia che non può più essere trasformata in lavoro.

Il termine fu coniato dal fisico tedesco Rudolf Clausius nel 1968, ma il principio (…) era stato individuato quarant’anni prima (…) dal francese Sadi Carnot, impegnato a cercare di spiegare il funzionamento delle macchine a vapore. Carnot scoprì che una macchina funziona bene se una parte del sistema è molto calda e un’altra è molto più fredda, in altre parole: per convertire dell’energia in lavoro deve esserci una differenza nella concentrazione di energia (corrispondente a una differenza di temperatura) tra le varie parti della macchina.

Si produce lavoro quando l’energia passa da un livello più alto a uno più basso cioè dalle alte temperature a quelle più basse. La cosa più importante è che ogni volta che l’energia passa da un livello a un altro, diminuisce l’energia disponibile per produrre lavoro nel prossimo ciclo. 

Facciamo l’esempio dell’acqua che scende da una diga nel lago sottostante: la caduta può essere utilizzata per produrre elettricità o far girare ruote ad acqua o altri lavori utili. Raggiunto il fondo l’acqua non è più in grado di compiere alcun lavoro, su un terreno pianeggiante non può essere usata neanche per muovere la più piccola ruota.
 
Queste due situazioni si identificano con stato di energia disponibile o energia libera e al contrario stato di energia non più disponibile o energia vincolata.

Un aumento di entropia significa diminuzione dell’energia «disponibile». Ogni volta che avviene qualcosa nel mondo della natura, una certa quantità di energia si degrada e diventa non più disponibile per un lavoro successivo. Una parte di quest’energia non più disponibile è rappresentata dall’inquinamento, energia dissipata che si accumula nell’ambiente minacciando gravemente l’ecosistema e la salute di tutti.

Torniamo a Clausius, l’uomo che ha concepito la parola entropia. Clausius si era reso conto che in un sistema chiuso le differenze di livello energetico tendono sempre a pareggiarsi. 

Chiunque abbia avuto occasione di togliere dal fuoco un attizzatoio caldo avrà osservato lo stesso fenomeno che Clausius ha tradotto in legge. Quando un ferro rovente esce dal fuoco e sta esposto all’aria si nota subito che si raffredda e l’aria circostante si scalda, questo perché il calore passa sempre da un corpo più caldo a un corpo più freddo. Passato un po’ di tempo possiamo toccare il nostro attizzatoio e passare le mani nell’aria circostante e notare che hanno raggiunto la stessa temperatura.
 
Gli specialisti lo chiamano stato di equilibrio, uno stato cioè in cui non esistono più differenze di livello energetico, lo stesso stato dell’acqua su un terreno pianeggiante. In entrambe i casi, l’attizzatoio raffreddato e l’acqua livellata non sono più in grado di eseguire lavoro utile, la loro è un’energia vincolata, non più disponibile.
 
Questo non significa che l’acqua non possa essere riportata a monte della diga, a secchiate, o che l’attizzatoio non possa venire riscaldato di nuovo, ma significa che in questi processi, in ogni caso si deve impiegare una nuova fonte di energia libera, disponibile.

Lo stato di equilibrio è lo stato in cui l’entropia ha raggiunto il massimo livello e non vi è più energia libera disponibile per compiere ulteriore lavoro. Clausius riassunse il secondo principio della termodinamica concludendo che « nell’universo, l’entropia, come quantità di energia non più disponibile, tende continuamente verso un massimo ».

Sulla Terra abbiamo due sorgenti di energia utilizzabili: le riserve del suolo e la radiazione solare. (…) Lo stock terrestre consiste [a sua volta] in due specie di risorse: quelle rinnovabili con riferimento all’unità temporale della vita umana e quelle rinnovabili solo in tempi geologici e che quindi, l’uomo deve considerare come non rinnovabili per il raggiungimento dei suoi obbiettivi. (…)

Entrambe le fonti, la terrestre e la solare, sono limitate. Le risorse terrestri non rinnovabili sono limitate dalla quantità totale disponibile. Anche quelle rinnovabili hanno un ammontare complessivo disponibile limitato e, se sfruttate fino all’esaurimento, si comportano esattamente come le risorse non rinnovabili.

La fonte solare è praticamente illimitata nella quantità totale ma è strettamente limitata nel tasso di irraggiamento sulla terra. Anche se l’energia solare si degrada essa stessa a ogni secondo che passa, la sua entropia non raggiungerà un massimo se non tra molto tempo, dopo che le risorse terrestri saranno state completamente utilizzate. (…)

Naturalmente (…) è possibile invertire questo processo entropico se si considerano solo un tempo e un luogo ben definiti, ma lo si può fare soltanto a spese di altra energia e quindi di un aumento dell’entropia totale dell’ambiente. Bisogna capire bene questo processo soprattutto quando si parla di riciclaggio: vi è chi pensa che quasi tutto ciò che si usa possa essere riciclato e reimpiegato solo che si trovi una tecnologia adatta. Semplicemente, non è vero.

E’ vero che bisognerà arrivare a capacità di riciclo sempre maggiori per la sopravvivenza futura sul pianeta, ma non sarà possibile neanche avvicinarsi al 100% di reimpiego.
 
Per esempio per la maggior parte degli oggetti metallici l’efficienza di riciclaggio è intorno al 30% e riciclarli vuol dire spendere energia per raccoglierli, trasportarli e rilavorarli, aumentando quindi l’entropia totale dell’ambiente. Qualsiasi cosa può essere riciclata solo a spese di altre fonti di energia e quindi di un aumento di entropia dell’ambiente nel suo insieme.

Un punto che non dobbiamo stancarci di mettere in evidenza è che sulla Terra l’entropia dei beni materiali è in continuo aumento e si avvia a raggiungere un massimo, perché la terra è un sistema chiuso nell’universo, cioè scambia energia ma non materia con l’ambiente circostante. (…) 

A quelli che pensano che il flusso di energia solare si possa usare per produrre materia risponde l’economista Nicholas Georgescu-Roegen dicendo che: « anche in quella fantastica macchina che è l’universo non si crea materia dalla pura energia, in misura significativa, mentre invece enormi quantità di materia vengono continuamente convertite in energia ».

JEREMY RIFKIN

(continua)

13 commenti:

  1. L'entropia è e resta un concetto ostico per l'uomo qualunque. Prendiamo per es. questa frase apparentemente semplice e chiara:

    "L’entropia è una misura della parte di energia che non può più essere trasformata in lavoro."

    Chiaro, no? E invece. L'uomo qualunque, per non fare la figura del fesso, dirà: sì, ho capito. Ma ne dubito. Già il fatto che l'energia può essere trasformata in lavoro dà da pensare ... Che energia? Che lavoro? Mah!

    C'è intanto energia elettrica, idroelettrica, nucleare, muscolare, poi legna, carbone, petrolio ecc. Con questi tipi di energia si possono ottenere dei risultati o far funzionare qualcosa (far volare aerei, fare andare i treni, le automobili, le fabbriche, costruire immobili, insomma far funzionare l'economia). In tutte queste operazioni si utilizza un certo tipo di energia che poi si degraderebbe - cioè non è più disponibile in quella forma pratica e utilizzabile. Ma attenzione: in natura niente si perde, c'è solo trasformazione. L'energia utilizzata si è trasformata in qualcosa d'altro, non è scomparsa - solo che l'utilizzo dell'energia trasformata non è più possibile (perciò diciamo che si è "degradata"). In realtà sarebbe però possibile (visto che si è solo trasformata), solo che per renderla di nuovo utilizzabile occorrerebbe ancora più energia (dello stesso o di altro tipo). Forse rende meglio l'idea della difficoltà di riutilizzare l'energia impiegata il concetto di "dissipazione" invece che di degrado.
    Un esempio molto concreto. Le rotaie sono fatte di ferro. Per ricavare il ferro bisogna fare certi lavori utilizzando energia. Le rotaie poi col passaggio dei treni si consumano col tempo, cioè il ferro delle rotaie si disperde (ovviamente molto lentamente). In teoria dovrebbe essere possibile recuperare il ferro disperso (dissipato), ma per un'operazione del genere (ovviamente solo teorica, perché pazzesca) ci vorrebbe un'incredibile quantità di energia (per fare dei progetti di recupero, poi passare all'azione ecc.).

    (continua)

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  2. (continuazione)

    In un sistema chiuso, senza afflusso di energia dall'esterno, tutta l'energia utilizzata tende dunque a disperdersi (degradarsi, dissiparsi) e non può più essere utilizzata (almeno nell'immediato, forse in milioni di anni sì).
    Le gigantesche quantità di petrolio bruciate o utilizzate in appena due secoli sono in gran parte perdute per sempre per l'umanità (in parte sono però ancora presenti nei prodotti ottenuti col petrolio).

    L'acqua calda mescolandosi con quella fredda si raffredda, mentre quella fredda si riscalda (alla fine abbiamo acqua tiepida che però perde altro calore nell'ambiente fino a diventare fredda),

    Ma se l'energia si trasforma semplicemente in qualcosa d'altro (e non si perde del tutto, anzi per niente) avremo per finire altra energia in altra forma, anche se non utilizzabile nell'immediato o a lungo.

    Il sistema terra però non è chiuso perché riceve in continuazione energia solare.
    Ma l'energia non può essere convertita (almeno in teoria) in materia?

    Be', ho buttato giù così dei pensieri come mi venivano, non c'è molta logica o chiarezza probabilmente. Dal che risulta chiaramente che questa storia dell'entropia è di non facile comprensione. Già il fatto che più grande è l'entropia meno energia è disponibile va contro la comune logica. E se invece di entropia (che brutta e oscura parola ) dicessimo appunto disordine, degrado, dissipazione? L'energia è ordine (in quanto contiene informazione, si è formata attraverso processi complessi e lunghissimi) e utilizzandola si disperde perdendo quell'ordine che la rendeva utilizzabili. Ogni ordine, nel processo cosmico, è destinato a diventare disordine (mancanza totale di informazione). La morte dell'universo - massimo disordine ovvero informazione azzerata (come del resto avviene per ogni organismo vivente che morendo si scompone) - è o sarebbe il traguardo finale. Dico sarebbe perché forse lo stesso non è così.
    Scusa il blablablà di un letterato.

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  3. << questa storia dell'entropia è di non facile comprensione. Già il fatto che più grande è l'entropia meno energia è disponibile va contro la comune logica. E se invece di entropia (che brutta e oscura parola ) dicessimo appunto disordine, degrado, dissipazione? >>

    E' una osservazione molto acuta, la tua, caro Sergio, ed è probabilmente anche per questo che un principio così potente e pervasivo come l'entropia (ovvero dissipazione) sia pochissimo conosciuto dalla cultura corrente.

    Oltretutto, a pensarci bene, la crisi a cui stiamo andando incontro deriva principalmente dal fatto che ci rifiutiamo di accettare i limiti oggettivi posti da questo principio, e continuiamo ad andare avanti come se niente fosse, come se l'entropia-dissipazione non esistesse.
    Ed ecco allora tutti a vagheggiare di nuove mirabolanti scoperte scientifiche e tecnologiche che, con un colpo di bacchetta magica, risolveranno tutti i nostri problemi. Ma ovviamente non potrà essere così.

    D'altra parte, qualcuno ha detto che uno dei problemi principali per la diffusione culturale del pensiero scientifico è che la realtà è molto spesso CONTRO-INTUITIVA e la gente, pertanto, comune ha difficoltà a comprensere ed accettare certi principi.
    Così il senso comune diceva che la terra era piatta, e invece non lo era, che il Sole girava intorno alla Terra, e invece era il contrario, e si potrebbe continuare.
    Dispiace, ma è così

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  4. I brani che riporti dal testo di Rifkin sono molto interessanti e pongono problemi fondamentali. Mi colpisce l'affermazione che l'energia pura non si trasforma mai in materia; anche se ho qualche dubbio. Nel senso che con le leggi della fisica ordinaria ciò è vero, ma la questione è più complessa in situazioni di fisica estrema. Ed infatti la materia si è certamente formata dall'energia, ma in condizioni del tutto particolari subito dopo il big bang, in momenti in cui la fisica ordinaria (che lavora a temperature e livelli d'energia più bassi) non era ancora in atto. Il ruolo della gravitazione è molto legato alla presenza della materia e costituisce la base su cui si fonda l'esistenza dello spazio-tempo. Su questi temi c'è ancora molto da scoprire. Fino a poco tempo fa si credeva che la fonte maggiore dell'energia dell'universo fosse la fusione nucleare. La scoperta delle supernove giganti e poi dei buchi neri ci ha aperto invece ad altre fonti che spiegano fenomeni fino a poco tempo fa inspiegabili come le quasar. Nelle supernove si è postulata l'esistenza della conversione diretta di materia in energia attraverso l'interazione materia-antimateria; nei buchi neri l'annichilimento della materia che cade nei pressi l'orizzonte degli eventi produce i maggiori flussi d'energia conosciuti nell'universo. L'entropia vale su scala cosmica, o descrive solo fenomeni "locali" in uno spazio-tempo legato alla fisica ordinaria? Che l'entropia valga anche su scala cosmica è tutto da dimostrare..

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  5. Caro Agobit, ti faccio i complimenti per la competenza che dimostri in materia.
    Io ho letto alcuni saggi di fisica e cosmologia ma non mi sento assolutamente in grado di replicare alle tue domande (se qualche altro lettore volesse farlo, sarebbe il benvenuto).
    Risulta anche a me che, quanto meno in condizioni estreme, anche l'energia può trasformarsi in materia, mentre l'inverso è cosa abbastanza ovvia.

    Quanto alla tua ultima affermazione << che l'entropia valga anche su scala cosmica è tutto da dimostrare >> ovviamente non possiamo che attendere i progressi della scenza (crisi ecologica permettendo), ma così, a istinto, mi sentirei di dare una risposta positiva.

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  6. Se ho ben capito, alla fine (ma quando, fra quanti miliardi di miliardi di miliardi di anni?) l'entropia sarà al massimo ciò che equivarrebbe alla morte dell'universo nel gelo. Non mi convince, qualcosa non funziona in questo schema. Non è che alla fine la materia scompare; anche se non ci fosse più scambio di calore la materia resta, ma in stato di assoluta quiete (mi esprimo non da scienziato ma da persona "normale", cioè ignorante di scienza ma che lo stesso ci vorrebbe capire qualcosa).
    Insomma, direi che la questione dell'inizio e della fine resta aperta. Trovo ridicola e poco seria Margherita Hack quando dice che non interessa cosa ci fosse prima del big bang o dell'inizio assoluto (supponendo che il big bang del nostro universo sia stato uno dei tanti ). Ancora più ridicola quando paragona l'inizio del tutto a una scorreggia universale (una bella creatio ex nihilo dunque, brava teologa).
    Essere o non essere, questo è il problema. Il Tutto è indubitabilmente, non si può immaginare che a un certo momento cessi di essere, scompaia, si volatilizzi. E se ipotizziamo poi un big crunch, l'ipotesi della morte dell'universo per entropia non sta in piedi.
    Poi continuo a chiedere se non potremmo dire che il Tutto è Dio, Dio inteso - teologicamente e logicamente - come totalità dell'essere (ciò che non ha niente a che fare con le storielle dell'Antico e del Nuovo Testamento).

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  7. << Poi continuo a chiedere se non potremmo dire che il Tutto è Dio, Dio inteso - teologicamente e logicamente - come totalità dell'essere >>

    Potremmo anche dirlo, caro Sergio, ma credo che non ci servirebbe a nulla.
    Noi umani (o almeno gli umani credenti) da dio vogliamo che violi le leggi dell'universo per darci quelle specifiche cose che sono utili (compresa la vita eterna).
    Ed il dio-tutto, essendo per definizione soggetto alle sue stesse leggi, non ci potrebbe dare nulla di diverso da quello che già abbiamo (limiti compresi).
    Almeno, io la vedo così.

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  8. "Ed il dio-tutto, essendo per definizione soggetto alle sue stesse leggi ..."

    Ecco un'affermazione interessante: Dio sarebbe sottoposto alle sue stesse leggi. Un Dio "sottoposto" cozza naturalmente contro la definizione di Dio come Onnipotente, tanto è vero che gli islamici riconoscono a Dio anche il diritto di contraddirsi e di mentire (con ciò sarebbe ancora più onnipotente del Dio cristiano ...).
    D'altra parte la teologia cattolica dice che Dio agisce secondo la sua "natura" che sarebbe quella di essere onnipotente, onnisciente e sommo bene (il famoso "ammore" divino: cancro, aids, terremoti ecc.). Ma se Dio ha una natura (apparentemente ben definita, vedi frase precedente), allora sottostà effettivamente alla Legge. A questo punto possiamo anche dire che la Legge è Dio in quanto principio supremo, assoluto.
    Ti ricordo che il dio greco, Giove, ha poteri, ma anche lui sottostà al Fato che è dunque al di sopra di lui.

    Ma non si tratta di meri giochi di parole senza valore. La mia domanda ai teologi (domanda retorica ovviamente) è appunto: questo fantomatico Dio trascendentale, puro spirito, incomprensibile per noi, non possiamo paragonarlo all'universo intero (ovvero pluriverso)? Sarebbe in questo caso un dio immanente. Cosa per la teologia cattolica non può essere.

    Infine se il Dio della teologia è incomprensibile, i suoi piani imperscrutabili ecc. lo stesso potremmo dire dell'universo - che noi esploriamo e conosciamo sempre meglio, ma di cui probabilmente ci sfuggirà sempre il "senso". Intanto non possiamo immaginare né inizio né fine - che forse non ci sono nemmeno.

    Spero di non averti fatto venire l'orticaria con questi filosofemi (da quattro soldi).

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  9. << Infine se il Dio della teologia è incomprensibile, i suoi piani imperscrutabili ecc. lo stesso potremmo dire dell'universo >>

    Credo che l'incomprensibilitò di dio sia molto peggiore di quella dell'universo.
    Certo, le leggi della fisica sono difficili e complesse e molte cose forse non le scoprirmo mai (soprattutto l'inizio e la fine dell'universo, come dici tu), ma tanti progressi li abbiamo fatti e vi abbiamo sempre trovato una logica, ancorchè nescosta.
    Nel caso di dio, invece, abbiamo proprio delle contraddizioni logiche, e in questi casi nessun punto di arrivo è possibile.

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    1. In fondo voglio dire questo: l'imperscrutabilità dei disegni divini è paragonabile a quella dell'universo o pluriverso, in fondo la stessa cosa. Non sappiamo a cosa tenda il tutto come non sappiamo che cavolo voglia Dio. Ma invece di fantasticare di un Dio trascendente e puro spirito (mica è fatto di volgari particelle, quark e bosoni) e piuttosto contraddittorio (ci ama da pazzi ma è costretto a castigarci se non facciamo la sua volontà - anche questa è forte: ha creato delle creature capaci di disobbedirgli) tanto vale trasferire l'imperscrutabilità all'universo reale e tangibile con cui abbiamo a che fare e le cui leggi un po' alla volta scopriamo (mentre i teologi si baloccano a cercare di capire i rapporti tra le tre persone uguali e distinte alias Trinità).

      Un filosofo, non so più quale (un tedesco, credo Schelling) diceva che Dio vede il mondo attraverso i nostri occhi, ha cioè bisogno di noi per capire il mondo (e sé stesso!). Divertente. Ovviamente questo filosofo credeva in Dio, ma era o ha voluto fare l'originale con questa trovata. Che però si può interpretare anche in chiave materialista secondo me: nell'evoluzione dell'universo ogni singola particella ha una sua funzione, dunque anche i nostri occhi e le nostre ubbie hanno una ragione d'essere. Intanto sono indubitabilmente reali.

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  10. << nell'evoluzione dell'universo ogni singola particella ha una sua funzione, dunque anche i nostri occhi e le nostre ubbie hanno una ragione d'essere >>

    E questo potrebbe essere anche più vero di quanto pensiamo.
    Secondo la fisica quantistica, (di cui leggo ogni tanto, ma che continuo a non capire nella sua essenza profonda) pare che addirittura la presenza di un osservatore (umano) e la sua attività di misurazione CREINO e MODIFICHINO la realtà.
    Paradossale vero ?

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    1. L'ho sentita anch'io e anche tanti anni fa. Chi osserva influenzerebbe ciò che è osservato: mi sembra plausibile, nient'affatto cervellotico o misterioso. Bisognerebbe però vedere in che misura, se questo fenomeno ha davvero dei riscontri oggettivi, verificati. Penso di sì, ma mi piacerebbe avere dei particolari, degli esempi.

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  11. << Chi osserva influenzerebbe ciò che è osservato: mi sembra plausibile, nient'affatto cervellotico o misterioso. >>

    Certamente, ma la fisica quantistica va anche oltre ed afferma (se ben ho compreso) che il mondo fisico non ha caratteriostiche ben definite di per sè, ma le acquista solo nel momento in cui viene osservato.
    Ovvero l'osservatore non si limita a modificare la realtà, praticamente la crea.

    Ecco un breve passo in argomento che ho trovato sul web:
    < La fisica quantistica ci dice che ci sono infinite possibilità. Tutto può accadere. La probabilità che qualcosa avvenga (in termini tecnici quando avviene il collasso della funzione d’onda) è strettamente legata all’atto di osservazione che diventa coerente con ciò che prevediamo di vedere. Quando osserviamo e “scegliamo” uno specifico risultato, tutte le altre possibilità diventano incoerenti rispetto a ciò che vediamo e si
    auto-escludono. >

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