sabato 30 novembre 2013

Dei Delitti e delle Pene

LUMEN – Abbiamo qui con noi un ospite eccezionale: il grande Cesare Beccarla, uno dei padri fondatori del diritto penale moderno.
BECCARIA – Buongiorno.

LUMEN – Maestro, la situazione in cui versa il diritto penale in Italia non mi sembra proprio ottimale.
BECCARIA – Direi che non lo è per nulla.

LUMEN - Pare che il Parlamento italiano intenda discutere l’ennesima riforma della “custodia cautelare”. Perché tanto accanimento su questo istituto ?
BECCARIA - Il dibattito sul tema è alimentato, in genere, da due tipi di fatti. Da un lato c’è il clamore sollevato da qualche personaggio importante, che viene magari assolto dopo essere finito in carcere (preventivo) per un certo periodo. E dall’altro c’è l’allarme, oramai cronico, sul sovraffollamento delle carceri.

LUMEN – Quindi si tratterebbe di intervenire in senso limitativo.
BECCARIA – Esatto, ma sarebbe un grosso errore. I dati più recenti dicono che in Italia ci sono ca. 67.000 / 68.000 detenuti, di cui circa il 37-38 % sono “in attesa di giudizio”.

LUMEN – Sembra una percentuale molto alta.
BECCARIA – Sembra, ma non lo è. In realtà i detenuti ancora in attesa della prima sentenza sono solo la metà di questi, ovvero il 18-19 % del totale, mentre gli altri o sono già stati condannati in Tribunale, e aspettano l’appello, o sono stati condannati anche in appello, e attendono la Cassazione.

LUMEN – Una bella differenza.
BECCARIA – Una differenza abissale. Quindi non si vede quale “riforma” possa ridurre drasticamente questo numero senza mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini. Né come si possa evitare di arrestare qualcuno che poi verrà assolto, salvo rimpiazzare i magistrati con degli indovini, o far scrivere le sentenze direttamente ai PM.

LUMEN – Buona questa !
BECCARIA - Checché ne dica qualcuno, la custodia cautelare non è una “vergogna” per il nostro Paese, visto che esiste in tutto il mondo, né “una ruota di tortura medievale” usata dai magistrati per strappare una confessione che giustifichi il proprio giudizio arbitrario.

LUMEN – Sono d’accordo.
BECCARIA – È, molto semplicemente, una triste necessità dello Stato che, per evitare che i cittadini si facciano giustizia da soli, è costretto a prevederla come extrema ratio, nel periodo che passa fra la scoperta del possibile autore di un delitto e la sentenza definitiva. Per evitare che il tizio fugga, o inquini le prove, o torni a delinquere.

LUMEN – Un rischio che lo Stato non può ignorare.
BECCARIA – No di certo. E’ un periodo piuttosto breve nei paesi più seri, che non conoscono tre gradi di giudizio automatici, né l’esecutività delle sentenze solo dopo l’ultima sentenza, e che – in generale - non hanno una giustizia sfasciata dalla classe politica. Non per nulla, l’Italia ha il record di durata delle custodie cautelari, almeno nelle statistiche.

LUMEN – Sono soddisfazioni !
BECCARIA – In America, tanto per fare un esempio, il condannato deve presenziare “obbligatoriamente” al primo processo e, se viene condannato, non esce più dalla porta principale, ma finisce direttamente a scontare la pena in carcere. E di lì eventualmente presenta appello, ma solo in caso di nuove prove (quella che per noi sarebbe la “revisione”).

LUMEN – Quindi, di impugnazioni ce ne saranno di meno.
BECCARIA – Molte di meno. I ricorsi alla Corte Suprema che passano il filtro di ammissibilità sono un centinaio all’anno. In Italia 80 mila.

LUMEN – Una differenza spaventosa, che aiuta a capire perché i nostri organi giudiziari sono sempre intasati.
BECCARIA - Gli appelli dilatori e pretestuosi sono sanzionati duramente, anche perché dappertutto (fuorché da noi) chi ricorre contro la condanna può beccarsi una pena più alta nel grado successivo (c.d. reformatio in peius).

LUMEN – Che sarebbe un’ottima cosa.
BECCARIA – Certo. Perché al condannato, se non è proprio innocente, non conviene ricorrere: semmai patteggiare e chiuderla lì. Inoltre la prescrizione, come vuole il buon senso, si blocca all’inizio del processo, mentre da noi galoppa fino alla sentenza di Cassazione.

LUMEN – E ti pareva…
BECCARIA - Dal 1989, quando entrò in vigore il nuovo Codice di procedura penale, il Parlamento ha riformato la custodia cautelare ben 20 volte. Ora accorciando e ora allungando la durata, ora restringendo e ora allargando i requisiti a seconda dell’“emergenza” del momento, per amore di popolarità.

LUMEN – Tipico dei nostri politici.
BECCARIA - Tre anni fa, fu resa obbligatoria per lo stupro (ma non per l’omicidio: così agli stupratori conveniva ammazzare la vittima dopo averla violentata). Poi si tentò di fare altrettanto addirittura per lo stalking. Ora l’arresto in flagranza è divenuto obbligatorio anche per i maltrattamenti e il femminicidio (per il maschicidio invece no).

LUMEN – La solita confusione incoerente.
BECCARIA - Ora non è ben chiaro cosa vorrà escogitare il Parlamento, visto che già oggi per arrestare qualcuno prima della condanna occorrono “gravi indizi di colpevolezza”, e solo per reati molto gravi, e solo se le alternative sono insufficienti, e solo in presenza di prove granitiche sul pericolo di fuga, o di inquinamento delle prove, o di reiterazione del reato.

LUMEN – E poi ci sono comunque vari livelli di decisione.
BECCARIA – Certo. Ogni provvedimento può essere vagliato da un PM, da un GIP, da tre giudici di Riesame e da 5 di Cassazione.

LUMEN – Un po’ troppo, forse.
BECCARIA – Ma non basta. A partire dalla controriforma del 1995, per fermare un possibile fuggiasco, non basta più il “concreto pericolo che l’imputato si dia alla fuga”, ma occorre provare che questi “stia per darsi alla fuga”: pericolo “attuale” e “fondato su un fatto espressamente indicato”.

LUMEN - Cioè ?
BECCARIA – Cioè – volendo fare dell’ironia - bisogna sperare che il fuggitivo si faccia beccare con la valigia pronta, il cappotto addosso e il biglietto aereo in tasca.

LUMEN – Sembra una scena da film.
BECCARIA - E, come se non bastasse, la recidiva non conta più nulla.

LUMEN – Quindi, dobbiamo prepararci al peggio ?
BECCARIA – Direi di sì. I partiti vogliono ridurre ancora i termini massimi di custodia (oggi fissati in 6 anni, dalle indagini al terzo grado, per i reati più gravi), senza far nulla per accorciare i processi, che così si chiuderanno tutti a gabbie vuote anche per i mafiosi.

LUMEN – Mamma mia !
BECCARIA - O magari proibirla per i reati dei colletti bianchi, visto che sono loro gli unici detenuti in attesa di giudizio a fare scandalo.

LUMEN – E sono anche i reati che toccano i nostri politici più da vicino.
BECCARIA – Appunto. E quindi, in attesa dell’ennesima porcheria, mi permetterei di avanzare una modesta proposta.

LUMEN – Quale ?
BECCARIA - Lasciate stare i codici e fate una lista di persone che non si devono mai arrestare. Così evitiamo i forconi delle vittime inferocite, risparmiamo sulle spese e facciamo pure prima.

LUMEN – Questa è bellissima ! Grazie Maestro.


P.S. – Le argomentazioni attribuite a Cesare Beccaria non sono, ovviamente, di Cesare Beccaria; sono invece del bravissimo Marco Travaglio (giornalista del Fatto Quotidiano), a cui chiedo umilmente scusa per il piccolo “furto” innocente. D’altra parte stiamo parlando di reati, no ? LUMEN

8 commenti:

  1. Travaglio l'ho sempre trovato umanamente antipatico. Dagli applausi da sirenetto che beccava ad Anno Zero per l'entrata in scena ritardata in occasione dei suoi editoriali, al bordone che reggeva alla insopportabile
    Borromeo, all'accusa a Tosi di essere un cavernicolo per un genere di condanna che io, col politically correct che vige anche nei tribunali, considero un'ottima credenziale. Qui ha ragione.

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  2. Sono d'accordo con te.
    La ragione e il torto c'entrano ben poco con la simpatia o l'antipatia di chi parla. Ma questo molte persone non lo capiscono.
    E così finisce che i simpaticoni hanno sempre più seguito di quanto si meritano, e gli antipatici molto di meno.

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  3. Caro Lumen, il discorso di Travaglio-Beccaria va bene per i mafiosi e camorristi. Certo però che la giustizia in Italia non va. Ricordiamoci tutti di Tortora, che fu arrestato per omonimia, tenuto in prigione prima del processo e poi processato e condannato in primo grado. Risultò poi completamente estraneo ai fatti. La cosa che più disturba nei tribunali italiani è quella specie di connivenza tra PM e giudice giudicante. Io separerei molto nettamente le carriere. Mi piace pensare ai processi americani in cui PM e avvocato difensore si presentano davanti al giudice in toga col cappello in mano e a testa china. I PM italiani sono spesso arroganti e si credono giudici alla pari con chi presiede il processo. Un'altra cosa necessaria è la responsabilità civile, per cui mi sono recato a firmare il referendum. Ma ahimé altri giudici hanno dichiarato insufficienti le firme (più di 500.000 come richiesto dalla legge).

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  4. Caro Agobit, il diritto penale è uno dei terreni più scivolosi in assoluto per una società che voglia essere civile, ma anche capace di funzionare e di difendersi dall'illegalità.
    La perfezione è impossibile da ottenere, per cui bisogna accontentarsi del meno peggio.
    Detto questo, sono d'accordissimo con te sulla separazione delle carriere tra giudici e PM (all'america), ma toglierei anche l'assurdo divieto della "reformatio in peius".

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  5. Un'altra specialità italiana: aprire un'udienza e chiuderla immediatamente rimandando l'udienza successiva alle calende greche, come ha fatto oggi la Corte costituzionale. Era stato detto che oggi o domani si sarebbe espressa sul Porcellum, una faccenda anche maledettamente urgente. Invece questi singori si ritroveranno il 14 gennaio dell'anno prossimo per deliberare, come se non avessero già avuto tutto il tempo per studiare la cosa.
    Aprire e chiudere subito un'udienza è veramente una cosa tutta italiana.
    Basta un cavillo o una bazzecola qualsiasi per dichiarare chiusa l'udienza.

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  8. << Aprire e chiudere subito un'udienza è veramente una cosa tutta italiana. >>

    Giusta osservazione, Sergio.
    Io non credo che, in generale, i nostri Giudici lavorino poco.
    E' certo, però, che una gran parte del loro lavoro finisce per essere inutile, perchè troppi processi finiscono in nulla, per un cavillo o per l'altro (prescrizioni, annullamenti, condoni, amnistie, ecc.).
    E questo è davvero deprimente.

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