sabato 4 maggio 2013

Futuro anteriore

Ma se il mondo è dominato dall’entropia, e quindi dal degrado progressivo di tutte le cose, come può un capitale produrre interessi nel tempo ?
In effetti, non può.
E come fa allora la finanza a creare ricchezza dai movimenti di denaro ?
Non la crea. Si limita a rubarla al futuro, scommettendo sulla crescita continua.
E quando la crescita si ferma, che cosa succede ?
Succede che tutto il sistema economico va a catafascio.
Come sta per l’appunto accadendo ora, e come ci spiega l’esperto di energia  Javier Perez in questo articolo davvero illuminante (da Effetto Cassandra).
LUMEN


<<  Il debito non è consumare i soldi di un altro con la promessa di ridarglielo insieme ad un interesse, come crede la maggioranza; (…)  il debito è consumare i soldi del futuro, più una parte del miglioramento che il futuro offrirà rispetto alla situazione attuale.

Chiedere un prestito, quindi, è fare una specie di magia o di atto spiritistico nel quale si fa comparire adesso la ricchezza di un anno a venire e la si obbliga a lavorare per noi.
La capacità di indebitarsi dipende, vista così, dalla capacità di utilizzare questa ricchezza in modo che in quel momento in cui scade il termine convenuto si possa restituire il prestito più l'interesse corrispondente.

Allora cos'è l'interesse? L'interesse misura la fiducia nel futuro, nella crescita dell'economia e nella capacità di produrre sempre più cose di maggior valore. Perché in caso contrario mai si potrebbe restituire il prestito.
L'interesse, pertanto, misura in un certo senso la speranza di redditività, o di crescita, anche se può anche misurare l'inflazione attesa, ma questa è già un'altra storia, molto collegata, di sicuro, con l'ossessione della lotta contro l'inflazione da parte delle banche emittenti.

E cos'è successo in questi anni di apparente prosperità?
Ebbene l'Europa, gli Stati Uniti e, in generale, i paesi sviluppati si sono indebitati in modo rapidissimo.
Questo è possibile per vari fattori, quasi tutti molto complessi, dei quali cercherò di citare quelli che credo più importanti:

- La democrazia: i paesi sviluppati sono democrazie e questo sistema suppone che per consolidarsi al potere bisogna mantenere la popolazione contenta, passando alla legislatura successiva il più possibile le cattive notizie.
Più che la statua della libertà, il vero simbolo della democrazia come sistema sarebbe qualche rappresentazione allegorica dell'affermazione “che ci pensi chi viene dopo di me”.
Nessun politico può sperare di essere rieletto dicendo alla gente che bisogna aumentare le tasse per mantenere gli stessi servizi e che bisogna tagliare i servizi. Chi fa una cosa simile crollerà in modo irrimediabile rispetto al populista disposto a continuare a dare di tutto senza chiedere sforzi.
A cosa porta questo? A indebitarsi.

- La globalizzazione: i governi che si sentivano nella necessità di aumentare le tasse ai più ricchi per creare una redistribuzione più giusta della ricchezza si ritrovavano a vedere che, in un secondo, in un battito di ciglia, centinaia di migliaia di milioni volavano via dal loro territorio.
Ci potrà piacere o no, ma è certo che i nostri voti hanno potere ed influenza sul nostro territorio e solo sul nostro territorio. Il capitale, invece, può scappare tranquillamente da una frontiera e schiantarsi dal ridere, da fuori, prima di qualsiasi imposizione di aumento.
Così le cose, i governi si sono visti coinvolti in una concorrenza fiscale, cioè, nella necessità di competere fra loro per attrarre gli investimenti.
E a cosa porta questo? A raccogliere meno di quello che ti serve o desideri spendere.  Ovvero, a indebitarsi.

- L'abbondanza di capitali: mentre i paesi più sviluppati avevano bisogno ogni volta di più soldi di quanti ne avevano, i paesi i via di sviluppo desideravano investire il surplus della loro nuova economia.
E dove sembrava più sicuro e più redditizio farlo? Nei paesi sviluppati, naturalmente, sempre che questi reinvestissero il prestito nella delocalizzazione di fabbriche e investimenti nei loro paesi.
E' il caso della Cina, per esempio, che ha dato un credito praticamente illimitato ai buoni del tesoro americano. E' stato così che hanno abbassato il tipo di interesse, producendo bolle immobiliari tanto gravi.
Voglia di spendere e denaro facile, cosa producono?  Indebitamento, naturalmente.

- L'ottimismo tecnologico: come ho già spiegato sopra, i soldi si prestano quando si crede che il futuro sbloccherà grandi opportunità che permettano di ripagarlo. I progressi tecnologici, più di facciata che reali, dall'inizio di questo secolo hanno fatto credere gli investitori in enormi tassi di crescita.
I tecno-ottimisti, pertanto, non sono solo coloro che oggi dicono che troveremo sicuramente una fonte di energia che sostituisca in tempo il petrolio, ma anche quelli che hanno detto che ci sarebbe stata una qualche invenzione o settore che avrebbe mosso l'economia ad un ritmo sufficiente per poter ripagare i prestiti abbondantemente. (…)
Il problema principale, come lo analizzano alcuni, è che si sperava che Internet, per esempio, producesse più ricchezza di quella che distrugge ed è qualcosa che non sembra essere ancora del tutto chiaro, visto che la concentrazione della ricchezza è una distruzione nascosta al ridursi della domanda aggregata effettiva.
E a cosa ha portato questo ottimismo? A più indebitamento. (…)

Quando comincia a scompigliarsi la cosa? All'inizio degli anni 80, che è proprio quando gli Stati Uniti raggiungono il loro personale picco del petrolio.
O forse, detto meglio, quando gli effetti del loro personale picco del petrolio hanno cominciato ad essere palpabili dopo il relativo periodo di adattamento.

E questo è fondamentale: mentre gli Stati Uniti hanno usufruito di una fonte di energia abbondante e a buon prezzo hanno potuto mantenere il proprio livello di crescita con le proprie risorse ed un indebitamento più o meno stabile ma, nella misura in cui si sono visti più colpiti dai prezzi esteri dell'energia, sono dovuti ricorrere ad un indebitamento sempre più voluminoso per mantenere il proprio livello di crescita.
Lo stesso [vale] per la Gran Bretagna, dove il picco del petrolio è arrivato alcuni decenni più tardi:

La relazione pertanto, nei paesi che contavano sul proprio petrolio, fra indebitamento e restrizioni di questa fonte di energia e denaro è molto chiara.
Nell'OCSE (…) ci sono paesi che oltre che consumatori sono anche produttori. (…) Quando è arrivata la grande caduta, con lo sparo d'inizio di Lehman Brothers? Nel 2008, e non è un caso.
Nella misura in cui i costi energetici aumentano, l'economia si vede sempre in maggiori difficoltà per funzionare, quindi la crescita diminuisce, il che rende impagabile il debito.
Suona difficile? Non lo è; il debito cresce costantemente, e in modo esponenziale, grazie all'interesse.

Se l'economia non cresce costantemente, e a sua volta in modo esponenziale, la differenza fra quello che dobbiamo pagare e quello che abbiamo si ingrandisce inesorabilmente.
Allora cosa si prova [a fare] ? Qualsiasi cosa che faccia crescere l'economia, dai tassi zero alla danza della pioggia, passando per la magia nera e l'invocazione degli unicorni. Quello che sia.

Ma il metodo non funziona né può funzionare, perché la crescita è possibile solo impiegando più energia e l'energia è sempre più cara e più scarsa.
Per aumentare l'energia disponibile si tentano allora nuovi investimenti, ma per questo manca il capitale, ricchezza reale, proprio quello che non abbiamo perché siamo indebitati fino alla punta dei capelli.
Ed è lì il problema: non possiamo avere più soldi per pagare il debito perché scarseggiamo di energia ed ottenere più energia richiede del denaro che non abbiamo, perché siamo tecnicamente falliti.

Le conclusioni ovvie sono la disoccupazione e la stagnazione. Il passo successivo sarà competere per l'energia disponibile, sottraendola dove si può.
All'inizio, e secondo gli economisti classici, si sottrarrà dove sia meno efficiente, ma il concetto di efficienza è molto sfuggente e per un politico americano è più efficiente, per esempio, che i suoi votanti possano andare in macchina e farsi un giro, [piuttosto] che un keniano abbia un trattore per arare le sue terre.
E se siamo sinceri, mi piacerebbe sapere cosa ne sarebbe di un candidato spagnolo che proponesse di razionare la benzina perché in Kenia possano continuare ad arare.  >>

JAVIER PEREZ

2 commenti:

  1. Non sono un economista e quindi di economia non me ne intendo. Mi intendo (forse) solo un po' di economia domestica, cioè dei miei conti personali. Non ho debiti (a parte il mutuo), non faccio debiti, spendo quello che ho in tasca e non di più. Per forza. Confesso che mi piacerebbe talvolta disporre di più mezzi, ma visto che non li ho me ne faccio una ragione senza inveire contro il governo ladro, la natura, il padreterno o il capitalismo.
    Mi sembra elementare e logico che chi s'indebita speri di fare affari (crescita!) per poter restituire il capitale e pagare gli interessi. Ha quindi fiducia in un futuro roseo. Tutti quelli che s'indebitano (Stati e privati) devono essere ottimisti, ma dovrebbereo essere anche realisti e buoni calcolatori. In caso contrario sono degli avventurieri e dei disonesti (se mi vale pazienza, pagheranno anche gli altri).

    Un atteggiamento troppo cauto però frena lo sviluppo e la crescita. Se temo gli imprevisti e inclino al pessimismo è chiaro che non m'indebito e così i miei affari personali - e quelli di tutta la collettività - non decollano. Il risultato sarà la stagnazione con il rischio di un ulteriore peggioramento della situazione (il mantenimento di un perfetto equilibrio, cioè di uno statu quo soddisfacente è difficile, forse impossibile).

    Gli Stati e le grandi imprese sono però costretti a "investire" - e quindi a indebitarsi. Sia per soddisfare le esigenze immediate (di elettori e consumatori) che quelle prevedibili in un futuro più o meno prossimo. Diceva giustamente un ministro svizzero: immaginiamoci se Escher non avesse avuto l'idea del traforo del Gottardo! Parimenti oggi l'UE, e Letta e Monti, potrebbero dire: senza TAV e la grande rete ferroviaria europea in allestimento (comprendente anche la più lunga galleria del mondo in Svizzera) non c'è futuro, non c'è crescita, non ci sarà occupazione. Bisogna dunque investire, cioè indebitarsi, per preparare il futuro (se non si vuole stagnazione, regresso, crisi, disoccupazione, impoverimento, disordini, guerra civile).

    E così tutti investono indebitandosi (privati e Stati) sperando nello stellone. Tutti vogliono crescere, anche i paesi che si dicevano una volta in via di sviluppo e che stanno per superare l'occidente (la Cina sarà la prima potenza economica nel 2016).
    Alcuni dicono: i limiti della crescita non esistono, si può crescere all'infinito. Rinunciare al mito della crescita infinita significherebbe rinunciare all'essenza del capitalismo, che è fare profitti.
    Emanuele Severino dice: il capitalismo non ha futuro. Ma se il capitalismo non ha un futuro per i limiti fisici del pianeta (prima o poi dovrà fermarsi o andare a sbattere) quale sarà l'alternativa? Dovremo ripescare il socialismo tanto aborrito?
    Senza crescita ci sarà inevitabilmente un riequilibrio e una più equa distribuzione dei beni disponibili. Insomma se non proprio il socialcomunismo qualcosa di simile. O no? Finita l'ossessione della crescita - per mancanza di petrolio o energia - si potrebbe anche vivere discretamente senza doversi scannare con la concorrenza.
    Diminuendo però i beni (da suddividere tra un numero di consumatori sempre più grande) si potrebbero acuire i conflitti per accaparrarsi il poco disponibile. L'abbondanza fa calare l'aggressività (meglio godersela che fare la guerra), la penuria l'accresce.
    Ma nella visione di Casaleggio resteranno "alla fine" (dopo una guerra mondiale che durerà 20 anni) circa un miliardo di esseri umani finalmente pacifici e con sufficienti risorse per continuare l'umana avventura ...

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  2. << Ma se il capitalismo non ha un futuro per i limiti fisici del pianeta (prima o poi dovrà fermarsi o andare a sbattere) quale sarà l'alternativa? Dovremo ripescare il socialismo tanto aborrito? >>

    Caro Sergio, a volte ho la sensazione che la democrazia che ci sitiamo godendo non sia figlia di chissà quali conquiste del pensiero umano, ma della ricchezza facile portata dal petrolio (e dalla tecnologia, ovvio).
    E che, quando le vacche grasse torneranno ad essere magre, anche la democrazia potrebbe fare (ahimè) un passo indietro e lasciare il posto non tanto al socialismo democratico, ma a una vera e propria dittatura.
    D'altra prte, se le ricchezze sono molto scarse, o ti fai la guerra tutti i giorni o accetti cha qualche dittatore decida per tutti.
    E' una prospettiva che mi deprime, ma non riesco a togliermela dalla testa.

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