sabato 18 maggio 2013

L'EROEI colpisce ancora - 1

La chiave per comprendere i flussi energetici di una civiltà è contenuta nell’acronimo EROEI (Energy returned on energy invested), ovvero “Energia ottenuta in rapporto all’energia investita”.
Una civiltà entra in crisi quando il suo EROEI diminuisce, perché ciò vuol dire che l’energia NETTA disponibile si riduce e quindi tutte le attività economiche diventano più difficili e costose.
A cominciare, per esempio, dalla manutenzione delle infrastrutture, la cui  funzionalità, nella società occidentale, diamo troppo spesso per ovvia e scontata, nonostante la loro intrinseca fragilità.
E proprio del collegamento tra EROEI ed infrastrutture ci parla Antonio Turiel, in questo bellissimo articolo (da Effetto Cassandra).
LUMEN


<< Il problema dell'insostenibilità delle infrastrutture della società moderna è molto più grave ed ha una portata molto più profonda di quanto la maggior parte della gente immagini, (…) al punto che si può dire, senza esagerare, che il possibile collasso di queste infrastrutture costituisce una delle minacce più grandi alle quali dovremo far fronte nei prossimi anni. Farò alcuni esempi.

Uno dei problemi che dovrà affrontare una società dalle risorse magre è quello della gestione delle installazioni nucleari.
Abbiamo già parlato diverse volte dei vari rischi associati all’energia nucleare  e in particolare dei problemi di manutenzione degli impianti nucleari. Per esempio, in questo momento il costo della catastrofe di Fukushima in Giappone è valutata in 100.000 milioni di dollari. Un costo esorbitante che supera ampiamente i benefici netti che potevano dare le 6 centrali per tutta la loro vita utile. (…)

Queste centrali producevano 33.000 Gw/h di elettricità all'anno. Considerando un prezzo medio approssimativo di 20 centesimi di dollaro per Kw/h come valore commerciale di tutta questa elettricità annua sarebbero 6.600 milioni di dollari.
Anche con un margine commerciale del 50%, queste centrali darebbero un beneficio annuo di 3.300 milioni di dollari, per cui rimediare a questo disastro equivale a tutto il beneficio economico atteso dalle centrali in 30 anni. (…)
E in queste stime non si fornisce un orizzonte temporale, per quanto tempo dureranno le contenzioni impiegate.

Ricordando l'altro grande incidente nucleare, quello di Cernobyl, recentemente si è saputo che una parte del reattore distrutto è cadente e questo mette più pressione perché si proceda alla costruzione del secondo sarcofago, visto che si sono rilevate numerose infiltrazioni nel primo (frutto dell'azione dell'inclemenza del clima e dell'erosione radioattiva), il quale ha un costo stimato di 1.500 milioni di euro e si spera che duri 100 anni.

E' facile supporre che entro 100 anni dovrà essere di nuovo sostituito e che pertanto il costo dell'installazione (ora improduttiva in termini energetici) possa essere facilmente di varie migliaia di milioni di euro da oggi per diversi decenni (è difficile credere che durerà un secolo intero quando i processi di deterioramento che agiscono su tale installazione sono in parte sconosciuti).
Senza arrivare a questi casi estremi, vale la pena di ricordare che non è stata ancora smantellata nessuna centrale nucleare nel mondo alla fine della sua vita utile, processo che è molto lento – dura circa 50 anni. (…)

Un altra infrastruttura la cui complessità è andata crescendo senza che ci sia alcun piano di sostenibilità associato è la rete elettrica nel suo insieme, tenendo in considerazione sia la distribuzione sia la produzione.
I costi impliciti della folle espansione e dell'incapacità di conservare sia la forza generatrice sia la capacità di trasporto in rete portano a interruzioni ripetute e dalle gravi conseguenze. (…)
In Giappone il disciplinato popolo nipponico ha tollerato pazientemente le restrizioni al consumo fino al 30%, necessarie dopo l'incidente di Fukushima, In Francia il presidente Hollande ha proibito di mantenere accese le luci delle vetrine e dei negozi e parte dell’illuminazione pubblica durante la notte.

E non è solo la generazione è in discussione, anche la stessa rete presenta problemi di costi di manutenzione crescenti. Spesso si è denunciata la complessità e l’alto costo della manutenzione della rete elettrica degli Stati Uniti, al punto che la Società degli Ingegneri Elettrici ed Elettronici (IEEE) denunciava anni fa la necessità di sostituire più del 40% della rete, antica di circa 100 anni, con un costo elevatissimo, se si voleva evitarne il collasso.
In Spagna i problemi con la rete sono ricorrenti, anche se qui il problema viene più dal de-investimento delle compagnie elettriche che controllano il mercato che non dall'obsolescenza delle reti. In ogni caso, il ringiovanimento e la sostituzione della rete elettrica si prospetta problematica se dovesse sopravvenire il picco del rame. (…)
Sicuramente il rame si può riciclare, ma a quale costo energetico? E come si possono soddisfare le necessità delle potenze emergenti?

Se la rete elettrica è in pericolo, in un mondo che non può permettersi di pagare fatture energetiche sempre più care, la situazione non è migliore per il resto delle infrastrutture.
Il cemento armato soffre di un problema di obsolescenza gravissimo che limita la vita utile (…) ad un secolo come massimo, 50 anni nella maggior parte dei casi e molte infrastrutture cruciali stanno già raggiungendo quell'età.
Il costo di rimpiazzare tutti i ponti, le strade, i canali sotterranei, le dighe e gli edifici è stimato in 3 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti.

Il problema è conosciuto da molto tempo e la sua soluzione è tecnicamente semplice, ma l'alternativa costruttiva è più lenta, cara e al fine di mantenere un BAU sfrenato e crescente è sempre stata disdegnata.
Di nuovo, il sistema che è stato imposto si basa sull'ipotesi di avere accesso a quantità illimitate di energia e la mancanza della stessa genera un problema che si aggrava esponenzialmente nella misura in cui la durata di vita dell'infrastruttura si sta esaurendo.
I Romani hanno costruito strade ed acquedotti che sono sopravvissuti 2000 anni; la nostra civiltà lascerà poche tracce che possono sopravvivere ai nostri nipoti.

Non è solo il capitale fisico quello che, per la sua scarsa qualità e per la sua grande dipendenza dall'energia futura, viene distrutto. Sta svanendo anche il capitale umano e la capacità di trasformarsi propria di una società industriale. (…)
La maggioranza della popolazione è così abituata ai miracoli tecnici quotidiani che non si rendono conto di quale impresa sia fabbricare un pannello fotovoltaico o fare manutenzione ad un aereo.
Con lo sprofondamento dell'industria si perdono le fabbriche, gli strumenti specifici e si perde anche il capitale umano che un giorno gli aveva dato un senso. (…)
Potremmo incontrarci in poco tempo con una incapacità reale di provvedere a certe forniture chiave e di mantenere certe infrastrutture la cui riparazione aveva una complessità della quale non eravamo coscienti.

Il degrado delle infrastrutture e del capitale fisico e umano che le sostengono hanno una radice profonda, come sappiamo, nel declino energetico, e disgraziatamente lo va a ri-alimentare.
Proprio nel momento in cui avremmo bisogno di incrementare più che mai la nostra disponibilità energetica, questa diminuisce. Proprio quando la bolla finanziaria è più grande che mai e che il capitale che abbiamo preso in prestito dal futuro è il più grande della Storia, ci troviamo in una situazione nella quale la crescita economica è impossibile. >>
ANTONIO TURIEL
(continua)

2 commenti:

  1. Ma se si trovasse la pietra filosofale, cioè energia illimitata (per es. grazie alla fusione nucleare), si risolverebbero con ciò tutti i problemi dell'umanità? Energia illimitata e a basso prezzo significherebbe continuare, anzi incrementare l'andazzo attuale della crescita economica che oggi come oggi significa produrre ... immondizia (o cose non veramente necessarie). Certo si può anche credere che grazie all'energia a buon mercato e ai fantastici progressi tecnologici si risolverebbe facilmente anche il problema dei rifiuti, e tanti tanti altri problemi (quelli attuali e i futuri).

    Io aspetto sempre una discussione seria sulla crescita: se una crescita illimitata in un mondo finito sia possibile, quanta crescita sia ancora possibile o ipotizzabile e auspicabile ecc. Praticamente ogni volta che accendo il televisore sento parlare di crescita, se la produzione aumenta o ristagna oppure - oddìo oddìo - è in calo, se i titoli in borsa salgono ecc. Si vendono meno auto e meno Fiat: alla buon'ora, vivaddìo! E invece è un piagnisteo generale.

    Sembra che gli europei, per colpa delle politiche attuate, siano in grosse difficoltà, anzi alla fame (soprattutto per colpa della Germania). Ma non sento una sola parola sui 700-800 mln che la fame la soffrono davvero e su quei 2 miliardi che campano con un paio di dollari al mese (che non sono tanti, anche se il loro potere d'acquisto è più elevato).
    Insomma, ci lagniamo ma c'è chi sta molto peggio di noi. E chi sta peggio vuole ovviamente star meglio, cioè crescere per quanto benessere non sia sinonimo di crescere).

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  2. << Ma se si trovasse la pietra filosofale, cioè energia illimitata (per es. grazie alla fusione nucleare), si risolverebbero con ciò tutti i problemi dell'umanità? >>

    Caro Sergio, come dici giustamente tu, questa certamente non sarebbe una prospettiva desiderabile.
    Tanta energia vuol dire anche tante persone e quindi tanti rifiuti (nel senso più ampio di materiale non riciclabile dall'ecosistema) e proprio di questo si è ammalata la nostra civiltà.
    Chissà, forse i nostri pro-nipoti, un giorno, potrebbero studiare a scuola che il crollo dell'energia fossile a basso prezzo è stato l'evento che ha salvato l'umanità.

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