sabato 22 ottobre 2011

Io penso che Tu pensi

Uno dei problemi più interessanti che emergono dallo studio della coscienza umana è quello che gli psicologi chiamano Teoria della Mente.

Avere una ‘Teoria della Mente’ significa essere in grado di capire ‘cosa’ sta pensando un altro individuo, e quindi di attribuirgli credenze, desideri, timori e speranze più o meno simili alle proprie, sperimentando questi sentimenti (propri e altrui) sotto forma di stati mentali.

Questi stati mentali possono essere organizzati secondo una gerarchia progressiva (io penso / io penso che tu pensi / io penso che tu pensi che io penso / ecc.), chiamata ‘ordini di intenzionalità’, che parte da zero e va, teoricamente, all’infinito.

Vediamo come si sviluppa la progressione, facendo qualche esempio.

Zero - Le macchine come i computer hanno una intenzionalità di ordine zero: ovvero elaborano ‘pensieri’ ma non sono consapevoli dei loro stati mentali. E’ presumibile che anche noi umani abbiamo una intenzionalità zero quando siamo in coma.

Uno - Al primo livello possiamo collocare il noto aforisma di Cartesio “Cogito ergo sum”, il quale, seppure profondo ed immortale, rappresenta solo uno stato intenzionale di primo ordine: io penso qualcosa e ne sono consapevole.

Due - Lo stato intenzionale successivo è quello di secondo ordine: io perso che tu pensi. E’ questa la base minima per l’interazione sociale e deve valere quindi non solo per l’uomo, ma anche per i primati e per tutte le altre specie animali che hanno una vita sociale.

Tre - Uno stato intenzionale di terzo ordine è rappresentato, per esempio, dal titolo di un vecchio film di Alberto Sordi ‘Io so che tu sai che io so’, tutto giocato sugli inganni reciproci di una coppia in crisi (la moglie era Monica Vitti).

Lo stato intenzionale di terzo ordine è tipico di una mente sociale evoluta come quella umana, in cui ogni individuo deve saper analizzare correttamente il comportamento altrui, individuare le relative motivazioni ed elaborare quindi le strategie più adatte per indirizzarlo a proprio favore.

E’ tipico, come detto, dell’homo sapiens, ma è stato osservato anche nel comportamento di alcune scimmie antropomorfe, che, in certe situazioni, davano l’impressione di mentire in modo calcolato.

Quattro - Da questo punto in avanti, incominciano le difficoltà. Gli uomini, infatti, quando devono memorizzare e narrare una vicenda complessa, arrivano tranquillamente sino al terzo ordine, poi vanno in crisi. Dal quarto ordine in poi incominciano a fare errori, che aumentano rapidamente (quasi in modo esponenziale) con l’aumentare dei livelli.

Una annotazione curiosa si può fare per i bambini i quali, secondo gli psicologi, non hanno una teoria della mente innata, ma la acquisiscono durante il loro sviluppo.

Essi raggiungono uno spartiacque critico dopo i 4 anni (tra 4 e 4 anni e mezzo), quando incominciano a rendersi conto (quasi d’improvviso) che gli altri individui possono vedere le cose in modo diverso da loro.

Fino a questa età credono che il mondo sia come lo vedono loro e non si rendono conto che qualcuno possa credere qualcosa di diverso. Essi suppongono che tutti vedano ciò che vedono loro e che lo interpretino in modo molto simile.

Pertanto, fino a circa 3 anni i bambini non sanno mentire (o almeno non sanno farlo in modo convincente), perché non si rendono conto della possibilità di manipolare lo stato mentale di altre persone, ovvero quello che le altre persone credono.

LUMEN

1 commento:

  1. L’autore di questo blog è soltanto un fenotipo curioso, privo di qualsiasi competenza scientifica in materia. Se ho scritto delle sciocchezze, per favore, correggetemi.

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