È da oltre quarant’anni che in Italia si parla di questa possibilità: ci sono state sentenze e convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, ripetuti richiami e raccomandazioni delle istituzioni europee, disegni di legge presentati e mai discussi e altri mai approvati in via definitiva, ma ancora oggi non è possibile attribuire al figlio o alla figlia il solo cognome della madre.
In Italia la norma per dare il cognome paterno ai figli e alle figlie è sempre stata implicita.
Non c’è, insomma, una legge che stabilisce questa prassi esplicitamente, ma una serie di altre norme che la presuppongono: alcuni articoli del codice civile e alcuni decreti del Presidente della Repubblica, come il 396/2000 che prevedeva il divieto di imporre al figlio lo stesso 'nome' del padre, se in vita, per evitare omonimie.
Dal 2017 è invece possibile affiancare il cognome materno a quello del padre se entrambi i genitori sono d’accordo, attraverso una procedura amministrativa stabilita dal ministero dell’Interno. Non è stato dunque riconosciuto un diritto attraverso una legge, il cognome materno deve venire comunque per secondo, non è possibile invertirli e non è possibile nemmeno scegliere solo il cognome materno. In caso di disaccordo, continua a prevalere l’attribuzione del solo cognome paterno.
Questo vale se i genitori sono sposati. Se invece non lo sono è possibile, attraverso una procedura piuttosto complicata, attribuire al bambino il solo cognome materno facendolo riconoscere inizialmente solo alla madre, e poi in seguito anche al padre. La procedura deve essere confermata dal Tribunale dei minori, che deciderà se lasciare il solo cognome materno, aggiungere quello del padre o sostituire quello materno con quello paterno.
In molti altri paesi europei non funziona così. Esistono infatti delle leggi che, pur nelle differenze, sono tutte ispirate allo stesso principio: quello della possibilità di attribuire al proprio figlio o alla propria figlia al momento della nascita il cognome paterno, materno o quello di entrambi i genitori.
In alcuni paesi, in mancanza di un accordo tra i genitori, vengono apposti entrambi i cognomi in ordine alfabetico, come in Francia, mentre in Lussemburgo è previsto un sorteggio. In Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia, se non viene data un’indicazione viene apposto d’ufficio il cognome della madre, così come in Austria. La Spagna (e in generale i paesi dell’America latina, a parte qualcuno), rappresenta a sua volta un’eccezione: c’è infatti la regola del “doppio cognome”, per cui i figli portano il primo cognome di entrambi i genitori.
La costituzionalista Carla Bassu ha spiegato che «in Italia l’apposizione del cognome paterno riflette una struttura sociale storicamente patriarcale in cui il ruolo pubblico era riservato agli uomini “capifamiglia” e le donne passavano dalla tutela del padre a quella dello sposo del quale assumevano, a dimostrazione della “cessione” avvenuta, anche il cognome».
L’automatismo nell’assegnazione del cognome paterno (cioè del “nome di famiglia”) riflette insomma una tradizione giuridica costruita sulla figura del “pater familias” che aveva un potere educativo e correttivo su moglie e figli (il cosiddetto jus corrigendi). Una tradizione giuridica che puniva unicamente l’adulterio della moglie, che dava rilevanza penale alla causa d’onore, all’istituto del “matrimonio riparatore” e che considerava la violenza sessuale un delitto contro la moralità pubblica e il buon costume.
«Il cognome non è solo una scelta tecnica: è una questione di potere, visibilità sociale e autorevolezza, negata alle donne e dalle donne stesse spesso sottovalutata» ha scritto su MicroMega la giornalista femminista Monica Lanfranco. (...) «Pensare che la lotta per il cognome materno sia una questione secondaria significa non vedere il meccanismo omissivo, segregativo, cancellatorio, invisibilizzante delle madri». (...)
Le proposte di legge attualmente in discussione sono sei (…). Tutte introducono per i genitori il principio della libera scelta sul cognome, e prevedono che i genitori decidano, di comune accordo, di attribuire uno solo o entrambi i cognomi ai propri figli, nell’ordine preferito.
Nel caso non ci fosse accordo sul numero dei cognomi o sul loro ordine verrebbero attribuiti entrambi i cognomi seguendo l’ordine alfabetico. Nessuna delle proposte si occupa però di regolamentare i casi in cui i figli siano stati registrati col solo cognome paterno, lasciando dunque come unica strada valida quella di far ricorso al prefetto. (…)
Per protestare contro l’automatismo italiano nell’attribuzione del cognome, negli ultimi anni sono nati diversi gruppi e sono state avviate numerose campagne di sensibilizzazione, animate da giuriste, costituzionaliste e attiviste.
In generale, la modifica che è stata preferita in questa lunga elaborazione è che a essere trasmessi al figlio o alla figlia siano i cognomi di entrambi i genitori, per evitare che di fatto continui a prevalere l’automatismo dell’assegnazione del cognome paterno, per prassi e per cultura.
Bassu spiega che l’impostazione basata esclusivamente sulla discrezionalità dei genitori rischia di tradursi «in una nuova prevalenza della componente maschile per ragioni ancorate alla tradizione ma anche a delicate dinamiche di tipo sociale ed economico che portano ancora la donna a essere, in molti casi, parte debole nella coppia». >>
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