giovedì 27 novembre 2025

Eccezziunale veramente !

Prendo a prestito il titolo di un vecchio film goliardico con Diego Abatantuono per parlare invece di un argomento molto serio e scabroso, ovvero l'autoassoluzione che i popoli (praticamente tutti) concedono a se stessi quando commettono violenze ed atrocità, sulla base di un loro presunto 'eccezionalismo'.
Ce ne parla Uriel Fanelli in questo pezzo (tratto dal suo blog – LINK), che parte dall'attuale situazione socio-politica degli Stati Uniti, per allargarsi a considerazioni più generali.
LUMEN


<< Mentre in Europa lo si descrive con la solita etichetta preconfezionata — “divisivo” — Trump, in realtà, porta avanti un set di idee che hanno la funzione opposta: uniscono il paese sotto una sorta di comun denominatore che la stampa europea non riesce, o non vuole, ammettere. Alcuni americani militano nei repubblicani, altri militano nei democratici, ma TUTTI, o quasi, hanno le idee di Trump.

Prendiamo, per esempio, l’eccezionalismo americano. È quella convinzione infantile — ma rivestita da solenni discorsi e manuali di geopolitica — di essere, come popolo e come nazione, al di sopra del normale giudizio della storia, e perfino della morale. Una sorta di immunità diplomatica applicata alla coscienza.

Così, se le bombe al napalm sui villaggi sono cattive, quelle sganciate a stelle e strisce diventano improvvisamente buone. Se il genocidio è universalmente riprovevole, ma quello degli indiani d’America diventa una simpatica “espansione verso Ovest”. Se le armi di distruzione di massa sono il Male Assoluto, scopriamo che le atomiche su Hiroshima e Nagasaki si trasformano in atti di “necessità storica”. Una partita truccata, insomma, dove l’arbitro coincide con il giocatore. 

Seguendo il filo dell’eccezionalismo ci si accorge che non è un’invenzione americana, ma una vecchia abitudine umana.

Lo troviamo nei discorsi di Himmler alle SS, quando rivendicava per la “razza eletta” il diritto di riscrivere la storia col sangue degli altri. Lo troviamo in Israele, con il suo eccezionalismo ebraico per cui il mantra “muh la Shoah” diventa il lasciapassare universale per qualsiasi azione politica o militare, mentre chiunque osi criticare finisce relegato al rango di goyim, cioè spettatore irrilevante della Storia.

Ogni genocidio, a ben guardare, ha sempre avuto dietro il proprio eccezionalismo di riferimento: l’idea che “noi” siamo unici, indispensabili, giustificati, mentre “gli altri” non contano abbastanza da meritare diritti, memoria o pietà. È il carburante ideologico che alimenta i massacri e li rende non solo possibili, ma addirittura presentabili.

Quello che Trump spaccia con lo slogan “America First” non è altro che eccezionalismo travestito da buonsenso economico. Non si capisce, infatti, per quale ragione egli debba avere il diritto — a colpi di dazi — di pretendere che le aziende europee, o cinesi, o indiane, trasferiscano la produzione negli Stati Uniti, creando lavoro in Ohio o in Pennsylvania, ma cancellando quello di migliaia di operai sul posto. La logica è sempre la stessa: il lavoro americano vale più del lavoro di chiunque altro, perché loro sono “eccezionali”, giusto?

E qui viene il bello: se provate a mettere in discussione questa logica, parlando sia con un repubblicano che con un democratico, scoprirete che le obiezioni non toccano mai il cuore del problema. Nessuno vi dirà che si tratta di una forma di sciovinismo imperialista, sbagliata in sé.

No, quello è un tabù. L’unico piano di discussione ammesso è quello tecnico: funziona o non funziona? Porterà davvero più posti di lavoro in America? Danneggerà troppo i consumatori? È un approccio da contabili geopolitici: non si giudica la legittimità del principio, ma solo il rendimento della macchina.

Così, l’eccezionalismo rimane il dogma di fondo, accettato da tutti e sottratto al dibattito pubblico. Che a predicarlo sia Trump o un qualsiasi democratico in giacca e cravatta poco cambia: la fede nell’America “più uguale degli altri” resta intatta. (...)

Prendiamo Israele. Se aveste proposto agli ebrei di proclamarsi “razza ariana” e di predicare apertamente lo sterminio dei palestinesi, si sarebbe alzata più di una voce di dissenso. Ma se lo stesso discorso lo confezionate come eccezionalismo — dalla religione del “popolo eletto” al mantra “siamo figli della Shoah” — allora il cittadino medio lo beve senza fatica. (...)

Ecco perché l’eccezionalismo è tanto pericoloso; [perchè] non viene quasi mai riconosciuto come tale, né denunciato come un male in sé. Anzi, si traveste da privilegio, da giustificazione storica, da identità culturale. È zuccherato come un veleno che si scioglie nel caffè: lo bevi senza accorgertene, e quando te ne rendi conto è troppo tardi.

Questa caratteristica dell’eccezionalismo la si ritrova dappertutto, sempre mascherata con la salsa locale. I musulmani che dicono: “a noi i diritti umani fanno schifo perché siamo musulmani”. Bene: provate a dare fuoco a un imam con tutta la sua famiglia, e scoprirete all’istante quanto “disumani” siete davvero. L’eccezionalismo funziona così: finché toglie diritti degli altri, diventa un principio nobile; quando invece tocca il tuo orticello, si trasforma di colpo in un crimine imperdonabile. (...)

E non riguarda certo solo il mondo islamico. In Russia si parla della “Terza Roma”: Mosca avrebbe una missione storica, unica e irripetibile, che le consentirebbe di fregarsene di qualsiasi regola internazionale perché, si sa, i russi “salvano la civiltà”. In Cina il vecchio “mandato celeste” è stato aggiornato in versione comunista: Pechino non opprime, realizza il proprio destino millenario, che guarda caso passa per campi di rieducazione, censura totale e capitalismo di Stato. (...)

Ma l’Europa non è da meno. In Ungheria Orbán ripete ossessivamente che il suo paese è “diverso” perché cristiano e tradizionale, quindi non soggetto alle stesse regole democratiche che si applicano altrove: un’eccezione culturale, naturalmente. In Polonia il cattolicesimo diventa scudo identitario: loro difendono la “vera Europa”, quindi ogni intrusione di Bruxelles è un attentato alla civiltà. Risultato: leggi liberticide e censura giustificate come “peculiarità storiche” da rispettare. >>

URIEL FANELLI

2 commenti:

  1. "L’eccezionalismo funziona così: finché toglie diritti degli altri, diventa un principio nobile; quando invece tocca il tuo orticello, si trasforma di colpo in un crimine imperdonabile." L'eccezionalismo trova necessaria complementarità nel relativismo: non togliete diritti agli altri è un principio nobile, toccare solo un orticello è un crimine imperdonabile. Ad es. di fronte al genocidio di Gaza c'è chi si chiede: ma perché non si parla anche del Sudan?

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    1. Caro Agostino, è proprio così.
      Io, che sono un evoluzionista convinto, ci vedo la longa manus (indiretta) dell'egoismo genetico.
      Per essere egoisti con noi stessi (cosa indispensabile per poter sopravvivere e lasciare discendenza), dobbiamo vederci come privilegiati rispetto agli altri.
      E dall'egoismo individuale è facile passare a quello collettivo, come gruppo, come etnia o come Nazione.

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