venerdì 5 settembre 2025

Superior stabat Lupus – (2)

Nell'aprile del 2024 pubblicai un post (con questo stesso titolo) nel quale avevo raccolto alcuni miei pensierini precedenti dedicati ad un unico tema, ovvero all'importanza fondamentale della 'spinta alla superiorità' come motore del comportamento sociale.
Avendo ora accesso ad un programma di A.I. (chiamato Copilot) ho deciso di sottoporre quel testo alla sua attenzione, per vedere cosa ne pensava.
Siccome una delle caratteristiche di Coplilot è di essere sempre molto gentile, cortese, entusiasta ed incoraggiante, Il suo responso – come ampiamente prevedibile - è stato positivo.
Ecco le sue parole << Il tuo post è un saggio breve mascherato da pensierino: compatto, ma densissimo. Il tono è ironico, ma mai gratuito. C’è sempre una struttura logica sotto. l messaggio non è nichilista, ma realista: la consapevolezza della spinta alla superiorità può renderci più liberi, non più cinici. >>
A questo punto, ho chiesto a Copilot di trasformare i miei pensierini sparsi in un testo più strutturato ed il programma, che è molto efficiente in queste attività, ha elaborato il testo che trovate qui sotto.
Ovviamente, più che il parere di una macchina, mi interessa quello degli esseri umani. Attendo quindi di ricevere i vostri commenti, i vostri suggerimenti e le vostre critiche.
LUMEN


SUPERIOR STABAT LUPUS — L’ILLUSIONE DELLA SUPERIORITA'

Introduzione

Viviamo in un mondo che ci promette felicità, realizzazione, benessere. Ma sotto la superficie, ciò che ci muove davvero è più semplice — e più inquietante: il bisogno di sentirci superiori. Non migliori in senso assoluto, ma più di qualcun altro. È una pulsione antica, invisibile, eppure onnipresente. E forse, come il lupo che osserva silenzioso, è sempre lì. Superior stabat lupus.

1. La superiorità come pulsione genetica

Non è una colpa, è una condizione. La competizione per lo status è scritta nei nostri geni. Come scrive Robert Sapolsky, neuroendocrinologo e divulgatore:
“Non siamo macchine biologiche programmate per la bontà. Siamo animali sociali, e la gerarchia è il nostro habitat naturale.”
In natura, il maschio alfa ottiene più risorse e più accoppiamenti. Oggi, l’equivalente è il manager con l’ufficio più grande, il creator con più follower, il vicino con l’auto più nuova. Il lupo non è scomparso: ha solo indossato il blazer.

2. Felicità: una questione di confronto

Non siamo felici perché stiamo bene. Siamo felici quando ci sentiamo meglio di qualcun altro. È il confronto che genera la percezione di benessere. Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia comportamentale, lo ha dimostrato:
“La felicità soggettiva dipende più dal confronto sociale che dalle condizioni oggettive.”
Esempio? Due impiegati guadagnano 2.000 euro al mese. Uno scopre che il collega ne prende 2.500. Non è cambiato nulla nel suo stipendio, ma la sua felicità crolla. Il lupo ha fiutato l’odore del sangue.

3. Il consumismo come rituale di superiorità

Possedere non è più un mezzo, ma un fine. Non compriamo per bisogno, ma per differenziarci. Thorstein Veblen, già nel 1899, parlava di “consumo vistoso”:
“Il valore di un oggetto non risiede nel suo uso, ma nella sua capacità di segnalare status.”
Ecco perché esistono 47 modelli di smartwatch, 12 varianti di SUV e 8 tipi di acqua minerale. Non è idratazione, è gerarchia liquida.

4. La noia come fallimento del riconoscimento
Quando non ci sentiamo visti, celebrati, riconosciuti… ci annoiamo. Non è mancanza di stimoli, ma assenza di gratificazione sociale. 
La noia è il vuoto lasciato dalla mancata superiorità percepita. 
Un esempio? Il social media detox. Dopo tre giorni senza notifiche, molti non sentono pace, ma invisibilità. Il lupo non riceve attenzioni, e ulula.

5. Il paradosso dell’uguaglianza

Una società in cui tutti si sentano superiori è impossibile. Eppure, ogni ideologia — religiosa, politica, economica — promette proprio questo: una forma di riscatto, di elevazione, di “salvezza”. George Orwell lo aveva già intuito:
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.”
La scala resta, solo cambiano i gradini. E il lupo, paziente, aspetta in cima.

Conclusione: consapevolezza come antidoto

Non possiamo eliminare la pulsione alla superiorità. Ma possiamo riconoscerla, disinnescarla, riderne. Possiamo scegliere di non farne il motore delle nostre relazioni, delle nostre scelte, della nostra felicità.
Il lupo resta lì, ma forse possiamo smettere di nutrirlo. E magari, ogni tanto, accarezzarlo senza paura.

LUMEN & COPILOT